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La nonviolenza e' in cammino. 695



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 695 del 6 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. Vito La Fata: sulla proposta di Lidia Menapace
2. L'appello della marcia Perugia-Assisi del 12 ottobre
3. Il 10 ottobre a Perugia "Le donne d'Europa con le donne del mondo"
4. Un appello su pace, Costituzione europea e Nato
5. A Rimini forum su "Il ruolo dell'Europa a sostegno delle lotte
nonviolente e dei diritti umani nel mondo"
6. Patricia Tough e Imma Barbarossa: dalle donne una critica quotidiana che
abbia come pratica l'azione nonviolenta
7. Marta Marsili: da Cancun le proposte del forum per i diritti delle donne
8. Francesco Comina: un convegno con Raimon Panikkar
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. VITO LA FATA: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo Vito La Fata (per contatti: vitofata@inwind.it) per questo
intervento. Vito La Fata, animatore di iniziative nonviolente in Sicilia ed
in attivita' di cooperazione e solidarieta' internazionale, e' uno dei
continuatori dell'opera dell'indimenticabile Danilo Dolci; e' impegnato nel
Cesie (Centro Studi ed Iniziative Europeo, sito: www.cesie.it)]
Circa la proposta di Lidia, voglio semplicemente dire che e' un grande
sogno, che sembra impossibile, ma io ho sempre creduto nei sogni
impossibili, poiche' nulla e' impossibile.
Cinquanta anni fa l'Europa unita sembrava semplicemente inimmaginabile, oggi
invece e' una realta'. Oggi sembra lontana un'ipotesi di Europa nonviolenta
poiche' tanti sono i conflitti che i molti ritengono risolvere con la
cosiddetta "violenza difensiva".
Sono sicuro che questo sogno di un'Europa nonviolenta e' gia' un inizio, un
punto di partenza, e molti ci seguiranno.
Cerchiamo degli strumenti efficaci su come divulgare la proposta di Lidia
quanto piu' possibile, e non solo in Italia.
Cerchiamo i canali piu' efficaci affinche' la societa' civile prenda
coscienza dell'urgente necessita' della nonviolenza come unica via di
salvezza da un mondo sempre piu' pieno di conflitti violenti.
Resto a disposizione per diffondere questa proposta all'estero.

2. APPELLI. L'APPELLO DELLA MARCIA PERUGIA-ASSISI DEL 12 OTTOBRE
[Dal sito della Tavola della pace (www.tavoladellapace.it) riprendiamo
l'appello - di alcuni mesi fa - di convocazione della marcia Perugia-Assisi
del 12 ottobre]
12 ottobre 2003: marcia per la pace Perugia-Assisi
Costruiamo insieme un'Europa per la pace
La guerra contro l'Iraq ha diviso i governi europei impedendo all'Europa di
agire in modo responsabile ed efficace. Allo stesso tempo decine di milioni
di cittadini europei hanno dato voce ad un'Europa dei popoli unita attorno
ai valori della pace, della giustizia e del diritto internazionale dei
diritti umani.
Il mondo e' in uno stato di pericolo, i rischi sono terribili, la posta in
gioco elevatissima e noi non possiamo accettare il silenzio e l'inazione
dell'Europa. Se i governi restano divisi, i cittadini europei hanno la
responsabilita' di unirsi e di agire con determinazione e lungimiranza per
dare vita ad un'Europa che si mette al servizio della pace e della
promozione del bene comune mondiale. Un'Europa capace di affrontare le
grandi sfide aperte mettendo un freno al dilagare della guerra,
dell'ingiustizia, del terrorismo e del crescente disordine internazionale.
Occorre agire subito. Abbiamo bisogno urgente di un'Europa decisa a
costruire e affermare se stessa come soggetto politico di pace, autonomo e
indipendente; determinata a costruire un ordine mondiale piu' giusto,
pacifico e democratico centrato sulle Nazioni Unite e sul diritto
internazionale dei diritti umani; decisa a combattere la fame, la sete, le
malattie e la poverta' promuovendo un'economia di giustizia; decisa a
contrastare ogni piano di "guerra infinita", di "scontro di civilta'" e di
terrorismo per costruire nel Mediterraneo, nei Balcani e nel Medio Oriente
una comunita' di pace; impegnata a ridefinire coerentemente i suoi rapporti
di amicizia e cooperazione con tutti i paesi vicini, con gli Stati Uniti,
con il mondo arabo e con il resto del mondo.
Ci attendono scelte importanti, irrinviabili. Nei prossimi mesi l'Italia
assumera' la Presidenza dell'Unione Europea; si concludera' la Convenzione
Europea e il processo di definizione della Costituzione Europea; ci sara'
l'ingresso di dieci nuovi paesi nell'Unione Europea e, infine, ci saranno le
elezioni del Parlamento Europeo. Una grande responsabilita' spetta ai paesi
fondatori dell'Europa, a coloro che per primi, dopo tanti secoli di guerre,
hanno avuto l'intuizione e la capacita' di dare avvio alla costruzione
dell'Europa come strumento di pace e di pacificazione. A questi paesi oggi
incombe la responsabilita' di dare una Costituzione democratica all'Europa
che ripudi la guerra, in cui sia previsto un governo europeo responsabile di
fronte al Parlamento Europeo, in grado di parlare al mondo con una sola
voce.
Il mondo ha disperato bisogno di una nuova Europa e noi, cittadini europei,
consapevoli delle nostre grandi responsabilita' storiche, vogliamo lavorare
insieme affinche' l'Europa che stiamo costruendo si metta realmente a
servizio della pace, della giustizia e della democrazia internazionale.
Nessuno resti a guardare.
*
L'Europa che vogliamo
L'Europa che vogliamo e' aperta, solidale e nonviolenta.
L'Europa che vogliamo e' fondata sulla pace e sui diritti umani, sulla
dignita' umana e sui diritti che le ineriscono, sui valori indivisibili e
universali della liberta', della democrazia, dell'eguaglianza, della
giustizia e della solidarieta'.
L'Europa ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali e riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone
e dei popoli.
