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La nonviolenza e' in cammino. 583



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 583 del 16 giugno 2003

Sommario di questo numero:
1. Daniele Lugli, Mao Valpiana: il programma della camminata Assisi-Gubbio
per la nonviolenza
2. Strumenti: l'agenda "Giorni nonviolenti 2004"
3. Verso i corpi civili di pace
4. Stephanie Hiller: radici di pace
5. Giobbe Santabarbara: nessun essere umano e' un clandestino
6. Ida Dominijanni: sette voci per una sfera pubblica
7. Franca D'Agostini: un ponte per l'occidente diviso
8. Matteo Soccio: una bibliografia essenziale sulla liberazione
9. "A. Rivista anarchica" di giugno 2003
10. "Amici dei lebbrosi" di giugno 2003
11. "Messaggero cappuccino" di maggio-giugno 2003
12. "Nigrizia" di giugno 2003
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. DANIELE LUGLI, MAO VALPIANA: IL PROGRAMMA DELLA CAMMINATA
ASSISI-GUBBIO PER LA NONVIOLENZA
[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: azionenonviolenta@sis.it)
riceviamo e diffondiamo. Daniele Lugli e' il segretario del Movimento
Nonviolento, Mao Valpiana e' il direttore di "Azione nonviolenta"]
Il Movimento Nonviolento promuove, come da decisione congressuale dello
scorso anno, l'iniziativa In cammino per la nonviolenza, ideale prosecuzione
della marcia per la nonviolenza "Mai piu' eserciti e guerre" del 2000. La
proponiamo percio' all'attenzione di quanti hanno contribuito al suo
successo.
Come si potra' ricavare dal seguente programma, si tratta di un percorso di
riflessione e di incontro attraverso momenti differenti (camminata,
convegno, festa). Ci sarebbe particolarmente caro ritrovare gli amici con i
quali gia' abbiamo condiviso un tratto di strada.
Per evidenti ragioni organizzative saremmo grati di un sollecito riscontro
presso la sede nazionale del Movimento Nonviolento.
Fraterni saluti,
il segretario del Movimento Nonviolento, Daniele Lugli
il direttore di "Azione nonviolenta", Massimo Valpiana
*
Programma dell'iniziativa "In cammino per la nonviolenza"
Si conclude a Gubbio, il 6 e il 7 settembre prossimi, con un convegno sulla
soluzione nonviolenta dei conflitti ed un momento di festa per i
quarant'anni di "Azione nonviolenta", il percorso avviato dal Movimento
Nonviolento lo scorso anno, al ventesimo congresso nazionale.
Un prologo di grande interesse e' costituito dalla camminata in due giorni,
4 e 5 settembre, lungo il sentiero francescano della pace Assisi-Gubbio. Il
sentiero, molto bello e ben tenuto, di grande interesse naturalistico e
storico, ripropone l'antico tracciato piu' volte percorso da Francesco.
Si giunge a questo appuntamento dopo un percorso annuale di riflessione su
dieci parole ispirate al pensiero della nonviolenza: forza della verita',
coscienza, amore, festa, sobrieta', giustizia, liberazione, potere di tutti,
bellezza, persuasione.
Ci hanno aiutato scritti di amiche ed amici, che hanno collaborato a questo
progetto, e frasi di Francesco, Gandhi, Capitini, Luther King.
E' stata richiesta l'autorizzazione dell'iniziativa come aggiornamento per
gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado.
La segreteria organizzativa e' presso il Movimento Nonviolento, via Spagna
8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail
azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org
*
Camminata sul sentiero della pace Assisi-Gubbio
Giovedi' 4 settembre 2003
Ore 10: partenza da Assisi - Porta S. Giacomo (Possibilita' di parcheggio a
San Francesco al Cimitero).
Ore 13: pausa pranzo alla Pieve San Nicolo'.
Ore 15: ricomincia il cammino.
Ore 18: arrivo a Valfabbrica e sistemazione nel centro sportivo comunale.
Cena libera.
Ore 21: incontro aperto alla cittadinanza.
Venerdi 5 settembre 2003
Ore 8: colazione.
Ore 9: partenza da Valfabbrica.
Ore 11: breve sosta alla diga per uno spuntino.
Ore 13: pausa pranzo a Biscina.
Ore 15: arrivo a San Pietro in Vigneto, custodito dall'eremita padre
Basilio.
Ore 16: ripresa del cammino.
Ore 20,30: arrivo a Gubbio alla chiesa della Vittorina. Sistemazione in una
palestra di Gubbio. Cena libera.
*
Convegno: "Al posto della guerra. Un'Europa disarmata". Gubbio - Centro
Servizi.
Sabato 6 settembre
Ore 15: relazioni di:
- Giuliano Pontara, "L'Occidente? Una buona idea. Provateci";
- Paolo Bergamaschi, "Commissione Europea e corpi civili";
- Gianni Scotto, "Conflitti e movimenti in Europa".
Dibattito.
Domenica 7 settembre
Ore 9,30: prosecuzione dibattito.
Ore 10,30: relazioni di:
- Antonio Papisca, "L'Europa e la nuova Onu";
- Gianni Tamino, "L'Europa aperta ai 25";
- Marco Revelli, "Partiti e movimenti alla prova della costruzione europea";
- Lidia Menapace, "La convenzione di un'Europa neutrale";
- Nanni Salio, "Il ruolo dei nonviolenti nella nuova Europa".
Dibattito.
Conclusioni di Daniele Lugli, segretario del Movimento Nonviolento.
Ore 13,00: ine dei lavori.
Buffet alla bottega del commercio equo-solidale di Gubbio.
*
Momento corale: festa per i quarant'anni di "Azione nonviolenta"
Gubbio, sabato 6 settembre 2003
Ore 12 - piazza Grande: riceviamo il benvenuto dagli sbandieratori di
Gubbio.
Ore 14,45 - Centro Servizi: inaugurazione della mostra delle copertine di
"Azione nonviolenta".
Ore 21 - Teatro Romano: grande festa con canzoni, letture e testimonianze,
per ripercorrere insieme le dieci parole della nonviolenza. Interviene
Ascanio Celestini, raccontastorie. Seguira' un concerto di Paolo Bergamaschi
e i suoi suonatori.
*
Gli spazi espositivi
Negli spazi espositivi del Centro Servizi, per tutto l'arco dell'iniziativa,
saranno allestiti mostre, sale video e stand di riviste, associazioni e
movimenti amici.
Durante i lavori del convegno e' previsto un laboratorio per i bambini dal
titolo "In bocca al lupo!".
*
Dove dormire
Grazie alla collaborazione delle amministrazioni comunali, due palestre
ospiteranno i camminatori nelle notti del 4 settembre (Valfabbrica) e del
5-6 settembre (Gubbio). Chi desiderasse una sistemazione meno "francescana",
ad Assisi, Valfabbrica e  Gubbio, puo' fare riferimento a:
- Assisi: Domus Pacis - Santa Maria degli Angeli, tel. 0758043530, fax
0758040455; Camping Hotel Green - Assisi, tel. 075813710, fax 075812335.
Link all'Azienda Turistica di Assisi.
- Valfabbrica: Hotel Ristorante Villa Verde, tel/fax 0759029013; Albergo
Scavezzi, tel. 075.9029013.
- Gubbio: I. A. T. (Azienda Turistica), tel. 0759220693 - 0759220790, fax
0759273409, e-mail info@iat.gubbio.pg.it, sito: www.umbria2000.it
*
La scheda di adesione
Per evidenti motivi organizzativi, alla camminata da Assisi a Gubbio potra'
partecipare un numero limitato di persone (al massimo 150/200); il percorso
di 46 chilometri e' agevole, ma impegnativo; le condizioni logistiche (cibo
e pernottamento) saranno "francescane".
Chiediamo percio' un'iscrizione preventiva, con un anticipo di euro 10,00.
La quota complessiva per i 4 giorni (camminata, piu' convegno e festa) e' di
euro 50,00, riducibile per chi partecipa ad una parte dell'iniziativa o per
difficolta' economiche.
E' consigliabile iscriversi fin d'ora, compilando e inviando il seguente
modulo:
"Anch'io cammino per la nonviolenza.
Desidero partecipare:
- alla camminata Assisi-Gubbio dei giorni 4 e 5 settembre;
- al convegno "Al posto della guerra" - Gubbio, 6 e 7 settembre.
Cognome e nome, indirizzo, cap e citta', telefono e e-mail.
Invio un anticipo di euro 10,00 e resta inteso che ricevero' una lettera di
conferma con tutte le indicazioni necessarie.
Firma"
Riprodurre a spedire a: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona.

2. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2004"
E' possibile (ed opportuno) prenotare fin d'ora l'agenda "Giorni nonviolenti
2004", che sara' possibile ricevere a casa ai primi di ottobre. L'agenda e'
realizzata dalle Edizioni Qualevita, che pubblicano il bimestrale di
riflessione e informazione nonviolenta "Qualevita", che hanno stampato molti
utilissimi libri, e che ogni anno mettono a disposizione di tutti gli amici
della nonviolenza e piu' in generale di tutte le persone di volonta' buona
l'agenda "Giorni nonviolenti", che oltre ad essere un pratico diario e' una
vera miniera di informazioni, riflessioni, proposte e indirizzi utili per
l'impegno di pace e di solidarieta'.
E' opportuno che le prenotazioni siano tempestive affinche' le Edizioni
Qualevita possano stampare un numero adeguato di copie. Una copia costa 9,50
euro (comprese le spese di spedizione); per chi prenota piu' copie sconti
progressivamente sempre piu' consistenti (ad esempio: per cinque copie il
costo unitario scende a 8,10 euro; per 10 copie a 7,55; per 50 copie a 6,50
euro, e cosi' via).
Per richieste e per informazioni: Edizioni Qualevita, via Buonconsiglio 2,
67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 086446448 - 3495843946, e-mail:
sudest@iol.it

3. INIZIATIVE. VERSO I CORPI CIVILI DI PACE
[Ringraziamo Silvano Tartarini, dei Berretti Bianchi, animatore di tante
iniziative di pace e di nonviolenza (per contatti: bebitartari@bcc.tin.it)
per averci inviato questo comunicato]
Si e' tenuto a Bologna nei giorni 6, 7 e 8 giugno un forum "Verso i corpi
civili di pace: per una politica europea nonarmata". Il forum ha preso la
decisione di costituire una rete di associazioni e ong che intervengono
nelle zone di conflitto esercitando funzioni di prevenzione, di
interposizione e di diplomazia popolare. La rete vuole creare una sinergia
tra le organizzazioni che:
- faciliti il lavoro delle organizzazioni aderenti;
- sostenga i volontari/e nel lavoro sul campo;
- reperisca i fondi per sostenere la ricerca, la formazione e l'azione;
- acquisisca le relazioni dei monitoraggi dei volontari/e sul campo e ne dia
diffusione presso la societa' civile, i media e le istituzioni italiane e
internazionali;
- metta in comune le conoscenze teoriche e pratiche sul tema;
- operi per promuovere i contatti con i coordinamenti gia' esistenti sia a
livello europeo che internazionale.
Si e' altresi' rilevata la necessita' di ottenere un riconoscimento
istituzionale dell'utilita' del lavoro dei volontari di pace in zona di
conflitto.
Come primo passo e' stata lanciata una campagna volta a ottenere la
possibilita' per i volontari dell'astensione dal lavoro per un periodo di
tre mesi avendo garantito il posto di lavoro, come gia' avviene per la legge
sulla protezione civile.
E' stata inoltre inviata una lettera al Presidente del Consiglio dei
Ministri e al Presidente della Repubblica che richiama la necessita' di
inserire il tema dei Corpi civili di pace, collocandolo nella sua giusta
luce, nella Carta Costituzionale Europea.
Hanno aderito alla rete le seguenti associazioni: Berretti Bianchi onlus,
Movimento Nonviolento, Centro studi difesa civile, Associazione Papa Givanni
XXIII - Operazione Colomba, Movimento internazionale della riconciliazione,
Gavci, Coordinamento obiettori forlivesi.
Ha presieduto ai lavori Giancarla Codrignani, presidente della Lega
obiettori di coscienza.
*
Lettera aperta
Alla cortese attenzione del Presidente della Repubblica
Alla cortese attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri
Il valore del servizio civile nella costruzione di un mondo di pace e' stato
efficacemente e solennemente richiamato dal Presidente della Repubblica
nelle celebrazioni del 2 giugno. Si offre oggi al nostro Paese una
straordinaria occasione perche' questa convinzione trovi adeguato spazio
nella Convenzione dell'Unione Europea.
Era il maggio del 1995 quando, in un dibattito sul futuro dell'Unione, il
Parlamento Europeo ha adottato una proposta di Alexander Langer sulla
creazione di un Corpo Civile di Pace Europeo, primo passo alla prevenzione
dei conflitti. E' certo che un'efficace gestione civile della crisi nei
Balcani avrebbe almeno evitato i suoi esiti piu' sanguinosi.
