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La nonviolenza e' in cammino. 780
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 780
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 16 Dec 2004 00:17:58 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 780 del 16 dicembre 2004
Sommario di questo numero:
1. Joan Holmes: Salvare le bambine
2. Davide Melodia: Non pregare, generale
3. Arcangelo Vita: La violenza domestica e noi
4. Mao Valpiana: la coscienza obietta alla guerra
5. Raffaella Mendolia intervista Pasquale Pugliese
6. Monica Lanfranco: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
7. Peppe Sini: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
8. Alberto Trevisan: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
9. Informazione, formazione, azione: nonviolenta
10. Un appello alle istituzioni contro le banche armate
11. Una raccolta di racconti di pace a cura di "Marea"
12. "Bullismo, bullismi" di Elena Buccoliero e Marco Maggi
13. "Intelligenza emotiva e mediazione" di Maria Martello
14. Riletture: Assia Djebar, Donne d'Algeri nei loro appartamenti
15. Riletture: Assia Djebar, Lontano da Medina
16. Riletture: Assia Djebar, La donna senza sepoltura
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. JOAN HOLMES: SALVARE LE BAMBINE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messoa disposizione la traduzione di questo intervento di Joan
Holmes, presidente di "The Hunger Project" e membro del programma Onu
"Millennium Project Hunger Task Force"]
Nel mondo, le bambine sono vittime di violenza e infanticidio, vengono loro
negate cure mediche, sono tenute fuori dalle scuole, forzate ad
intraprendere relazioni sessuali e sposate senza consenso.
Per cambiare tutto cio' occorre la volonta' di tutti. Mentre il 2004 va al
suo termine, e noi valutiamo lo stato delle maggiori questioni mondiali,
dobbiamo confrontarci con un fatto critico: stiamo facendo un pessimo lavoro
nel prenderci cura delle nostre bambine.
La maggioranza delle bambine vive in paesi dove esse non sono affatto
benvenute, ne' ci si cura di loro; in molti paesi in via di sviluppo vi e'
una forte discriminazione nei confronti di donne e bambine.
Nella maggior parte di essi, una bambina mangia per ultima e meno di tutti:
e' tre volte piu' a rischio di denutrizione rispetto ad un bambino. Spesso
non viene portata da medici, se e' malata, e ci sono meno probabilita' che
venga vaccinata. Le bambine vengono spesso tenute fuori dalle scuole e messe
al lavoro. In casa, nelle fabbriche, nei campi, ci sono bambine che
lavorano. Cominciano a lavorare ad un'eta' molto bassa, e lavorano dall'alba
al tramonto, dando ragione al proverbio: "Una femmina non e' mai bambina".
Se va a scuola, e' ancora soggetta a rischi. Invece di essere un rifugio
sicuro e una sorgente di empowerment, la scuola e' spesso pericolosa. Un
recente studio sudafricano mostra che il 32% degli stupri su bambine
denunciati nel paese sono stati commessi da insegnanti. Questa e' la vita di
una bimba nel mondo in via di sviluppo, quando le e' permesso di vivere.
*
93 milioni di donne e bambine sono "scomparse" dalla popolazione mondiale a
causa degli aborti selettivi per sesso, dell'infanticidio femminile, della
denutrizione, dell'abuso e della negazione di cure alle neonate.
Il Premio Nobel Amartya Sen, ha coniato il termine "donne mancanti" per
descrivere il gran numero di donne al mondo che sono morte a causa della
discriminazione.
93 milioni di vittime e' un numero grosso modo equivalente a tutti i decessi
in tutte le guerre del XX secolo, il secolo piu' violento della storia
umana. Questo delle donne e un olocausto ripetuto molte volte.
E quindi: perche' noi cittadini e cittadine del mondo non udiamo nulla
rispetto a tale tragedia? In che tipo di mondo stiamo vivendo, se in questo
mondo 93 milioni di vite possono essere estinte solo perche' di sesso
femminile? Dov'e' la nostra vergogna? Dov'e' il nostro sdegno?
*
Il maltrattamento delle bambine ci riguarda tutti e tutte. Il cosiddetto
"terzo mondo" affronta problemi che interessano l'intera comunita' globale:
fame, poverta', aids, ecc. Esso ha anche la discriminazione piu' forte nei
confronti di donne e bambine. Questi fatti non sono scollegati. La
discriminazione di donne e bambine e' la causa primaria del persistere dei
problemi sunnominati.
La discriminazione di genere e' la grande sfida morale dei nostri tempi. La
storia giudichera' come risponderemo a questa sfida. Non c'e' alcun bisogno
che le cose continuino ad andare cosi', e non possono continuare cosi' se
vogliamo un mondo in salute, produttivo, giusto e pacifico.
Kofi Annan, segretario generale dell'nu, ha detto: "Non c'e' attrezzo piu'
efficace per lo sviluppo dell'istruzione di bambine e ragazze. Nessun'altra
politica innalza cosi' velocemente la crescita economica, abbassa i tassi di
mortalita' materna ed infantile, migliora la nutrizione e promuove la
salute, inclusa la prevenzione dell'Aids".
*
Le costrizioni e le catene che sono state messe addosso alle bambine per
secoli stanno cominciando, solo cominciando, ad essere rimosse:
- la Cina ha lanciato quest'anno il programma "Aver cura delle bambine" per
combattere gli aborti selettivi per sesso;
- negli ultimi trent'anni, il numero di adolescenti che hanno contratto
matrimonio e' andato declinando nell'Asia del sud e in Africa;
- in Bangladesh, negli ultimi dieci anni, un adeguato programma di
scolarizzazione ha raddoppiato il numero di ragazze che ora frequentano i
licei;
- il 9 febbraio 2004 e' stato il primo Giorno Internazionale di tolleranza
zero sulle mutilazioni genitali femminili, e dieci paesi africani hanno
recentemente messo fuori legge la pratica;
- il Kenya ha alzato la pena per lo stupro di bambini/e: precedentemente, il
crimine veniva punito raramente, se mai veniva punito;
- nel 2004, per la prima volta, donne e ragazze afgane hanno partecipato ai
giochi olimpici.
*
Ci troviamo ad un momento della storia in cui il valore di una bambina o di
una ragazza dev'essere riconosciuto e sostenuto, messo in condizione di
dispiegare le sue potenzialita'. E' venuto il momento di agire in modo
nuovo. Anche se ogni paese del "terzo mondo" sta aumentando i finanziamenti
all'istruzione, non c'e' assicurazione che le bambine saranno istruite. Fino
a che un governo non intraprende azioni specifiche a beneficio di donne e
bambine, l'aumento dei fondi perpetuera' ed allarghera' il varco di genere.
Ed i problemi base di cui abbiamo parlato persisteranno.
Quelle che seguono sono azioni chiare e fattibili che i governi possono
intraprendere per migliorare la vita delle bambine:
- implementare programmi sul campo con le contadine, per aumentare i loro
guadagni e ridurre il loro sfruttamento, giacche' sono le figlie che
condividono ed ereditano il carico di lavoro delle loro madri;
- espandere il mandato degli operatori sanitari e delle ostetriche perche'
insegnino alle madri a nutrire al seno le figlie, oltre che i figli. Ed
assicurarsi che le bambine siano ben nutrite quanto i bambini;
- provvedere programmi che incoraggino la frequenza della scuola secondaria
per le ragazze e incentivi ai genitori che fanno frequentare la scuola alle
figlie;
- formare gli insegnanti affinche' creino pari opportunita' per le bambine e
le ragazze di apprendimento e leadership. E ci sia "tolleranza zero" per la
violenza contro le ragazze a scuola;
- provvedere adeguate risorse e formazione a tutti questi agenti
(informatori agricoli e operatori sanitari, insegnanti) e aumentare il
numero di donne fra essi;
- i paesi cosiddetti "sviluppati" leghino i progetti comuni alla condizione
del miglioramento della vita di donne e bambine.
*
Noi sappiamo bene, lo vediamo, cos'e' il nostro mondo mentre meta' della sua
popolazione viene trattata come inferiore ed insignificante. Possiamo solo
immaginare che aspetto prenderebbe il mondo se le bambine e le donne
potessero esprimere se stesse ed essere tutto cio' che possono essere.
Per maggiori informazioni: The Hunger Project: http://www.thp.org
2. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: NON PREGARE, GENERALE
[Ringraziamo Davide Melodia (per contatti: melody at libero.it) per averci
messo a disposizione questa sua poesia. Davide Melodia, infaticabile
costruttore di pace, e' nato a Messina nel 1920; prigioniero di guerra nel
1940-46; maestro elementare, pastore evangelico battista, maestro
carcerario, traduttore al quotidiano "Il Giorno", pittore, consigliere
comunale e provinciale, dirigente dei Verdi; pacifista nonviolento,
segretario del Movimento Nonviolento (1981-'83), segretario della Lega per
il Disarmo Unilaterale (1979-'83), membro del Movimento Internazionale della
Riconciliazione, vegetariano, predicatore evangelico, dal 1984 quacchero. Ma
questa mera elencazione di alcune sue scelte ed esperienze non ne rende
adeguatamente la personalita', vivacissima e generosa. La piu' recente delle
opere di Davide Melodia e' Introduzione al cristianesimo pacifista,
Costruttori di pace, Luino (Va) 2002]
Non pregare Iddio
prima della battaglia,
signor generale,
ne' lei, signor presidente,
prima della guerra che vuol scatenare
contro un popolo di fatto innocente:
non preghi per niente.
Il Dio che vuoi pregare non sta
con coloro che armati procedono
allo sterminio di un nemico,
reale o fabbricato,
perche' sempre Lo troverai
fra le macerie di un villaggio distrutto
dalle tue bombe,
e Lo troverai che tiene fra le braccia
il bambino che hai privato
dei suoi genitori...
Il Dio dell'amore universale
non e' tecum,
ne' contro di te:
quel Dio e' contro ogni violenza.
3. RIFLESSIONE: ARCANGELO VITA: LA VIOLENZA DOMESTICA E NOI
[Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per averci
messo a disposizione la seguente relazione tenuta da Arcangelo Vita a un
convegno svoltosi ad Aosta l'8-9 ottobre 2004. Arcangelo Vita fa parte
dell'esperienza del "Gruppo uomini" di Pinerolo, un gruppo di uomini che
messosi alla scuola del femminismo ha sviluppato preziosa una riflessione e
una prassi]
Nell'accingermi ad esporre idee e riflessioni attorno al tema della violenza
alle donne, premetto che faro' riferimento soprattutto alle riflessioni che
di volta in volta si sono affacciate durante la nostra pratica di gruppo e
che sono, quindi, direttamente legate alle nostre esperienze.
