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DDL GASPARRI, IL TESTO INTEGRALE DEL RINVIO ALLE CAMERE



Signori parlamentari, in data 5 dicembre 2003, mi e' stata inviata per la 
promulgazione la legge: "Norme di principio in materia di assetto del 
sistema radiotelevisivo e della Rai- Radiotelevisione italiana Spa, nonche' 
delega al governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione", 
approvata alla Camera dei Deputati il 3 aprile 2003, modificata dal Senato 
il 22 luglio 2003, nuovamente modificata dalla Camera dei Deputati il 2 
ottobre 2003 e approvata in via definitiva dal Senato il 2 dicembre 2003.

Il relativo disegno di legge era stato presentato dal governo alla Camera 
dei Deputati il 23 settembre 2002. Successivamente, il 20 novembre 2002, 
era sopraggiunta la sentenza della Corte Costituzionale n.466, che 
dichiarava "la illegittimita' costituzionale dell'articolo 3, comma 7, 
della legge 31 luglio 1997, n.249 (Istituzione della Autorita' per le 
garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e 
radiotelevisivo, nella parte in cui non prevede la fissazione di un termine 
finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 
2003, entro il quale i programmi irradiati dalle emittenti eccedenti i 
limiti di cui al comma 6 dello stesso articolo 3, devono essere trasmessi 
esclusivamente via satellite o via cavo".

La data del 31 dicembre 2003 era gia' stata indicata, come termine per la 
cessazione del regime transitorio di cui all'articolo 3, settimo comma, 
della legge n.249 del 1997, dall'Autorita' per le garanzie nelle 
comunicazioni (Deliberazione n.346 del 7 agosto 2001).

Detto articolo 3 rinvia ai limiti fissati dal sesto comma dell'articolo 2 
della stessa legge n. 249, laddove si stabilisce che ad uno stesso soggetto 
a soggetti controllati o collegati 'non possono essere rilasciate 
concessioni ne' autorizzazioni che consentano di irradiare piu' del venti 
per cento rispettivamente delle reti televisive o radiofoniche analogiche e 
dei programmi televisivi o radiofonici numerici, in ambito nazionale, 
trasmessi su frequenze terrestri, sulla base del piano delle frequenze.

La sentenza della Corte n. 466 del 20 novembre 2002 muove dalla 
considerazione della situazione di fatto allora esistente che, a suo 
giudizio, 'non garantisce... l'attuazione del principio del pluralismo 
informativo esterno, che rappresenta uno degli imperativi' ineludibili 
emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia.

Nell'ultima delle considerazioni in diritto, la Corte precisa che 'la 
presente decisione, concernente le trasmissioni televisive in ambito 
nazionale su frequenze terrestri analogiche, non pregiudica il diverso 
futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di 
trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse 
tecniche disponibili.

Dalla sentenza i cui contenuti essenziali sono stati richiamati dai 
presidenti delle Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni e 
dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, nelle audizioni 
rese alle Commissioni riunite VII e IX della Camera dei deputati il 10 
settembre 2003, discende pertanto che per poter considerate maturate le 
condizioni del diverso futuro assetto derivante dall'espansione della 
tecnica di trasmissione digitale terrestre e, quindi, per poter giudicare 
superabile il limite temporale fissato nel dispositivo, deve 
necessariamente ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo 
arricchimento del pluralismo derivante da tale espansione.

La legge a me inviata si fa carico di questo problema. Le norme che 
disciplinano l'aspetto sopra considerato sono contenute nell'articolo 25, 
il cui primo comma stabilisce che, entro il 31 dicembre 2003, dovranno 
essere rese attive reti televisive digitali terrestri ponendo, in 
particolare, a carico della societa' concessionaria del servizio pubblico 
(secondo comma) l'obbligo di predisporre impianti (blocchi di diffusione) 
che consentano il raggiungimento del cinquanta per cento della popolazione 
entro il primo gennaio 2004 e del settanta per cento entro il primo gennaio 
2005.

L'articolo 25, terzo comma, stabilisce inoltre che 'l'Autorita' per le 
garanzie nelle comunicazioni, entro i 12 mesi successivi al 31 dicembre 
2003, svolge un esame della complessiva offerta dei programmi televisivi 
digitali terrestri allo scopo di accertare: a) la quota di popolazione 
raggiunta dalle nuove reti digitali terrestri; b) la presenza sul mercato 
di decoder a prezzi accessibili; c) l'effettiva offerta al pubblico su tali 
reti anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche.

Cio' premesso, ritengo di dover formulare alcune osservazioni in merito 
alla compatibilita' di talune disposizioni della legge in esame con la 
sentenza n.466/2002 della Corte Costituzionale.

