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La nonviolenza e' in cammino. 692



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 692 del 3 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. No all'invio in Iraq del XXVI reparto elicotteri operazioni speciali
2. Mariagrazia Bonollo: in memoria di Gabriele Moreno Locatelli
3. Luciano Capitini: sulla proposta di Lidia Menapace
4. Delegazione dei "Christian Peacemakers Teams" in Iraq
5. Stefania Cantatore: una conferenza per la lotta alle lapidazioni
6. La dichiarazione di 27 ufficiali dell'aviazione militare israeliana
contro gli ordini di attacco illegali e immorali
7. Gila Svirsky: le uccisioni e il dialogo
8. Marcella Mariani: le donne contro il muro
9. Giuseppe Bronzini: alcuni libri per una riflessione su Europa, processo
costituente e dibattito giuridico
10. Giancarla Codrignani: un convegno su Maria di Magdala
11. Un seminario a Rieti con Serge Latouche
12. Riletture: Hannah Arendt, Vita activa
13. Riletture: Ernst Bloch, Ateismo nel cristianesimo
14. Riletture: Gustavo Gutierrez, Teologia della liberazione
15. Riletture: Emmanuel Levinas, Di Dio che viene all'idea
16. Riletture: Karl Marx, Friedrich Engels, Scritti sulla religione
17. Riletture: Juergen Moltmann, Teologia della speranza
18. Riletture: Simone Weil, Attesa di Dio
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'

1. APPELLI. NO ALL'INVIO IN IRAQ DEL XXVI REPARTO ELICOTTERI OPERAZIONI
SPECIALI
[Il seguente comunicato e' stato diffuso il 2 ottobre dal "Centro di ricerca
per la pace" di Viterbo]
Nella cronaca di Viterbo del quotidiano "Il messaggero" di giovedi' 2
ottobre 2003 compare la notizia che il capo di Stato Maggiore dell'Esercito,
tenente generale Giulio Fraticelli, da poco insediatosi al vertice delle
Forze Armate, in visita a Viterbo al Comando della Cavalleria dell'Aria ("la
piu' giovane specialita' delle forze armate italiane"), "ha comunicato che
uomini e mezzi del XXVI Reos (reparto elicotteri operazioni speciali) di
Viterbo sono in procinto di partire verso l'Iraq dove saranno impegnati
nell'operazione Antica Babilonia".
Chiediamo che questo non avvenga.
E rinnoviamo la richiesta che l'Italia ritiri le forze armate gia'
dispiegate nel teatro di guerra iracheno.
La partecipazione italiana alla guerra effettualmente in corso in Iraq, e
all'occupazione militare dell'Iraq da parte di potenze straniere, e'
illegale e criminale; come e' illegale e criminale la guerra di aggressione
promossa dal governo statunitense e dai suoi alleati; come sono illegali e
criminali l'occupazione militare, le uccisioni, le devastazioni e il
saccheggio in corso in Iraq.
La partecipazione italiana non solo confligge con il diritto internazionale
ma viola anche la Costituzione della Repubblica Italiana, e si configura
quindi come un atto fuorilegge e golpista.
*
Nessun militare da Viterbo deve andare in Iraq a rischiare di uccidere e
farsi uccidere; quelle autorita' politiche e militari che pretendono di
imporre questo sono criminali e come tali devono essere perseguite
penalmente e condannate secondo quanto dispone la legislazione italiana.
Cessi la partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione terrorista e
stragista in corso in Iraq, si ripristini la vigenza della legalita'
costituzionale, della democrazia e dello stato di diritto nel nostro paese:
legalita', democrazia e diritto violati dalla partecipazione italiana a una
guerra illegale e criminale.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo si appresta a predisporre una
nuova denuncia penale nei confronti dei responsabili della decisione
criminale e golpista della partecipazione italiana alla guerra e
all'occupazione militare dell'Iraq, decisione scellerata che rende anche
l'Italia bersaglio di azioni di guerra.
*
Nei decenni in cui l'Italia e gli Stati Uniti - come molti altri stati -
favoreggiavano il regime assassino di Saddam Hussein, Il "Centro di ricerca
per la pace" di Viterbo ha organizzato e preso parte a varie azioni
nonviolente di protesta contro quel regime dittatoriale e sanguinario, e
contro le potenze complici (come gli Usa, come l'Italia) che lo armavano e
sostenevano.
E' quindi in forza di una posizione limpida e pluridecennale di difesa dei
diritti umani e di opposizione a tutte le dittature e a tutti i terrorismi,
a tutte le guerre e a tutte le stragi, che ancora una volta il "Centro di
ricerca per la pace" di Viterbo chiede il ripristino della legalita'
costituzionale, chiede che il nostro paese cessi di esere coinvolto in uno
sciagurato crimine, chiede che l'Italia si impegni per la pace, la
democrazia, i diritti umani.

2. MARIAGRAZIA BONOLLO: IN MEMORIA DI GABRIELE MORENO LOCATELLI
[Da Mariagrazia Bonollo (salbega@interfree.it) dell'ufficio stampa del
movimento nonviolento dei "Beati i costruttori di pace" riceviamo e
diffondiamo]
Il 3 ottobre 1993 moriva a Sarajevo, ucciso da un cecchino, Gabriele Moreno
Locatelli, volontario di "Beati i costruttori di pace".
Mori' colpito a morte da un cecchino nel corso di un'azione di pace,
compiuta con altri quattro volontari, tutti disarmati, mentre cercavano di
attraversare il ponte Vrbanja, dove si fronteggiavano le milizie serbe e
quelle bosniache, portando ai contendenti un messaggio politico, una
bandiera della pace e un pane simbolo di riconciliazione.
Aveva 34 anni ed era originario di Canzo, vicino a Como.
Una delegazione dei "Beati i costruttori di pace", partita da Padova il 2
ottobre e della quale fa parte anche don Albino Bizzotto, presidente
dell'associazione, sta raggiungendo in queste ore la capitale bosniaca per
partecipare a una celebrazione ufficiale voluta dalla Municipalita' di
Sarajevo e dal Comune di Canzo. Sul ponte Vrbanja, nei pressi del quale gia'
esiste una strada intitolata a Locatelli, verra' domani scoperta una lapide
e al Teatro dei Giovani si svolgera' un incontro civile e interreligioso.
"Gabriele Moreno e' uno di noi, e' un sarajevese" hanno detto in piu'
occasioni gli amici bosniaci di "Beati i costruttori di pace"...

3. EDITORIALE. LUCIANO CAPITINI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo di cuore Luciano Capitini (per contatti: capitps@libero.it) per
questo intervento. Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento,
nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative
nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e
all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale
nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza"]
Per quanto riguarda la proposta di Lidia Menapace per una Europa neutrale
posso dire solo che aderisco alla proposta con grande entusiasmo.
La levatura della persona - Lidia Menapace - che lancia questa campagna mi
pare costituire una forte garanzia per iniziare col piede giusto.
Trovo che il momento sia quello giusto, nella fase in cui siamo di
approvazione della Costituzione Europea.
Trovo inoltre che l'appello possa trovare consensi in tante nazioni e tante
realta': rispetto a proposte piu' complesse e di difficile presa
sull'opinione pubblica, questa e' di grande semplicita', potrebbe
addirittura essere modulata in tempi e fasi progressive, risponde ad una
fortissima domanda di pace, ma puo' toccare anche settori distanti dal
pacifismo tradizionale.
Metto le mie poche energie al servizio di quanto verra' proposto. Suggerisco
di accompagnare a una serie di incontri con movimenti e associazioni anche
una serie di proposte di azioni nonviolente coraggiose e con forte carica
comunicativa.

4. INIZIATIVE. DELEGAZIONE DEI "CHRISTIAN PEACEMAKERS TEAMS" IN IRAQ
[Dagli amici del Movimento Internazionale della Riconciliazione di Palermo
(per contatti: pxp@interfree.it) riceviamo e diffondiamo]
Una nuova delegazione di  "Christian Peacemakers Teams" visitera' l'Iraq in
ottobre e novembre.
A causa delle continue condizioni di sofferenza della popolazione in Iraq i
delegati documenteranno l'attuale stato di cose sotto l'occupazione
americana, mostrando l'urgente e necessaria prospettiva differente da quella
quotidianamente offerta dai media.
Per unirsi a questa delegazione o ricevere informazioni telefonare o
scrivere subito a 0017732770253, fax 773277029, e-mail: delegations@cpt.org
(il modello da compilare e' sul sito: www.cpt.org).
I delegati incontreranno rappresentanti di organizzazioni non governative,
gruppi religiosi, membri della societa' civile irachena, militari
statunitensi, etc. Avranno colloqui individuali con i parenti delle vittime
del precedente regime e di coloro che sono detenuti dalle forze Usa. Con
base a Baghdad, la delegazione viaggera' anche in altre aree e citta' (
Basra, Falluja). Sara' organizzata anche una testimonianza nonviolenta
pubblica.
I delegati dovrebbero essere preparati ad affrontare i rischi propri di un
viaggio in aree di conflitto. Inoltre "Christian Peacemakers Teams" cerca
partecipanti che abbiano esperienza nel lavoro internazionale per i diritti
umani e per l'azione nonviolenta, volonta' di impegno nella preghiera
quotidiana del team e nella meditazione. Dovrebbero familiarizzare con
l'attuale situazione in Iraq e comunicare la loro esperienza al ritorno. Il
costo e' di 2.500 dollari ed include il viaggio aereo e di terra, alloggio
(semplice), vitto, e le spese della delegazione. I  "Christian Peacemakers
Teams" sono presenti a Baghdad dall'ottobre del 2002 e hanno inviato sette
delegazioni prima, durante e dopo la guerra.

5. INCONTRI. STEFANIA CANTATORE: UNA CONFERENZA PER LA LOTTA ALLE
LAPIDAZIONI
[Riceviamo e diffondiamo questo intervento di Stefania Cantatore (per
contatti: stefi49@libero.it) apparso nella mailing-list "Lisistrata"
(lisistrata@yahoogroups.com) a proposito della Conferenza internazionale
contro le lapidazioni svoltasi a Napoli il 26 settembre 2003. Stefania
Cantatore e' impegnata nell'Udi (Unione donne italiane) di Napoli, ed e'
stata promotrice di molte iniziative per la pace e i diritti umani]
In attesa della pubblicazione degli atti della conferenza internazionale
contro le lapidazioni, vale la pena di fermare alcuni rilievi e
considerazioni, sui quali tra l'altro abbiamo anche riflettuto nell'incontro
del lunedi'.
La presenza delle autorita' cittadine di solito in queste occasioni viene
considerata al contempo un richiamo per un certo pubblico, ed un limite alla
libera espressione. Nel nostro caso, cioe' del percorso che stiamo compiendo
sul terreno della lotta alle lapidazioni, questa presenza e' stata ricercata
per ottenere alcuni atti ufficiali estensibili alla politica internazionale:
come gia' in questa direzione abbiamo ottenuto la difesa dall'esecuzione di
Safija Hussaini e Amina Lawall concedendo loro la cittadinanza onoraria
(atto significativo anche sul piano dell'agire politico di una giunta che di
solito s'ispira a criteri neutri).
L'energico gruppo di cui sono esponenti le nostre amiche, Mina. Nadia, Shiva
e Carla, l'International Committee against Stoning [in sigla: Icas], da anni
porta avanti una strategia di coinvolgimento degli organismi internazionali.
Le nostre amiche inoltre mantengono all'interno dello stesso Icas forti
modalita' di antagonismo femminista.
Questi elementi di analogia tra il nostro Coordinamento ed il loro gruppo ha
prodotto un'immediata sintonia politica e di relazione diretta. Il progetto
di collaborazione scaturito dalla conferenza, cioe' la costituzione di una
sezione italiana dell'Icas, e' parso a tutte lo sbocco naturale e
necessario.
L'intento comune di liberare un numero enorme di nostre sorelle dalla
minaccia fisica nella quale le tiene il perverso incrocio tra potere
religioso e potere politico, e' il nodo fondamentale di un progetto
femminile che voglia creare antagonismi diretti di donne libere alle logighe
violente, anche della guerra.
La relazione di Mina Ahadi, i suoi successivi interventi, oltre a
confermare, anche in peggio, la situazione di scacco nella quale si svolge
la vita quotidiana delle donne in Iran e la violenta repressione di ogni
libera espressione della mente e del corpo che viene su di loro esercitata,
ha posto in modo molto chiaro alcuni punti che riassumo e semplifico:
- la religione, tutte le religioni, sono costruite sulla subalternita'
femminile. Quando lo stato si identifica col potere religioso, viene
ingaggiata una vera e propria guerra contro le donne;
- la violenza del potere integralista Islamico non puo' essere sconfitta
dalle donne che ne sono vittime senza l'azione solidale delle donne che
godono di maggiore liberta' e che devono usarla per smascherare la
tolleranza connivente del patriarcato occidentale;
- mettere in moto un collegamento di reti di donne che siano in grado di
indurre azioni di deterrenza pacifica dei loro stati e dell'Europa verso i
regimi e gli stati dove viene applicata o tollerata la lapidazione;
- costituire strutture territoriali che possano immediatamente produrre
mobilitazione sui singoli casi.
Nadia Mahmood ha svolto una relazione sull'attuale situazione Irachena,
nella quale, in seguito all'intervento americano, le forze reazionarie
stanno imponendo alle donne uno strettissimo sistema di controllo tribale,
che prevede anche la lapidazione. Ci ha inoltre detto che a dispetto
dell'apparente laicita' del governo di Saddam Hussein, durante il suo regime
alle donne venivano comunque imposte le regole del Corano con sistemi
violenti.
Shiva Mahboobi ha portato la sua esperienza di giovane donna Iraniana, che
ha conosciuto il carcere dei mullah (i loro preti), come le altre costretta
a vivere fuori dalla sua terra.
La denuncia e' stata da tutte pronunciata in modo fermo e sofferto, con un
linguaggio aperto ed inequivoco, che ha decisamente privato di ogni
credibilita' qualsiasi interpretazione relativista per quanto riguarda
l'esercizio delle liberta' femminili.
Il confronto con le nostre deputate Elettra Deiana e Silvana Pisa ha forse
sofferto dei tempi troppo stretti imposti al dibattito, e tuttavia la
disponibilita' espressa dalle due parlamentari, l'impegno a stabilire una
relazione di visibilita' del problema, sono certamente tra i risultati
positivi della bellissima e faticosa giornata del 26.
Tutto sommato anche per noi che abbiamo organizzato la conferenza, sono
rimaste tante cose da dire e su cui confrontarci, tanto che abbiamo deciso
un nuovo incontro per il 10 ottobre, anche per informare meglio quelle che
per la prima volta si sono avvicinate alla conoscenza non retorica del
problema lapidazioni.

6. DOCUMENTI. LA DICHIARAZIONE DI 27 UFFICIALI DELL'AVIAZIONE MILITARE
ISRAELIANA CONTRO GLI ORDINI DI ATTACCO ILLEGALI E IMMORALI
[Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo il testo del documento
sottoscritto da 27 ufficiali dell'aviazione militare israeliana]
Noi, veterani e piloti attivi che abbiamo servito e continuiamo a servire e
ancora serviremo lo stato d'Israele per lunghe settimane ogni anno, ci
opponiamo a eseguire ordini di attacco che sono illegali e immorali come
quelli che lo Stato di Israele sta conducendo nei territori.
Noi, che siamo statI cresciuti per amare lo Stato d'Israele e contribuire
all'impresa sionista, rifiutiamo di prendere parte agli attacchi
dell'aviazione militare sui centri della popolazione civile. Noi, che
sentiamo l'esercito israeliano e l'aviazione militare come parte
inalienabile di noi stessi, ci rifiutiamo di continuare a infliggere
sofferenze ai civili innocenti.
Queste azioni sono illegali e immorali, e sono il diretto risultato
dell'occupazione in atto che sta corrompendo tutta la societa' israeliana.
Il perpetrarsi dell'occupazione minera' fatalmente la sicurezza dello Stato
di Israele e la sua forza morale.
Noi, che prestiamo servizio come piloti attivi, combattenti, dirigenti e
istruttori della prossima generazione di piloti, da questo momento
dichiariamo che continueremo a servire l'esercito israeliano e l'aviazione
militare solo per le missioni in difesa dello stato israeliano.
Firmato: brigadiere generale Yiftah Spector, bolonnello Yigal Shohat,
colonnello Ran, tenente colonnello Yoel Piterberg, tenente colonnello David
Yisraeli, tenente colonnello Adam Netzer, tenente colonnello Avner Ra'anan,
tenente colonnello Gideon Shaham, maggiore Haggai Tamir, maggiore Amir
Massad, maggiore Gideon Dror, maggiore David Marcus, maggiore professor
Motti Peri, maggiore Yotam, maggiore Zeev Reshef, maggiore Reuven, capitano
Assaf, capitano Tomer, capitano Ron, capitano Yonatan, capitano Allon,
capitano Amnon.

