[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

IN RICORDO DI GIUNI RUSSO



            Lettera al Governatore della Libia

             ( Battiato 1989 )



            Presso una casa antica e bella

            Piena di foto di regine e di bandiere

            Aspettavamo il console italiano

            La fine dell'estate fu veloce

            Nuvole nere in cielo e qualche foglia in terra

            Carico di lussuria si presentò l'autunno di Bengasi

            Lo sai che è desiderio della mano l'impulso di toccarla

            Ho scritto già una lettera al governatore della Libia

            I trafficanti d'armi occidentali

            Passano coi ministri a fianco alle frontiere

            Andate a far la guerra a Tripoli

            Nel cielo vanno i cori dei soldati

            Contro Al Mukhtar e Lawrence d'Arabia

            Con canti popolari da osteria

            Lo sai che quell'idiota di Graziani farà una brutta fine.

            Ho scritto già una lettera al governatore della Libia

            Ho scritto già una lettera al governatore della Libia




Nel gennaio 1930 il generale Rodolfo Graziani viene nominato vicegovernatore della Cirenaica ( la Cirenaica è la zona più ricca della Libia, l'altopiano del Gebel in particolare, grazie alla presenza di piogge, offre maggiori possibilità di coltivazione e di allevamento del bestiame che nel resto del Paese ) e affianca il governatore Pietro Badoglio nell' attuazione della "fase finale" della repressione della resistenza antitaliana, guidata da Omar al-Mukhtar. Si apre una guerra senza quartiere: viene attuato un piano di deportazioni delle tribù seminomadi che appoggiano i ribelli, si ordina di impiccare i capi ribelli catturati, viene emanato un proclama i cui si afferma che se il nemico non si piega, sarebbe stato sterminato: ogni cosa sarebbe stata distrutta, le proprietà confiscate, i colpevoli puniti persino nelle loro famiglie; vengono istituiti tribunali volanti con diritto di morte per reati quali il possesso di armi da fuoco o il pagamento di tributi ai ribelli; viene permesso l'utilizzo di strumenti bombe ad aggressivi chimici, come testimonia un dispaccio di Badoglio al vicegovernatore Siciliani del 10 gennaio 1930: "Continui rastrellamenti e vedrà che salterà fuori ancora qualcosa. Si ricordi che per Omar al-Mukhtar occorrono due cose: primo, ottimo servizio di informazioni; secondo, una buona sorpresa con aviazione e bombe iprite. Spero che dette bombe le saranno mandate al più presto". La riconquista della Cirenaica dura circa due anni e si conclude con un impressionante bilancio di vittime tra la popolazione.

      CHI ERA OMAR MUKHTAR?



      Il 16 settembre ricorre l'anniversario dell'assassinio di Omar
Mukhtar, eroe della resistenza libica prima contro i turchi e,
successivamente, contro i colonizzatori italiani. Il vecchio capo dei
partigiani della Montagna Verde fu circondato e catturato in Cirenaica,
insieme ad una trentina di suoi uomini, il giorno 13 settembre 1931 e
condotto a Bengasi il giorno dopo. Fu portato davanti ad una corte militare
per alto tradimento il giorno 15. Subì un processo-farsa che portò in cella
anche il suo difensore d'ufficio (il capitano Roberto Lontano, accusato di
aver interpretato troppo scrupolosamente il proprio ruolo).
      La scontata condanna a morte fu eseguita all'alba di mercoledì 16
settembre, per impiccagione pubblica davanti a ventimila suoi compatrioti,
nel campo di concentramento di Soluk.
      I generali fascisti e il governo Mussolini avevano fretta di far fuori
l'ottantenne che aveva reso le loro notti insonni, alla testa di un piccolo
gruppo di partigiani mal armati, ma che conoscevano bene il territorio ed
avevano il sostegno della popolazione. Il dominio colonialista italiano,
fino a quel momento, era garantito solo nei centri abitati della costa.
      Non sfugge a nessuno l'incongruenza dell'accusa di alto tradimento, e
Omar Mukhtar fece osservare alla corte militare che lui non era mai stato
cittadino italiano, né aveva mai accettato la sottomissione al potere
coloniale. Ma la condanna a morte, in modo esemplare, serviva per soffocare
ogni minima tentazione dei libici di cercare una speranza di libertà. E così
fu; dopo l'assassinio di Omar Mukhtar, la resistenza armata libica non compì
nessun'azione di rilievo e la maggior parte dei partigiani si rifugiò in
Egitto, per riorganizzare il ritorno negli anni quaranta al seguito delle
truppe inglesi. Questa pagina nera della storia d'Italia è stata relegata
nell'oblio, i libri di testo difficilmente ne parlano in termini critici; al
massimo citano le "opere di civilizzazione che il lavoro italiano era andato
a costruire in quelle lande deserte", oppure descrivono, rimasticando la
propaganda fascista di allora, "le azioni dei valorosi soldati di Roma
contro le bande della barbarie". Un silenzio scandaloso, una rimozione
collettiva al limite del grottesco, se si pensa che agli inizi degli anni
ottanta, la nostra censura arrivò a vietare la proiezione del film Omar
Mukhtar, il leone del deserto, del regista statunitense di origine araba,
Mustafà Akkad.

      (da F.Adly, Il Manifesto/ag. Anbamed)