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3) le proposte dei missionari comboniani sull'immigrazione



Documento dei Missionari Comboniani
sui diritti degli immigrati


Alle Rev. Ece.ze i Vescovi
Ai Superiori/e Generali e Provinciali di Ordini e Congregazioni
Alle singole Comunità Religiose
Ai Direttori delle Caritas Diocesane

        

        Sottoponiamo alla Sua attenzione l’allegata lettera che contiamo di inviare  alle più alte cariche istituzionali dello Stato per chiedere un loro intervento  per un applicazione delle leggi relative all’immigrazione. Applicazione ispirata  al rispetto dei diritti umani che in questi momenti sono gravemente negati ad un numero elevato di migranti. Il magistero di S.S Giovanni Paolo secondo appare esemplare e chiaro sul tema della emigrazione. È nostra responsabilità di sacerdoti, religiosi e religiose rendere evidenti le applicazioni concrete di quei principi che totalmente condividiamo.
È questo dunque l’unico motivo che ci spinge ad agire per sostenere la causa dei tanti migranti che patiscono sofferenze e disagi che potrebbero facilmente essere evitati.
La tutela e la promozione della famiglia dei migranti, la possibilità di poter esercitare li diritto d’asilo sono tra le richieste che intendiamo indirizzare alle più alte cariche istituzionali dello Satto perché possano impegnare parlamento ed esecutivo ad organizzare gli opportuni interventi.
Vogliamo sperare nella sua adesione e nella condivisione di questo impegno del quale avvertiamo l’urgenza pastorale.
        Le chiediamo l’attenzione e l’adesione al documento allegato:
-       inviando un fax o un e-mail presso l’ufficio pastorale giovanile di Caserta
allo 0823-214554; cpg@casertagiovani.org ;
-       proponendo un gesto significativo di comunione e di solidarietà visibile il giorno 27 giugno p.v. (Festa del Sacro Cuore), organizzando alle 19:00 davanti alle Prefetture d’Italia un incontro di preghiera e di riflessione, portando la Croce e la catena, simboli delle tante forme di schiavitù che ancora oggi vivono tanti nostri fratelli e sorelle immigrati.


Con stima


I Missionari Comboniani



“Per la Chiesa il messaggio sociale del Vangelo non
deve essere considerato una teoria, ma prima di tutto
un fondamento e una motivazione per l’azione”
(Giovanni Paolo II, Centesimus annus,57)