7. TESTIMONIANZE. GILA SVIRSKY: LE UCCISIONI E IL DIALOGO
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questa
testimonianza, nella traduzione italiana di Laura Bergomi apparsa sulla
mailing-list "Lisistrata". Gila Svirsky vive a Gerusalemme ed e' una delle
figure piu' note del movimento per la pace in Israele]
Oggi (6 settembre 2003), mentre un gruppo di donne israeliane e palestinesi
si abbracciavano e si baciavano fuori Tulkarem, il governo israeliano ha
lanciato tre bombe da 250 kg su una casa di Gaza, cercando (invano) di
uccidere i dieci leader di Hamas che erano in riunione la' dentro.
"Cercavamo solo di mandar loro un messaggio", ha detto stasera il
commentatore del notiziario alla tv israeliana. "Cercavamo di ucciderli", ha
corretto il conduttore, "ma abbiamo fallito".
Nel frattempo Abu Mazen ha dato le dimissioni e gli israeliani hanno
iniziato il conto alla rovescia, per citare le espressioni alla tv, sulla
vita di Arafat. Alla fine Israele lo ammazzera' oppure no? Tutti ritengono
che sia solo questione di tempo.
Questo modo di conversare sugli omicidi extra-giudiziari (solo quest'anno
Israele ha assassinato 110 palestinesi, e contemporaneamente ha ucciso altri
73 sfortunati che erano vicini a loro) si svolge in un paese che non prevede
la pena di morte. Ma questo e' un dettaglio tecnico.
*
Qualcosa di meglio da Tulkarem.
Tulkarem e' una citta' palestinese in Cisgiordania, proprio dall'altra parte
della Green Line (il confine del 1967), ed e' una delle vittime dell'infame
Muro di separazione che e' in fase di costruzione. Questo orribile muro ha
gia' intrappolato 12.000 persone tra se' e la Green Line, tagliandole via
dalle loro comunita', e ha rubato la terra, gli ulivi e le sorgenti d'acqua
ad altre decine di migliaia.
Oggi, siamo giunte qui per chiedere la fine della sua costruzione e perche'
Israele lasci uniti i territori. Eravamo 500 donne - meta' riunite dal lato
palestinese del checkpoint di Tulkarem, e l'altra meta' dall'altra parte
(stavo per scrivere "dalla parte israeliana", ma il checkpoint di fatto si
trova all'interno dei territori occupati). Da entrambe le parti c'era un
gran numero, non precisato, di donne "internazionali" - quelle che arrivano
da altri paesi per aiutarci a raggiungere la pace in Medioriente.
La manifestazione era stata organizzata dalla Coalizione di donne per la
pace, sul versante israeliano, e dalle donne della sezione di Tulkarem del
Partito popolare, sul versante palestinese. Si erano uniti a noi anche dei
gruppi multinazionali del Cpt, gli Ecumenical Accompaniers, cristiani che
lavorano per la pace in Palestina, Code Pink, l'organizzazione di protesta
delle donne statunitensi e singole donne (e alcuni uomini). Gli autobus
provenivano da tutte le parti d'Israele.
Al checkpoint abbiamo visto il gruppo dalla parte palestinese, circa 50
metri piu' in la'. Su entrambi i lati c'erano cartelli che chiedevano la
fine del Muro e della causa prima del conflitto, l'occupazione. Quando ci
siamo avvicinate al checkpoint, siamo state respinte da un gruppo di
soldati, visibilmente irritati dalla nostra presenza e dai nostri cartelli.
In pochi secondi, ci hanno spintonato e poi hanno picchiato parecchi del
nostro gruppo, puntando agli uomini, ma colpendo anche alcune donne che
cercavano di interporsi. I loro ufficiali sono subito accorsi e sono
riusciti a bloccarli, ma subito dopo abbiamo visto un candelotto lacrimogeno
esplodere vicino al lato palestinese. Abbiamo notato con sollievo che le
palestinesi non si disperdevano, e non ci sono stati ulteriori colpi. Le
donne sono rimaste ben ferme e in vista dall'altra parte dello spazio
militare. Una delegazione di donne si e' avvicinato agli ufficiali dalla
nostra parte, per negoziare il nostro attraversamento. Tutto si era svolto
troppo velocemente, e ora le nostre negoziatrici parlavano con molta calma,
spiegando le nostro intenzioni pacifiche per incontrare le donne
palestinesi. Pare che la nostra causa sia stata aiutata da dieci grossi
cartoni che avevamo portato per le donne, materiali di scuola per i bambini
palestinesi.
Dopo molte trattative e una lunga attesa sotto il sole cocente, soddisfatti
di tenere sotto controllo i nostri movimenti, gli ufficiali hanno concesso
che trenta di noi attraversassero il checkpoint per incontrare le
palestinesi. Io sono stata una delle fortunate che hanno attraversato e
quando abbiamo raggiunto l'altra parte del checkpoint ci sono stati abbracci
e baci, anche se la maggior parte di noi non si conosceva. Dei megafoni a
batteria hanno reso possibili brevi dichiarazioni da entrambe le parti:
"Condividiamo il vostro odio per il Muro, il vostro desiderio di chiudere
con l'occupazione e di avviare un'epoca di pace", "Vi diamo il benvenuto
nella nostra citta', vi ringraziamo per i doni per i nostri bambini, siamo
sorelle nella lotta per la pace", seguite da una breve musica di flauto e
qualche accenno di canzoni che non si riusciva a concludere. Dopo il primo
scoppio di emozione, eravamo tutte un po' intimidite.
Ho guardato i cartoni che venivano caricati dentro e fuori su una piccolo
auto sgangherata che e' partita in direzione della citta', dove ho
immaginato piccole mani avide che strappavano l'involucro di plastica e ci
trovavano dentro una cartella colorata, piena di quaderni, penne, matite
colorate, un temperino, una gomma e un righello. E forse i loro genitori gli
avrebbero letto la lettera che avevamo inserito in ogni cartella: "Noi,
donne israeliane, ti mandiamo questa cartella con l'augurio di un buon anno
scolastico, e la sincera speranza che i tuoi studi non vengano interrotti da
pallottole o carri armati". Poi siamo tornate a casa e abbiamo ascoltato i
notiziari, fatti da persone che trascorrono il loro tempo a pianificare
incontri d'altro tipo.
Per ulteriori informazioni e contatti: Coalition of Women for Peace:
www.coalitionofwomen4peace.org

8. APPELLI. MARCELLA MARIANI: LE DONNE CONTRO IL MURO
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo e
diffondiamo. Marcella Mariani e' una delle rappresentanti piu' note
dell'esperienza de "Il paese delle donne"]
Un appello arrivato da Ayse Berktay porta alla nostra attenzione la
drammaticita' della decisione israeliana di costruire un muro per separare
territori e popolazioni palestinesi e israeliane.
L'appello vuole mobilitare quante piu' donne possibile da tutto il mondo per
sostenere una grande dimostrazione che si terra' il 9 novembre, in
coincidenza della ricorrenza della caduta del muro di Berlino.
Protagonista dell'iniziativa la Salfeet Women's Committee Against the Wall
che ha gia' organizzato una prima dimostrazione il 6 settembre scorso nella
zona di Tulkarem. In quella occasione hanno viaggiato tutte insieme in
quelle zone segnate dal muro, sostando nei paesi di A-Ras e Jbarra dove la
divisione ha spezzato numerose reti familiari e relazioni di ogni tipo.
Vedere con i propri occhi, nella sua brutale realta', la grigia mostruosita'
di questa elevazione di cemento cui si accompagnano sinistre torri di
controllo e militari pronti ad usare gas per allontanare chi osa avvicinarsi
ha prodotto un effetto dirompente. In quell'occasione, di fronte alla
resistenza ad oltranza delle donne, venti israeliane sono state fatte
passare dalla parte palestinese per un incontro di alcuni minuti: abbracci,
baci e lacrime da entrambi le parti mentre le israeliane si esprimevano in
arabo e cantavano per le loro compagne.
Tutto cio' avveniva esattamente nella regione di Salfeet, nel cuore della
West Bank, tra Ramallah e Nablus.
In un successivo incontro del 10 settembre sono giunte donne da tanti
villaggi, anche studenti che, constatando l'impatto devastante di questo
inconsulto progetto, hanno deciso di ricercare tutti i mezzi possibili per
informare il mondo su cio' che accade in quei luoghi e soprattutto farne
conoscere i riflessi umani, quali l'impedimento a uscire per svolgere le
quotidiane attivita', tranne il lavoro e la scuola per le quali e'
consentito il passaggio tre volte al giorno.
Cosi' come il fatto che le donne stanno vivendo il peggiore degli isolamenti
per la ragione che generalmente, con il matrimonio, sono andate ad abitare
nella casa dei loro mariti e in questa situazione non possono piu' andare a
fare visita ai loro parenti anche piu' stretti, spesso residenti in altra
zona.
Conseguenza penosa e' anche quella che non possono piu' essere curati i
campi e gli orti, fatto che accresce la difficolta' delle famiglie a
sopravvivere. Problema contingente ora e' quello del raccolto delle olive
(dagli alberi sopravvissuti all'atterramento operato dalle ruspe che hanno
distrutto ulivi e cedri).
Si sta pertanto cercando di mobilitare le volontarie di tutto il mondo
(e-mail: iwpsvolunteers@yahoo.co.uk) per sostenere le famiglie della regione
di Salfeet per questa situazione.
E' molto importante far sentire vicino alle donne palestinesi, colpite una
volta di piu' dalla furia inconsulta di governanti deliranti, la presenza di
tutto il mondo femminile.

9. LIBRI. GIUSEPPE BRONZINI: ALCUNI LIBRI PER UNA RIFLESSIONE SU EUROPA,
PROCESSO COSTITUENTE E DIBATTITO GIURIDICO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 settembre 2003. Giuseppe Bronzini,
magistrato del lavoro, docente universitario, e' un prestigioso giurista]
Prima della prevedibile alluvione di testi sul progetto di Costituzione
europea elaborato dalla Convenzione, puo' essere utile (come suggeriva Luigi
Cavallaro sul "Manifesto" del 20 settembre) fare il punto sugli ultimi
contributi sul tema della "costituzionalizzazione" dell'Unione, destinato a
occupare la scena dell'agenda politica europea con l'avvio - il 4 ottobre -
della Conferenza intergovernativa a Roma. Segnalando tre recentissimi volumi
che, nel complesso, arricchiscono di molto il panorama gia' amplissimo delle
posizioni in questa incandescente e controversa materia.
*
Partiamo dall'eccellente raccolta a respiro internazionale (a cura di
Gustavo Zagrebelsky, Diritti e Costituzione nell'Unione europea, Laterza) di
saggi che affrontano le diverse strategie del costituzionalismo europeo di
fronte alla duplice svolta dell'elaborazione della Carta di Nizza e del varo
di una Convenzione investita del compito di disegnare un nuovo assetto
istituzionale dell'Unione.
Nel 1997 usci' un'analoga raccolta (Il futuro della Costituzione, Einaudi)
che, sebbene incentrata sul declino, in generale, della capacita' direttrici
e della forza normativa delle Dichiarazioni di rango costituzionale,
ospitava il confronto, divenuto un punto di riferimento imprescindibile del
dibattito giuridico-politico sulle trasformazioni dell'ordinamento
comunitario, tra Dietrich Grimm e Juergen Habermas sull'opportunita' di
dotare anche questo ordinamento di una higher law simile a quella che
sorregge i sistemi politici nazionali.
Come noto il punto di dissenso tra i due autori era ed e' la vexata quaestio
dell'esistenza o meno di un demos europeo, capace di rappresentare quel
soggetto collettivo cui necessariamente imputare, in coerenza con il
principio democratico, la nascita e lo sviluppo di un nuovo ordinamento. I
due autori si dividono in realta' proprio sulla concezione del demos,
implicata nel salto costituzionale: mentre in Grimm sembrano ancora
fondamentali i legami pre-politici, in primis di condivisione di cultura e
linguaggio, Habermas sviluppa una diversa nozione "repubblicana" e
"comunicativa" per la quale e' sufficiente la volonta' univoca di realizzare
una comunita' politica incentrata su valori e obiettivi liberamente scelti e
accettati e prefigura l'effetto "inducente" nella formazione di una sfera
pubblica democratica provocata dagli stessi processi di
costituzionalizzazione.
*
Innumerevoli interventi sono tornati sul punto cercando di combinare il
costruttivismo della posizione habermasiana con il principio del radicamento
sociale del patto costituzionale - ricavabile dalla tesi di Grimm una volta
depurate dagli argomenti di tipo premoderno - che non puo' essere di certo
abbandonato nell'opera di riscrittura delle regole comunitarie.
La nuova raccolta presenta innanzitutto due testi degli stessi autori che
tentano di trovare un terreno convergente per bilanciare quell'Europa dei
mercati che rischia di trovare nel varo dell'euro la sua apoteosi.
Grande attenzione Grimm riserva alla Carta di Nizza, auspicandone
l'inclusione nei Trattati e, con essa, la piena vigenza giuridica. Gia'
oggi, pero', il documento europeo offre un parametro importante per
stabilire la legittimita' dell'azione dell'Unione e di quella degli Stati.
Ribadisce pero' l'ex giudice della Corte costituzionale tedesca che
l'"operazione Carta" consente al piu' di vedere rispettata nell'Unione una
delle due componenti che oggi "caratterizzano le costituzioni, un catalogo
di diritti nel senso della formulazione di principi materiali sui compiti e
i limiti del potere pubblico, che il singolo puo' far valere principalmente
nella forma di diritti soggettivi". Non e' pero' corretto vedere nella
ipotetica Costituzione l'"espressione dell'autoderminazione di una societa'
sul genere e sulla forma della sua unita' politica", sino a che non saranno
ben altrimenti approfonditi i modi della partecipazione democratica;
riafferma pero' che "una societa' in grado di intendersi discorsivamente
sulle proprie questioni esiste in effetti a livello nazionale, non pero' in
ambito europeo". In sostanza si' all'Europa dei diritti, no alla sua messa
in forma "costituzionale".
Il saggio di Habermas appare per contro calibrato non tanto sull'evoluzione
del concetto di cittadinanza con l'abbandono delle sue radici
nazionalistiche (tema sviluppato con efficacia nel saggio di Sergio
Dellavalle), quanto sulla sostanza sociale del progetto europeo. Per il
filosofo francofortese in realta' e' in gioco la costruzione di una rete di
solidarieta' e di protezione sociale in un contesto post-statuale che sappia
riprendere in una dimensione piu' ampia (l'unica oggi realistica) le ragioni
che portarono alla realizzazione dello Stato sociale nel secondo dopoguerra
nei paesi dell'Unione. Zagrebelsky nella sua introduzione imputa ad Habermas
che questa difesa del modus vivendi europeo e' forse troppo angusta e guarda
troppo al passato, non arriva a stagliarsi come un modello sociale,
economico e culturale sufficientemente differenziato e alternativo sul piano
mondiale.
Nel testo habermasiano e' pero' evidente che si vuole salvare la ratio del
welfare state, non le sue concrete forme di attuazione che occorre semmai
ripensare a fondo: bastera' pensare alla centralita' che in questo "progetto
europeo" Habermas assegna al diritto a un reddito incondizionato di
cittadinanza (europea).
Ma in generale da tutta la riflessione habermasiana emerge con forza quanto
i nodi della pace, del multilateralismo nelle relazioni internazionali, del
rapporto con il terzo mondo, nonche' lo spazio delle istituzioni del
controllo (dal trattamento carcerario al divieto della pena di morte) siano
fondanti quel modus vivendi che la Costituzione dovrebbe accogliere: nel
noto intervento (con Derrida) su "Liberation" del 31 maggio proprio questi
aspetti sono posti all'origine della potente emersione di una sfera pubblica
continentale nei cortei contro la guerra in Iraq (quello stesso giorno
Umberto Eco, Gianni Vattimo, Fernando Savater, Adolf Muschg e Richard Rorty,
su invito di Habermas, hanno scritto sullo stesso tema su giornali europei a
larga diffusione. Dell'iniziativa hanno scritto sul "Manifesto" Ida
Dominijanni, Franca D'Agostini, Iris Marion Young, Daniele Archibugi).
*
Il volume riserva altri commenti sull'approvazione della Carta di Nizza: da
Ugo De Siervo a Louis Favoreu, a Olivier De Schutter: i primi due piuttosto
scettici sulla sua idoneita' a far decollare un effettivo garantismo europeo
e preoccupati che, soprattutto in campo sociale, si possa addirittura
mettere a repentaglio i livelli di protezione acquisiti in sede nazionale.
Si tratta di una tesi molto opinabile che peraltro contrasta con la lettera
di una norma della Carta di salvaguardia dei diritti stabiliti dalle
Costituzioni nazionali e che e' oltretutto smentita dall'applicazione del
documento di Nizza avutasi in concreto a opera dei giudici europei, di
alcune Corti costituzionali nazionali e di moltissimi giudici ordinari dei
singoli Stati. De Schutter pone giustamente in rilievo come l'incorporazione
della Carta nei Trattati avrebbe il formidabile effetto di legittimare le
legislazioni nazionali di deroga o limitazione dei principi di mercato e di
libera concorrenza, se adottate per tutelare uno dei diritti sanciti dalla
Carta.
*
Ma la parte piu' appassionante del volume e' quella che mostra quanto le
tradizionali categorie, i concetti e i paradigmi della giuspubblicistica
continentale otto-novecentesca siano divenuti controversi e problematici per
catalogare quel "monstrum" costituito dal corpus giuridico comunitario, per
nominare il quale e' in corso da tempo una furiosa competizione
classificatoria che si ispira, con una certa disinvoltura, vuoi al medioevo
vuoi alla geometria frattale.
Si puo' constatare come le posizioni siano polarizzate: a chi come Dieter
Grimm continua a ribadire, sulla linea delle teorie moderne della
sovranita', che l'Unione non e' ancora una Federazione perche' gli stati
godono del potere supremo di decidere sulla permanenza di questo
ordinamento, Joseph Weiler replica che questa ricerca di una "competenza di
ultima istanza" e' come la ricerca del Santo Graal, superflua e fuorviante
per comprendere come funzionino istituzioni che non hanno precedenti. Dal
canto loro Ingolf Pernice e Franz Mayer della scuola berlinese del
"multilevel constutionalism" (che definisce l'Unione come una "Federazione
costituzionale") risolvono il problema drasticamente radicando l'ultima
competenza in capo ai cittadini europei.
In altri termini appare piuttosto formalistico e anche troppo concessivo
alle oggi declinanti posizioni "sovraniste" immettere nel composto che
deriva dalla fusione tra ordinamento di matrice europea e ordinamenti
nazionale la sola cartina di tornasole del "chi decide sui trattati" per
stabilirne la natura: se si usassero altre cartine - come ricorda anche
Weiler - la supremazia del diritto comunitario e il suo effetto diretto
negli ordinamenti nazionali, si giungerebbe a risultati diversi.
Aggiunge Weiler che il "sonderveg europeo" (la sua via speciale, verso una
"federazione costituzionale") risiede proprio nella creazione di un potere
pubblico che non ha come fondamento la sovranita' ma il principio di
"tolleranza costituzionale", cioe' la compresenza e il dialogo tra sfere
costituzionali diverse, tra demoi molteplici, il rifiuto di modelli
monistici di decisione e organizzazione ordinamentale.
I saggi di Weiler, di Pernice e Mayer, e di Armin von Bogdandy sono
esemplari di un nuovo approccio costituzionale, sviluppatosi proprio in
relazione alle sfide che l'ordinamento dell'Unione pone a una disciplina
nata e cresciuta in un orizzonte statalistico.
Per chi volesse approfondire il pensiero di Weiler, il piu' autorevole e
geniale interprete del concetto di "sovranzionalita'" come via di fuga dalle
strettoie della teoria della sovranita' e dalle miserie del nazionalismo, La
Costituzione dell'Europa (il Mulino), offre la raccolta dei saggi che il
giurista di Harvard ha nell'ultimo ventennio dedicato all'argomento.
Proprio Weiler parla di "nuovo costituzionalismo".
Si tratta, per la verita', di una costellazione di studiosi molto composita,
alla cui base ci sono le piu' varie radici culturali; dal pluralismo e
dall'istituzionalimo del primo Novecento, alle teorie sistemiche di Luhmann,
al post-modernismo di Foucault o dei Critical legal studies, ma anche agli
studi di Kelsen, in specie di diritto internazionale, la scuola di
Francoforte e l'incessante magistero antinazionalista di Habermas e di
Hobsbawm (e della sua scuola sulle "tradizioni inventate"). Vi sono pero'
importanti punti di convergenza: il comune rifiuto del decisionismo
schmittiano e del giuspositivismo tradizionale e la comune individuazione
nell'esperienza europea di elementi di originalita' e sperimentazione
istituzionale che mostrano la realizzabilita' di un costituzionalismo
autentico "senza stato, senza popolo, senza nazione".
*
Ancora piu' ambizioso l'obiettivo del monumentale volume doppio monografico
dei "Quaderni Fiorentini", L'ordine giuridico europeo: radici e prospettive
(Giuffre').
Come spiega l'introduzione di Pietro Costa questo quaderno mira a "una
comparazione diacronica, una comparazione fra il presente politico-giuridico
dell'Europa unita e il passato delle diverse tradizioni europee".
I tanti autori cercano dunque di cogliere l'originalita' del processo
d'integrazione giuridica dell'Europa con indagini comparatistiche, che
mettono a fuoco il carattere storicamente datato di quei sistemi giuridici
accentrati, gerarchici e dotati del monopolio nell'uso della forza che sono
prevalsi dalla pace di Vestfalia in poi.
Mentre Paolo Grossi vede analogie tra il diritto dell'Unione e l'ordine
giuridico medioevale, Sabino Cassese ritrova elementi di comparazione con
gli "ordinamenti compositi" degli Imperi spagnolo, portoghese e
austro-ungarico connotati da "elasticita' geografica, organizzazione fluida,
differenziata, polisinodale, diffusa, scelta di tecniche di decisione
differenti".
Maria Rosaria Ferrarese coglie nell'esperienza europea "il piu' interessante
laboratorio istituzionale del mondo", un esempio del lento migrare della
regolazione giuridica verso forme piu' flessibili e duttili, verso una
mediazione che ha al suo centro non piu' la legge, ma la decisione
giudiziaria (tema sviluppato piu' analiticamente nel suo recente libro Il
diritto al presente, il Mulino).
Questa attenzione per i diritti fondamentali e la cittadinanza
"post-nazionale" come vero collante europeo e' rintracciabile anche nel
contributo di Richard Bellamy e di Dario Castiglione, mentre con grande
rigore Maurizio Fioravanti e Corrado Malandrino affrontano la questione di
un federalismo possibile; il primo con un approfondito confronto con il
sorgere di uno Stato federale in Usa, il secondo attraverso una
ridefinizione del federalismo classico (alla Spinelli per intenderci) alla
luce del paradigma comunicativo habermasiano.
A Giuseppe Duso l'impegnativo compito di rintracciare con la dovuta
radicalita' le implicazioni filosofiche della teoria della sovranita' in una
prospettiva che assegna all'Europa il compito di voltare decisamente pagina.
*
Veniamo ora a qualche sommaria conclusione cercando, utilmente, di operare
delle distinzioni all'interno della complessa schiera di coloro che
affrontano con strumenti di analisi nuovi e inediti il fenomeno dell'"ordine
giuridico europeo".
Normalmente queste ricostruzioni, soprattutto quelle a carattere giuridico,
sono riassunte come teorie della "governance", con il che non si dice
granche' se non che ci si muove in un ambito di ricerca diverso da quello
che ha come oggetto il "government", cioe' il tipico sistema di direzione
politica degli stati nazionali nei quali le Costituzioni stabiliscono i modi
di realizzazione del principio del governo del popolo per il popolo.
Tuttavia la scuola del "multilevel constitutionalism" e con qualche prudenza
anche il "nuovo costituzionalismo" di Weiler - alla fine - confida su
passaggi istituzionali e categorie (pur in un quadro di maggiore
complessita' e disponibilita' alla creativita' giuridica) che mantengono una
certa aria di famiglia con assetti teorici e ordinamentali consolidati:
organi parlamentari federali (per Pernice), l'introduzione di diritti
soggettivi esigibili e giustiziabili, una Corte europea che svolga
effettivamente funzioni da custode della Costituzione.
Non sempre coincidenti con il primo orientamento sono in effetti le tesi
della new governance (soprattutto nei tanti autori che esaltano il "new
medievalism" dell'ordinamento dell'Unione), per le quali la
sovranazionalita' e' sempre meno leggibile con i paradigmi giuridici moderni
e si esprime in dinamiche funzionali, a rete, tecnocratiche.
La prima prospettiva, anche se ancora incompiuta, salva l'idea della
partecipazione democratica, la seconda tende a stemperarla in una democrazia
di ouput - non di imput - legata ai risultati non di investitura, in una
sorta di dialogo ex post degli effetti delle politiche comunitarie (anche se
talvolta alcune suggestioni incontrano legittime aspirazioni a che la
quaestio del deficit democratico dell'Unione non sia ridotta
all'enumerazione dei poteri del Parlamento europeo).
Soprattutto in quest'ultimo orientamento e' visibile uno slittamento dal
piano descrittivo a quello prescrittivo: anche a voler scorgere analogie tra
gli ordinamenti compositi pre-moderni e quello dell'Unione, non e' detto che
i cittadini di quest'ultima debbano necessariamente rimanere confinati nel
ruolo di semplici passivi ascoltatori dei "missi dominici" del nuovo
imperatore sovranazionale di Bruxelles.
Viceversa la prospettiva del "multilevel constitutionalism" vuole
recuperare, pur con strumenti nuovi e con formule istituzionali innovative,
quelle istanze di controllo del potere pubblico, garanzia dei diritti e
partecipazione democratica che il costituzionalismo moderno ha sin qui
elaborato nell'ambito degli stati nazionali.
Questo originale approccio al diritto europeo e' senz'altro indispensabile
per interpretare con arnesi concettuali adeguati l'attuale, complesso,
momento di costituzionalizzazione dell'Unione, aiutandoci a interpretarlo
come processo che non inizia con la Convenzione, ne' finira' con il varo di
una Costituzione, ma che e' necessariamente aperto, fluido, continuo.
Solo rifiutando l'antiquata ottica giuspositivista e interpretando il
passaggio al federalismo costituzionale europeo in modo processuale (e
progettuale), la sfera pubblica del vecchio continente potra' esercitare un
ruolo decisivo operando, per dirla con Peter Haberle, come "societa' aperta
degli interpreti della Costituzione europea", sempre che non mortifichi la
propria potenzialita' critica nel misurare solo il tasso di parlamentarismo
che verra' introdotto nell'Unione o si accanisca nell'utilizzare
dogmaticamente le viete categorie della sovranita' statale.

10. INCONTRI. GIANCARLA CODRIGNANI: UN CONVEGNO SU MARIA DI MAGDALA
[Siamo assai grati a Giancarla Codrignani (per contatti:
giancodri@libero.it) per questo intervento. Giancarla Codrignani, presidente
della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia'
parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di
solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della
cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di
Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989;
Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura
della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994]
Gli italiani difficilmente sanno che l'isola "della Maddalena" prende il
nome dalla santa omonima e ancor meno conoscono la controversia che oppone
alla "prostituta" la "predicatrice".
Opportunamente l'"Alleanza internazionale Giovanna d'Arco" (associazione
femminista nata a Londra nel 1911 per volere di donne cattoliche solidali
con le lotte per il diritto di voto) ha promosso un convegno
storico-teologico su "Maria di Magdala, apostola di Gesu'" proprio
nell'isola cosi' denominata.
*
E' incredibile quanti siano stati e siano i luoghi di devozione intitolati
alla "Maddalena" che, in Italia e in Francia, hanno numerosissime
testimonianze cartacee, architettoniche, scultoree e, a partire dal sec. XI,
ci dicono di una fama grandissima nei secoli anteriori e segnano
suggestivamente un percorso che, come vuole la tradizione, va dalla
Palestina - da dove fu cacciata e abbandonata al mare con altri discepoli -
alla Puglia, all'Italia meridionale, alla Sardegna, alla Provenza.
E a Marsiglia si puo' vedere la santa effigiata da predicatrice su un
pulpito, come era dovere di colei che aveva ricevuto per prima l'annuncio
della resurrezione e il compito di riferirlo agli altri.
Difficilmente questa donna puo' essere la prostituta di cui parla il vangelo
di Luca, anche se a continuazione sono registrati altri nomi di donne, tra
cui Maria di Magdala stessa, per la probabile intenzione dell'evangelista di
riferire che i seguaci del Cristo non erano unicamente uomini.
Solo la sordita' maschile rese gli apostoli incapaci di darle "parita'",
cosi' come i padri della Chiesa si guardarono bene dal darle valore (e' la
nuova Eva, ma "e' pur sempre una donna" dice Ambrogio). Eppure san Tommaso,
che non era di manica larga, la definisce apostola apostolorum.
Luca, dopo aver ricordato che Giovanni il Battista era accusato di essere
indemoniato, racconta di donne guarite da Gesu', tra cui Maria di Magdala,
dalla quale erano usciti "sette demoni". L'antropologia culturale puo' non
solo spiegare il significato dei "demoni" nella tradizione, ma collegare il
termine al disagio tipicamente femminile, che induce donne di particolare
sensitivita' o in particolare stato di insofferenza del loro ruolo ad uscire
da se'. E questo e' segno di trasgressivita' e denuncia sociale, non di
peccato.
Tuttavia l'iconografia conferma lo stereotipo della "lasciva e penitente",
come la rappresento' in un dramma settecentesco G. B. Andreini, mantenendo
l'equivoco delle raffigurazioni della bella donna eremita, spesso -
soprattutto dopo la Controriforma -  ammiccanti e allusive. La Chiesa
mantenne la tradizione piu' tranquilla per le autorita' maschili: meglio
santificare una prostituta pentita che riconoscere un'apostola predicatrice.
*
Il convegno, sostenuto dalla competenza scientifica di valenti studiose e
studiosi - Carla Ricci, presidente dell'Alleanza internazionale Giovanna
d'Arco; Carmen Bernabe', teologa e pittrice di Bilbao; Marcello Marin,
ordinario di letteratura cristiana antica; Dina Cormick, di Durban,
Sudafrica; Marilena Mosco, direttrice di museo a Firenze; Fiorella Nicosia,
studiosa d'arte contemporanea; Maria Froncillo, letterata; Alina Piazza,
Antonio Frau e Nicola di Bari, ricercatori delle tradizioni maddaleniche;
Lucrezia Vasilescu, teologa ortodossa; Giancarla Codrignani, presidente
della sezione italiana dell'Alleanza Giovanna d'Arco - e' stato organizzato
con il patrocinio della diocesi di Tempio Ampuria, del Comune de La
Maddalena, della Provincia di Sassari, dell'universita' di Foggia, della
cattedra "Donne e cristianesimo" del Marianum, dell'Associazione Orlando di
Bologna e con la collaborazione della parrocchia dell'isola dedicata a Maria
Maddalena.