L'Europa che vogliamo e' una protagonista di pace positiva che s'impegna a
costruire un ordine internazionale pacifico e democratico rafforzando e
democratizzando le Nazioni Unite e la cooperazione multilaterale, a ridurre
l'ingiustizia planetaria, a sradicare la poverta', a prevenire e risolvere i
conflitti, a sconfiggere il terrorismo, a sostenere la Corte Penale
Internazionale.
L'Europa che vogliamo e' aperta al resto del mondo, capace di stabilire con
gli altri popoli e nazioni relazioni improntate alla ricerca del bene
comune, alla cooperazione solidale, al riconoscimento e al rispetto delle
diverse culture e identita'.
L'Europa che vogliamo e' impegnata a fare del Mediterraneo il mare della
pace, del dialogo tra le grandi religioni, dell'incontro tra persone e
culture diverse, della sicurezza e dello sviluppo umano per tutti.
L'Europa che vogliamo s'impegna a promuovere la pace, la giustizia e il
rispetto dei diritti umani in Medio Oriente, mettendo fine al tragico
conflitto tra israeliani e palestinesi sulla base del principio "due stati
per due popoli".
L'Europa che vogliamo e' decisa a saldare il suo debito storico con l'Africa
e i suoi popoli aiutandoli ad uscire dalla crisi disperata che li imprigiona
e ad avviare uno sviluppo autonomo.
L'Europa che vogliamo e' l'Europa della convivialita' e
dell'interculturalita': un'Europa che e' accoglienza di popoli, di lingue,
di culture, di identita' e di storie diverse; un'Europa che rifiuta il
razzismo e la discriminazione in tutte le sue forme; che riconosce e
rispetta i diritti dei migranti e il diritto d'asilo ai profughi e rifugiati
in fuga dalla guerra, dalla violenza e dalla fame.
L'Europa che vogliamo mette al centro la persona e i suoi diritti
fondamentali, adotta un modello di sviluppo sostenibile, e' capace di avere
rispetto per la natura e per l'ambiente che ci circonda.
L'Europa che vogliamo e' l'Europa dei cittadini, degli eguali diritti di
cittadinanza di tutti coloro che vi risiedono: investe nella democrazia e
nella partecipazione, riconosce il valore e favorisce lo sviluppo
dell'associazionismo anche prevedendo forme di consultazione e
collaborazione da parte di tutte le istituzioni europee; promuove lo
sviluppo di una societa' civile attiva, pluralista e responsabile.
L'Europa che vogliamo e' l'Europa dei popoli che, in attuazione del
principio di sussidiarieta', valorizza le istituzioni di governo locale e le
formazioni di societa' civile quali attori essenziali al suo sviluppo
democratico e federale nell'ottica della governabilita' globale democratica.
L'Europa che vogliamo attua politiche economiche tese a creare nuova
occupazione e ridare piena dignita' al lavoro, a garantire a tutti il libero
accesso ai diritti sociali di base, a salvaguardare il proprio modello di
stato sociale promuovendo equita' e giustizia distributiva al proprio
interno e a livello internazionale.
Noi cittadini europei, uniti, oggi piu' che mai, nel nome della pace e dei
diritti umani, della giustizia e della solidarieta' tra i popoli, ci
impegniamo a partecipare attivamente allo sviluppo democratico di questa
Europa.
Chiediamo che nella Costituzione Europea in discussione si affermi, come
all'articolo 11 della Costituzione Italiana, che: "L'Europa ripudia la
guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e
riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e dei popoli.
L'Europa contribuisce alla costruzione di un ordine internazionale pacifico
e democratico; a tale scopo promuove e favorisce il rafforzamento e la
democratizzazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e lo sviluppo
della cooperazione internazionale".
*
Con questo spirito ci impegniamo ad organizzare dal 4 al 12 ottobre 2003, in
occasione del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea, una nuova
"Assemblea dell'Onu dei Popoli" dedicata all'Europa: una grande "audizione
della societa' civile mondiale" sull'Europa e le sue responsabilita' verso
il mondo, che si concludera' domenica 12 ottobre 2003 con una marcia per la
pace da Perugia ad Assisi. Obiettivo comune: costruire l'Europa che
vogliamo, l'Europa per la pace.
Invitiamo tutti i ragazzi e le ragazze, le donne e gli uomini, i gruppi, le
associazioni e le diverse organizzazioni della societa' civile laiche e
religiose, le scuole e le universita', i Comuni, le Province e le Regioni,
le forze politiche e i parlamentari che condividono questi obiettivi a
sottoscrivere e sviluppare questo documento collaborando alla realizzare
della quinta assemblea dell'Onu dei popoli e della marcia per la pace
Perugia-Assisi.
Tavola della pace, 12 aprile 2003
*
Per informazioni e adesioni:
Tavola della pace, via della viola 1, 06100 Perugia, tel. 0755736890, fax
0755739337, e-mail: info@perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it
Coordinamento nazionale enti locali per la pace e i diritti umani, via della
Viola 1, 06100 Perugia, tel. 0755722479, fax 0755721234, e-mail:
info@entilocalipace.it, sito: www.entilocalipace.it

3. INCONTRI. IL 10 OTTOBRE A PERUGIA "LE DONNE D'EUROPA CON LE DONNE DEL
MONDO"
[Da Marcella Bravetti (per contatti: donnemondo1@interfree.it) riceviamo e
diffondiamo]
Per un'Europa di donne e di uomini che dialoghi con il mondo; per un mondo
di donne e di uomini aperto al dialogo con l'Europa, venerdi 10 ottobre a
Perugia nella sala dei Notari alle ore 21, assemblea aperta: "Le donne
d'Europa con le donne del mondo".
Per ascoltare e confrontarci con il pensiero e il sapere delle donne sulle
politiche, sulle strategie e azioni utili a perseguire la pace nel pianeta;
per costruire la pace sul filo dell'uguaglianza tra i popoli, le nazioni e i
generi che li abitano; per ripartire in modo equo e solidale le risorse nel
rispetto dell'integrita' e generosita' naturale della terra.
Saranno con noi: Karen Dolan (Stati Uniti), Moema Mirando (Brasile), Luisa
Morgantini (Italia), Norma Fernandes (Argentina), Lidia Menapace (Italia),
Eman Ahmed Khammas (Iraq), Sesa Amici (Italia),  Justine Michawi, Salwa
Najjab Al-Khateeb (Palestina), Vandana Shiva (India), Lidia Campagnano
(Italia), Hilary Wainwright ( Gran Bretagna), Lidia Cirillo (Italia).