Al Presidente della Repubblica

Al Presidente della Camera dei Deputati

Al Presidente del Senato

Al Presidente della Corte Costituzionale



Noi, comunità di Missionari Comboniani ( p.Giorgio, p.Franco, p.Claudio e fratel Nicola), da anni presenti a Castel Volturno (CE), territorio che soffre contraddizioni e problematiche enormi senza vedere una prospettiva per il futuro, dal giorno 4 giugno 2003 siamo incatenati all’inferriata del Palazzo della Prefettura e della Questura di Caserta (poi rimossi forzatamente dalla polizia ci siamo spostati sul marciapiede di fronte allo stesso Palazzo) come gesto di protesta e di denuncia, ma soprattutto di proposta, che nasce dalle modalità con cui l’operazione denominata “Alto impatto” viene condotta, ormai da alcune settimane, nella Provincia e in particolare a Castel Volturno.
Tale operazione è condotta dalle forze dell’ordine le quali stanno rastrellando la zona nel tentativo di colpire, ‘così dicono’ , spacciatori e trafficanti di ragazze prostituite.  Di fatto vengono colpiti, in particolare africani/e, che non sono nel giro della malavita ma che hanno la sola “colpa” di non avere ancora ottenuto il permesso di soggiorno. Di questi fatti, noi Missionari Comboniani, siamo testimoni.
La nostra iniziativa ha trovato immediato appoggio e stretta collaborazione da parte della comunità religiosa dei padri Sacramentini, delle Suore Orsoline del S. Cuore di Maria  Comunità Rut, presenti nella Diocesi di Caserta e di sacerdoti diocesani oltre al consenso partecipativo di varie associazioni ecclesiali e laiche.
Da tener presente, tra l’altro, l’assurdo della legge Bossi-Fini che trasforma un illecito amministrativo (la condizione di irregolarità) in reato penale, con tutte le conseguenze sul piano della repressione e della sanzione che ciò comporta. Infatti la nuova procedura di allontanamento nei confronti di immigrati “clandestini” prevede l’espulsione con accompagnamento immediato; e qualora non sia possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza o siano decorsi i termini il Questore ordina di lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni.  La mancata ottemperanza dell’ordine, senza giustificato motivo, comporta l’arresto da sei mesi a un anno. Si è introdotto, così, un infallibile meccanismo di “criminalizzazione”: se la condizione di clandestinità non costituisce, di per sé, reato, il mancato allontanamento spontaneo dallo Stato, fa scattare l’ipotesi di reato. Nei fatti, sempre più frequentemente, l’amministrazione non tenta neppure di allontanare lo straniero: preferisce lasciarlo uscire “libero” dalla Questura, sapendo che, nel tempo di soli 5 giorni, è destinato a commettere un reato (ovvero la permanenza illegale in Italia). A quel punto, non si procederà più per rintracciare un clandestino bensì per catturare un criminale.
Il papa Giovanni Paolo II ci ricordava, appena pochi anni fa, come il “migrante irregolare si presenta come quel forestiero nel quale Gesù chiede di essere riconosciuto. Accoglierlo ed essere ospitali è dovere di ospitalità e fedeltà alla propria identità di cristiani” (Giovanni Paolo II, Le migrazioni presentano un duplice volto, 5  Messaggio per la giornata mondiale del migrante 25.7.1995).
Proprio ed esclusivamente in nome di questa fedeltà, che è giustizia  e carità, noi Missionari Comboniani  insieme a religiosi e religiose appartenenti ad altre congregazioni  non possiamo non osservare le condizioni di estrema precarietà, di sofferenza e di emergenza in cui versano tanti nostri fratelli e sorelle immigrati. Si tratta di una condizione che è il risultato di un rifiuto egoistico che, in nome dell’appartenenza nazionale, o del possesso di un particolare passaporto, discrimina gli esseri umani. Come osservava ancora Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del migrante:
Purtroppo, non mancano tuttora nel mondo atteggiamenti di chiusura e perfino di rifiuto, dovuti a ingiustificate paure e al ripiegamento sui propri interessi. Si tratta di discriminazioni non compatibili con l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa” (G.P. II, Omelia per il Giubileo del Migrante, 2.6.2000).
Pertanto, non possiamo più tacere davanti alla moltitudine di non garantiti che sperimenta ogni giorno di più le conseguenze di leggi ingiuste e le applicazioni restrittive e inumane di quelle stesse leggi.
Nessuno di noi si può ritenere estraneo rispetto a questi fratelli e sorelle immigrati secondo quanto ci suggeriva il Concilio Vaticano II:
“non possiamo invocare Dio come Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni uomini creati a immagine di Dio” (Nostra aetate 5).
E’ di questo nostro comportamento da autentici fratelli che il mondo ha assoluto bisogno ed è per questo motivo che ci sentiamo personalmente interpellati ad intervenire.
Occorre contribuire a superare le mistificazioni e le paure che rendono la realtà dell’immigrazione un problema, addirittura esclusivamente un problema di ordine pubblico da affrontare con la forza della repressione. L’emigrazione deve essere invece riconosciuta come occasione di ricchezza e di Grazia, vero segno dei tempi, del nostro tempo presente. Senza però dimenticare che l’emigrazione è anche la conseguenza dell’ingiustizia planetaria della pessima distribuzione dei beni della terra. Oggi le merci e il denaro sono liberi di circolare ma non le persone. E’ quell’ingiustizia che condanna a morte i cittadini dei Paesi impoveriti spingendoli forzosamente a partire in condizioni di gravissimo rischio personale.
Noi, firmatari del presente documento, senza far venire meno il servizio di assistenza e talvolta di supplenza delle istituzioni nella accoglienza dei migranti,  comprendiamo che questo servizio non è assolutamente sufficiente e che è nostro compito “risvegliare e mobilitare le coscienze” con scelte coraggiose che implichino impegni strutturali di giustizia sociale direttamente ispirati al Vangelo.
Infatti, la Chiesa Madre e Maestra ci indica che: “Nella Chiesa nessuno è straniero, e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo” (Giovanni  Paolo II, Le Migrazioni presentano un duplice volto 5, Messaggio per la giornata mondiale del migrante, 25.07.1995).
Nessuno può quindi sentirsi estraneo o può sottrarsi a questa responsabilità che l’ora presente rende
urgente e gravissima.


Per questi motivi chiediamo l’impegno da parte degli organi competenti su questi punti che riteniamo irrinunciabili per la tutela della dignità umana dei migranti titolari di diritti in quanto persone.

1.      Il reale e concreto potenziamento degli uffici per stranieri di tutti gli organi competenti (Prefettura  e Questura) a fronte dell’ingente numero di pratiche da affrontare attraverso:
ú       il decentramento territoriale degli uffici nelle aree maggiormente interessate dalla presenza di immigrati;
ú       l’ampliamento dell’organico e l’impiego di personale specializzato (mediatori culturali);
ú       una gestione migliore e più umana delle file e degli appuntamenti attraverso l’utilizzo delle tecnologie al fine di evitare  inutili ed estenuanti attese.
2.      Garantire i diritti legati alla famiglia:
ú       unità del nucleo familiare: favorendo la semplificazione ed accelerazione delle procedure di ricongiungimento familiare ed in particolare superando l’ostacolo dell’autentica dei documenti attestanti i rapporti di parentela, unicamente da parte delle autorità consolari italiane, del paese di origine del richiedente;
ú       estensione della tutela della maternità;
ú       tutela dell’unità familiare.

3.      Diritto di Asilo. Attraverso una riforma complessiva recependo la normativa internazionale e il dettato costituzionale garantendo di fatto l’esercizio del diritto d’asilo. L’uso spropositato dei C.P.T. (Centri di permanenza temporanei), l’impossibilità di fatto di opporre ricorso in caso di esito negativo della richiesta e la conseguente espulsione immediata del richiedente sono un caso unico nella legislazione europea.

4.      Procedure di regolarizzazione. Viste le centinaia di migliaia di lavoratori stranieri in attesa di convocazione da parte delle Prefetture, e prevedendo ancora tempi lunghi per il completamento dell’esame delle pratiche è necessario:
ú       prevedere un permesso temporaneo di rientro nel paese di origine di fronte a situazioni di particolare gravità quali lutti, malattie di familiari, ecc;
ú       prevedere la possibilità di dar corso al rapporto di lavoro in caso di subentro di un nuovo datore di lavoro;
ú       vedere tutelato il diritto del lavoratore ad ottenere un permesso di soggiorno per ricerca di una nuova occupazione rispetto a situazioni di truffa perpetuate dal datore di lavoro.

5.      Politiche di integrazione. È necessario richiamare le Amministrazioni Locali ad attuare vere e proprie politiche di integrazione e non semplicemente singoli interventi a partire dalla conoscenza quantitativa e qualitativa del fenomeno, dallo sviluppo di servizi di accoglienza, dei servizi sanitari, degli alloggi, collaborando col volontariato e l’associazionismo che da anni, soli, sul campo hanno maturato esperienza. Senza un impegno serio e responsabile da parte delle istituzioni locali non riusciremo mai a realizzare la società multiculturale fondata sul rispetto delle diversità e sulla partecipazione di tutti i cittadini alla vita democratica.


Si chiede ai Vescovi, sacerdoti, Congregazioni e singole Comunità religiose l’adesione:
- inviando un fax o un’e-mail presso l’Ufficio Pastorale Giovanile di Caserta allo 0823-214554; cpg@casertagiovani.org
- proponendo un gesto significativo di comunione e di solidarietà visibile il giorno 27 giugno p.v. (Festa del Sacro Cuore), organizzando alle 19.00 davanti alle Prefetture d’Italia un incontro di preghiera e di riflessione ,portando la croce e la catena, simboli delle tante forme di schiavitù che ancora oggi vivono tanti nostri fratelli e sorelle immigrati.

Caserta, 11-giugno-2003


Alcune proposte da discutere al Tavolo di Concertazione


La complessità dei problemi che interessano il litorale Domitio in particolare la fascia costiera che va da Pozzuoli a Mondragone, pone la necessità di elaborare un progetto di sviluppo che  prenda in considerazione i vari aspetti della vita sociale. Noi non vogliamo entrare nel merito e cercare di dare una risposta a tutti questi problemi, ci focalizziamo sul tema immigrazione e territorio. La realtà  dell’immigrazione non può essere slegata dal contesto sociale. I vari aspetti del progetto di sviluppo toccano vari settori:

§          La gestione della sanità
§       La gestione delle infrastrutture per i servizi ai cittadini nel futuro.
§       La ricostruzione edilizia (nuovo porto S. Bartolomeo)
§       La possibilità di accedere all’istruzione superiore.
§       La gestione della nettezza urbana
§       I trasporti per via mare e per terra.
§       La  gestione delle acque, la bonifica dei Regi Lagni.
§       Il rapporto tra sviluppo turistico alberghiero del litorale e entroterra agricolo e  zootecnico.

L’estrema povertà e carenza di infrastrutture della realtà attuale apre grandi possibilità a coloro che in futuro gestiranno questi settori.
Dall’altra parte tutta l’area rivela alcuni problemi:

1. La mancanza di un’ identità geografica. Il comune di Castel Volturno in particolare è formato da numerosi agglomerati urbani e periferici senza una identità e una coesione geografica: vedi ad esempio la distanza tra i vari agglomerati e la distanza tra centro storico e la Domitiana che si estende per 27 Km  lungo il litorale.

2. La mancanza di una identità culturale tra i vari agglomerati esistono notevoli differenze culturali vedi ad esempio Mazzafarro  ed Ischitella , Centro Storico  Castel Volturo e Pineta Mare.
La mancanza di un progetto di istruzione superiore.

3. La mancanza di un progetto di sviluppo che prenda in considerazione i vari aspetti della realtà. Il progetto attuale di sviluppo proposto prevede solo ampliamenti di strutture e nuova cementificazione che anticipa un nuovo abuso edilizio. Non si è mai pensato ad un progetto di sviluppo culturale che faccia degli abitanti di Castel Volturno dei cittadini. Il progetto del futuro è solo cemento. queste brevi note fanno intravedere la complessità dei problemi e come Castel Volturno sia un grande scacchiere dove diverse forze e lobby cercano di gestire il futuro sviluppo.

Un progetto di sviluppo del territorio di Castel Volturno, che con serietà intenda affrontare il degrado e l’emarginazione, non può non prevedere politiche ed azioni finalizzate a ricostruire il tessuto sociale e culturale favorendo la partecipazione democratica di tutti alla vita locale.



Immigrazione e territorio

A Castel Volturno, come in molte altre aree della Provincia di Caserta e d’Italia, la presenza stabile di immigrati è un fenomeno ormai consolidato. La composizione della comunità locale, in questi anni, ha subito importanti cambiamenti orientandosi verso una realtà multietnica, ma di questo le Istituzioni locali sembrano non accorgersene, continuando a guardare all’immigrazione come un problema: da limitare, da combattere, da reprimere. Tale atteggiamento sta producendo sul territorio l’acuirsi di conflitti e di tensioni sociali che poi trovano come unica risposta operazioni di polizia come “Alto impatto”. La legge Bossi-Fini sta trasformando l’immigrato senza documenti in un criminale: quando viene arrestato riceve un ordine di uscire dal paese entro 5 giorni. Difficilmente nella sua situazione economica è in grado di pagarsi il viaggio di ritorno per cui rimane in Italia e, se viene arrestato una seconda volta (e questo succede spesso) viene considerato un criminale da mettere in carcere per un periodo da sei a dodici mesi e poi è rimpatriato forzatamente.
E’ indispensabile stravolgere completamente questa logica, assumendo come presupposto di qualunque intervento alcuni principi fondamentali:

