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Ultime rivelazioni: una base Usa a Taranto, oggi le trattative. PeaceLink lancia l'allarme.



Il Corriere del Mezzogiorno dell'11 gennaio 2004 - allegato regionale del 
Corriere della Sera - ha pubblicato un articolo a firma di Nazareno Dinoi 
che ha come titolo "Base Usa a Taranto, investimento da 600 milioni di 
dollari". Oggi e domani una funzionaria dell'ambasciata americana è a 
Taranto per trattare.
La notizia conferma e arricchisce con nuovi elementi quanto già PeaceLink 
aveva scoperto il 20 settembre 2000 sul sito del Pentagono e cioè che a 
Taranto era diventata il nodo telematico del sistema C4i americano, un 
sistema di coordinamento e spionaggio militare che collegherà la base 
navale direttamente alla Us Navy oltre Altantico (precisamente il Navy 
Center for Tactical System Interoperability che ha base a San Diego in 
California), scavalcando la catena di comando Nato.
La notizia - data in esclusiva nazionale da PeaceLink - aveva suscitato da 
una parte un'interrogazione parlamentare del senatore Semenzato (componente 
di una commisione difesa che era completamente all'oscuro della faccenda) e 
dall'altra parte le impacciate smentite dell'on.Minniti (braccio destro di 
D'Alema) e della Marina Militare, smentite che rasentavano il grottesco 
essendo il comunicato di PeaceLink supportato da in una pagina web 
ufficialmente del Pentagono.
Si è poi scoperto sulla stampa specializzata che il sistema C4i coinvolge 
anche la portaerei Garibaldi.
L'attuale notizia della nuova base Usa a Taranto arriva dopo i recenti 
scavi archeologici da cui giunge conferma che sotto la nuova base navale - 
in costruzione in località Chiapparo - esiste un villaggio neolitico. Chi 
si è presentato per fotografare il sito archeologico non avrebbe potuto 
farlo essendo il luogo - contemporaneamente - sito di esclusivo interesse 
militare. Non osiamo pensare che cosa sarà di questo bene archeologico e 
turistico in una città in cui l'espansione edilizia è in passato avvenuta 
dando "sepoltura" ad un anfiteatro che ora giace nel centro cittadino sotto 
le fondamenta dei suoi palazzi.
Citiamo tutto questo per sottolineare che il superprogetto militare Usa 
rischia di provocare a Taranto la fine di ogni prospettiva commerciale e 
turistica. A Taranto rimarra in eredità un solo futuro certo: quella di 
città a rischio nucleare e di bersaglio per devastanti azioni 
terroristiche. Ricordiamo che tutti i sommergibili americani sono a 
propulsione nucleare.
Questo è il futuro che ci vogliamo scegliere?
Recentemente il sindaco di Taranto Rossana Di Bello ha dichiarato che le 
priorità di sviluppo della città saranno due: il porto commerciale e il 
turismo. Per il turismo la dice lunga la fine che farà con ogni probabilità 
il villaggio neolitico... Per il porto commerciale è bene citare i dati 
(resi pubblici su Internet) del "Piano di emergenza per le navi a 
propulsione nucleare" (classificato come "riservato" dalla Marina Militare) 
il quale piano prevede, nel capitolo intitolato "Misure da applicare allo 
scopo di evitare incidenti e pericoli di collisione durante la manovra di 
unità militari a propulsione nucleare", un esplicito divieto di transito 
civile. Vi si legge testualmente: "Unità mercantili: il traffico sarà 
sospeso. Maridipart provvederà a richiedere alla Capitaneria di Porto la 
sospensione del traffico precisando inizio e durata della sospensione (...) 
La Capitaneria di Porto prenderà provvedimenti intesi a ritardare la 
partenza di unità mercantili." Inoltre la Capitaneria dovrà "far sostare il 
traffico in arrivo fuori dal porto ed in posizione tale da non intralciare 
le unità militari a propulsione nucleare".
Gli americani andarono via da Taranto all'inizio degli anni sessanta dopo 
aver installato intorno a Gioia del Colle trenta missili Jupiter a testata 
nucleare, ognuna della potenza pari a 100 volte quella di Hiroshima. Due di 
quei missili rischiarono di esplodere a causa di fulmini. Quando andarono 
via gli americani la città tirò un sospiro di sollievo ma oggi l'on. 
Ostillio (centrosinistra), che a quei tempi aveva quattro anni, sembra 
rimpiangere le ricadute occupazionali di una presenza americana. Gli 
chiediamo se troverà una sola assicurazione che stipulerà a Taranto una 
polizza di risarcimento in caso di incidente nucleare: ogni assicurazione 
le esclude esplicitamente a priori. E che Taranto abbia rischiato grosso lo 
testimonia il passato. Nel 1968 il sommergibile atomico americano Scorpion 
passò da Taranto il 10 marzo per esplodere il 22 maggio nell'Oceano 
Atlantico. Un'altra catastrofe fu sfiorata il 22 settembre 1975 con lo 
scontro fra l'incrociatore Belknap e la portaerei Kennedy nello Jonio in 
quanto divampò un incendio a bordo le fiamme arrivarono a pochi metri dai 
missili nucleari Terrier provocando il più grave SOS nucleare della Us Navy.
Va ricordato che in caso di incidente o disastro i trattati bilaterali 
Usa-Italia non consentono alcuna azione penale italiana verso i militari 
Usa, come ha dimostrato la tragedia del Cermis.
Taranto temiamo possa diventare una colonia americana, esposta a tutti i 
rischi e senza alcun potere di controllo, come dimostra la base Usa della 
Maddalena in cui non è possibile il monitoraggio della radioattività in 
quanto le autorità americane non autorizzano analisi ravvicinate.
La mitilicoltura e la pesca a Taranto avrebbero il futuro segnato da una 
spada di Damocle radioattiva.
Lo Statuto di Taranto, all'articolo 1, parla di città operatrice di pace 
libera da armi di terminio di massa.
Per noi la campagna elettorale è già cominciata: metteremo su Internet i 
candidati e la forze politiche che non si schiereranno contro il pericolo 
nucleare di una Base Usa a Taranto.
E se la base Usa si farà, cari politici, ricordatevi Scanzano. Non saremo 
la colonia di nessuno.

Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink