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La nonviolenza e' in cammino. 693



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 693 del 4 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. Le Donne in nero in piazza con la scelta della nonviolenza per un'Europa
che ripudi la guerra
2. Un esposto sulle dichiarazioni del capo di stato maggiore dell'esercito
3. Giobbe Santabarbara: un Vietnam per l'Italia?
4. Luciano Capitini: la camminata Assisi-Gubbio
5. Enrico Peyretti: reti vs catene
6. Uri Avnery: il coraggio dei 27 ufficiali dell'aviazione che hanno detto
no
7. Molti nuovi interventi sulla proposta di Lidia Menapace
8. Giancarla Codrignani: una questione di tempo
9. Anna Maria Merlo presenta "Bas les voiles!" di Chahdortt Djavann
10. Giuseppe Allegri: alcuni libri per una riflessione su Europa,
istituzioni e  movimenti
11. Un corso di accostamento alla nonviolenza a Mantova
12. Un corso di accostamento alla nonviolenza a Lucca
13. Un corso di accostamento alla nonviolenza a Torino
14. Riletture: Renata D'Amico, Mamana Arminda
15. Riletture: Tina Novelli, Dizionario etnologico africano
16. Riletture. Itala Vivan, Africa australe. Panorama letterario
17. Riletture: Itala Vivan, Interpreti rituali
18. Riletture: Itala Vivan (a cura di), Il nuovo Sudafrica
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. LE DONNE IN NERO IN PIAZZA CON LA SCELTA DELLA NONVIOLENZA
PER UN'EUROPA CHE RIPUDI LA GUERRA
[Da Nadia Cervoni (per contatti: e-mail: giraffan@tiscalinet.it. sito:
www.donneinnero.org) riceviamo e diffondiamo. Nadia Cervoni e' impegnata
nelle Donne in nero ed in numerose iniziative di pace, solidarieta',
nonviolenza]
Le Donne in nero di Roma partecipano alla manifestazione del 4 ottobre
perche' sia sancito nella Costituzione Europea il diritto alla pace.
Contro ogni violenza, la necessita' nel mondo di una pace fondata sul
diritto, a partire da una pace giusta in Medio Oriente.
Contro tutte le guerre, la denuncia delle guerre contro le donne, dello
stupro e dei crimini nei confronti delle donne pianificati come "effetti
collaterali" delle guerre.
Siamo convinte che per far sentire la voce dell'altra Europa, non sia
necessario rincorrere o forzare zone chiuse.
Come l'acqua inondiamo pacificamente il mondo con  colori, parole, immagini
e percorsi di pace e con questi costruiamo la nostra politica di pace e di
diritti.
Appuntamento alle ore 14, stazione Laurentina metro B, con manine e
striscioni, insieme alle altre donne, migranti e native, e la voce delle
donne che vivono nei luoghi di conflitto e di negazione violenta dei
diritti.

2. DOCUMENTI. UN ESPOSTO SULLE DICHIARAZIONI DEL CAPO DI STATO MAGGIORE
DELL'ESERCITO
[Il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha
presentato il 3 ottobre 2003 il seguente esposto alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Viterbo, alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Roma, alla Procura Generale della Repubblica]
Oggetto: esposto concernente a) le dichiarazioni del capo di Stato Maggiore
dell'Esercito sull'intenzione di dispiegare nella guerra in corso in Iraq
uomini e mezzi del XXVI Reos (reparto elicotteri operazioni speciali) della
Cavalleria dell'Aria di stanza in Viterbo; b) la palese illegalita' e
criminalita' della partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione
militare dell'Iraq; c) la necessita' di un immediato intervento della
magistratura affinche' i responsabili della violazione della legalita'
costituzionale e degli altri crimini conseguenti e connessi siano perseguiti
ai sensi di legge e  messi in condizione di non nuocere, ed affinche' sia
ripristinata al piu' presto la vigenza della legalita' costituzionale nel
nostro paese.
*
1. Nella cronaca di Viterbo del quotidiano "Il messaggero" di giovedi' 2
ottobre 2003 compare la notizia che il capo di Stato Maggiore dell'Esercito,
tenente generale Giulio Fraticelli, da poco insediatosi al vertice delle
Forze Armate, in visita a Viterbo al Comando della Cavalleria dell'Aria ("la
piu' giovane specialita' delle forze armate italiane"), "ha comunicato che
uomini e mezzi del XXVI Reos (reparto elicotteri operazioni speciali) di
Viterbo sono in procinto di partire verso l'Iraq dove saranno impegnati
nell'operazione Antica Babilonia".
2. La notizia, se veritiera e correttamente riportata dall'autorevole organo
di stampa, configura una ulteriore e piu' intensa partecipazione italiana
alla guerra stragista e terrorista tuttora in corso in Iraq  e
all'occupazione militare straniera - totalmente illegale e criminale - di
quel paese.
3. Gia' in passato abbiamo segnalato alle competenti magistrature che la
guerra di aggressione all'Iraq e la sua occupazione militare sono con tutta
evidenza fatti di terrorismo internazionale, configurano in capo ai
promotori ed esecutori le fattispecie di reato concernenti la commissione di
crimini di guerra e crimini contro l'umanita', consistono di delitti che
flagrantemente violano fondamentali trattati internazionali, gli impegni
assunti in sede Onu, e - per quanto concerne il nostro paese - la
Costituzione della Repubblica Italiana, fondamento del nostro ordinamento
giuridico, che all'art. 11 proibisce esplicitamente la partecipazione
italiana alla guerra e all'occupazione militare in corso.
4. E' responsabilita' gravissima del governo italiano, del parlamento e del
capo dello stato, aver promosso ed avallato la partecipazione italiana alla
guerra e all'occupazione militare illegale e criminale in Iraq.
5. E' responsabilta' gravissima dei comandi militari aver dato e dare
esecuzione a decisioni politiche palesemente illegali, inumane, criminali e
criminogene, in evidente conflitto con la Costituzione della Repubblica
Italiana cui essi comandi militari ed essi poteri politici hanno giurato
fedelta'.
6. Sarebbe responsabilita' gravissima del potere giudiziario non intervenire
in difesa della legalita' costituzionale ed omettere di perseguire i
responsabili di un cosi' grave crimine le cui conseguenze possono essere
nefaste oltre ogni previsione.
7. La partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione militare
dell'Iraq da parte di potenze straniere, e' un atto illegale e criminale che
deve cessare immediatamente; a maggior ragione l'intenzione di inviare nuovi
soldati italiani in Iraq dove - come i loro colleghi gia' presenti sul
teatro di guerra - correrebbero il rischio di uccidere e di essere uccisi, e
dove la loro stessa presenza sarebbe gia' criminale e criminogena, e' una
ulteriore scellerata follia, la cui realizzazione deve essere impedita.
*
Chiediamo pertanto un immediato intervento delle competenti magistrature al
fine di ottenere il ripristino della vigenza della legalita' costituzionale
ed affinche' siano perseguiti ai sensi di legge i responsabili tanto della
gia' avvenuta quanto di ogni eventuale ulteriore - gia' annunciata, e quindi
minacciata e tentata - violazione della Costituzione, e degli ulteriori
reati conseguenti e connessi.
Ricordiamo a tutti che la decisione criminale e golpista della
partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione militare dell'Iraq ha
anche l'effetto di rendere anche l'Italia bersaglio di azioni di guerra, e
quindi espone anche il popolo e il territorio italiano al rischio di essere
colpito da azioni di guerra...

3. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: UN VIETNAM PER L'ITALIA?
Annunciata secondo un autorevole quotidiano dal capo dello stato maggiore
dell'esercito italiano, l'intenzione di inviare la "Cavalleria dell'aria"
delle forze armate italiane in Iraq, e meglio sarebbe dire: di gettarla
nella fornace della guerra in Iraq, evoca ricordi funesti e ci richiama a
una tragica realta' e a una responsabilita' che non possiamo eludere.
La realta' della partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista
in corso in Iraq, e la responsabilita' che abbiamo come cittadini italiani
di far cessare questa partecipazione illegale e criminale, di adoperarci
perche' finiscano ad un tempo la guerra e l'occupazione militare
colonialista ed imperialista.
In violazione della nostra carta costituzionale le forze armate italiane
stanno partecipando a una guerra e a un'occupazione militare illegali e
criminali, stragiste e terroriste. Come e' possibile che questo accada? Come
e' possibile che dinanzi a questo le istituzioni garanti dello stato di
diritto, della legalita' democratica, dell'Italia repubblicana nata dalla
Resistenza, tacciano o peggio siano complici dei golpisti e degli stragisti?
E come e' possibile che la nostra stessa azione di persone di volonta' buona
sia cosi' oscenamente inane e grottescamente ridicola?
Cosa si attende per far cessare questo crimine e questo scandalo? Si attende
che i soldati italiani uccidano o siano uccisi? Si attende che la guerra
giunga in casa nostra? Perche' prendendo parte alla guerra e all'occupazione
militare illegale e criminale dell'Iraq anche l'Italia si e' fatta potenza
belligerante e quindi anche il territorio italiano puo' essere investito da
azioni di guerra, da azioni terroristiche (tutti gli atti di guerra sono
sempre anche terroristici).
Siamo di fronte a un crimine orrendo, e un pericolo grande tutti ci
sovrasta: possibile che le massime autorita' dello stato e la pubblica
opinione non se ne rendano conto? Possibile che il movimento per la pace non
sia capace di uscire dai ritualismi e dalle pastette, dalla goliardia e
dalla subalternita', dalla rassegnazione e dall'irresponsabilita', e porre
finalmente con decisione l'esigenza e l'urgenza del ripristino della
legalita' costituzionale, della cessazione della partecipazione italiana
alla guerra?
Non e' forse scoccata da un pezzo nel nostro paese l'ora di una vera e
grande iniziativa nonviolenta, rigorosamente nonviolenta, intransigentemente
nonviolenta, in difesa e a costruzione della pace, della democrazia, della
Costituzione, dello stato di diritto, del diritto di ogni essere umano a non
essere ucciso e dell'umanita' intera a non essere annientata?
L'Iraq deve diventare il Vietnam dell'Italia?
Non ci fa orrore questa prospettiva? Non ci fa orrore il nostro presente?
Non ci fa orrore cosa siamo diventati?

4. TESTIMONIANZE. LUCIANO CAPITINI: LA CAMMINATA ASSISI-GUBBIO
[Ringraziamo di cuore Luciano Capitini (per contatti: capitps@libero.it) per
questo intervento. Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento,
nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative
nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e
all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale
nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza"]
La camminata Assisi-Gubbio dei nonviolenti e' avvenuta dopo una estate che
per me e' stata molto negativa: non sono neppure riuscito a fare qualche
bella passeggiata per "farmi le gambe".
Mi sono pertanto proposto di fungere come persona al servizio dei
camminatori: caricando sulla mia auto valigie, bottiglie, camminatori in
ritardo o in difficolta'.
Cosi' ho partecipato un po' da distante, senza il piacere del contatto
continuo con tanti amici, di cui molti nuovissimi.
Incrociavamo (c'erano anche altri incaricati delle umili bisogne di
supporto) la fila della camminata due o tre volte al giorno, li precedevamo
nei luoghi che dovevano essere approntati per il pernottamento, ecc.
Poi la sera eravamo tutti insieme, con la gioia di condividere e convivere
quei momenti: la serata a Valfabbrica,l'attesa alla chiesetta della
Vittorina, a Gubbio...
Bellissimo lo spettacolo della sera del sabato - allegria e riflessione,
canti, balli e momenti seri, artiste (due) di grande levatura, l'eccezionale
Paolo Bergamaschi ed il suo complesso, Paolo Predieri, che sentivamo
veramente nostro e capace di esprimere proprio quello che avevamo nel
cuore...
Al centro servizi l'"Associazione nazionale amici di Aldo Capitini" aveva
esposto una mostra consistente in dieci pannelli con foto di Aldo e suoi
pensieri, ruotanti tutti sulla proposta politica della omnicrazia, il
"potere di tutti".
Mi pare che i molti consensi che la mostra ha avuto mi permettano di sperare
che in futuro ce la chiederanno, per farne punto di riferimento in occasione
di incontri sulla figura e sul pensiero di Aldo.
Alla prossima camminata!

5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: RETI VS CATENE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per
questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; della sua fondamentale ricerca
bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate e nonviolente, una edizione a stampa - ma il lavoro e' stato
successivamente aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla
pace, Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios,
Trieste 2001, un'edizione aggiornata e' apparsa recentemente in questo
stesso notiziario (e contiamo di presentarne prossimamente un'edizione
nuovamente aggiornata). Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti
di Enrico Peyretti e' nel n. 477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario]
L'Italia abbuiata ci dimostra che quella elettrica e' chiamata rete, ma e'
una catena.
Nella struttura a rete, se salta una maglia, tengono le altre, non salta
tutto. Il suo pregio e' questo.
La cordata alpina e' il contrario del domino: chi cade e' trattenuto da chi
fa sicurezza.
Nella catena, invece, se salta un anello, salta tutto. Cosi' e' stato nella
notte del buio nazionale.
Il sistema energetico deve diventare a scompartimenti stagni, autonomi, in
rete, non incatenati.
E soprattutto deve correre presto 1) verso il massimo risparmio; 2) verso le
energie rinnovabili, utilizzate localmente; 3) lontano dal nucleare, che
dura poco, e' un obiettivo militare, e inquina gravissimamente con scorie
millenarie.

6. RIFLESSIONE. URI AVNERY: IL CORAGGIO DEI 27 UFFICIALI DELL'AVIAZIONE CHE
HANNO DETTO NO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo ottobre 2003. Uri Avnery e' nato ad
Hannover nel 1924, ed e' emigrato in Palestina all'avvento del nazismo; gia'
militante dell'Haganah e combattente nella guerra del 1948; piu' volte
parlamentare, giornalista, impegnato nell'opposizione democratica e nel
dialogo col popolo palestinese; e' tra le voci più vive del movimento
pacifista israeliano. Opere di Uri Avnery: Israele senza sionisti, Laterza,
Bari 1970; Mio fratello, il nemico, Diffusioni 84, Milano 1988]
Un anno e mezzo fa un gruppo di cittadini israeliani decise di rompere uno
dei tabu' piu' radicati del paese cominciando a parlare apertamente di
crimini di guerra.
Fino a quel momento era stato dato sempre per scontato il fatto che l'Idf
[le forze armate israeliane] fosse "l'esercito piu' umano e morale del
mondo" e quindi non avrebbe mai potuto compiere atti di quel tipo.
Il movimento "Gush Shalom" (del quale faccio parte) convoco' allora a Tel
Aviv una riunione nel corso della quale il colonnello Yigal Shohat, un eroe
della guerra dello Yom Kippur, con voce tremante per l'emozione lesse un
appello ai suoi compagni, i piloti delle forze armate, invitandoli a
rifiutare quegli ordini sopra i quali "sventola la bandiera nera
dell'illegalita'". Ordini come quello di bombardare i quartieri residenziali
palestinesi per delle "esecuzioni mirate".
Il suo discorso ebbe una vasta eco ma i comandi dell'esercito riuscirono a
"limitare il danno". Alla domanda di come si sentisse mentre sganciava delle
bombe su un quartiere residenziale palestinese il comandante dell'aviazione,
il generale Dan Haluz, forse il piu' estremista tra gli alti ufficiali
israeliani, ad eccezione del capo di stato maggiore Moshe Ya'alon, rispose
che dopo tali attacchi non aveva alcuna difficolta' a prendere sonno. In
quel momento sembro' che le parole di Shohat fossero evaporate nell'aria, ma
quei semi hanno dato lentamente frutto sopratutto dopo che un pilota ha
sganciato una bomba da una tonnellata su un quartiere di Gaza per uccidere
un leader di Hamas ponendo fine alla vita di diciassette civili, uomini,
donne e bambini.
Nella mitologia israeliana i piloti da combattimento sono l'elite delle
elites. Molti di loro vengono dai kibbutz e venivano considerati
l'aristocrazia del paese. Ezer Weitzman, un ex comandante dell'aviazione,
una volta conio' la frase "gli uomini migliori per il volo". I piloti
vengono cresciuti gia' in giovane eta' nella convinzione di avere sempre
ragione, che i nostri avversari non sono altro che vili assassini, che i
comandanti dell'esercito non sbagliano mai, che un ordine e' un ordine e non
ci sono perche', che la professionalita' e' la massima delle virtu', che i
problemi vanno risolti all'interno dell'aviazione, che non si deve mai
mettere in dubbio l'autorita' della leadership politica del paese.
In questo quadro vi e' una diffusa mitologia sul ruolo giocato
dall'aviazione nelle vittorie israeliane in tutte le guerre: dai piccoli
aerei Piper del 1948 alla distruzione delle forze aeree egiziane nella
guerra dello Yom Kippur del 1973, e cosi' via.
L'aviazione ovviamente non accoglie certo chiunque sia anticonformista. I
candidati vengono passati al setaccio e vengono scelti solamente giovani
solidi e disciplinati dei quali ci si puo' fidare, sia per il loro carattere
che per le loro idee, in ultima analisi sicuri sionisti e figlio di sicuri
sionisti. Inoltre l'aviazione e' una specie di clan, una setta i cui membri
mostrano una feroce lealta' verso l'esercito e l'uno con l'altro.
*
Nell'aviazione non ci sono mai state discussioni pubbliche e segnali di
rivolta. questo spiega come mai i piloti abbiano cosi' a lungo meditato
sulle loro mosse.
Poi hanno rotto gli indugi e hanno informato i loro comandanti che da quel
momento si sarebbero rifiutati di obbedire ad "ordini immorali e illegali"
dalla cui esecuzione sarebbe derivata la morte di civili.
Alla fine del loro appello i piloti hanno inoltre criticato l'occupazione
che starebbe corrompendo il paese e minando la sua sicurezza.
Il piu' anziano tra i firmatari e' il generale Yiftah Spector, una vera e
propria leggenda vivente. Si tratta del figlio di uno dei "Ventitre uomini
della barca", un gruppo che durante la seconda guerra mondiale venne inviato
per colpire istallazioni petrolifere in Libano (al tempo sotto il controllo
del governo filo-nazista francese di Vichy) dei quali non si e' mai piu'
avuta notizia. Yiftah Spector e' stato inoltre l'istruttore di molti degli
attuali comandanti dell'aviazione.
L'appello e' stato firmato da un generale, due colonnelli, nove tenenti
colonnelli, otto maggiori e sette capitani.
Si tratta di un fatto senza precedenti nella storia di Israele.
*
L'establishment dell'esercito, il vero governo di Israele, ha fiutato il
pericolo ed ha reagito come non mai, lanciando contro i piloti una campagna
di diffamazione, di incitamento all'odio e di distruzione della loro
immagine.
Gli eroi di ieri nel giro di una notte sono cosi' diventati "nemici del
popolo". Tutti i settori del governo - dall'ex presidente Weizman al
procuratore generale, dal ministero degli esteri ai politici del Labour e
del Meretz - si sono mobilitati per schiacciare la rivolta dei piloti.
L'aggressione e' stata guidata dai media. Tutti i canali televisivi, tutti i
canali radio e tutti i giornali - senza eccezione - si sono rivelati
servitori e megafoni dei comandi militari. Perfino il quotidiano liberal
"Haaretz" ha pubblicato in prima pagina un feroce attacco ai piloti. Per
molti giorni e' stato impossibile passare da un canale all'altro senza
vedere apparire il comandante dell'aviazione e dopo di lui una lunga fila di
esponenti dell'establishment che, uno dopo l'altro, hanno condannato il
gesto dei piloti. Le caserme sono state aperte alle telecamere e ufficiali
lealisti hanno definito i loro compagni come traditori che "ci hanno
pugnalato alle spalle".
Ad eccezione di una sola intervista su Channel 2 i refuseniks non hanno
avuto alcuna possibilita' di esporre le loro ragioni.
Non c'e' dubbio che l'establishment sia preoccupato. Forse potra' anche
riuscire a contenere la protesta e a scoraggiare altri potenziali
dissidenti, ma il messaggio dei 27 piloti e' stato ormai scritto e nulla
puo' cambiare questo dato di fatto.
Con la loro presa di posizione i piloti hanno servito il loro paese piu' di
tanti altri ufficiali, e Israele un giorno non potra' non riconoscere il
grande debito che ha nei loro confronti.