-       I cittadini immigrati che vivono a Castel Volturno sono parte integrante del territorio, fanno cioè parte a pieno titolo della comunità locale con le proprie specificità e peculiarità culturali, religiose, sociali.
-       Bisogna favorire e sostenere forme di aggregazione, socializzazione e rappresentanza degli immigrati promuovendo la capacità di auto organizzazione in associazioni che si facciano portavoce delle istanze e dei bisogni delle comunità presenti sul territorio.
-       Le istituzioni locali devono riconoscere gli immigrati e le loro associazioni come nuovi interlocutori nelle politiche di sviluppo e crescita del territorio. Devono nella programmazione delle politiche locali prevedere interventi a favore di tali fasce della popolazione.

Si tratta di affermare in pieno il diritto ad un cittadinanza locale degli immigrati. Perché ciò nei fatti possa realizzarsi è necessario combattere la precarietà di cui oggi si caratterizza la vita degli immigrati. Il sostegno all’inserimento lavorativo, alla ricerca di una abitazione, al ricongiungimento familiare, la promozione delle culture dei paesi di origine, sono alcuni dei momenti principali attraverso i quali si concretizza la lotta all’emarginazione.
Creare e garantire l’accesso al sistema di protezione sociale (servizi sociali, sanitari, istruzione, formazione, ecc.) ed in generale al sistema di servizi offerti dalla pubblica amministrazione è condizione necessaria per favorire l’inserimento nel contesto locale.
Gli immigrati sono nuovi cittadini e non forza lavoro usa e getta. Sono persone che hanno riposto tutte le loro speranze per un futuro migliore nell’emigrazione. Gli immigrati sono la nuova ricchezza della nostra società, la nuova sfida sociale culturale che ci proietta verso una nuova civiltà basata sulla persona e sul rispetto della diversità basata non più sullo jus sanguinis ma sul diritto di tutti a partecipare democraticamente alla vita locale.



Alcune proposte concrete

L’attuale quadro normativo per gli stranieri, purtroppo, si muove in direzioni diametralmente opposte a quanto fin qui affermato. La legge Bossi Fini rafforza e crea le condizioni perché l’immigrato sia relegato ai margini della società. L’immigrato come “macchina da lavoro” e non come persona titolare di diritti che ogni paese civile dovrebbe riconoscere e far rispettare. Una moderna schiavitù funzionale alle economie.
Pur riconoscendo e sostenendo la battaglia a livello nazionale di rivedere l’impianto normativo per gli stranieri alcuni iniziative sul piano locale possono essere intraprese nell’immediato.
E’ necessario superare la logica assistenziale nella gestione delle politiche spesso rivolte a sostenere più le organizzazioni ed enti che a mettere in campo azioni efficaci rispetto ai bisogni manifestati dagli immigrati.


Decentramento territoriale degli uffici per gli stranieri: Farsi carico, in collaborazione con la Prefettura e la Questura, dell’apertura di uffici periferici dello Sportello Unico per L’immigrazione almeno nelle due aree della Provincia (litorale domitio e agro aversano) maggiormente interessate dalla presenza di cittadini stranieri. I centri direttamente gestiti dalla Regione devono assicurare la reale fruibilità da parte degli immigrati allo Sportello Unico garantendo il diritto all’informazione, alla trasparenza ed al rispetto dei tempi previsti per lo svolgimento delle pratiche. I servizi offerti dovranno prevedere oltre al personale delle Amministrazioni coinvolte anche figure professionali specifiche come mediatori culturali. Infine i centri di servizio potranno essere un importante punto di riferimento anche per le associazioni di volontariato operanti sul territorio.