Innanzi tutto, quando si parla di violenza il riferimento principale e' alla
violenza fisica, all'essere violento, all'utilizzo della propria forza
fisica in modo incontrollato ed impulsivo. Detto questo, abbiamo iniziato a
chiederci perche' ed in quali altre possibili modalita' possa manifestarsi
violenza, un atteggiamento violento.
Abbiamo convenuto che la violenza e' indissolubilmente connessa con il
potere, ovvero con l'affermazione di se stessi e delle proprie idee, a
dispetto di tutto e di tutti. Il potere che sorge dal bisogno di mantenere
una posizione di superiorita': nella famiglia, nella coppia, nelle relazioni
in genere. Spesso e' semplicemente una ripetizione del comportamento
paterno, la riproposizione di un modello di relazione al maschile che non
puo' permettersi un cambiamento. L'immagine della donna, che ne viene fuori,
e' quella di un oggetto di possesso, un simbolo di rappresentanza sociale,
un segno di riuscita sociale e personale. Quasi sempre si osservano atti di
gelosia violenta che negano, impediscono l'esistenza della donna. Questo
comporta ignorare l'altro o, quanto meno, utilizzarlo per esorcizzare i
propri limiti, le proprie paure.
*
Ecco, questa e' un'altra discriminante della violenza: la paura. Le persone
violente hanno paura, una grande paura di confrontarsi, di rapportarsi sul
piano delle idee, dei sentimenti, delle emozioni, in uno spazio di relazione
in cui anche l'altro sia riconosciuto. La sorgente primaria e' la paura di
non esistere, di non essere: lunghi anni di dipendenza biologica della
nostra specie lasciano tracce; la lunga lotta per capire chi siamo, il lungo
travaglio per diventare individui ed essere riconosciuti come tali lasciano
tracce. C'e' una difesa dell'organismo: la sua capacita' di reagire verso
tutto cio' che viene dall'esterno che, se non viene riconosciuta ed accolta
come mezzo di contatto e di scoperta, lo trasforma in minaccia e lo vive
come aggressione.
La paura di sentimenti ed emozioni, la disabitudine a questi stati d'animo,
spesso interpretati o trasmessi, nell'educazione del maschio, come segni di
debolezza, sviluppano un'insensibilita' al dolore, una specie di
anestetizzazione di se stessi al dolore che impedisce di riconoscere quello
inflitto ad altri.
C'e' poi la paura di non essere, di non incarnare decentemente un buon
modello di maschio, di non essere all'altezza nel rapporto, di essere
umiliato, deriso, continuamente alle prese con un senso di inadeguatezza
verso l'ideale sociale di mascolinita'.
Un sistema educativo che non aiuti a scoprire se stessi, che consideri i
bambini come vasi vuoti in cui versare conoscenze, regole ed imposizioni,
crea adulti incapaci di pensare, di articolare un pensiero autonomo,
semplici trasmettitori di regole e modelli che, nel momento in cui non
vengono accettati dagli altri, li trasformano in una minaccia, risvegliano
la paura di non esistere, di scomparire.
*
La violenza si scatena e si declina in molti modi.
Sotto la forma fisica di sopraffazione dell'altro, in particolare nei
rapporti con i piu' prossimi, nei rapporti intimi: gli atti violenti, per
chi li compie, diventano una specie di specchio nel quale si riflette un
contesto sociale che in qualche modo giustifica la possibilita' di
compierli.
E poi il silenzio, l'indifferenza, la vergogna, che circondano, avvolgono in
una specie di bolla il dolore, la sofferenza, l'umiliazione di bambini ed
adulti che finiscono per credere che sia giusto cosi', privati della parola,
dell'espressione, perche' questa stessa parola, il racconto, ha generato
violenza e dolore. Spesso la cosa piu' sconvolgente e' scoprire che qualcuno
sapeva e non ha detto o fatto nulla, "sembrava una cosi' brava persona",
come se la violenza piu' estrema fosse, infine, quella di privare di voce,
di parola, anche chi sta intorno.
Consentitemi un esempio, un piccolo esempio tratto dall'esperienza
personale, che credo racconti di piu' e meglio quanto ho cercato di dire
finora. L'altra sera parlavo al telefono con mia madre; una conversazione
tranquilla, distesa, quasi banale: il tempo com'e', cosa fate, le
marmellate, i miei che si trasferiscono al sud durante l'estate, per andare
al mare, per vedere sorelle, amici parenti, ecc. Le ho detto che c'era la
mia compagna li' con me e, sebbene mia mamma non parli ne' comprenda il
francese ne' Christine parli e comprenda molto bene l'italiano, mi ha
chiesto, mia mamma, di passargliela per salutarla. Ebbene, in mezzo ad una
conversazione a dir poco approssimativa, le ha detto di occuparsi del "suo
bambino", cosi', candidamente, giusto con un po' di ironia, magari...
Questo ci ha fatto sorridere, ma poi anche riflettere; ne abbiamo parlato,
Christine e io, osservando come la consegna e la responsabilita', per le
donne, sia quella di occuparsi del benessere degli uomini, che "vanno presi
per il verso giusto".
Allo stesso modo, quando in un rapporto, in una relazione, le cose non
funzionano o c'e' una rottura, il rimprovero e la censura sono per le donne,
colpevoli di esserselo lasciato sfuggire, di non essere state capaci, di non
aver fatto abbastanza per far felice il proprio uomo, ecc. Lo sfascio della
famiglia e, piu' oltre, la stessa violenza maschile, sono una colpa per la
donna stessa...
