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Newsletter n. 41/2003 dell'Osservatorio sui Balcani



                                                      www.osservatoriobalcani.org


               NEWSLETTER SETTIMANALE DELL'OSSERVATORIO SUI BALCANI

                                                                    n. 
41/2003
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                                Notizie, informazioni e aggiornamenti dal 
portale della cooperazione,
                                 diplomazia dal basso e 
solidarietà internazionale con il sud-est Europa
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PRIMO PIANO
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Kossovo: speranze da Vienna?

Avviati i primi colloqui ufficiali tra delegazione serba e albanese.
Dopo quattro anni di quasi-immobilismo, la comunità internazionale prova a 
raccogliere i cocci di un intervento militare sbagliato.

Abbiamo chiesto un commento sull'inizio dei colloqui a Martina Iannizzotto, 
che dopo anni di impegno con il Consorzio Italiano di Solidarietà è ora 
funzionaria dell'UNMIK a Belgrado.

Diversi gli articoli con cui abbiamo seguito la preparazione dell'incontro. 
Segnaliamo in particolare:



Colloqui di Vienna: un primo segnale positivo per il Kosovo, di Luka Zanoni



Kossovo: chi è maturo e chi immaturo?, di Davide Sighele

Sofia: divisi sul Kossovo, di Tanya Mangalakova

Kossovo: chi andrà a Vienna?




  NOTIZIE
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10.10.2003
Elezioni in Albania, severo monito della UE ai politici locali
Una normativa approvata dal governo albanese innesca una serie di polemiche 
sulla partecipazione delle forze di polizia al controllo dei seggi 
elettorali. Il rischio di fallimento delle elezioni, potrebbe compromettere 
l’avvicinamento dell’Albania alla UE.

14.10.2003
Bosnia, la memoria a fior di pelle
Presentato a Sarajevo e Mostar il libro di Isabelle Wesselingh e Arnaud 
Vaulerin su Prijedor oggi, otto anni dopo la fine della guerra. Nostra 
intervista con uno degli autori.

16.10.2003
Basi europee USA: presto trasferite in Bulgaria?
Già nell’agosto scorso era emersa l’intenzione USA di spostare in 
Bulgaria alcune delle proprie basi militari europee. Ora l’ipotesi si fa 
più concreta e si ipotizza anche l’installazione di batterie 
missilistiche contro supposti attacchi iraniani.

16.10.2003
Josip Bozanic, il nuovo cardinale della Chiesa croata
Sesto cardinale nella storia della Chiesa della Croazia, Josip Bozanic, di 
Fiume, si distingue dall’orientamento della maggioranza dell’episcopato 
del proprio Paese.

17.09.2003
Trieste-Mostar: un viaggio Assopace
Un viaggio attraverso la parte nord dei Balcani. Per comprenderne le 
ferite, per comprenderne i rapidi mutamenti di questi ultimi anni. Un 
diario di due partecipanti.



APPUNTAMENTI
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Dal 17 al 19 ottobre 2003
GRRR !
Seconda edizione del Festival Internazionale del Fumetto di Pancevo
Pancevo (USM) - Gallery of Contemporary Art, Little Gallery, ART Club and 
Backyard Gallery
Organizzato da: Gallery of Contemporary Arts Pancevo


24 e 25 ottobre 2003
Quinta assemblea annuale del Forum delle Città dell'Adriatico e dello Ionio
Rijeka (Croazia) - Sala Congressi Euroherc, Riva 8
Organizzato da: Forum delle Città dell'Adriatico e dello Ionio

Dal 30 ottobre al 2 novembre 2003
Zavidovici dieci anni dopo
Zavidovici (BiH)
Percorsi di pace, solidarietà , democrazia e giustizia
Organizzato da: ADL Zavidovici


Altri eventi nella sezione Appuntamenti del portale.




OPPORTUNITÀ
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 >  Database Danubio
Strumento offerto dall'Osservatorio - in collaborazione con Agenda 21 Srl - 
che facilita il lavoro e l'intervento nei Balcani di tanti operatori, 
attivisti e volontari impegnati nella tutela ambientale.

 >>  Database paceINcorso
Osservatorio sui Balcani e Unimondo offrono un database con tutti i corsi 
su pace, diritti umani, aiuto, sviluppo sostenibile... Uno strumento per 
chi vuole unire azione e (auto)formazione.

 >>>  Database AR.CO.
Banca dati sulle organizzazioni italiane attive nei Balcani e sui loro 
progetti in corso. Sapere "chi agisce, cosa fa e dove" è fondamentale per 
creare rete, scambiarsi esperienze, imparare dagli altri.
Invitiamo tutte le organizzazioni ad aiutarci nel tenerlo aggiornato.