11. INCONTRI. UN SEMINARIO A RIETI CON SERGE LATOUCHE
[Da Giuseppe De Marzo (per contatti: giuseppedemarzo@libero.it) riceviamo e
diffondiamo]
Il 3, 4, 5 ottobre 2003, presso il convento di S. Andrea a Collevecchio
(Rieti), si terra' il seminario con Serge Latouche sul tema "Immaginare il
dopo-sviluppo".
Serge Latouche e' uno dei maggiori intellettuali di riferimento per i nuovi
movimenti sociali. Economista e filosofo, insegna Storia del pensiero
economico presso l'Universita' Jean Monet, Paris XI, e conduce attivita'
seminariali presso l'Iedes (Institut d'etude du development economique et
social) di Parigi. E' studioso dei rapporti economici e culturali nord/sud e
dell'epistemologia dei rapporti sociali. Conosce in particolare l'Africa. E'
membro fondatore del Mauss, movimento anti-utilitarista che síispira a
Marcel Mauss e al suo saggio sul dono, e della rete per le alternative
culturali allo sviluppo.
Il seminario si svolgera' in italiano, lingua che Latouche parla bene.
Il seminario iniziera' alle ore 17,30 di venerdi 3 ottobre e terminera' nel
primo pomeriggio di domenica 5 ottobre.
Condurra' i lavori Serge Latouche e interveranno Giovanna Ricoveri,
direttore responsabile di "CNS Ecologia Politica" (www.ecologiapolitica.it),
Giuseppina Ciuffreda, giornalista de "Il manifesto" e direttore editoriale
di "CNS Ecologia Politica" e Giuseppe De Marzo, portavoce di "A sud.
Ecologia e cooperazione" e della Carovana andina.
Parteciperanno inoltre numerose organizzazioni ecologiste e pacifiste
italiane, giornalisti e rappresentanti di Ong.
Per informazioni: e-mail: redazione@asud.net, tel. 3383858424 (Chiara
Certoma'), 3343411534 (Eva Bonomini).