Ecco: e' questo il clima, il quadro, il terreno di coltura e la cultura
nella quale le donne diventano soggetti "cattivi" e nel quale gli uomini
possono, si sentono autorizzati, coperti, sostenuti nel passaggio all'atto,
alla sopraffazione fisica.
*
Questo quadro e' collettivo, come credo le statistiche abbiano gia'
dimostrato, nel senso che, pur prendendo in considerazione altri tipi di
aggravanti sociali (l'alcolismo, il disagio, la marginalita', ecc.), questo
contesto culturale investe trasversalmente tutte le classi sociali, di ogni
livello sia culturale che economico. Il silenzio, l'imbarazzo, la vergogna,
la paura del male fisico, bloccano, generano l'isolamento, quello vero,
acuito dalla minaccia costante, permanente: "e' accaduto una volta...
potra', potrebbe, puo' accadere ancora".
La violenza non e' solo un comportamento individuale episodico,
patologico/deviante, ma e' anche espressione di un fenomeno sociale e
culturale. Alcuni dati, raccolti dal Coordinamento Donne contro la violenza
di Torino, nel 1997, su 320 donne, documentano che gli atti di violenza sono
subiti nel 90% dei casi in famiglia (63% dal marito, 17% dal convivente) e
che per il 9% si tratta di aggressioni in strada (nel 4% per problemi di
alcool e/o droga).
L'opinione comune o piu' diffusa e' che la violenza sia esercitata da malati
di mente, alcolizzati, extracomunitari, emarginati, ignoranti...
L'esperienza smentisce i luoghi comuni: si tratta di operai, impiegati,
laureati, liberi professionisti, pensionati, padri di famiglia, mariti o
conviventi; per cui i luoghi piu' pericolosi non sono le strade, ma le mura
domestiche, lo spazio dei rapporti piu' intimi, piu' prossimi.
*
La nostra esperienza di gruppo, di gruppo di uomini che riescono a parlare,
a mostrarsi, a raccontarsi, ad ascoltare, a partecipare, e' solo un
tentativo, debole e piccolo, per riuscire a riconoscere e disinnescare
questa specie di bomba culturale che continua a seminare incomprensione e
infelicita', dall'infanzia all'eta' adulta e oltre, e che impedisce agli
altri e alle altre, ma soprattutto a noi stessi, una vita piu' piena, piu'
ricca di amore e di scoperta e, quindi, di arricchimento reciproco.
Nel corso delle nostre discussioni un partecipante al gruppo ha rimarcato
l'aggettivo "debole" riferito alla nostra esperienza: il nostro fare e'
certo debole rispetto al pensiero dominante "forte", vincente, trionfante,
autoreferenziato. E puo' apparire un segno di debolezza, all'esterno, il
tentativo degli uomini di mettersi in discussione, di interrogarsi sulla
propria sessualita', ripercorrere la propria storia, riconoscere e
disinnescare le trappole di genere disseminate lungo una vita, nella vita di
ogni uomo e di ogni donna, una sorta di percorso di "decostruzione" delle
forme della mascolinita', e ritrovare un nuovo modo di essere uomini e
padri.
Perche', se la violenza e' un dramma che investe la donne, e' del pari un
affare, un interrogativo, un dato di fatto che riguarda gli uomini, tutti.
Non ci si puo' chiamare fuori; il silenzio, come accennavo prima, e' gia' un
segno: il segno che c'e' un potere da difendere o quanto meno da nascondere,
di cui magari ci si vergogna, ma di cui si rischia di essere complici.
4. ANTIMILITARISMO. MAO VALPIANA: LA COSCIENZA OBIETTA ALLA GUERRA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azione nonviolenta at sis.it) per
averci messo a disposizione questa sua Intervista rilasciata alla bella
rivista "Mosaico di Pace" promossa da "Pax Christi". Mao (Massimo) Valpiana
e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955
a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da
giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con
una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel
sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento
Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore
della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo
Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha
partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento
dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di
coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima
guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare
un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato
assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]
"Mosaico di Pace": L'obiezione di coscienza al servizio militare, quale
diritto riconosciuto dalla legge, compie 30 anni. Quale giudizio, dal tuo
punto di vista, ti senti di dare su questa trentennale storia?
Mao Valpiana: Il servizio civile in Italia e' stato un fenomeno sociale
importante, che ha coinvolto decine di migliaia di giovani e moltissimi enti
pubblici o privati. Alcune realta', senza l'apporto degli obiettori in
servizio non si sarebbero nemmeno sviluppate, e molti giovani durante i mesi
di servizio hanno anche avuto l'opportunita' di maturare scelte di vita. Se
pero' guardiamo la cosa dal punto di vista politico e delle aspettative che
il movimento dell'obiezione di coscienza aveva all'inizio degli anni '70, il
bilancio e' negativo. Il movimento degli obiettori doveva essere una forza
di contestazione diretta dell'apparato bellico, doveva essere un soggetto
politico di trasformazione della difesa armata in difesa nonviolenta; ma
cosi', evidentemente, non e' stato.
*
"Mosaico di Pace": Nel nostro paese l'annoso rapporto tra obiezione di
coscienza e servizio civile ha visto per molti versi predominare il secondo
rispetto alla prima, tant'e' che negli ultimissimi anni ormai piu' nessuno
parla di obiezione. Come mai?