 >>>>  Appello "L’Europa oltre i confini"
Ricordiamo che anche tu puoi sottoscrivere l'Appello per l'integrazione dei 
Balcani nell'Unione Europea.
È inoltre on line l'elenco completo ed aggiornato dei firmatari che hanno 
aderito all'appello dopo la presentazione ufficiale in Campidoglio a Roma 
il 24 settembre 2001.

 >>>>>  La posta dei lettori
Commenti, perplessità , questioni stimolate dalla lettura dei nostri 
articoli. I lettori scrivono e l'Osservatorio risponde.



APPROFONDIMENTO
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Danubio: un bilancio a due voci


Mauro Cereghini è coordinatore dell’Osservatorio sui Balcani. Domenico 
Sartori è giornalista del quotidiano L’Adige. Entrambi hanno viaggiato 
lungo il Danubio. Un loro dialogo.


di Domenico Sartori

Vienna-Belgrado via Danubio è stato un viaggio che ha attraversato cinque 
Paesi e sette città alla ricerca dell'Europa che c'è e che non c'è 
ancora. Dieci intensissimi giorni sul grande fiume, uomini e donne di oltre 
una decina di nazionalità , esponenti della società civile e del terzo 
settore, amministratori locali, qualche sindacalista che si sono scambiati 
esperienze, emozioni, agende carichi di impegni. Un ponte ricostruito sul 
fiume che troppi ne ha visti abbattere durante l'ultimo, tragico decennio 
del Novecento. Un lavoro che prosegue, da Sarajevo (aprile 2002) quando 
venne lanciato l'appello «Europa senza confini», con il sostegno di 
Romano Prodi, fino a Belgrado e oltre.

Il prossimo anno a Tirana?
«È solo un'ipotesi» risponde Mauro Cereghini, direttore 
dell'Osservatorio sui Balcani di Rovereto e artefice (assieme all'ideatore 
Michele Nardelli) dell'impresa sul Danubio, con il quale tracciamo un primo 
bilancio dell'iniziativa «andare a sud, a Tirana sarebbe una bella 
provocazione. Ma durante il viaggio c'è stato anche chi ci ha proposto di 
arrivare al Mar Nero, sempre via Danubio. Valuteremo il da farsi con i 
partner locali».

Un viaggio tra la gioiosa attesa delle giovani associazioni di Bratislava 
che avviano le prime iniziative di commercio equo e solidale in Slovacchia, 
l'entusiasmo delle battaglie ambientaliste a Budapest, l'inquietudine e la 
desolazione di Vukovar, la «Stalingrado croata» ancora mezza distrutta 
dall'assedio del 1991, la vivacità dei consolidati rapporti tra le città , 
come tra Novi Sad (Vojvodina, Serbia) e Modena, o tra Trento e Prijedor in 
Bosnia, l'esempio forse più originale di cooperazione decentrata, la 
sofferenza della frenetica Belgrado, ultramoderni centri commerciali e 
anziani che s'arrabattano alla ricerca di cibo tra i cassonetti dei 
rifiuti, le speranze coltivate dalle numerose agenzie per la democrazia 
locale, i tentativi di sviluppo autosostenibile e l'economia in mano agli 
uomini del business, arricchitisi con la guerra e sulle sue macerie.

Quale primo bilancio, dunque?
«Aver condotto in porto la barca» dice Cereghini «con un carico così 
ricco di persone ed esperienze diverse, che non hanno fatto una 
scampagnata, ma un percorso politico è una grande soddisfazione: è l'aver 
fatto capire che è possibile fare politica e diplomazia dal basso, non 
solo iniziative mediatiche od umanitarie».

Cosa resta dopo dieci giorni di viaggio e confronti?
«Stiamo predisponendo l'agenda di lavoro per il futuro, che elenca gli 
ambiti di impegno (eliminazione dei visti e diritti di cittadinanza, 
cooperazione decentrata e autosviluppo...) emersi tra Vienna e Belgrado. 
Intanto, resta un fatto simbolico-politico forte. Pezzi di società civile 
italiana ed europea da una parte e, dall'altra, pezzi di società civile 
del Sul Est Europa si sono incontrati per la prima volta. Abbiamo portato 
Legambiente nei Balcani, e subito sono nate le prime iniziative comuni con 
associazioni ambientaliste locali. E lo stesso abbiamo fatto con Civitas, 
la fiera del terzo settore di Padova, che ha partecipato al viaggio. A 
Belgrado, un rappresentante del Parlamento europeo ci ha detto: "Non 
pensavo che dopo dieci anni ci fosse ancora tanta gente che si interessa 
dei Balcani". È un dato politico importante perché, ora che c'è da 
pagare il prezzo dell'ingresso dei nuovi dieci paesi, sarà ancora più 
difficile parlare di Balcani, nonostante a Salonicco, in giugno, sia stato 
fatto un passo importante con la dichiarazione che l'Europa non 
sarà completa finché non si sarà riunificata con quei paesi».