7. RIFLESSIONE. MOLTI NUOVI INTERVENTI SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
Ci sono giunti nelle utlime ore vari nuovi preziosi e appassionati
interventi sulla proposta di Lidia Menapace per un'Europa neutrale e attiva,
disarmata e smilitarizzata, nonviolenta.
Dato il numero e l'ampiezza, ed il fatto che alcuni di essi sono in vivace
dialettica reciproca, mentre ringraziamo fin d'ora le persone amiche che ce
li hanno inviati, contiamo di pubblicarne almeno una parte nel notiziario di
domani, il notiziario di oggi essendo gia' stracolmo di altri materiali.
Naturalmente continuiamo a sollecitare interventi ulteriori da parte di
tutte le interlocutrici e tutti gli interlocutori.
Segnaliamo en passant come anche la marcia Perugia-Assisi del 12 ottobre, e
l'assemblea dell'Onu dei popoli che la preparara' nei giorni immediatamente
precedenti, pone esplicitamente l'esigenza di un'Europa di pace,
dell'inclusione del principio del ripudio della guerra nell'articolo 1 della
cosiddetta Costituzione europea, della scelta della nonviolenza. Nella
conferenza stampa tenuta a Roma Flavio Lotti, portavoce della Tavola della
pace, ha detto parole inequivocabili ed incoraggianti, che vanno nella
direzione auspicata da Lidia Menapace, dalla Convenzione permanente di donne
contro le guerre, dai movimenti nonviolenti.
Avanti dunque.

8. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: UNA QUESTIONE DI TEMPO
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo
intervento di Giancarla Codrignani. Giancarla Codrignani, presidente della
Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia'
parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di
solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della
cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di
Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989;
Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura
della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994]
Al ritorno dalle vacanze capita di sentire donne sotto i trent'anni che
esplicitamente hanno voglia di mollare e mettersi a "fare torte". Si
arrendono?
A molte di noi sembra di si', anche se non si possono fare confronti con le
esperienze di chi ha vissuto i movimenti degli anni '70 e '80 (del secolo
scorso).
Era il tempo in cui risolutamente la casalinghe italiane furono definite,
anche nelle statistiche (finalmente!), "disoccupate".
Ma quelle donne credevano di poter 'cambiare il mercato del lavoro' con le
strategie femminili e nel Pci fu consentito rendere pubblico una filosofia
del tempo - che ancor oggi sarebbe un efficace strumento di lavoro - ma che
fu irrimediabilmente declassata in termini di "orari".
Vennero le "pari opportunita'" e le "azioni positive" (per dire il vero,
vennero le leggi relative, non certo universalmente applicate) e, con esse,
non a caso, la spinta all'omologazione: chi e' dis-pari, vuole diventare
pari rispetto al modello dato. Si e' trattato di norme "per noi", ma non
"governate da noi".
Ma venne anche la modernizzazione, per giunta globale: flessibilita',
prepensionamenti, precarizzazione, forme in cui le donne avevano una
personalissima competenza per averle subite fin dai tempi della prima
emancipazione.
Non divennero leader politiche o consulenti di tavoli tecnici e nessuno si
accorse che, invece, erano non solo piu' preparate al nuovo che si imponeva,
ma che erano piu' vicine ai postmoderni (del fordismo ricordavano la catena
di montaggio, che non era stata il massimo) o addirittura a quel Paul
Lafargue, autore dell'Elogio dellíozio, che era tanto piaciuto al movimento
operaio di fine Ottocento.
Voler "fare le signore" potrebbe, quindi, voler dire andare avanti in
un'altra storia e con altri modi.
Oggi sembra che non si sappiano i pericoli che abbiamo davanti: un governo
che aspetta solo di poter scaricare sulle nostre spalle i servizi tagliati
usandoci come ammortizzatori sociali e la famiglia-sanguisuga in cui
l'aspettativa di mariti e figli e' quella di trovare che a casa la mamma ha
fatto tutto. E la famiglia rischiera' molto perche' le giovani sono meno
pazienti delle loro madri che pur erano "femministe".
C'e' anche uní'altra distinzione grande da fare: quello che viene rifiutato
non e' ne' il lavoro ne' l'indipendenza. Si rifiuta l'ansia.
Per questo le donne sono disposte a rinunciare a un figlio o cercano di
lavorare privatamente piuttosto che nel pubblico.
Vorrebbero poter "spalmare" l'orario secondo le proprie esigenze, senza per
questo diventare cattive lavoratrici.
La flessibilita' non fa loro paura, perche' ha a che vedere piu' che con la
carriera con il proprio modo di usare il tempo. Si va incontro al capestro?
Certamente si'; ma, dopo che le madri hanno offerto competenze per fare
della flessibilita' un beneficio - e nel tempo dell'elettronica almeno la
composizione a scala variabile degli orari e' ben fattibile - non possono
tornare a far politica per negoziare le priorita' dei maschi.
E' anche questa una questione di "tempo". La sinistra non sembra curarsene.
E, infatti, il tempo lo perde.