Comitato organizzativo: comitato internazionale 8 marzo, rete di donne
contro tutte le guerre, la goccia, donne in nero, aida, donne contro la
guerra, donne dell'associazione sinistra ecologista, donne dell'ulivo, forum
delle donne comuniste, centro per le pari opportunita' della Regione Umbria.
Karen Dolan e' coordinatrice della campagna di citta' americane contro la
guerra "Cities for Peace" e ricercatrice dell'Institute for Policies Studies
di Washington; Moema Mirando e' componente del segretariato brasiliano per
il Forum Social Mondiale di Porto Alegre; Luisa Morgantini e' parlamentare
europea e coordinatrice delle donne in nero; Norma Fernandes e' componente
della Central de Trabajadores Argentina e coordinatrice del Forum tematico
argentino del 2002; Lidia Menapace, ha preso parte alla Resistenza con il
riconoscimento di partigiano, e' tra le persone fondatrici del "Manifesto" e
ora della Convenzione permanente di donne contro la guerra e del Centro di
ricerca "Rosa Luxemburg"; Eman Ahmed Khammas e' giornalista e condirettrice
dell'Osservatorio sull'occupazione in Iraq; Justine Michawi e' animatrice
della Comunita' Emmaus di Cotonou che accoglie ragazzi in difficolta',
animatrice del gruppo di donne del Mercato di S. Rita per la gestione del
microcredito e per l'alfabetizzazione delle donne e delle loro figlie,
presidente della Associazione donne amiche (Afa) di Cotonou, sempre per il
microcredito e l'alfabetizzazione; Sesa Amici e' parlamentare dell'Ulivo;
Salwa Najjab Al-Khateeb e' ginecologa, presidente e consulente di Juzoor
(Fondazione per la salute e lo sviluppo sociale), tra i fondatori dei
comitati "Medical Relief" e del Centro per gli aiuti legali alle donne;
Vandana Shiva e' fondatrice del Movimento Navdanya, per la preservazione
della biodiversita' e per i diritti  delle comunita' locali, e membro del
Comitato internazionale per il Contratto mondiale dell'acqua; Hilary
Wainwright e' ricercatrice del Center for Labour Studies dell'Universita' di
Manchester e componente del Transnational Institute; Lidia Cirillo e'
rappresentante della  Marcia mondiale delle donne, rete italiana; Lidia
Campagnano e' coordinatrice Udi nazionale e giornalista.

4. DOCUMENTI. UN APPELLO SU PACE, COSTITUZIONE EUROPEA E NATO
[Dall'agenzia Metamorfosi (per contatti: sito: www.studio-metamorfosi.com,
e-mail: agenzia@studio-metamorfosi.com) riceviamo e volentieri diffondiamo
il seguente utile appello. Rileviamo con dispiacere (oltre ad alcune cose
discutibili, inesattezze e genericita' che purtroppo si trovano pressoche'
sempre negli appelli pacifisti - ed e' il sintomo di un'insufficienza e un
pressappochismo che purtroppo ancora fortemente indeboliscono l'impegno di
pace), l'assenza dell'indicazione della nonviolenza come elemento decisivo
per inverare un impegno di pace. E' una lacuna grave, di gran parte del
movimento pacifista. Se non si compie il passaggio dal pacifismo generico
alla nonviolenza specifica ben difficilmente il movimento per la pace potra'
efficacemente contrastare le culture e le prassi della guerra, del riarmo,
del militarismo, le oppressioni strutturali e le strutture dell'oppressione]
Dopo l'appello "Non c'e' democrazia con la legge Gasparri" e in concomitanza
con il vertice straordinario dell'Unione Europea per l'apertura della
Conferenza intergovernativa sulla Costituzione Europea, Alex Zanotelli,
Luigi Ciotti, Gino Strada, Gianni Mina' - con il sostegno di Antonio
Vermigli della Rete Radie' Resch/Rete Lilliput di Quarrata - lanciano il
documento "Pace, Costituzione europea e Nato", nato anch'esso sull'onda del
successo della decima marcia per la giustizia che si e' svolta da Agliana a
Quarrata lo scorso 13 settembre.
Per aderire al documento e' possibile inviare una e-mail ad Antonio
Vermigli: a.vermigli@rrrquarrata.it, o via fax al numero 0573718591.
*
Pace, Costituzione europea e Nato
Nella nuova Costituzione dell'Unione Europea appare chiaro che la pace non
e' uno dei principi su cui si fonda l'ispirazione della politica estera
dell'Unione, ma e' solo uno degli obiettivi della sua azione, e il ripudio
della guerra non e' mai preso in considerazione.
Basta soffermarsi sugli articoli 188, 205, 207 e 210. Cio' che si vuol
salvaguardare sono "gli interessi fondamentali dell'Unione Europea" che
rimandano agli "interessi vitali" della nuova strategia imperiale. E' chiaro
per la Costituzione europea che la pace puo' essere interrotta da missioni
militari che sono contemplate per "assistenza militare, prevenzione dei
conflitti e mantenimento della pace, combattimento nella gestione di crisi,
stabilizzazione al termine dei conflitti, lotta contro il terrorismo anche
sul territorio di stati terzi".
E' incredibile che la nuova Costituzione preveda "un'agenzia europea per gli
armamenti" ed anche un Fondo costituito dai contributi degli Stati membri.
Su tutto questo il parlamento europeo ha solo una preminente funzione
consultiva. E' il Consiglio che detiene il potere decisionale in questo
campo.
Purtroppo tutto questo non tiene conto della nuova sensibilita' europea
espressa nelle grandi manifestazioni del 15 febbraio nelle capitali europee.
Sembra ormai che anche nel centrosinistra europea abbia prevalso alla fine
un avvicinamento alla linea atlantica, che ruota attorno a Londra e a Madrid
e, oggi, a Roma, e che trova un certo consenso di Giscard e Amato,
predisposti a stemperare le critiche piu' aspre all'ideologia della guerra
preventiva.