12. RILETTURE. HANNAH ARENDT: VITA ACTIVA
Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 1964, 1994, pp. XXXIV + 286,
lire 13.000. Uno dei grandi libri di Hannah Arendt, una lettura
indispensabile.

13. RILETTURE. ERNST BLOCH: ATEISMO NEL CRISTIANESIMO
Ernst Bloch, Ateismo nel cristianesimo, Feltrinelli, Milano 1971, 1977, pp.
336. Il capolavoro del 1968 del filosofo dello spirito dell'utopia, del
principio speranza, dell'ortopedia del camminare eretti.

14. RILETTURE. GUSTAVO GUTIERREZ: TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE
Gustavo Gutierrez, Teologia della liberazione, Queriniana, Brescia 1972,
1981, pp. 320. Un testo di straordinaria importanza.

15. RILETTURE. EMMANUEL LEVINAS: DI DIO CHE VIENE ALL'IDEA
Emmanuel Levinas, Di Dio che viene all'idea, Jaca Book, Milano 1986, 1997,
pp. 224, lire 29.000. Una rilevante raccolta di saggi del grande pensatore
del volto dell'altro.

16. RILETTURE. KARL MARX, FRIEDRICH ENGELS: SCRITTI SULLA RELIGIONE
Karl Marx, Friedrich Engels, Scritti sulla religione, Savelli, Roma 1973,
Garzanti, Milano 1979, pp. 368. Una raccolta di luoghi dell'opera marxiana
ed engelsiana di riflessione sulla religione.

17. RILETTURE. JUERGEN MOLTMANN: TEOLOGIA DELLA SPERANZA
Juergen Moltmann, Teologia della speranza, Queriniana, Brescia 1970, 1981,
pp. 392. Un'opera ormai classica del grande teologo.

18. RILETTURE. SIMONE WEIL: ATTESA DI DIO
Simone Weil, Attesa di Dio, Rusconi, Milano 1972, 1996, pp. VIII + 184, lire
25.000. La nota raccolta di lettere e scritti weiliani a cura di padre
Jean-Marie Perrin.

19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 692 del 3 ottobre 2003