Mao Valpiana: Fin dai primi mesi dopo l'approvazione della legge 772 del
1972 nel movimento si creo' una frattura fra coloro che venivano definiti
gli obiettori "puri", che miravano ad un movimento nonviolento contro
l'esercito, e chi preferiva puntare sulla crescita numerica di chi faceva la
scelta del servizio alternativo, i cosiddetti "serviziocivilisti"; prevalse
questa seconda componente e cosi' le organizzazioni degli obiettori, da
movimenti antimilitaristi si trasformarono ben presto in sindacato degli
obiettori, impegnato a chiedere la riduzione dei mesi di servizio anziche'
la riduzione delle spese militari...
*
"Mosaico di Pace": Da piu' parti si dice che l'obiezione e' morta. Condividi
questo giudizio?
Mao Valpiana: Si', l'obiezione e' morta, ma non da oggi. Gia' nel dicembre
del 1972 dicemmo "e' stata approvata una legge truffa" che, insieme al
servizio civile sostitutivo, istituiva anche il reato di obiezione e
discriminava tra cittadini-obiettori e cittadini-soldati. "Azione
nonviolenta" scrisse subito: "che altro c'e' da aspettarsi da parte di un
parlamento composto di forze politiche che, dalla prima all'ultima, di
destra e di sinistra, sono tutte concordi sul principio sommo della
necessita' dell'apparato di guerra?".
*
"Mosaico di Pace": Secondo te, si e' trattato di eutanasia, di morte
violenta oppure di suicidio? Trovi che le associazioni degli obiettori e i
movimenti per la pace abbiano una responsabilita' in tutto cio'?
Mao Valpiana: L'errore, compiuto nei primi anni, e' stato quello di
accettare un servizio civile totalmente slegato dalle questioni connesse
alla difesa; perseguendo l'obiettivo della smilitarizzazione del servizio
civile, gli obiettori sono diventati progressivamente dei volontari sociali
(utilizzati spesso in lavori subalterni e marginali) e hanno perso ogni
caratteristica di costruttori di pace. Purtroppo questo e' coinciso con gli
interessi degli enti di servizio civile, ai quali interessava avere mano
d'opera gratis. E' stato un lento deperimento, un'agonia durata piu' di
vent'anni.
*
"Mosaico di Pace": Quale senso, se ne ha uno, puo' avere ancora l'obiezione
di coscienza dopo la cessazione della coscrizione obbligatoria?
Mao Valpiana: Il senso che ha sempre avuto. L'obiezione di coscienza e' il
rifiuto di collaborare, in qualsiasi modo, diretto o indiretto, alla
preparazione della guerra. Obiettore di coscienza, dunque, e' chi non presta
servizio militare, ma anche chi non vuole pagare per il bilancio militare, o
chi si rifiuta di costruire armi. Di fronte all'esercito professionalizzato
e alle nuove forme di guerra, tutti i cittadini e le cittadine sono chiamati
a trovare la loro specifica forma di obiezione di coscienza. Le guerre
avvengono con il consenso e la collaborazione di milioni di persone, che
contribuiscono a prepararne gli strumenti mortiferi. Gli obiettori sono
coloro che rifiutano questo consenso.
L'antimilitarismo e le istanze profonde dell'obiezione restano affidati a
quegli organismi che si riferiscono esplicitamente alla nonviolenza. Finche'
ci saranno gli eserciti ci dovra' essere qualcuno che promuove le istanze
dell'obiezione, che e' un passo concreto di disarmo unilaterale.
*
"Mosaico di Pace": E le donne, in tutta questa storia, che ruolo hanno avuto
e possono avere?
Mao Valpiana: Le donne sono quelle che mettono al mondo i figli e quindi
sono le prime ad essere chiamate in causa da ogni guerra: da Lisistrata
(sciopero delle mogli contro i mariti guerrieri) alle madri di Plaza de
Mayo, dalle Women in black di Israele e Palestina alle mamme dei soldati
russi contro la guerra cecena, il movimento delle donne e' sempre stato un
soggetto politico per la pace.
Il servizio civile volontario, puo' essere un'ottima occasione per le
ragazze, per ricostruire un movimento di obiettori ed obiettrici
all'esercito professionale, di cui sentiamo davvero il bisogno.
5. TESTIMONIANZE. RAFFAELLA MENDOLIA INTERVISTA PASQUALE PUGLIESE
[Ringraziamo Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas at interfree.it) per
averci messo a disposizione questa intervista rilasciata a Raffaella
Mendolia che la ha utilizzata per la sua tesi di laurea. Raffaella Mendolia
fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento. Pasquale
Pugliese, educatore presso i Gruppi educativi territoriali del Comune di
Reggio Emilia, dove risiede, laureato in filosofia con una tesi su Aldo
Capitini, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Rete di Lilliput ed
in numerose iniziative di pace; e' stato il principale promotore
dell'iniziativa delle "biciclettate nonviolente"]
Raffaella Mendolia: Come e' entrato in contatto con il Movimento
Nonviolento, a che eta', cosa l'ha spinta?
Pasquale Pugliese: Intorno ai vent'anni, sull'onda della ricerca
filosofico-politica che andavo personalmente sviluppando e che cercava un
approdo di azione, non trovato nelle formazioni politiche tradizionali. Dopo
aver letto l'autobiografia di Gandhi, ho "incontrato" in libreria la rivista
"Azione nonviolenta" alla quale mi sono subito abbonato. Poi c'e' stato il
servizio civile, lo studio su Aldo Capitini ed infine l'iscrizione al
Movimento Nonviolento. La motivazione principale che mi ha spinto e' stata
di intravedere in esso la possibilita' di agire per la trasformazione
dell'esistente, politicamente e dal basso, attraverso la teoria-prassi del
nonviolenza.