I Balcani non sono più di moda: altre sono le emergenze internazionali che 
si impongono. In questo contesto l'Osservatorio di Rovereto lancia l'idea 
dell'Europa dal basso, dei cittadini, delle città , dei territori che 
costruiscono reti e alleanze: un'utopia?
«No, perché le reti di città e i rapporti tra le 
comunità già esistono. E poi perché pezzi minoritari delle istituzioni, 
ma pure la stessa Commissione europea, proprio su queste alleanze puntano. 
Vero, invece, che la crisi irachena è stata un duro colpo verso l'Europa e 
verso la prospettiva di riunificazione: non a caso gli Stati Uniti hanno 
fatto campagna acquisti di alleati nelle zone periferiche, anche in Serbia 
ed Albania. Purtroppo, va aggiunto che, sulla strada della riunificazione 
con i Balcani, con l'attuale presidenza italiana si sta perdendo un semestre».

Da Vukovar a Belgrado, più di un osservatore ha posto il problema del 
ruolo della società civile nei paesi cosiddetti «in transizione»: una 
società civile apatica, sfiduciata, individualista, orientata alla 
sopravvivenza, apolitica. Ecco la ragione delle perplessità di chi vi 
considera «utopici naviganti»...
«In effetti, il viaggio s'è diviso in due parti: una prima, gioiosa, 
musicale, di incontro tra realtà vivaci, già strutturate, come i gruppi 
ambientalisti; ed una seconda parte, quella di Vukovar, Novi Sad e 
Belgrado, più pesante, dove l'associazionismo soffre di più. Esiste una 
vecchia guardia legata al pacifismo che ha fatto opposizione alla guerra e 
che in alcuni casi lì s'è fermata, in altri s'è piegata al costruire 
progetti ed al fare cose: una de-responsabilizzazione in cui ha grosse 
colpe la comunità internazionale, che ha parlato più di soldi che di 
idee, di progetti più che di valori. Per cui le organizzazioni non 
governative, anche le nostre dell'aiuto umanitario (grandi assenti in 
questo viaggio), sono diventate esecutori di cose più che alleati su 
progetti politici. La depoliticizzazione del terzo settore, del resto, è 
un problema anche per l'Italia, mica solo per i Balcani. E l'altro ambito 
che s'è visto poco è stato quello dei new global: i pochi che fanno 
politica nei Balcani lo fanno in maniera ideologica, al punto da accomunare 
l'Unione europea agli Stati Uniti. Non è facile avere una visione diversa, 
quella dell'incontro. Non è facile, per usare la metafora di Riva del 
Garda, stare in mezzo alle contraddizioni, tra la Baltera ed il 
Palacongressi. Il viaggio è stato anche questo: fare un discorso pro e non 
anti, sia con le istituzioni che con la società civile».

Inquieta la variabile tempo: il viaggio simbolico-politico ha la lentezza 
del Danubio, chiede tempo e pazienza nella costruzione di rapporti dal 
basso. Ma da Vukovar a Belgrado s'intuisce che invece bisogna fare presto a 
ricomporre quest'Europa, perché la situazione socio-economica nei Balcani 
è pesante, rischiosa.
«Assolutamente sì. Dieci, quindici anni fa, l'Europa è mancata e non ha 
saputo prevenire ed intervenire nelle crisi e nella guerra. L'Europa ha ora 
una chance che non è infinita. Ci sono partite solo apparentemente chiuse: 
il Kossovo e la Macedonia rivelano situazioni di forte tensione. Per il 
nostro viaggio, persone del Kossovo non se la sono sentita di andare a 
prendere il visto in Macedonia o di entrare in Serbia. E la stessa Bosnia 
è una questione aperta. Ovvio, un processo di integrazione è complesso: 
qui deve intervenire la decisione politica e la fantasia, trovando forme 
flessibili, a tappe, ma presto». Ad esempio? «Un bel segnale sarebbe 
stato aver invitato i paesi dei Balcani, come ospiti ed osservatori, ai 
lavori della Convenzione europea, per dare un segnale che ciò che si va a 
costruire li vede in qualche modo partecipi. Concretamente, poi, si 
potrebbe investire molto più di quanto deciso a Salonicco, e trasformare 
gli investimenti europei nei Balcani da aiuti per la ricostruzione a fondi 
strutturali, al pari di quelli utilizzati per le aree depresse, 
considerandoli degli investimenti che l'Europa fa per se stessa, piuttosto 
che degli aiuti a paesi terzi».