Una prima osservazione riguarda il termine massimo assegnato all'Autorita' 
per effettuare detto esame: "Entro i dodici mesi successivi al 31 dicembre 
2003"(articolo 25, terzo comma). Questo lasso di tempo- molto ampio 
rispetto alle presumibili occorrenze della verifica- si traduce, di fatto, 
in una proroga del termine finale indicato dalla Corte Costituzionale.

Una seconda osservazione concerne i poteri riconosciuti alla Autorita': 
questa, entro i trenta giorni successivi al completamento 
dell'accertamento, invia una relazione al Governo e alle competenti 
Commissioni parlamentari, "nella quale verifica se sia intervenuto un 
effettivo ampliamento dele offerte disponibili e del pluralismo nel settore 
televisivo ed eventualmente formula proposte di interventi diretti a 
favorire l'ulteriore incremento dell'offerta di programmi televisivi 
digitali terrestri e dell'accesso ai medesimi" (articolo 25, terzo comma).

Ne deriva che, se l'Autorita' dovesse accertare, entro il termine 
assegnatole, che le supposte condizioni (raggiungimento della prestabilita 
quota di popolazione da parte delle nuove reti digitali terrestri, presenza 
sul mercato di decoder a prezzi accessibili; effettiva offerta al pubblico 
su tali reti anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti 
analogiche) non si sono verificate, non si avrebbe alcuna conseguenza 
certa. La legge, infatti, non fornisce indicazioni in ordine al tipo e agli 
effetti dei provvedimenti che dovrebbero seguire all'eventuale esito 
negativo dell'accertamento.

Si consideri, inoltre, che il paragrafo 11, penultimo capoverso, delle 
considerazioni in diritto della sentenza n.466, recita: "D'altro canto, la 
data del 31 dicembre 2003 offre margini temporali all'intervento del 
legislatore per determinare le modalita' della definitiva cessazione del 
regime transitorio di cui al comma 7 dell'articolo 3 della legge n. 249 del 
1977".

Ne consegue che il 1° gennaio 2004 puo' essere considerato come il dies a 
quo non di un nuovo regime transitorio, ma dell'attuazione delle predette 
modalita' di cessazione del regime medesimo, che devono essere determinate 
dal Parlamento entro il 31 dicembre 2003. Si rende, inoltre, necessario 
indicare il dies ad quem e, cioe', il termine di tale fase di attuazione.

Tutto cio' detto in relazione alla compatibilita' delle succitate 
disposizioni della legge in esame con la sentenza n.466 del 20 novembre 
2002, non posso esimermi dal richiamare l'attenzione del Parlamento su 
altre parti della legge che-per quanto attiene al rispetto del pluralismo 
dell'informazione- appaiono non il linea con la giurisprudenza della Corte 
Costituzionale.

Si consideri, a tale proposito, che la sentenza della Corte Costituzionale 
n. 826 del 1988 poneva come un imperativo la necessita' di garantire "il 
massimo di pluralismo esterno, onde soddisfare, attraverso una pluralita' 
di voci concorrenti, il diritto del cittadino all'informazione". E ancora, 
nella sentenza n.420 del 1994, la stessa Corte sottolineava 
l'indispensabilita' di "un'idonea disciplina che prevenga la formazione di 
posizioni dominanti"

Nell'ambito dei principi fissati dalla richiamata giurisprudenza della 
Corte Costituzionale si e' mosso il messaggio da me inviato alle Camere il 
23 luglio 2002.

Per quanto riguarda la concentrazione dei mezzi finanziari, il sistema 
integrato delle comunicazioni (SIC)- assunto dalla legge in esame come base 
di riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori della 
comunicazione- potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne 
detenga il 20 per cento (articolo 15, secondo comma, della legge) di 
disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo alla 
formazione di posizioni dominanti.

Quanto al problema della raccolta pubblicitaria, si richiama la sentenza 
della Corte Costituzionale n. 231 del 1985 che, riprendendo principi 
affermati in precedenti decisioni, richiede che sia evitato il pericolo 
'che la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte di 
finanziamento della libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una liberta' 
che la Costituzione fa oggetto di energica tutela.

Si rende, infine, indispensabile espungere dal testo della legge il comma 
14 dell'articolo 23, che rende applicabili alla realizzazione di reti 
digitali terrestri le disposizioni del decreto legislativo 4 settembre 
2002, numero 198, del quale la Corte Costituzionale ha dichiarato 
l'illegittimita' costituzionale con la sentenza numero 303 del 25 
settembre/1 ottobre 2003. Per la stessa ragione, va soppresso il 
riferimento al predetto decreto legislativo dichiarato incostituzionale, 
contenuto nell'articolo 5, primo comma, lettera l) e nell'articolo 24, 
terzo comma.

Per i motivi innanzi illustrati, chiedo, alle Camere, a norma dell'articolo 
74 primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla 
legge a me trasmessa il 5 dicembre 2003.