*
Raffaella Mendolia: Attualmente in che campo presta la sua opera?
Pasquale Pugliese: Oltre al lavoro educativo professionale - che oggi si
sviluppa anche sui piani del coordinamento e della formazione - sono
impegnato nel Comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento, rieletto
negli ultimi tre congressi, nella Rete Lilliput e nel Gruppo di Azione
Nonviolenta di Reggio Emilia. Svolgo saltuariamente anche interventi di
formazione politica sui temi della nonviolenza. I campi che, in questa fase,
m'interessano prioritariamente riguardano la sperimentazione e l'uso del
metodo nonviolento da un lato nel campo socio-educativo e dall'altro
nell'ambito dei conflitti strutturali (energetici, economici, ambientali...)
e della loro ripercussione sui territori locali.
*
Raffaella Mendolia: Cosa significa essere nonviolenti per lei oggi?
Pasquale Pugliese: Attrezzarsi a fare fronte ai conflitti aperti dalla
complessita' sociale e dalla violenza strutturale a tutti i livelli, dal
micro al macro, con un metodo sofisticato e non semplificante. Portare un
elemento di dissonanza rispetto alla violenza culturale che si esprime
anch'essa a tutti i livelli fino a contagiare, a volte, anche chi sta dalla
tua stessa parte. Farsi sperimentatore di stili di vita e comportamenti
complessivamente nonviolenti nei diversi piani della vita sociale.
Tutto cio' come direzione di marcia, con la consapevolezza che la meta e' il
cammino stesso.
*
Raffaella Mendolia: La carta ideologico-programmatica del Movimento
Nonviolento: qual e' la sua portata oggi e quale ritiene che fosse al
momento della sua formulazione?
Pasquale Pugliese: Al momento della sua formulazione, nei primi anni '60, la
Carta del Movimento scritta da Capitini aveva nel contesto
politico-culturale italiano un valore di testimonianza e profezia. Ma grazie
all'apertura quasi solitaria di quel sentiero, alla nonviolenza e' stata
data la possibilita' di aprire un varco nella storia fino a diventare oggi
prassi comune e orizzonte ideale di grandi movimenti culturali e politici
che lottano per la pace e la trasformazione sociale. In questa fase
l'impegno nei confronti della Carta e', per un verso, di riaffermarne le
linee-guida in un contesto globale sempre piu' fragile e violento e, per
altro verso, di tenervi fede per evitare il rischio che il nuovo riferimento
dei molti alla nonviolenza ne trasformi il senso profondo, anche se alla
portata di tutti, in luogo comune generico, e dunque infecondo.
*
Raffaella Mendolia: Ritiene che essa sia stata sviluppata in tutte le sue
direttrici d'azione?
Pasquale Pugliese: Probabilmente non appieno. L'opposizione integrale alla
guerra e' stato per moti anni l'impegno totalizzante di un movimento piccolo
come il nostro. Oggi forse capiamo meglio che questo principio
irrinunciabile s'incarna anche attraverso l'impegno contemporaneo sulle
altre direttrici. In particolare - grazie anche all'apporto di pensiero di
Johan Galtung - e' per noi piu' chiara l'interconnessione tra violenza
diretta, violenza strutturale e violenza culturale, ed il loro reciproco
rinforzarsi. Per cui non ci si puo' opporre ad un corno del triangolo della
violenza senza opporsi contemporaneamente agli altri, preparandone le
alternative. Ma cio' ad Aldo Capitini era perfettamente chiaro anche allora.
*
Raffaella Mendolia: Quali sono le iniziative piu' significative intraprese
dal Movimento negli ultimi dieci anni?
Pasquale Pugliese: Dopo un periodo di assestamento e riorganizzazione - che
ha portato alla realizzazione delle case per la nonviolenza di Verona e
Brescia ed al Centro Studi Sereno Regis di Torino - negli ultimi anni le
iniziative piu' significative sono, a mio parere, la marcia Perugia-Assisi
del 2000 "Mai piu' eserciti e guerre"; il cammino da Assisi a Gubbio del
2003; la partecipazione alla Rete Lilliput e l'impulso alla realizzazione
dei nuovi Gruppi di Azione Nonviolenta; la partecipazione al progetto dei
Corpi Civili di Pace; i Congressi di Fano, Pisa e Ferrara; e infine, ma
prioritariamente, la continua diffusione della cultura e del metodo
nonviolento nelle sue diverse dimensioni attraverso convegni, seminari,
pubblicazioni e soprattutto la rivista "Azione nonviolenta".
*
Raffaella Mendolia: Qual e' la posizione del Movimento nel panorama
politico attuale?
Pasquale Pugliese: L'orizzonte politico del Movimento Nonviolento si situa
in basso, tra i movimenti e i cittadini, per la diffusione di spazi di reale
"potere di tutti" oltre la democrazia formale sempre piu' asfittica e
involuta. Tra i partiti poi, Verdi e Partito della Rifondazione Comunista
sono, oggi, quelli che maggiormente sembrano aperti, con atti politici e
culturali concreti abbastanza evidenti, alla nonviolenza.
*
Raffaella Mendolia: Qual e' il grado di maturita' del Movimento Nonviolento
di oggi, che risultati ha raggiunto, quali difetti devono essere corretti?
Pasquale Pugliese: Grazie al grande patrimonio storico e culturale e
all'abnegazione di donne e uomini che vi si sono dedicati con grande
impegno, il Movimento ha potuto realizzare una maturita' politica e
culturale - capace di prospettare scenari e di articolare progetti e
campagne di cambiamento - diventando cosi' sempre piu' punto di riferimento
per tutti coloro che in Italia si avvicinano alla nonviolenza.
Questi elementi non hanno tuttavia portato ad un parallelo aumento
quantitativo della propria forza in termini di iscritti e di risorse. E'
questo un limite sul quale forse non ci siamo interrogati ancora abbastanza.
*
Raffaella Mendolia: Ritiene che Il Movimento abbia una visibilita' adeguata?
Pasquale Pugliese: Sicuramente no, ma la ricerca della visibilita' a tutti i
costi non e' mai stata una priorita' strategica del Movimento. In un mondo
fondato sulla forza dell'immagine, anche dal punto di vista politico,
cerchiamo di introdurre elementi di ascolto e attenzione su altre
dimensioni.
*
Raffaella Mendolia: Il movimento nel futuro: e' preferibile essere minoranza
esigua o movimento di massa? Quali sono le sue concrete possibilita' di
sviluppo?
Pasquale Pugliese: Idealmente e' sicuramente suggestivo immaginare un
Movimento Nonviolento di massa, ma cio' non e' realistico. Tuttavia
all'interno di un grande movimento globale per la pace che il "New York
Times" ha definito "la seconda potenza mondiale", gli amici della
nonviolenza, presenti e attivi in tutti i paesi, costituiscono sicuramente
una minoranza sempre piu' consistente, ascoltata e capace d'indicare la
strada della nonviolenza come via alla pace. Questo e' il ruolo che il
Movimento Nonviolento cerca di svolgere anche all'interno dei movimenti
italiani.
6. STRUMENTI. MONICA LANFRANCO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: e-mail: mochena at tn.village.it,
siti: www.marea.it, www.marea.it/lanfranco) per questo intervento. Monica
Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo 1959, vive
a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il paese delle
donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale di
formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha
curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con il
quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i mensili
"Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della societa'
di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA Donne di
sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per giovani
donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due
edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e
fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network
europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro
Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine
secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi:
1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e
politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile
anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha
scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). E'
stato pubblicato recentemente il suo libro, scritto insieme a Maria G. Di
Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003. Cura e conduce corsi di
formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici)
sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione]
Mi sono abbonata quest'anno perche' ho condotto (per la prima volta, credo,
sull'argomento) un campo nonviolento sull'intreccio tra femminismi e
pratiche e pensiero nonviolento; ho riscontrato, come del resto in tutti i
movimenti, una forte arretratezza sul tema e una inquietante rigidita', e
quindi eccomi qui a tenervi d'occhio attraverso la rivista! :)
Buon lavoro, sentitevi osservati!
7. STRUMENTI. PEPPE SINI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
Perche' se non ci fosse stata "Azione nonviolenta" forse non sarei diventato
una persona amica della nonviolenza. E la mia vita sarebbe piu' povera e
piu' triste.
8. STRUMENTI. ALBERTO TREVISAN: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Alberto Trevisan (per contatti: trevisanalberto at libero.it) per
questo intervento. Alberto Trevisan e' da sempre una delle figure di
riferimento della nonviolenza in Italia]
Ho aderito al Movimento nonviolento perche' mi sembrava una scelta quasi
obbligata dopo aver fatto un lungo percorso per la pace, iniziato nel
lontano 1970 con la prima obiezione di coscienza.
Poi sono seguite altre obiezioni, altre carcerazioni e altri processi sino
all'approvazione della prima legge sul riconoscimento dell'obiezione di
coscienza nel 1972.
Non ho aderito subito al movimento, ma "Azione nonviolenta" l'ho sempre
letta: uno strumento indispensabile per un nonviolento.
Solo l'idea che Aldo Capitini su questa rivista avesse riposto le sue
energie per un movimento sempre piu' ampio e maturo e' gia' una prima
ragione per abbonarsi alla rivista.
Spesso in occasione del Natale regalo a persone care l'abbonamento alla
rivista: mi pare un modo nonviolento di sfuggire ad un consumismo sempre
piu' sfrenato che sembra non fermarsi di fronte all'impoverimento generale
della nostra societa'.
Ora che a volte scrivo su "Azione nonviolenta" sento la rivista come
indispensabile alla mia riflessione nonviolenta: e' come ci diceva Aldo
Capitini: "ad ognuno di fare qualcosa", nel senso che la societa' non ha
bisogno di eroi ma di gente semplice, generosa, sobria, allegra, creativa,
amante della vita: in sostanza persone che credono nella nonviolenza come
chiave di lettura della propria vita.
9. STRUMENTI: INFORMAZIONE, FORMAZIONE, AZIONE: NONVIOLENTA
"Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata
da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte
le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso
BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB
11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona,
specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta".