La proposta del '95 e' stata ripresa nel '99 dal Parlamento Europeo come
raccomandazione al Consiglio. Ancora nella plenaria del 2001 il Parlamento
Europeo ha ribadito la necessita' di istituire un Corpo Civile di Pace
Europeo, strumento di intervento dell'Unione in aree di crisi.
Nel testo predisposto per la Convenzione Europea, cioe' per la base
costituzionale dell'Unione, deve a nostro avviso entrare il ripudio della
guerra, come previsto dall'articolo 11 della nostra Costituzione. Si
sottolinea poi che nel testo predisposto per la Convenzione Europea il ruolo
dei Corpi e del Servizio Civile e' menzionato, ma in modo inadeguato
rispetto al compito disegnato dallo stesso Parlamento Europeo. Tali compiti
sono infatti confinati al pur importante ambito della protezione civile e
degli aiuti umanitari, mentre, a nostro parere, tali compiti dovrebbero far
parte dell'ambito della difesa- sicurezza.
Un Corpo Civile di Pace Europeo, che sappia unire la miglior
professionalita' degli operatori con la valorizzazione delle esperienze
compiute da molte organizzazioni volontarie in situazioni di conflitto,
costituirebbe certamente uno strumento efficace di costruzione della pace
attraverso la mediazione, la riconciliazione, la promozione della fiducia
tra le parti, gli aiuti umanitari, il disarmo, la smobilitazione e il
reintegro dei profughi e degli ex combattenti, la riabilitazione, i rispetto
dei diritti delle donne, il monitoraggio dei diritti umani.
Il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione, nel momento in
cui un italiano presiede la Commissione Europea, e' la condizione
privilegiata perche' i massimi organi dell'Unione diano seguito concreto a
proposte maturate e vagliate a livello parlamentare, portando a compimento
la felice intuizione di Alexander Langer. Momento significativo e necessario
e' appunto l'inclusione a pieno titolo del Corpo Civile di Pace Europeo
nella Convenzione, riprendendo ed esplicitando il richiamo che della stessa
e' contenuto cosi' come l'inclusione di questo tema nell'ordine del giorno
delle prossime riunioni del Consiglio.
E' questo l'appello che come organizzazioni riunite a Bologna dal 6 all'8
giugno sul tema "Verso i Corpi Civili di Pace - Per una politica europea non
armata" ci sentiamo di rivolgere a Lei e al Presidente della Repubblica,
confidando nell'impegno delle massime autorita' dello Stato Italiano.
A loro assicuriamo il contributo della nostra esperienza e del nostro
impegno per la realizzazione di un comune obiettivo.
Con ogni considerazione,
Per le  organizzazioni: Associazione Antica come le Montagne (Bologna),
Associazione Eticonomia (Prato), Associazione Orlando (Bologna),
Associazione Papa Giovanni XXIII - Operazione Colomba (Rimini), Associazione
per la Pace (Roma), Associazione radicale Giorgiana Masi (Bologna), Beati i
Costruttori di Pace  (Padova), Berretti Bianchi  (Lucca), Centro Studi
Difesa Civile (Roma e Perugia), Centro Studi Sereno Regis (Torino),
Coordinamento Obiettori Forlivese (Forli'), Donne in Nero (Roma), Gavci
(Bologna), Fondazione Alex Langer (Bolzano), Lega Obiezione di Coscienza
(Roma), Movimento Internazionale della Riconciliazione (Torino), Movimento
Nonviolento (Verona), Pax Christi (Tavernuzze Firenze), Rete Lilliput - Nodo
di Bologna, Volontari di Action for Peace, riunite a Bologna dal 6 all'8
giugno sul tema "Verso i Corpi Civili di Pace - Per una politica europea non
armata",
per la segreteria del Forum "Verso i Corpi Civili di Pace", Silvano
Tartarini
(per contatti: Silvano Tartarini, ia F. Carrara 209, 55042 Forte dei Marmi
(LU), e-mail:bebitartari@bcc.tin.it, tel. 3357660623
Bologna, 8 giugno 2003

4. INIZIATIVE. STEPHANIE HILLER: RADICI DI PACE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
averci inviato la traduzione di questo articolo di  Stephanie Hiller,
direttrice di "Awakened Woman"]
Non e' un problema intervistarla. Heidi Kuhn comincia a parlare e una
cascata di metafore si riversa dalle sue labbra, una cascata rinforzata
dall'entusiasmo che ella prova per il suo lavoro umanitario, l'impresa a cui
ha dato inizio: trasformare i campi minati in vigneti.