9. LIBRI. ANNA MARIA MERLO PRESENTA "BAS LES VOILES!" DI CHAHDORTT DJAVANN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 ottobre 2003. Anna Maria Merlo e'
corrispondente da Parigi del quotidiano]
Un nuovo fatto di cronaca - due ragazze sospese dai corsi in un liceo della
periferia parigina perche' non hanno voluto sostituire il velo islamico con
un semplice foulard annodato dietro la nuca - ha riportato in primo piano
l'ormai decennale querelle sulla presenza ingombrante di questo segno
religioso nelle scuole francesi.
Il governo ha nominato una commissione, presieduta dal deputato Bernard
Stasi, che tra qualche mese dovra' dare un parere sull'eventualita' di fare
una legge apposita che bandisca il velo. In Francia, in effetti, gia' esiste
una legge che impedisce "segni ostentatori" di appartenenza religiosa a
scuola, ma una circolare di qualche anno fa ha lasciato ai presidi il
compito di valutare, caso per caso, cosa sia "ostentatorio".
In questo clima, c'e' un libro che sta creando profonda irritazione tra
coloro che vorrebbero una soluzione politicamente corretta alla questione,
in un periodo in cui l'islam di Francia sta nominando i propri
rappresentanti ufficiali per dialogare con i poteri pubblici.
La scrittrice iraniana Chahdortt Djavann, che vive ormai da dieci anni a
Parigi, pubblica da Gallimard Bas les voiles!, un appello risoluto contro il
velo: "quando ritrovo il ricordo e l'immagine delle bambine velate delle
scuole iraniane, quando penso a quelle che, in Francia, vengono utilizzate
malgrado loro o per effetto di una terribile strumentalizzazione islamista,
per servire da emblema alle propagandiste del'''identita' attraverso il
velo', la tristezza e la collera mi dividono".
Djavann afferma: "ho portato il velo per dieci anni. Era o il velo o la
morte. So di cosa parlo". E accusa gli intellettuali francesi, il pensiero
differenzialista, di trovare delle giustificazioni culturali a questa forma
di schiavitu'. Il suo discorso irrita perche' si pone risolutamente dalla
parte delle bambine obbligate a portare il velo. "Che cosa si cerca di
inculcare, in loro?" si chiede la scrittrice. Risponde che "il velo non e'
per nulla un segno religioso, come la croce, che ragazze e ragazzi possono
portare al collo. Il velo, hijab, non e' un semplice foulard sulla testa;
deve dissimulare totalmente il corpo. Il velo, innanzi tutto, abolisce lo
spazio misto e materializza la separazione radicale e draconiana dello
spazio femminile e dello spazio maschile o, piu' esattamente, definisce e
limita lo spazio femminile".
Per Djavann e' equiparabile a un abuso, a uno stupro, "portare il velo mette
la bambina o la giovane adolescente sul mercato del sesso e del matrimonio,
la definisce attraverso lo sguardo degli uomini, del sesso e del
matrimonio". Inculca "la vergogna di abitare un corpo vergognoso".
La scrittrice refuta la tesi dell'"identita'", spesso avanzata in occidente.
E accusa con particolare forza le musulmane occidentali che mettono qui il
"velo identitario" e con cio' stesso "sono un incoraggiamento alla
repressione di tutte le donne che, nei paesi musulmani, cercano di sfuggire
al controllo totalitario del hijab a rischio della vita".
Chahdortt Djavann chiede una legge che metta al bando il velo, in nome della
protezione dei diritti umani. "Autorizzare il velo a scuola sara' un
incoraggiamento a portare il velo qui in Francia e rimettera' le adolescenti
che vivono nei quartieri delle periferie sotto il giogo dei dogmi islamici
rendendo le loro legittime aspirazioni all'emancipazione ancora piu'
difficili".

10. LIBRI. GIUSEPPE ALLEGRI: ALCUNI LIBRI PER UNA RIFLESSIONE SU EUROPA,
ISTITUZIONI E MOVIMENTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo ottobre 2003. Giuseppe Allegri e'
studioso delle questioni giuridiche e politiche del processo di unificazione
europea, e  collabora alla riflessione e alle iniziative del "movimento dei
movimenti"]
E'possibile pensare alla formazione di un'Europa politica che sia anche (ma
non solo) "pacifica, cooperativa, aperta ad altre culture, capace di
dialogare" e percio' in grado di "bilanciare l'unilateralismo egemonico
degli Stati Uniti", drammaticamente radicalizzato dalla pratica dei
neo-conservatori dell'amministrazione Bush?
Questo e' sicuramente uno dei quesiti che attraversa l'opinione pubblica
inquieta dei movimenti sociali europei da ormai qualche tempo a questa parte
e non e' forse un caso che le espressioni virgolettate siano state riprese
dall'ormai celebre intervento del 31 maggio 2003 scritto da Juergen Habermas
e condiviso con Jacques Derrida.
In quell'occasione i due maggiori filosofi continentali sostenevano, tra
l'altro, che la data del 15 febbraio 2003 (giornata di mobilitazione globale
contro la guerra preventiva all'Iraq dell'amministrazione Bush, in cui nella
sola vecchia Europa manifestarono diversi milioni di persone) "potrebbe
essere indicata retrospettivamente nei libri di storia come il segnale della
nascita di un'opinione pubblica europea".
In realta' una sezione embrionale di opinione pubblica continentale, critica
ed in formazione, gia' aveva preso la parola, subito dopo Genova 2001, nella
preparazione e poi nella riunione del forum sociale europeo di Firenze del
novembre del 2002, in cui si erano coniugate forme di elaborazione
collettiva di pensiero critico sull'Europa e sull'incancrenirsi dei processi
di globalizzazione neo-liberista, insieme con la pratica di un corteo di
diverse centinaia di migliaia di persone che dichiaro' una prima radicale
opposizione all'attacco unilaterale americano che si prospettava in Iraq,
dopo quello in Afghanistan.
Da queste due parziali considerazioni si deduce che le domande su quale
Europa e perche' Europa hanno attraversato tutti i livelli culturali,
sociali, politici, istituzionali, rimanendo troppo spesso senza risposte
adeguate, in un momento in cui il cosiddetto processo di
"costituzionalizzazione" dell'Unione Europea - che puo' essere interpretato
anche come un tendenziale processo costituente auto-imposto - assume
tardivamente una dimensione pubblica, proprio nella sua fase conclusiva di
integrazione-adozione del progetto di trattato costituzionale da parte della
Conferenza intergovernativa che si aprira' il 4 ottobre a Roma. A questo
proposito e' forse utile fare una rapida e parziale rassegna di quel
pensiero critico (continentale e non) che si e' interrogato sulla necessita'
di ripensare l'Europa, in particolare nel suo rapporto con la formazione di
un'opinione pubblica continentale.
*
Gia' nell'estate del 1999 Pierre Bourdieu (in un intervento pubblicato in
Idem, Controfuochi 2. Per un nuovo movimento europeo, Manifestolibri, Roma
2001, pp. 124, euro 9) auspicava la formazione di "un movimento sociale
europeo", ponendo l'attenzione sull'importanza di quegli embrionali
movimenti sociali transnazionali che avrebbero avuto la loro epifania
pubblica con Seattle pochi mesi dopo, e sul loro effetto inducente
nell'avviare processi pubblici di rivendicazione di un'Europa sociale.
*
In questo senso e' lo stesso Juergen Habermas che in un saggio del 1999
pubblicato nel volume La costellazione postnazionale (Feltrinelli, pp. 135,
euro 18), assegnando un ruolo decisivo ai cittadini che si autorganizzano
nei movimenti sociali (e parzialmente a quei partiti politici che aprono
"delle prospettive normativamente soddisfacenti nell'elaborazione dei
conflitti dapprima percepiti come insolubili"), riteneva necessaria la
creazione di "un'Europa sociale", che fosse "capace di gettare il suo peso
sull'equilibrio cosmopolitico complessivo".
*
E' l'idea dell'Europa come cuneo di regolazione sociale nei processi di
globalizzazione neo-liberista che si riempie di un ulteriore significato nel
contesto globale post-11 settembre, come si puo' leggere tra le righe della
"lettera aperta di un americano al resto del mondo: help" (contenuta nel
volume collettivo La guerra dei mondi. Scenari d'occidente dopo le Twin
Towers, DeriveApprodi, 2002, pp. 225, euro 10,50), in cui lo storico
statunitense Jeremy Brecher invocava un aiuto da parte degli alleati - in
particolare ai movimenti sociali e governi europei - per imporre un radicale
ripensamento alle scelte interventiste dell'amministrazione Bush.
*
Ma nella cruda materialita' delle relazioni internazionali ci troviamo
dinanzi ad un'"Europa senza progetto", che sembra "stia perdendo la propria
anima e, piu' ancora, la possibilita' di esistere come entita' originale"
nell'attuale dis-ordine globale, per dirla con il crudo, esasperato
pessimismo di Marc Auge' (Diario di guerra, Bollati Boringhieri, pp. 99,
euro 9,50).
*
In realta' proprio questa mancanza di progettualita' continentale sembra
essere un passaggio decisivo nel tentativo di mettere in connessione
l'elaborazione di un pensiero critico sull'Europa con le pratiche creative,
dal punto di vista dell'immaginazione politica, dei nuovi movimenti: "mai e'
stato piu' urgente un altro pensiero dell'Europa", scrivera' Jacques Derrida
pochi giorni dopo l'11 settembre (Il sogno di Benjamin, Bompiani, euro 5) e
lo ribadira' nel libro-intervista di Giovanna Borradori, Filosofia del
terrore. Dialoghi con. Habermas e Derrida (Laterza, pp. 234, euro 15), dove
viene evocata la promessa europea: la "possibilita' di un altro discorso e
di un'altra politica" sulla e dell'Europa. Questo orizzonte di riflessioni
costituisce il contesto di riferimento del dibattito pubblico e
dell'elaborazione di senso comune di quella multiforme porzione di opinione
pubblica continentale che compone - e/o si riconosce - nell'articolazione
reticolare e variegata del movimento dei movimenti.
*
In questo senso meriterebbe un'apposita ricognizione l'elaborazione svolta
all'interno dei siti e delle mailing list vicine al "movimento dei
movimenti" (penso in particolare alla discussione che si e' sviluppata nel
sito Internet Rekombinant all'indomani di un doppio intervento su di una
suggestione di Europa minore da parte di Franco Berardi, nel secondo dei
quali riprendeva l'articolo di Habermas e Derrida) e di alcune riviste di
analisi politica e riflessione teorica che si relazionano in modo diretto
con i nuovi movimenti sociali continentali: si vedano in particolare i
numeri recenti di riviste francesi come Multitudes o Vacarme, oppure delle
italiane DeriveApprodi, Carta, Posse, Global magazine.
Del resto questo era anche l'ambito di confronto proposto dal volume
polifonico Europa politica. Ragioni di una necessita' (Manifestolibri, pp.
287, euro 16,50; gia' richiamato da Luigi Cavallaro su queste pagine lo
scorso 20 settembre), in cui continuo era il rinvio alla necessita' di
pensare l'"Europa dei 'cittadini globali'": "costruzione politica
continentale intesa come spazio dei nuovi movimenti sociali". E' questa la
scommessa di vedere l'opinione pubblica critica dei nuovi movimenti sociali
come soggetto attivo nella definizione di un'Europa politica che, nel suo
essere sempre a venire, sia in continua tensione rispetto alla mortificante
lettura unidimensionale del funzionalismo tecnocratico ed economicistico.
Questa aspirazione dovrebbe essere ulteriormente rivendicata in una fase
come quella vissuta attualmente dalle istituzioni comunitarie che nel maggio
2004 vorrebbero chiudere il percorso di rifondazione istituzionale -
dotandosi del Trattato costituzionale continentale elaborato dalla
Convenzione e ratificato dalla Conferenza intergovernativa, sul quale si
dovra' necessariamente aprire un confronto analitico - e compiere
l'allargamento dell'Unione europea ai dieci nuovi paesi centro-orientali e
del sud Europa.
In particolare l'atteggiamento dei movimenti sociali sembra voler imporre
che il processo di costituzionalizzazione dell'Unione europea divenga -
paradossalmente nella sua fase conclusiva - finalmente un processo pubblico,
aperto, in grado di realizzare una partecipazione diffusa delle
soggettivita' plurali che vivono lo spazio politico continentale in modo
innovativo rispetto alla tradizionale postura nei confronti degli spazi
politici statuali.
Con una battuta verrebbe da dire che l'opinione pubblica europea in
formazione (e quella parte del pensiero critico disponibile a pensare
altrimenti l'Europa) voglia reclamare la portata costituente delle proprie
rivendicazioni, provando ad immaginare un processo costituente diffuso nel
tempo, procedura porosa al protagonismo sociale, alle istanze di cui i
movimenti sono portatori, e che possa alludere alla disponibilita' di un
continente, come porzione di mondo dove dispiegare azioni che mirino ad
avere portata globale. Quasi che si possano immaginare dei movimenti
costituenti che accettino questo piano di costituzionalizzazione
continentale, in cui la multiplanare dimensione politica europea sembrerebbe
adatta all'articolazione di un dibattito pubblico aperto ad una
radicalizzazione di contenuti (inizialmente solo linguistico-concettuali)
ulteriormente agita dai movimenti sociali, percorrendo linee di fuga
debordanti dalla sfera comunicativa a quella socio-istituzionale.
L'ottica a piu' livelli dello spazio politico europeo permette una nuova
declinazione del conflittuale confronto sociale, aprendo spazi per un
dialogo ininterrotto tra le istanze anche radicali dei movimenti e le
diverse pratiche di gestione della cosa pubblica, creando connessioni
multidimensionali altrimenti impraticabili nella sola dimensione
statual-nazionale. Percio' sembra essere questo il momento in cui mettere in
gioco l'immaginazione costituente dei movimenti sociali, nel loro sforzo
creativo di disegnare l'Europa come uno spazio politico inedito e globale.
L'Europa dunque come luoghi multilevel (locali, statuali, continentali) dove
sperimentare pratiche democratiche che eccedano la forma rappresentativa,
coniugando prassi di federalismo democratico postnazionale (cooperativo e
solidale, che permetta la formulazione di un nuovo welfare incentrato sul
dispositivo costituente del reddito di cittadinanza, come esigenza primaria
per condurre una vita dignitosa) con l'autonomia politica di una democrazia
radicale praticata a livello locale; ibridando i meccanismi istituzionali
esistenti, ma anche auspicando la formazione di nuove istituzioni. Ma anche
Europa come spazio politico globale, dove superare definitivamente le
dinamiche di esclusione-inclusione della cittadinanza statuale, in cui le
lotte per i diritti alludano a rivendicazioni di portata universale, per le
liberta' di circolazione, movimento e soggiorno.
Un'Europa quindi postcoloniale che possa farsi portatrice di pratiche
multilaterali nelle relazioni internazionali e che sappia essere il
contrario di quello che e' stata storicamente, nella sua plurisecolare
odiosa tradizione coloniale: e' la rivendicazione prima dei movimenti
antiglobalizzazione neo-liberista, ma ora e' divenuta anche la parola
d'ordine per avviare nuove relazioni tra i diversi nord e sud di un mondo
interamente sottoposto a guerre globali permanenti.
*
Questi sembrano essere alcuni dei nodi in cui diverrebbe possibile
intrecciare quella parte di pensiero critico disponibile a mettersi in
discussione nel confronto con l'opinione pubblica continentale dei movimenti
sociali che aspira ad incidere materialmente nell'attuale processo di
costituzionalizzazione dell'Unione Europea; ben sapendo che la portata dei
movimenti - nella loro attitudine a fare dell'autorganizzazione una forma di
protagonismo sociale - eccede qualsiasi dimensione istituzionale e allude
sempre ad un nuovo vocabolario.
Per concludere, quello proposto e' un contributo che pecca sicuramente per
semplicismo ed approssimazione (nell'enunciazione delle letture, cosi' come
nella narrazione delle rivendicazioni dei movimenti); ma si voglia leggere
questo intervento come un invito a dipanare le possibilita' sopite nelle
condizioni locali, continentali e globali in cui siamo immersi. Con
l'aspirazione di veder realizzati principi di giustizia sociale,
emancipazione, liberta' su scala sempre maggiore, ma anche l'augurio che si
avvii un dibattito pubblico su tutte le altre possibilita' (o gli altri
mondi possibili, se si preferisce) e soprattutto con l'auspicio che le
pratiche sociali dei nuovi movimenti sappiano sempre sorprenderci nella
capacita' di immaginare percorsi per ora solo vagheggiati; nel solco di un
sotterraneo tracciato continentale che aspiri finalmente a realizzare almeno
alcune delle sue promesse troppo spesso disattese, ma che abbia anche la
capacita' visionaria di cartografare contrade a venire, evitando di
idealizzare un passato che a volte andrebbe sottoposto a continua critica e
ripensamento.

11. FORMAZIONE. UN CORSO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA A MANTOVA
[Dal "Coordinamento per la pace" di Mantova (per contatti:
codipax@libero.it) riceviamo e diffondiamo]
Il "Coordinamento per la pace" di Mantova, in collaborazione con la
Provincia di Mantova - assessorato alle politiche sociali giovanili e
dell'immigrazione e "Insegnanti per la pace" promuove il progetto di
formazione 2003-2004 "Alle radici della violenza. Violenza e nonviolenza
nella vita quotidiana".
La violenza e la guerra, sua massima espressione, hanno origine e radici
nella cultura e nei comportamenti. Accade cosi' che, anche nel nostro
quotidiano, subiamo e riproduciamo violenza. Rendere esplicite queste
strutture culturali profonde, queste dinamiche e questi comportamenti e' il
primo passo per poter attivare una trasformazione personale e sociale, che
non nega il conflitto, ma si impegna a gestirlo in modo costruttivo e
nonviolento.
*
Programma:
- 25-26 ottobre 2003: Tiziana Bortuzzo (Teatro dell'Oppresso), "Mettere in
gioco il se': gestione creativa e nonviolenta del conflitto";
- 15 novembre 2003: Marianella Sclavi, "L'ascolto attivo: imparare ad
ascoltare e ad ascoltarsi";
- 29-30 novembre 2003: Maria G. Di Rienzo, "Il linguaggio come strumento di
violenza e come possibilita' di cambiamento";
- 17-18 gennaio 2004: Pat Patfoort, "Io voglio tu non vuoi: la gestione
nonviolenta dei conflitti" (l seminario con Pat Patfoort e' di secondo
livello, per chi non la conoscesse, sabato 6 dicembre 2003 e' prevista una
lezione introduttiva sul suo metodo).
*
Per iscrizioni e informazioni: tel. 3299614394  (Marisa), 3357126578
(Guido), e-mail:   codipax@libero.it

12. FORMAZIONE. UN CORSO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA A LUCCA
[Da Silvano Tartarini (per contatti: bebitartari@bcc.tin.it) riceviamo e
diffondiamo]
Il gruppo di Lucca dei "Berretti bianchi", in collaborazione con la Scuola
della pace della Provincia di Lucca, Arci nuova associazione, Associazione
nuova solidarieta'-Equinozio, Gvai, Tucam, con il patrocinio del Cesvot,
promuove il corso di formazione per volontari su "Nonviolenza: il potere di
tutti", che si terra' a Lucca dal 25 ottobre 2003 al 27 marzo 2004.
*
Partendo dalla conoscenza del pensiero nonviolento, sia dal punto di vista
dei principi teorici sia da quello delle realizzazioni storiche, intendiamo
offrire alla cittadinanza un percorso formativo per l'acquisizione delle
competenze necessarie ad un approccio nonviolento nei rapporti
interpersonali, al fine di promuovere un cambiamento personale, sviluppare
la capacita' di esercitare una cittadinanza attiva e consapevole, migliorare
il servizio e orientarlo verso la nonviolenza. Il corso si articola in piu'
fasi che affrontano i diversi livelli e tipi di conflitto che ognuno puo'
incontrare nella propria vita (personale, interpersonale, di gruppo,
sociale).
Lo scopo del progetto e' quello di fornire strumenti e metodologie
educative, coerenti con la nonviolenza, che siano d'aiuto alle associazioni
che nella societa' civile operano in vari settori (ecologisti, pacifisti,
donne, comunita', consumatori, anziani, portatori di handicap, adolescenti,
minoranze...) per valorizzare al meglio il potenziale di ciascuno. Si
intende lavorare per la creazione di una comunicazione "ecologica", che
coltivi le risorse di ogni persona rispettandone la diversita', e nel
contempo mantenga una coesione globale in modo che le persone possano agire
insieme per un obiettivo comune. Imparare, dunque, ad esercitare una critica
costruttiva, la risoluzione dei conflitti, lo sviluppo dei progetti e la
cooperazione con le altre associazioni.
Sono previsti tre tipi di azioni formative: training, conferenze, visioni di
film e in conclusione la visita di un centro di azione nonviolenta. Il
training prevede la partecipazione attiva dei corsisti attraverso lo
svolgimento di lavori di gruppo, simulazioni, giochi di ruolo.
*
Programma
- 25 ottobre 2003, conferenza: Volontariato e nonviolenza: esperienze per
una difesa alternativa al militare, Angelo Cavagna (sacerdote dehoniano);
- 7 novembre 2003, film: Bowling for Colombine;
- 8 novembre 2003, conferenza: I principi della nonviolenza tra esperienze
concrete e radici etico-religiose, Nanni Salio (ricercatore, segretario
dell'Ipri) e Rocco Altieri (docente universitario, direttore di "Quaderni
satyagraha");
- 15-16 novembre 2003, training: la gestione partecipativa dei gruppi,
Jerome Liss (formatore);
- 29 novembre 2003, film:Il buio oltre la siepe;
- 6-7 dicembre 2003, training:I conflitti interpersonali: sperimentare la
nonviolenza a due, Anna Mirenzi (formatrice);
- 24-25 gennaio 2004, training :I conflitti intrapersonali: come gestire e
trasformare le emozioni, Antonella Sapio (psicologa);
- 31 gennaio 2004, conferenza: La Difesa popolare nonviolenta e i Corpi
civili di pace, Alberto L'Abate (professore universitario) e Antonino Drago
(professore universitario);
- 6 febbraio 2004, film: Gandhi;
- 14-15 febbraio 2004, training: Le azioni dirette nonviolente per influire
sulle dinamiche sociali, Gianni Scotto (ricercatore universitario) e
Natascia Berlincioni (formatrice);
- 6 marzo 2004, conferenza: "Il potere di tutti" nel pensiero di Aldo
Capitini e la possibilita' di costruire una economia di giustizia attraverso
consumo critico e stili di vita, Rocco Altieri (docente universitario) e
Francuccio Gesualdi (ricercatore);
- 27 marzo 2004, visita al centro di azione nonviolenta in costruzione a
Gricigliana (Prato).
*
Per informazioni rivolgersi alla segreteria organizzativa: Berretti Bianchi,
gruppo di Lucca, c/o Sara Tomei, via Fontanella 663, tel. e fax: 0583955370,
e-mail: sara.tomei@tin.it, berrettibianchi.lu@libero.it

13. FORMAZIONE. UN CORSO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA A TORINO
[Dal Centro studi "Sereno Regis" (per contatti: regis@arpnet.it) riceviamo e
diffondiamo]
L'approccio nonviolento ai conflitti. Corso di primo livello.
- Mercoledi' 29 ottobre: Cos'e' la nonviolenza. Introduzione alla teoria e
pratica della nonviolenza, a cura di Angela Marasso (formatrice del gruppo
Edap).
- Mercoledi' 5 novembre: proiezione del film "Bowling a Columbine" di M.
Moore. Introduzione e riflessione a cura di Anna Mirenzi (formatrice del
gruppo Edap).
- Mercoledi' 12 novembre: Da una societa' centrata sulla sicurezza verso una
societa' centrata sulla fiducia. Spunti e riflessioni a partire dal film
visto, a cura di Anna Mirenzi (formatrice del gruppo Edap).
- Mercoledi' 19 novembre: La trasformazione nonviolenta dei conflitti, a
cura di Giorgio Barazza (formatore del gruppo Edap).
- Mercoledi' 26 novembre: La riconciliazione come prassi di trasformazione
dei conflitti: il caso Sudafrica, a cura di Enrico Peyretti (Centro Studi
Sereno Regis).
- Mercoledi' 3 dicembre: Esperienze di intervento nonviolento in situazioni
di conflitto acuto: dalle PBI ai Caschi Bianchi, a cura di Nanni Salio
(presidente del Centro Studi Sereno Regis).
- Sabato 13 dicembre: gioco di ruolo su Israele/Palestina, a cura di Angela
Marasso (formatrice del gruppo Edap) e Maria Chiara Tropea.
Per informazioni: segreteria del Centro Studi Sereno Regis, tel. 011532824,
e-mail: regis@arpnet.it

14. RILETTURE. RENATA D'AMICO: MAMANA ARMINDA
Renata D'Amico, Mamana Arminda, Erre Emme (ora Roberto Massari Editore),
Pomezia (Roma) 1995, pp. 208, lire 20.000. Un "romanzo antropologico
mozambicano" di una studiosa italiana nata a Maputo e innamorata
dell'Africa.

15. RILETTURE. TINA NOVELLI: DIZIONARIO ETNOLOGICO AFRICANO
Tina Novelli, Dizionario etnologico africano, Jaca Book, Milano 1975 (ma
1976), tre volumi per complessive pp. 916. E' ancora un'opera ben utile sia
per lo studio che per la consultazione.

16. RILETTURE. ITALA VIVAN: AFRICA AUSTRALE. PANORAMA LETTERARIO
Itala Vivan, Africa australe. Panorama letterario, Cies, Roma 1987, pp. 40.
Un agile ed accurato profilo, un'utile guida bibliografica ragionata.

17. RILETTURE. ITALA VIVAN: INTERPRETI RITUALI
Itala Vivan, Interpreti rituali, Dedalo, Bari 1978, pp. 256. Un acuto studio
sul romanzo nell'Africa nera, con  capitoli dedicati a Chinua Achebe, Amos
Tutuola, Wole Soyinka, Ngugi Wa Thiong'o, Ezekiel Mphahlele.

18. RILETTURE. ITALA VIVAN (A CURA DI): IL NUOVO SUDAFRICA
Itala Vivan (a cura di), Il nuovo Sudafrica, La Nuova Italia, Scandicci (Fi)
1996, pp. XXXII + 384, lire 35.000. Un volume a piu' voci curato
dall'illustre studiosa.

19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 693 del 4 ottobre 2003