10. APPELLI. UN APPELLO ALLE ISTITUZIONI CONTRO LE BANCHE ARMATE
[Ringraziamo Salvatore Carnevale (per contatti: citizenry at libero.it) per
averci inviato questo appello sottoscritto da molte autorevoli persone
amiche della nonviolenza (primo firmatario Alex Zanotelli). Salvatore
Carnevale e' referente del nodo di Napoli della Rete Lilliput. Nel
ridiffondere l'appello esprimiamo anche la nostra persuasa adesione]
Premesso che la Rete Lilliput ha, gia' da tempo, lanciato la Campagna
"Tesorerie Disarmate" (vedi nei siti www.retelilliput.org e
www.banchearmate.it);
premesso che in molti Comuni Italiani sono in atto approvazioni di mozioni e
di delibere che regolamentano il rapporto tra l'Ente Locale e le banche
coinvolte nella produzione e commercializzazione delle armi (soprattutto in
quei paesi dove vengono violati i diritti civili), utilizzando punteggi o
esclusioni, nella gestione della Tesoreria Municipale;
i firmatari chiedono
al Sindaco, al Presidente della Provincia e della Regione, di adoperarsi per
escludere dalla gestione delle Tesorerie quelle banche che risultano
coinvolte nella produzione e nella commercializzazione delle armi.
11. PUBBLICAZIONI. UNA RACCOLTA DI RACCONTI DI PACE A CURA DI "MAREA"
[Da Monica Lanfranco (per contatti: mochena at tn.village.it) riceviamo e
diffondiamo. "Marea" (sito: www.mareaonline.it) e' una bella rivista
femminista, pacifista, amica della nonviolenza]
Ciao a tutte e tutti,
perche' non regalare e regalarvi la raccolta di racconti dedicati al tema
"Pace non e' solo assenza di guerra, ma dove la vita fiorisce" che la
rivista "Marea" ha realizzato per Natale?
Nel testo, oltre ai sette racconti premiati, un regalo sull'argomento della
giovane esordiente Igiaba Scego, e alcune storie vere di pace e nonviolenza
tradotte da Maria G. Di Rienzo.
Prenotate le vostre copie, inviando una e-mail a mochena at village.it o a
lauraguidetti at aliceposta.it
Ogni 5 copie acquistate sconto del 20% sul prezzo di copertina, che e' di 7
euro a volume.
Ricordiamo che e' ancora disponibile il numero autunnale di "Marea" dedicato
al tema "Potere", che contiene anche gli atti del convegno "Fare pace con la
terra", con interventi di Lidia Menapace, Imma Barbarossa e Deborah
Lucchetti.
Una buona lettura di pace e buon Natale dalla redazione di "Marea".
12. LIBRI. "BULLISMO, BULLISMI" DI ELENA BUCCOLIERO E MARCO MAGGI
[Ringraziamo Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it) per
averci segnalato la pubblicazione di questo libro]
Mi fa piacere segnalarvi l'uscita del libro di Elena Buccoliero, Marco
Maggi, Bullismo, bullismi. Le prepotenze in adolescenza dall'analisi dei
casi alle strategie di intervento, Franco Angeli, Milano, in uscita nel
gennaio 2005.
Il testo, che ho curato insieme a Marco Maggi, un collega piemontese, e' il
frutto di parecchi anni di lavoro nella prevenzione e contrasto del bullismo
in adolescenza ed e' anche una sintesi, credo abbastanza personale, di idee,
stimoli, incertezze, collegamenti che ci sono girati nella testa in questo
periodo, intorno a questo tema. Il libro comprende elementi di analisi
intrecciati a racconti (storie di bullismo, tutte vere tranne una...
vedrete!) e poi una consistente sezione di attivita' da utilizzare nelle
classi, potenziata ulteriormente da un cd che sara' allegato al testo, dove
si trovano anche strumenti di valutazione...
Gli autori sono disponibili a iniziative di presentazione, formazione
eccetera.
13. LIBRI. "INTELLIGENZA EMOTIVA E MEDIAZIONE" DI MARIA MARTELLO
[Ringraziamo Maria Martello (per contatti: mariamartello at libero.it) per
averci segnalato la pubblicazione di questo libro]
Maria Martello, Intelligenza emotiva e mediazione. Una proposta di
formazione, Giuffre', Milano 2004, pp. 295, euro 18. Il volume fornisce un
approccio pratico e autorevole alla nuova professionalita' di mediatore
sottolineando l'indispensabilita' di questa figura per la risoluzione
pacifica dei conflitti che si verificano nella vita di tutti i giorni e si
manifestano in tutti i contesti da quello familiare a quello scolastico fino
al lavorativo...
Per informazioni e richieste: Giuffre' Editore, tel. 02380891, sito:
www.giuffre.it
14. RILETTURE. ASSIA DJEBAR: DONNE D'ALGERI NEI LORO APPARTAMENTI
Assia Djebar, Donne d'Algeri nei loro appartamenti, Giunti, Firenze 1988,
2000, pp. 192, euro 8,26. Un gioiello di scrittura e riflessione, un'opera
intensa e vibratile.
15. RILETTURE. ASSIA DJEBAR: LONTANO DA MEDINA
Assia Djebar, Lontano da Medina. Le donne al tempo del Profeta, Giunti,
Firenze 1993, 2001, pp. 304, euro 9,5. Tra ricostruzione storica e creazione
letteraria, un libro prezioso.
16. RILETTURE. ASSIA DJEBAR: LA DONNA SENZA SEPOLTURA
Assia Djebar, La donna senza sepoltura, Il Saggiatore, Milano 2002, pp. 192,
euro 14. Un ritorno, una ricerca, una storia che ci riguarda tutte e tutti.
17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 780 del 16 dicembre 2004
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