Questa ex corrispondente della Cnn stava allattando il suo quarto bambino
quando alzo' un bicchiere di vino per fare un brindisi alla pace: "Possa il
mondo mutare le mine in vigne" disse allora, nel settembre 1997. Fondo' allo
scopo un'organizzazione nonprofit, "Roots of Peace" (Radici di pace) per
continuare il lavoro della Premio Nobel Jody Williams, ovvero l'ingaggiare
sminatori per estrarre l'esplosivo nascosto nella terra.
Due anni prima, Heidi aveva fatto un voto sacro. Colpita dal cancro, prego'
per il dono della vita e promise che se fosse vissuta avrebbe fatto tutto
quanto era in suo potere per preservarla. Questa sacra promessa le da'
ancora oggi l'incredibile energia con cui affronta uno dei problemi piu'
spaventosi al mondo.
Ci sono 70 milioni di mine in 70 paesi del nostro pianeta. Il loro costo di
produzione va dai 3 ai 30 dollari, ma costa 1.000 dollari rimuoverne una
sola. Sebbene 130 nazioni abbiamo sottoscritto il trattato di Ottawa sulle
mine (1997) per il quale Jody Williams ricevette il Nobel, 48 paesi fra cui
gli Usa, la Russia, la Cina, l'India, il Pakistan, Israele e l'Egitto non
l'hanno ancora firmato.
Ogni anno, le mine mutilano o uccidono 26.000 innocenti: per la maggior
parte si tratta di donne e bambine/i. Le donne che perdono le gambe sono
spesso oggetto di ostracismo e ridotte ad una vita di miseria e malattia.
In Cambogia, queste donne rifiutate dalla comunita' avevano formato una
sorta di colonia nelle montagne. Fortunatamente scoperte da una ong, che ha
provveduto loro fondi di microcredito, oggi hanno sviluppato un fiorente
commercio di sciarpe di seta. Ma in Cambogia restano dai 4 ai 6 milioni di
mine antiuomo conficcate nel terreno e si stima che ci vorranno 200 anni per
rimuoverle tutte.
Questa e' l'eredita' della guerra: in Cambogia, Serbia, Kosovo, Afghanistan
e Iraq, il piccolo peso del piede di una bimba e' sufficiente per far
esplodere la mina che spezzera' la sua vita.
"Ad ogni seme che piantiamo, spiega Heidi, creiamo letteralmente le radici
della pace. Se posso fare questo, con quattro figli, pensa a cio' che
ciascuno di noi puo' fare! Ognuno di noi puu' fare la differenza". E' il
mito primario della dea ad ispirarla: la sua fertilita', la sua abilita' nel
produrre la vita, la sua misteriosa eppur concreta fecondita'. Un miracolo
di cui ha fatto esperienza lei stessa, guarendo dal cancro cervicale e
restando poi incinta per la quarta volta.
L'entusiasmo di Heidi e' contagioso: "Sento una grande passione per tutto
cio' che riguarda le donne. Non abbiamo solo il capitale intellettuale da
spendere, ma le risorse del cuore. Siamo le portatrici della vita, mettiamo
al mondo i bambini, e abbiamo la sapienza dei semi. Sappiamo che ci sono
soluzioni!" E la sua soluzione e': via le mine da questo terreno, e
piantiamoci delle sementi. Cibo. E' riso in Cambogia, sono fichi in Libano,
caffe' in Angola, e nella piana di Shomali, a nord di Kabul, stanno per
apparire 120 varieta' di piante a grappoli, uva ed altre. Secondo Heidi, il
cibo e' la migliore tecnica antiterrorismo che il mondo puo' adottare.
Radici di pace, letteralmente.

5. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: NESSUN ESSERE UMANO E' UN CLANDESTINO
Per il fatto di venire al mondo, ogni essere umano acquisisce il diritto a
vivere ed a cercare di migliorare le sue condizioni di esistenza.
Che esseri umani oppressi da violenze, guerre, fame, si spostino in cerca di
un posto in cui vivere meglio, e' la cosa piu' naturale di questo mondo, ed
e' un diritto che a nessuno puo' essere negato.
E cosi' non esistono clandestini, ma persone.