Centri d’ascolto e di orientamento per immigrati: il trauma dell’allontanamento dagli affetti familiari, dal contesto di origine, insieme alla estrema precarietà e marginalità delle condizioni di vita degli immigrati genera una permanente condizione di disagio psicologico e sociale. Guardare allo straniero come persona significa prima di tutto maturare una capacità di ascolto ed una capacità di orientamento verso i servizi socio sanitari esistenti.

Promuovere la conoscenza linguistica: l’alfabetizzazione rappresenta una pre condizione per affermare i principi di cittadinanza attiva. Senza comunicazione, capacità di comprensione viene meno la possibilità di relazionarsi con il territorio, di costruire legami interpersonali, di accedere ai servizi della p.a.

Informazione sulla normativa e sulle procedure burocratiche: favorire la piena conoscenza del sistema di diritti e di doveri definiti dalla norma, delle procedure burocratiche e degli strumenti di semplificazione nel rapporto con la p.a. La complessità della normativa la continua proliferazione di leggi, circolari spesso poco chiare e di difficile applicazione da parte della stessa p.a. o come in molti casi la scarsa conoscenza da parte stessa della p.a. sono il primo passo per promuovere la legalità ed il rispetto dei diritti.

Osservatorio Provinciale: è impensabile ritenere di avviare e programmare politiche a favore dell’inserimento degli immigrati senza una reale conoscenza degli aspetti quantitativi e qualitativi della presenza degli stranieri. Il rischio in parte già in atto è che si continui a compiere interventi e progetti in modo schizofrenico senza una coerenza complessiva. E’ necessario costruire un sistema di monitoraggio e di lettura dei bisogni sul quale basare e valutare l’efficacia degli interventi e delle iniziative promosse.

Progetti lavorativi: il cambio di prospettiva nel confronto degli immigrati deve prevedere meno investimenti nella repressione e più investimenti nella creazione di occasioni di lavoro tenendo in considerazione le capacità professionali degli immigrati, autentica risorsa per il paese.

Controllo Regionale: La Regione Campania verifichi periodicamente la reale utilizzazione dei fondi stanziati al servizio del mondo dell’immigrazione.

I Richiedenti Asilo: La presenza sul territorio provinciale ed in particolare sul litorale domitio di alcune centinaia di richiedenti asilo si configura come una vera e propria emergenza umanitaria. Basti pensare che queste persone in fuga dai paesi di origine, prive di qualunque bene personale, dopo essere giunte in Italia ed aver trascorso, nel gran parte dei casi, un periodo nei Centri di Permanenza Temporanea vengono rimesse in libertà ed in attesa che la richiesta venga esaminata dalla apposita Commissione Territoriale (inesistente a Caserta) non possono ne lavorare, ne affittare una casa trovandosi in una situazione di limbo sotto il profilo giuridico che quasi ne nega la presenza sul territorio. E nell’attesa dove dormono, cosa mangiano, dove vanno queste persone in assenza di adeguate misure di assistenza ed accoglienza.

Centri di aggregazione e partecipazione alla vita sociale: La necessità di spazi sociali e culturali dove gli immigrati possano incontrarsi, stabilire relazioni sociali, sperimentare forme di auto organizzazione e di rappresentanza è il primo passo per affermare il diritto di cittadinanza e di partecipazione alla vita locale. Tali luoghi oltre a promuovere e tutelare l’identità culturale degli stranieri rappresentano una importante opportunità di conoscenza e di promozione delle culture di origine per tutta la comunità locale. La vera ricchezza di una società multietnica è nella diversità.
Perché le considerazioni sin qui svolte e le proposte presentate assumano da subito una validità concreta e fattiva per il territorio di Castel Volturno chiediamo alla Regione ed alle altre Istituzioni presenti a questo incontro di convocare un tavolo tecnico in grado di sviluppare, in breve tempo, le linee d’azione necessarie ad avviare quel processo di risanamento sociale e culturale dell’intero territorio che finalmente riconosca tutti gli abitanti di Castel Volturno, italiani e stranieri, come cittadini liberi e protagonisti del proprio futuro.



Il Tavolo di Concertazione deve proporsi delle scadenze programmatiche nella realizzazione dei progetti e verificarne la sua attuazione.