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da alessandra garusi: anticipazioni del numero di aprile 2004 di M.O.



EDITORIALE

Tra Israele e Palestina:
la follia della riconciliazione



In questi ultimi mesi fatti importanti sono avvenuti in Medio Oriente,
dentro il conflitto israelo-palestinese. L'accordo Beilin-Rabbo, firmato il
1° di dicembre 2003, ha prodotto come un'accelerazione, con la sua scelta di
offrire una soluzione credibile ed equilibrata in ordine ai problemi sul
tappeto, dalla questione territoriale a quella dei profughi.
Mostrando che un accordo puntuale e misurato si può realizzare, ha costretto
tutti a uscire allo scoperto. La stessa Road Map ne ha avuto un nuovo
slancio, perche', accanto al percorso, si mostrava anche un possibile punto
di arrivo. Certo, la pace la firmano i governi, ma ora i governi e coloro -
come Onu, Russia, Europa e Usa - che seguono e sostengono il processo di
pace, non possono dimenticare che una soluzione e' possibile, perché una
soluzione c'e' gia'.  E tutti, alla fine, devono fare i conti con essa.
Nel mese di dicembre, sull'onda dell'iniziativa di Ginevra, il vice primo
ministro israeliano Olmert, lancia la proposta di un ritiro unilaterale dei
coloni, per definire in termini nuovi il confine d'Israele. Certo, questa
soluzione nasce dalla consapevolezza che sta per esplodere la bomba
demografica, cioè la crescita della popolazione araba in Israele, fino a
superare quella ebraica, al punto da mettere in pericolo la democrazia
israeliana: gli israeliani non potranno accettare che il loro Stato sia
guidato dagli arabi. Ma e' chiaro che la proposta Olmert, poi ripresa da
Sharon, e' un tentativo di risposta anche a Ginevra. Questo ha prodotto una
spaccatura nella destra israeliana, tra il governo e la coalizione che lo
esprime, i cui esiti sono ad oggi non calcolabili. I coloni mobilitano tutte
le loro forze per evitare questa soluzione. Ciò potrebbe portare ad una
nuova maggioranza politica, con l'inclusione dei laburisti e l'uscita dei
piu' radicali della destra.
Un travaglio importante sta avvenendo anche all'interno dell'Autorita'
palestinese, perche' gli accordi di Ginevra non convocano tutte le parti che
la compongono. Abu Ala, con grande fatica, consolida la sua leadership,
anche se il peso di Hamas e dei gruppi radicali tende a crescere. C'e' una
discussione dentro l'Autorita' palestinese sulle riforme, che producano
maggiore efficienza e meno corruzione. L'uscita pubblica di 500 dirigenti
contro Arafat, e' il segnale di questo scontro e di questo difficile
processo di modernizzazione.
Le azioni militari israeliane e il terrorismo palestinese sembrano essere
diminuite di intensità. E' evidente che un dialogo si è aperto, sia pure a
fatica, e che nessuno ha interesse a bloccarlo. Certi attentati e certe
azioni dell'esercito israeliano non hanno tagliato il sottile filo del
dialogo, come e' avvenuto in altri periodi. Questa e' una implicita scelta
delle due parti, delle figure più autorevoli e più sagge, le quali sanno che
il tempo per una soluzione ragionevole, anche se costosa, si sta facendo
sempre più breve. In questo complicato contesto cresce la paura, la
diffidenza, l'inimicizia. Il muro ne e' l'immagine plastica. Tuttavia, i due
popoli sono destinati a vivere insieme, in una unica terra. E il vivere
insieme, sia pure nella distinzione di due Stati, domanda il riconoscimento
reciproco, gli uni degli altri: il riconoscimento del dolore e dei diritti
di ciascuno. Senza questo non c'è convivenza e nasce l'odio, che produrra'
ulteriore violenza. Sembra follia parlare di perdono e di riconciliazione in
quella terra. Eppure nella loro debolezza, sembrano le uniche due parole su
cui è possibile costruire il futuro, che non può nascere dalle armi, dall'
occupazione militare e dal terrorismo. La sicurezza e la vita per tutti può
nascere solo dalla pace, non da una logica militare, apparentemente efficace
e rassicurante, ma che in realtà prepara l'abisso.

IL PROGETTO DELLA REGIONE TOSCANA
C'è un singolare progetto, promosso dalla regione Toscana e dal centro Peres
di Tel Aviv, per la cura di bambini palestinesi, non altrimenti curabili,
negli ospedali israeliani, che ha come filo rosso proprio il tema della
riconciliazione. Questo progetto, gestito da un team di pediatri
palestinesi, prevede la cura, ogni anno per tre anni, di 300 bambini
palestinesi negli ospedali israeliani di Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme.
Il primo obiettivo è la cura dei bambini. Il secondo è che in questo modo i
palestinesi imparano che ci sono israeliani che rischiano la vita per curare
i loro figli, mentre gli israeliani apprendono il dolore infinito dei
palestinesi. Complessivamente, guarendo dei bambini, si guarisce dall'odio e
ci si pone sulla via della riconciliazione. I bambini nella loro fragilità,
passando attraverso il muro, lo abbattono nella sua sostanza di separazione
e di inimicizia. E questo e' reso possibile dal lavoro comune di israeliani
e palestinesi, che insieme lavorano per il futuro dei loro figli.
In prospettiva, questa è l'unica via di garantire una sicurezza possibile,
che non si fonda sulle armi, ma su una rinnovata amicizia tra i due popoli.
Questo è l'esatto contrario del terrorismo, che punta a uccidere gli
innocenti. Questo e' un modo concreto e possibile per fare una politica non
di separazione, ma di riconciliazione, a partire dall'assunzione gli uni del
dolore degli altri e imparando dalla domanda di pace e di futuro dei
bambini. Questo non è umanitarismo compassionevole: e' grande politica, e' l
'unica politica per cui vale spendersi. Se questo avviene, vuol dire che c'è
ancora speranza e futuro per Gerusalemme, per la Palestina e per Israele.
Ovviamente non basta. E' necessaria la Road Map, I'Accordo di Ginevra e
quant'altro. Ma senza questo, anche il migliore degli accordi possibile - e
Dio volesse che venisse firmato oggi -, non basterebbe, perche' la pace va
costruita nei trattati, ma va anche seminata nei cuori. Altrimenti la carta
si consuma e l'impero della violenza ritorna.

MASSIMO TOSCHI