Colpisce all'articolo 1 e 2 l'assenza del valore della pace, assunta invece
solo come obiettivo e quindi declassata da guida primaria all'azione
politica. L'Unione Europea si pone innanzitutto come potenza sulla scena
internazionale con la riaffermazione implicita di quella ragion di stato che
viene riproposta - esautorato a riguardo il parlamento - a livello
sovrastatale, sotto la guida di un organismo intergovernativo come il
Consiglio, e che il movimento pacifista mondiale sta attaccando dalle
fondamenta nella prospettiva di un mondo unificato.
Affermare invece che la pace e' un valore in se' avrebbe avuto come
conseguenza che sarebbe stato assumibile l'articolo 11 della nostra
Costituzione - il ripudio della guerra - assieme ad impegni vincolanti sulla
giustizia, l'uguaglianza, la lotta alla miseria nelle relazioni nord-sud. E'
quanto ha tentato di fare la campagna italiana perche' nella nuova
Costituzione europea potesse entrare questa affermazione: "L'Europa ripudia
la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e
riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e dei popoli.
L'Europa contribuisce alla costruzione di un ordine internazionale pacifico
e democratico, a tale scopo promuove e favorisce il rafforzamento e la
democratizzazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e lo sviluppo
della cooperazione internazionale".
E' in questo contesto che bisogna cominciare a riflettere seriamente sul
peso della Nato nell'Unione Europea. Questo diventa ancor piu' urgente ora
che l'Unione Europea e' sotto pressione per rafforzare un processo di
militarizzazione per poter controbilanciare il colosso militare Usa.
La sola esistenza della Nato, come alleanza cui aderiscono i paesi europei,
implica un'ipoteca pesantissima che vanificherebbe la miglior Costituzione
europea che si possa concepire, per gli aspetti della difesa, ma anche della
democrazia effettiva e della liberta'.
Si tenga conto, infatti, che il funzionamento della Nato si basa almeno su
tre livelli:
1. Un primo livello e' costituito dal Trattato costitutivo dell'alleanza.
Questo livello e' forse il piu' innocuo, in quanto i termini del trattato
sono noti ed espliciti, approvati dai parlamenti nazionali. Il problema di
fondo e' pero' che l'Alleanza da un lato va ben al di la' del trattato
istitutivo e dall'altro e' divenuta via via qualcosa di ben diverso da
com'era stata fondata.
2. Un secondo livello, infatti, e' costituito da una serie di accordi
rimasti rigorosamente segreti, mai sottoposti a nessuna verifica
parlamentare, che regolano aspetti cruciali: tra questi tipicamente le basi
militari. E' evidente che tali accordi hanno per i governi nazionali una
forza piu' forte delle rispettive norme costituzionali e possono violarle
impunemente. Nella recente aggressione all'Iraq, pur non essendo coinvolta
la Nato in quanto tale, e' stata denunciata la violazione della Costituzione
per la cessione del permesso di sorvolo dello spazio aereo, nonche' per
l'uso delle basi americane in territorio italiano.
3. Ma vi e' un terzo fattore forse piu' grave. Nel corso dell'ultimo
decennio, lo spirito e le finalita' stesse dell'alleanza si sono
profondamente trasformate con decisioni di vertice e senza nessuna verifica
democratica da parte dei parlamenti nazionali e dei cittadini. Il principale
di questi cambiamenti e' stato il "nuovo concetto strategico" definito nel
vertice della Nato di Washington del 1999. Esso ha trasformato  radicalmente
l'Alleanza da difensiva in offensiva, uno strumento per affermare gli
interessi dei paesi membri in qualsiasi parte del mondo essi si vedano
minacciati. Questo carattere aggressivo dell'Alleanza pone quindi la guerra
come strumento per risolvere (ma anche per creare) i conflitti, in
drammatica violazione dello spirito e della lettera della nostra Carta
costituzionale. Ma l'Alleanza, dopo il vertice di Washington, ha continuato
a trasformarsi. Molti commentatori hanno osservato che l'allargamento a
nuovi paesi europei (molti dei quali vengono contemporaneamente inclusi
nell'Unione Europea) fa parte di una manovra ampiamente promossa da
Washington per fare dell'Alleanza uno strumento piu' facilmente asservibile
ai propri disegni imperiali: questa analisi ha ricevuto una conferma
esplicita immediata in occasione dell'aggressione all'Iraq. Nel vertice di
Praga di quest'anno, poi, la Nato ha sostanzialmente sposato la strategia
dell'"attacco preventivo", enunciata lo scorso anno ed immediatamente messa
in pratica da Washington. Anche questo ribaltamento di strategia (dalla
difesa all'attacco militare, per di piu' "preventivo") - una vera "mutazione
genetica" - passa senza venire sottoposto alla verifica di nessun parlamento
nazionale ne' da parte dei cittadini.

5. INCONTRI. A RIMINI FORUM SU "IL RUOLO DELL'EUROPA A SOSTEGNO DELLE LOTTE
NONVIOLENTE E DEI DIRITTI UMANI  NEL MONDO"
[Dagli amici dell'Associazione papa Giovanni XXIII riceviamo e diffondiamo]
Si svolgera' a Rimini il 7 ottobre 2003, nella sala dei sindacati in via
Caduti di Marzabotto 30, con inizio alle ore 15, il forum preparatorio
all'assemblea dell'Onu dei popoli, sul tema "Il ruolo dell'Europa a sostegno
delle lotte nonviolente e dei diritti umani nel mondo".
Enti promotori: Provincia di Rimini, Comune di Rimini, Comune di  Riccione,
Comune di  Santarcangelo, Comune di Verucchio, Comune di Poggio Berni,
Comune di  Cattolica, Comune di Bellaria,  Associazione papa Giovanni XXIII,
Casa della pace di Rimini.
*
Ore 15: presentazione del forum  e saluti delle autorita'.
Ore 16: prima sessione: Ruolo e interventi possibili dell'Europa a sostegno
delle lotte nonviolente e per il riconoscimento dei diritti umani.
- Le proposte della societa' civile Italiana per una Europa di pace (Tavola
della Pace, Francesco Iannuzzelli);
- Il ruolo e le responsabilita' dell'Europa nel sostenere le lotte
nonviolente e garantire il rispetto dei  diritti umani (Associazione per i
diritti umani dell'Universita' di Padova, Carlotta Bellini);
- Potenzialita' degli interventi diretti nonviolenti dei civili a difesa dei
diritti uman (Associazione papa Giovanni XXIII, Samuele Filippini).
