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Missione Oggi - ottobre 2003 - editoriale
EDITORIALE
Rwanda: la democrazia può attendere
Dove sta andando il Rwanda? Troppi segnali negativi pesano sulla riconferma
di Paul Kagame alla presidenza: dalla guerra nella RdC alla rimozione di
Carla Del Ponte da procuratore del Tpir. Insomma, la democrazia è ancora un
miraggio.
Com'era prevedibile, ha stravinto lui. Paul Kagame, l'ex capo della
guerriglia tutsi del Fpr (Fronte patriottico rwandese) che nel luglio 1994
"liberò" Kigali e nel 2000 fu eletto presidente (solo dai suoi ministri), il
25 agosto è stato riconfermato capo di Stato. Sono le prime elezioni in
Rwanda, dopo il genocidio del 1994, e le prime multipartitiche dall'
indipendenza raggiunta nel 1962. Che il 95 per cento dei quasi quattro
milioni di elettori (su otto milioni di abitanti) l'abbiano scelto, non
significa tuttavia il trionfo della democrazia.
Da mesi, Amnesty International denuncia "il clima di terrore e di
intimidazione", che ha trovato via via sempre maggiori conferme: dalla messa
al bando del principale partito di opposizione hutu, il Mdr (Movimento
democratico repubblicano) - i cui esponenti di spicco sono stati
perseguitati, chiusi da qualche parte o sono "scomparsi - alla campagna
diffamatoria nei confronti dell'unico possibile rivale di Kagame, l'ex
premier Faustin Twagiramungu, un hutu moderato. Bollato come "separatista
etnico" e "nazista", costui non ha potuto tenere alcun comizio. È quindi
difficile sperare che le elezioni parlamentari, fissate per fine settembre,
non ripetano questo stesso canovaccio: di esercizio imposto dalla comunità
internazionale. In sostanza, una beffa a stento mascherata.
Ci sono poi altri segnali preoccupanti: il 30 luglio, gli Stati Uniti hanno
tolto l'embargo sulle vendite di armi al governo di Kigali (mentre resta nei
confronti delle entità non governative rwandesi e anche di altri Paesi come
la Repubblica democratica del Congo e la Liberia). Inoltre il Rwanda, con l'
appoggio di Usa e Gran Bretagna, è riuscito a far sì che il mandato di Carla
Del Ponte, procuratore del Tribunale penale internazionale sul Rwanda
(Tpir), scadesse il 15 settembre. La Del Ponte aveva ultimamente dichiarato
di voler indagare sui crimini commessi da membri dell'attuale esercito
rwandese. Questo è tuttora impegnato in una guerra preventiva nella
provincia dell'Ituri (RdC), dove il contrabbando del coltan - secondo fondi
delle Nazioni Unite - ha già fruttato a Kigali 250 milioni di dollari in
soli 18 mesi. Troppi soldi e molte altre ragioni per decidere di cambiare
rotta.
MISSIONE OGGI