Tra Pristina e Belgrado è stato riaperto un tavolo per trovare una 
soluzione per il Kossovo: l'impressione, un'altra volta, è che l'Europa 
sia la grande assente.
«Assente del tutto forse no. Il problema è che in Kossovo ci sono le 
Nazioni Unite. E l'Onu che le sta buscando da tutte le parti, non può 
uscire dal Kossovo con un'altra sconfitta. Ma al di là dell'attore in 
gioco, il problema è avere un progetto chiaro, che nessuno ha: né 
l'Europa, né l'Onu, né gli Usa. E siccome tutte le opzioni (indipendenza, 
autonomia...) presentano dei difetti, ci vuole un'idea che sparigli il 
gioco dall'alto, mentre dal basso va fatto un grosso lavoro per la 
riconciliazione, perché in quell'area non basta la presenza militare. Il 
Tavolo trentino in Kossovo dimostra che il lavoro è difficilissimo, ma che 
è questo impegno sul campo quello che occorre, evitando l'approccio 
economicista che butta sui territori tanti soldi, ma poche idee e poche 
relazioni, poca costruzione di ponti immateriali».

Gli Usa si sono rimessi in gioco. Ora considerano la Serbia paese 
privilegiato nei rapporti economici...
«Gli Usa giocano, in modo unilaterale, una partita per rompere sia una 
prospettiva regionalista interna nei Balcani, sia quella della 
riunificazione europea. Così sono riusciti a comprare l'appoggio della 
Serbia alla guerra in Iraq».

L'inquietudine del viaggiatore, soprattutto a Vukovar, è quella di chi si 
domanda: «È accaduto, può accadere di nuovo?».
«Se ci spostiamo più in là , nel Caucaso, in Cecenia, certe cose accadono 
ancora. Per quanto riguarda i Balcani, non potrebbe accadere di nuovo in 
quelle dimensioni. Nel 1991, la comunità internazionale era assente e 
neppure c'erano gli anticorpi interni. È però possibile che in Macedonia 
o nel Sud Serbia ci siano riprese della violenza. Ma la cosa più 
devastante è la situazione immateriale. Ricordo il Kossovo del '96, prima 
della guerra: la polarizzazione sociale ed il muro tra le comunità che 
c'era allora è tuttora presente, così com'è presente nella Croazia dei 
non rientri. In Kossovo i bambini non imparano più le lingue dell'altro. 
La costruzione di muri sociali continua. Il viaggio tra Vienna e Belgrado 
è servito anche a questo, ad abbattere muri esistenti: il battello sul 
Danubio ha portato per la prima volta dei serbi a Vukovar e dei croati di 
Vukovar a Belgrado. Sono tanti i muri, anche in Europa: all'ambasciata 
ungherese di Vienna, ad Elidon, albanese, che chiedeva il visto, e che è 
stato fatto rimanere sulla porta, la funzionaria ha brutalmente chiesto: 
"Sei sicuro di non essere arrivato in gommone, in Italia?"».

Il viaggio sul Danubio nasce in Trentino, un Trentino aperto, che sa 
gettare sguardi sul mondo...
«Sì, il viaggio è stato il compimento di un percorso che vede 
un'importante presenza istituzionale e civile. Hanno aiutato la Provincia, 
la Regione, i comuni più grandi, c'era l'associazionismo locale, c'erano i 
musicisti trentini. Una partecipazione territoriale che non c'è altrove e 
che, ora, potrebbe essere valorizzata ancora di più. Un esempio di come 
l'internazionalizzazione di un territorio passi anche attraverso questi 
mondi, non solo attraverso i rapporti economici».


» Fonte: © Osservatorio sui Balcani

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«Sono fermamente convinto che il perseguimento dell'opera 
dell'unificazione e dell'integrazione europea rappresenti la premessa 
migliore per la pace e la libertà nel ventunesimo secolo. E quest'opera 
esige che l'Unione Europea divenga una casa aperta per i Paesi dell'Europa 
centrale, orientale e del sud-est. Il nostro sguardo, la nostra 
preoccupazione riguardano anche il Mediterraneo. Nessuno deve essere 
escluso, lasciato ai margini. Non possiamo permetterci nuovi muri, questa 
volta tra la prosperità di una parte d'Europa e la povertà di un'altra.»

                                                                                               Romano 
Prodi - Presidente della Commissione Europea