Ore 17,30: seconda sessione: Esperienze di lotte nonviolente per il
riconoscimento dei diritti umani dal mondo:
- Turchia, Piattaforma turca per la pace (M. Sokmen);
- Israele/Palestina, Alternative Information Center (Yossef Abd Elgafer);
- Cecenia, Memorial (Viskhan Basaev);
- Usa, Peaceful Tomorrows (Colleen Kelly).
Ore 21: tavola rotonda: Le lotte  nonviolente come strumento di pace e per
il rispetto dei diritti  umani: una  riflessione per l'Europa. Interventi
delle istituzioni europee, della Regione Emilia Romagna e dei testimoni
internazionali; coordina Giovanni Grandi (Associazione papa Giovanni XXIII).

6. RIFLESSIONE. PATRICIA TOUGH E IMMA BARBAROSSA: DALLE DONNE UNA CRITICA
QUOTIDIANA CHE ABBIA COME PRATICA L'AZIONE NONVIOLENTA
[Dal sempre utilissimo sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net)
riprendiamo questa relazione di Patricia Tought e Imma Barbarossa dopo le
riunioni a Firenze il 18 maggio e il 14 settembre 2003 del gruppo Donne e
guerra, "gruppo formato da donne associate o singole che da anni riflettono
con pensieri e pratiche sulla guerra preventiva, permanente, costituente,
che oggi rappresenta il contesto e il testo del nostro presente".
Patricia Tough fa parte delle Donne in nero di Bologna ed ha partecipato ad
iniziative internazionali di solidarieta' e di interposizione nonviolenta.
Imma Barbarossa, prestigiosa intellettuale e militante femminista e
pacifista, e' impegnata - tra moltissime altre esperienze, strutture,
istituzioni e iniziative (dalla Commissione nazionale per le pari
opportunita' alla Casa delle culture di Bari, dalla Marcia mondiale delle
donne all'Associazione Rosa Luxemburg) - nella Convenzione permanente di
donne contro le guerre; tra le sue opere: (a cura di), La polveriera,
Edizioni La Meridiana, Molfetta (Ba) 2000]
Fermo restando il fatto che oggi la guerra e' il precipitato violento e
armato della globalizzazione neoliberista e lo strumento piu' immediato di
sfruttamento e di dominio, non possiamo dimenticare che la guerra e' la
forma storicamente piu' visibile del patriarcato antico e moderno, sia
capitalistico che "democratico", fatte le debite differenze storiche,
sociali, culturali e simboliche.
Le donne sono state e sono di volta in volta vittime, prede, violentate, ma
anche madri di "eroi", eroine esse stesse, soldate, crocerossine. Sono
persino state (e sono) utilizzate per "umanizzare" la ferocia maschile, dal
mito fino alla soldata Jessica, sorridente fanciulla ferita in Iraq e
salvata dagli eroici commilitoni.
Le donne femministe si sono via via assunte la responsabilita' di prendere
nelle loro mani i fili della storia e di costruire (e raccontare, e
rappresentare) un'altra storia: hanno cominciato, da soggettivita' singole e
collettive, a decostruire e a destrutturare il simbolico patriarcale, i suoi
miti, i suoi "valori", l'eroe, il sacrificio, la morte, la patria, il
binomio coraggio/vilta'.
Le appartenenze (o le identita' comunitarie) vissute in maniera
integralistica hanno dato e danno origine alle comunita' fondate sul sangue,
sulla stirpe, sulla "razza" e sostanzialmente su una genealogia maschile
("in nome del padre"), in cui le donne erano dei contenitori del seme
maschile e delle garanti (custodi) della tradizione e della conservazione.
Il patriarcato non e' finito, anzi. E' stato, tuttavia, disvelato e
decostruito. E' finito come ordine "naturale" del mondo, fondato
sull'intreccio dominio maschile/complicita' femminile. Il moderno
patriarcato si esprime oggi con attacchi alla liberta' e
all'autodeterminazione delle donne e con pericolose mistificazioni
familistiche, ma si esprime anche attraverso l'esportazione della
"democrazia occidentale" e l'esaltazione strumentale e distorta dei "diritti
umani". La democrazia occidentale si basa su disuguaglianze sociali,
impoverimenti e desertificazione dei territori, e d'altra parte ritiene di
garantire i diritti umani con le bombe e le uccisioni di massa, nonche' con
la violazione sistematica del diritto fondamentale, quello alla vita, alla
pace, alla liberta'.
*
Criticando l'appartenenza come mito identitario, il pensiero femminista ha
chiarito che le donne non si sentono appartenenti ad una polis che le
esclude, che le discrimina, le strumentalizza, le vuole "uguali agli
uomini".
Questa consapevolezza ha creato conflitti e problemi tra donne
nordoccidentali e donne del sud del mondo, dalle quali l'identita'
comunitaria era (e'?) vissuta spesso come rifiuto della colonizzazione e
dell'omologazione ai modelli occidentali.
Conflitti in gran parte superati a Pechino e anche - se intendiamo bene -
nel recente Forum sociale asiatico, dove le femministe indiane hanno
sottoposto a critica il "comunalismo" (identita' comunitaria chiusa).
Se, dunque, la cittadinanza "universale" delle donne puo' e deve fare riferi
mento al genere, occorre tener conto delle diverse soggettivita' e
differenze e metterle a confronto, per superare il "solipsismo bianco" e
costruire riconoscimenti reciproci anche con le migranti. Riconoscimenti
reciproci come critica dell'appartenenza, di tutte, anche rispetto alle
tradizioni di violazione del corpo delle donne.
Ebbene, l'Europa che si sta costruendo nei trattati e' una cittadella
chiusa, "difesa" alle frontiere, armata e dedita alla corsa agli armamenti.
La guerra, cosi', e' la quotidianeita' della nostra vita, anche attraverso
il sistema massmediatico, che ormai ha trasformato i/le giornalisti/e in
inviati/e di guerra al seguito della "coalizione" occidentale, e ha, di
conseguenza, diffuso nel senso comune la naturalita' e necessita' della
guerra, sotto il cappello ideologico della guerra al terrorismo.
*
Si pone quindi a noi donne femministe una grande responsabilita' etica e
politica, quella di costruire una critica quotidiana al militarismo come
estrema espressione del patriarcato antico e moderno: una critica che non
puo' fare sconti, neanche al militarismo della tradizione della sinistra
europea e non solo, una critica che non puo' non avere come pratica l'azione
nonviolenta. Dovunque e comunque.
Azione nonviolenta non e' rassegnazione o indifferenza, ma decostruzione e
costruzione di convivenza, superamento di confini e frontiere; nonviolenza
e' estraneita' ai miti identitari del patriarcato e alle sue logiche, non e'
affatto estraneita' rispetto ad un altro mondo possibile.
Le donne che consapevolmente agiscono a partire dall'appartenenza di genere,
sperimentano pratiche nonviolente anche nuove o inusitate in contesti di
conflitti guerreggiati o meno; la pratica delle relazioni, la costruzione di
reti internazionali infondono forza alle donne che si oppongono a guerre e
violenze efferate, testimoniano nel mondo e svelano le drammatiche
situazioni vissute da tante di noi, uno svelamento che non si limita a
discutere le basi geopolitiche dei conflitti ma mette in evidenza
l'intollerabilita' delle guerre con il loro carico di violenze sempre uguali
che lasciano una scia di distruzione di relazioni, di societa',
dell'integrita' di corpi e di menti.
Le donne inventano nuove forme di condivisione che mettono in gioco il
genere, lo compattano fanno rete nel mondo come le "corti delle donne" che
le donne indiane hanno inventato gia' da tempo e continuano nella loro
pratica in tutto il mondo, e che si basano fondamentalmente sul simbolico,
un'esperienza collettiva, una sorta di "riconoscimento della sofferenza" che
non ha l'obiettivo di punire il colpevole ma quello del riconoscimento del
torto subito, pratica che prelude al riconoscimento e all'interdizione
sociale della violenza sui corpi delle donne.
La grande forza data dalle donne alle donne, riesce a preservarsi pur in
questa situazione di guerra preventiva e agita, che costituisce il contesto
del nostro presente, ma il prezzo e' troppo caro.
Si delinea oramai all'interno di questo contesto una vera e propria "guerra
contro le donne" come dicono le donne congolesi, ugandesi, indiane, una
guerra contro le donne che umiliando e annichilendo il loro corpo ha
l'obiettivo di distruggere il tessuto sociale che hanno costruito e i
cambiamenti che vi hanno apportato.
E' una guerra contro le donne che si esplicita ovunque, nei "luoghi di
conflitto" con stupri multipli e generalizzati (90% delle donne congolesi) e
diffusione di aids e con traffici e deportazioni di tante donne di cui
sempre piu' frequentemente viene denunciata la scomparsa, nei luoghi
"pacificati" con la continuazione della pratica dello stupro, con la
violenza in famiglia e l'assassinio di donne che si sottraggono o non si
assoggettano al controllo e al potere maschile, atti questi che attraversano
tutti gli strati sociali travalicando anche le convinzioni politiche.
*
Operare in contesti e pratiche di nonviolenza significa costruire una
cultura che sancisce il rifiuto della violenza in particolare quella contro
le donne, considerata ancora "naturale" o "inevitabile" soprattutto in
situazioni di guerra: lo testimonia il silenzio che ben presto cade sul
dramma delle donne in ogni guerra cui abbiamo assistito nell'ultimo decennio
a partire da quella di Bosnia.
Per noi donne femministe la scelta della nonviolenza non costituisce una
scelta ideologica ma l'unica cornice possibile entro la quale ascrivere la
fine della guerra sui corpi e le menti delle donne.
Condividere solidarieta', testimonianza, vicinanza, il silenzio di fronte
agli orrori del mondo, una condivisione umana e politica, una costruzione
comune di pensiero, parola e pratiche, una politica internazionale delle
donne che dia vita a un mondo senza guerre, nazionalismi, militarismo e
sessismo, un mondo nuovo che abbandoni finalmente i valori del patriarcato
che ancora ci opprimono malgrado ce ne sentiamo estranee.

7. RIFLESSIONE. MARTA MARSILI: DA CANCUN LE PROPOSTE DEL FORUM PER I DIRITTI
DELLE DONNE
[Dall'ottimo sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo
anche questo intervento. Marta Marsili, dell'Universita' La Sapienza di
Roma, mediatrice interculturale, e' impegnata in iniziative di solidarieta'
internazionale]
Imprimere una prospettiva di genere alla lotta contro l'Organizzazione
mondiale del commercio [Omc, la sigla in inglese come e' noto e' Wto]: le
analisi e le proposte per uno sviluppo sostenibile che tenga conto dei
fattori sociali e ambientali, dal Forum per i diritti delle donne di Cancun.
Piu' di trenta organizzazioni e reti di donne provenienti da tutto il mondo
si sono riunite a Cancun dall'8 al 9 settembre per prendere parte al Forum
internazionale sui diritti delle donne e gli accordi commerciali.
L'incontro, promosso dalla rete delle associazioni femministe messicane
"Mujeres hacia Cancun" (Donne verso Cancun), cui hanno aderito numerose reti
internazionali tra cui la Marcia mondiale delle donne, si e' tenuto nel
quadro delle iniziative del Forum dei popoli per un'alternativa
all'Organizzazione mondiale del commercio e ha preceduto lo svolgimento
della quinta Conferenza ministeriale dell'Omc.
Obiettivo del Forum e' stato imprimere una prospettiva di genere
nell'analisi delle proposte di lotte da realizzare nel mondo contro un
modello unico di negoziazioni commerciali quale quello dell'Omc, denunciando
nel contempo la violenza militare ed economica con la quale un pugno di
Paesi ricchi antepongono i loro interessi, mettendo a repentaglio la vita di
tantissime persone.
Le oltre 200 donne che hanno preso parte al Forum hanno discusso sulla
necessita' che i governi nazionali promuovano una soluzione equa della
questione relativa allo sviluppo durevole, nel rispetto dell'ambiente, degli
stili di vita e di produzione dei popoli, cosa che la politica praticata dai
"grandi" dell'Omc ha di fatto finora negato, contribuendo invece ad
allargare il divario tra Nord e Sud del mondo e a cancellare in modo
preordinato e organico tutta una serie di diritti, in particolar modo quelli
delle donne.
I temi maggiormente discussi sono stati l'agricoltura, i diritti di
proprieta' intellettuale e la liberalizzazione dei commerci; per quel che
riguarda l'agricoltura, in particolare, le rappresentanti delle reti delle
contadine e delle indigene hanno denunciato la politica di sussidi alle
esportazioni adottata da Stati Uniti ed Europa che mina la produzione
agricola tradizionale e costringe i contadini ad abbandonare le campagne per
insufficienza di mezzi di fronte alla concorrenza sleale dei grandi
produttori, avvicinando cosi' intere comunita' alla soglia di poverta'
estrema.
Un pericolo, quello dell'impoverimento, che si manifesta ovunque, ma che
coinvolge in particolar modo le donne di paesi come il Messico, all'interno
del quale si stima che piu' dell'80% dei beni agricoli siano prodotti dalle
donne. Il risultato di tali azioni di prepotenza e' di mettere a repentaglio
il gia' precario equilibrio tra produzione economica e riproduzione sociale
che le donne mirano a migliorare, costringendole ancora una volta a
sobbarcarsi del carico di produttrici economiche, in quanto lavoratrici
della terra, e di riproduttrici sociali, in quanto donne e madri.
L'agenda programmatica redatta al termine dei lavori mette d'accordo tutte
le organizzazioni femministe presenti e si sviluppa intorno ad alcune
proposte essenziali, quali la promozione di forme di commercio
internazionale al servizio dello sviluppo sostenibile, che preservi
l'autonomia dei popoli e sia regolato da norme e accordi basati sul rispetto
dei diritti, sulla solidarieta' e sulla collaborazione; l'implementazione di
forme di sviluppo durevole che tengano conto delle differenze economiche e
sociali che intercorrono tra paese e paese e ne rispettino le specificita';
la realizzazione di accordi nazionali e internazionali che operino a
garanzia delle condizioni economico-sociali delle donne nel campo delle
attivita' economiche come in quello dei mestieri tradizionali.
Il forum auspica, infine, il mantenimento dell'ampio movimento di
solidarieta' e il rafforzamento dei legami di conoscenza e solidarieta' tra
le donne dei differenti Paesi per proporre una prospettiva di genere
sensibile allo sviluppo sociale e alla protezione ambientale, e impedire che
le questioni commerciali riducano i diritti dei soggetti a semplici merci di
scambio. Le donne del forum rivendicano, infatti, un ruolo primario nel
sistema economico e sociale particolarmente nei paesi in via di sviluppo e
pretendono di conseguenza di farsi interlocutrici propositive nei confronti
della programmazione economica; un processo di acquisizione di coscienza
internazionale che per molte reti e' iniziato a Pechino e deve
specializzarsi perche' la globalizzazione non sia patrimonio dei governi ma
opportunita' per tutti.

8. INCONTRI. FRANCESCO COMINA: UN CONVEGNO CON RAIMON PANIKKAR
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina@tiscali.it) per averci
messo a disposizione questo articolo.
Francesco Comina, giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e'
impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi
con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere
di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello
Balsamo (Mi) 2000; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della
memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV.,
Giubileo purificato, Emi, Bologna.
Raimon (Raimundo) Panikkar e' nato a Barcellona nel 1918 da madre spagnola e
padre indiano; laureato in chimica, filosofia e teologia, ha insegnato in
molte universita' europee, asiatiche ed americane; e' uno dei principali
esperti di studi interculturali. Opere di Raimon Panikkar: tra i suoi
numerosi libri cfr. Il dialogo intrareligioso, Cittadella, Assisi 1988;
Trinita' ed esperienza religiosa dell'uomo, Cittadella, Assisi 1989; La
torre di Babele, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi)
1990; La sfida di scoprirsi monaco, Cittadella, Assisi 1991; Ecosofia: la
nuova saggezza, Cittadella, Assisi 1993; Saggezza stile di vita, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1993; La pienezza dell'uomo.
Una cristofania, Jaca Book, Milano 1999; Pace e interculturalita', Jaca
Book, Milano 2002; Pace e disarmo culturale, Rizzoli, Milano 2003; La nuova
innocenza, tre volumi, Servitium, Palazzago (Bg). Si vedano anche gli atti
del seminario animato da Panikkar su Pace e disarmo culturale,
L'altrapagina, Citta' di Castello (Pg) 1987 (con interventi tra gli altri di
Ernesto Balducci, Fabrizio Battistelli, Luigi Cortesi, Antonino Drago,
Achille Rossi). Opere su Raimon Panikkar: Achille Rossi, Pluralismo e
armonia: introduzione al pensiero di Raimon Panikkar, L'altrapagina, Citta'
di Castello (Pg) s. d. ma 1990]
La grande epopea della scienza occidentale - oggi intrecciata
indissolubilmente con l'applicazione tecnologica - sta per naufragare. La
ragione non riesce piu' a decodificarne il messaggio vitale.
La lettura matematica del mondo si e' dimostrata una farsa ideologica al
servizio del potere, e agli scienziati che credono al significato salvifico
delle loro ricerche non resta altro da fare che trasformarsi in narratori di
novelle, ricercatori di miti, registi di uno spettacolo grandioso e tragico
al tempo stesso: spiegare all'umanita' ferma sul baratro che separa la vita
dalla distruzione totale cosa ha spinto Prometeo a rubare il fuoco agli dei
per portarlo sulla terra. Perche' l'ha fatto?
E' il risultato amaro e al tempo stesso illuminante che e' emerso da un
convegno promosso dalla rivista "L'altrapagina" di Citta' di Castello.
Nella piccola cittadina umbra si sono confrontati, intorno al tema "Pensare
la scienza", alcuni illustri studiosi italiani (il professore emerito di
fisica teorica Marcello Cini; il filosofo della scienza Giulio Giorello; lo
storico della fisica Antonino Drago; il genetista e scrittore Giuseppe
Sermonti; il fisico e ambientalista Gianni Mattioli) e uno dei piu' grandi
filosofi e teologi oggi viventi: Raimon Panikkar, l'anima che vive a cavallo
dei due mondi d'oriente e d'occidente.
*
Ma pure nel tentativo fatto da Giorello di difendere l'autonomia di ricerca
della scienza ("non si possono mettere legacci al volare scientifico perche'
non servirebbe a nulla e non avrebbe alcun senso"), o la bellezza delle
formule matematiche ("sono come gli spartiti di Beethoven"), e' apparso
chiaramente come gli uomini di scienza oggi piu' aperti all'autocritica
sulle derive del percorso scientifico (succube dei rapporti di forza con
l'estasi tecnocratica oggi imperante e sottomesso in troppi casi alle
lusinghe del capitale) sono colpiti dalla forza del pensiero libero dalle
fondamenta logico-formali di un Panikkar. E lo hanno dimostrato chiaramente
nei loro visi affascinati, a volte travolti dalla musica di Panikkar (fra le
varie lauree ha anche quella in chimica), che rimetteva in gioco tutto il
modello teorico di stampo ellenico su cui si regge la scienza occidentale
moderna e si faceva interprete della grande rivoluzione nonviolenta del
prossimo millennio: "Disarmare la ragione armata", infarcita di dogmatismi,
di concetti, di numeri, che non si relazionano minimamente alla vita dei
quattro quinti dell'umanita', individui che vivono umili, semplici, alieni
dal filtro razionale eppure aperti ai ritmi naturali del mondo.
Un discorso che Panikkar porta avanti dagli anni '50 e che ha incontrato
l'attenzione di filosofi e amici come Heidegger, Habermas, Jonas, Popper,
Kerenyi, Levinas, Ricoer, Bultmann, Dussel, scienziati come Niels Bohr e
innumerevoli altri in India (dove ha vissuto per vent'anni ed e' considerato
un grande maestro) e in America (dove e' professore emerito di filosofia
della religione all'universita' di Santa Barbara in California).
*
Perche' non e' possibile costruire un nuovo modello di civilta' - come
chiedeva Mattioli segnalando il limite oramai piu' volte oltrepassato dalle
caravelle del dissesto ambientale - pensando ancora che la vita sia
sottoposta alla logica del "modello": "Dobbiamo cominciare ad uscire da
questi vortici formali - gli ha risposto Panikkar - e pensare in forme
nuove, non dialettiche, non bipolari, non sottoposte al principio di non
contraddizione, ma aperte alla struttura indiana della 'non dualita'',
dell'advaita. Perche' non esiste nel rapporto fra le cose della natura una
relazione duale, che ci permette di rompere e di creare una frattura
sperimentale nella realta', ma sempre e ovunque vi e' una rappresentazione
complessa e armoniosa delle cose, basata su una infinita' di gradazioni che
non si possono leggere secondo il principio di non contraddizione".
Meglio il principio cristiano della trinita', che scientificamente ci porta
alla visione che Panikkar chiama con il neologismo "cosmoteandrica". E' il
rapporto continuo e ininterrotto fra l'individuo, la materia e il cosmo
infinito. Non esiste un elemento senza il filo che lo collega agli altri
due. E quando si interviene arbitrariamente all'interno di uno di questi
elementi si compromette il tutto. "Per questo motivo - ha spiegato
Panikkar - la sindrome scientifica di manipolare un elemento senza tenere in
considerazione il legame con il tutto e' diventato un qualcosa di diabolico.
Compromette la vita, la rende frammentata, inerte, incapace di relazionarsi
con le altre dimensioni costitutive del reale. E dunque la uccide".
Cosi' come la velocita' diventata una "autostrada della morte", che provoca
non solo il saccheggio dell'energia disponibile, ma anche uno spaesamento
psicologico perche' i tempi della vita individuale non si rapportano piu' ai
tempi della natura. E dunque Panikkar interviene proponendo il concetto di
"tempiternita'", ossia un valore unico del tempo, perche' ogni attimo
dell'esistere e' unico, irripetibile e infinito.
*
Sulla "lussuria del potere" in campo scientifico si sono soffermati, nei
loro interventi, sia Marcello Cini che Giuseppe Sermonti, il quale ha
chiesto che "la scienza torni ad essere povera perche' una scienza ricca e'
una scienza bloccata" ("le conquiste piu' importanti - ha aggiunto - sono
nate sempre poveramente, mai con i soldi").
Ma nessuno meglio di Panikkar e' riuscito a relativizzare il concetto di
"infallibilita' della scienza": "Non abbiate paura, cari scienziati, di
essere dei vinti - ha detto - perche' solo nella sconfitta si dimostra il
vero trionfo della ricerca scientifica". Una frase che ha trovato ampi
consensi in Sermonti, Drago e Mattioli, meno in Giorello, per il quale la
ricerca scientifica ha come suo sbocco la riuscita delle sue analisi e
quindi la vittoria.
Di qui l'invito del filosofo indiano ad "emanciparci dalla scienza" per
trovare se stessi e per recuperare la tradizione sapienziale degli antichi,
superbamente rappresentata dalle parole di Platone: "sii te stesso". Perche'
non esiste un universalismo culturale, come la scienza occidentale crede di
rappresentarsi al mondo. Ogni forma di pensiero, anche quella scientifica,
vive secondo le forme del pluralismo, della differenza, della
inconciliabilita' (di genere, di diritto, di natura, di cultura). "Anche
se - ha ammesso in conclusione - io sono profondamente preoccupato che le
culture particolari che rappresentano i mondi culturali dell'oriente vengano
spazzati via dalla frenesia tecnocratica dell'occidente. Questo e' il grande
 male della scienza: aver ceduto al potere della tecnologia, alle sue leggi,
e non essersi fermati sulla soglia creativa: la techne. Quando la techne
diventa una operazione di riproducibilita' in serie, allora le culture
rischiano l'assimilazione all'uno, che noi oggi chiamiamo globalizzazione".
Ecco perche' la scienza va ripensata a partire dagli stessi scienziati. Onde
evitare di rassegnarsi a scrivere novelle, oggi gli uomini che fanno scienza
sono invitati, come a Citta' di Castello, a mettere in discussione i
presupposti filosofici e antropologici dell'impresa tecnico-scientifica per
relativizzarne i risultati e non farla diventare visione onnicomprensiva
della realta' perche' sarebbe il disastro della civilta'. Panikkar e'
l'apripista, ma finora pochi lo stanno seguendo.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 695 del 6 ottobre 2003