E cosi' se una cosa deve farci paura, e merita la nostra riprovazione, non
sono le sorelle e i fratelli che ai fratelli e alle sorelle chiedono aiuto,
avendone pieno diritto essendo noi tutti particole di una medesima umanita';
quello che ci e' di scandalo e vergogna e' che potenti razzisti e fascisti,
ed i trattati hitleriani e le leggi leonine e antropofaghe da essi
proditoriamente imposti, pretendano di negare l'altrui diritto a vivere.

6. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: SETTE VOCI PER UNA SFERA PUBBLICA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo giugno 2003. Ida Dominijanni (per
contatti: idomini@ilmanifesto.it) e' una prestigiosa intellettuale
femminista]
Da sempre fautore della costruzione europea, ma convinto altresi' che essa
non si realizzi senza la crescita di una "sfera pubblica" fatta non solo di
istituzioni ma soprattutto di coscienza, discussione e partecipazione
civile, il filosofo tedesco Juergen Habermas ha preso una efficace
iniziativa.
In concomitanza con le sessioni finali della Convenzione di Bruxelles che
dovrebbe partorire la Costituzione europea, ha preparato un denso articolo
sullo stato e sul futuro dell'Unione e ha chiesto ad altri intellettuali
europei di scriverne anch'essi uno ciascuno sullo stesso tema e nello stesso
giorno su altrettanti quotidiani a larga diffusione.
Cosi' ieri l'iniziativa ha preso corpo su "la Repubblica" (Umberto Eco), "La
Stampa" (Gianni Vattimo), "El Pai"s (Fernando Savater), la "Neue Zuercher
Zeitung" (Adolf Muschg); Habermas stesso firma in coppia con Jacques Derrida
sulla "Frankfurter Allgemeine" e su "Liberation", e sulla "Sueddeutsche
Zeitung" scrive, unico statunitense, Richard Rorty.
E' un classico caso in cui la pratica e' il messaggio, perche' al di la' del
contenuto, pur rilevante, dei singoli articoli e' il loro comparire
simultaneamente a farsi segno della possibilita' che la sfera pubblica
europea prenda effettivamente corpo, e della necessita' che un largo
dibattito sul senso dell'Unione ne accompagni la costruzione istituzionale.
Per molti versi consonanti (ma non concordati, assicurano gli autori), gli
articoli infatti non si soffermano tanto sui nodi controversi che lacerano
in queste settimane la Convenzione presieduta da Giscard, quanto sulle
questioni dell'identita', della memoria e del progetto dell'Europa,
verificate alla luce della configurazione assunta dal mondo globale dopo le
grandi cesure dell'89, dell'11 settembre e della guerra in Iraq.
*
Non che le due prospettive siano separabili, anzi: la seconda, quella
dell'identita', acquista un peso prioritario proprio in relazione
all'orientamento degli autori sulla prima, quella istituzionale.
Proprio se si vuole un'Unione comunitaria e non intergovernativa, da
costruire cedendo e non trattenendo sovranita' nazionale, dotata di una
iniziativa autonoma nella politica globale, bisogna incardinare queste
scelte istituzionali su un patrimonio comune di esperienze, di valori, di
memorie. Quali? L'eredita' della cultura greca e giudaico-cristiana, della
rivoluzione scientifica moderna, della Rivoluzione francese; l'esperienza di
un capitalismo corretto dalla lotta di classe, e di sistemi politici che
hanno saputo vivere anche di confronto ideologico; la memoria di una lunga
storia di guerre fratricide e la ferita della Shoah, che possono ribaltarsi
in un sentimento di rispetto per l'alterita'; l'esperienza del crollo degli
imperi coloniali, che puo' vaccinare dall'eurocentrismo; la sedimentazione
dello jus publicum, che puo' far barriera alla distruzione del diritto
internazionale firmata Usa; il lungo tracciato della secolarizzazione, che
immunizza gli europei dalla seduzione di presidenti texani autoinvestiti di
una missione divina.
*
Si tratta, com'e' evidente, di un catalogo non solo storico e culturale ma
attualissimo e politico, che serve per delineare i contorni di una Europa
che se da un lato e' la matrice dell'Occidente intero, dall'altro lato puo'
diventare oggi il contrappeso, e l'alternativa alla deriva di
autodistruzione dell'Occidente che incombe dall'altra sponda dell'Atlantico.
La sottolineatura della matrice occidentale unitaria non fa mai scivolare
gli autori in un antiamericanismo approssimativo; tuttavia e' molto netto il
giudizio sulla deriva della politica di potenza armata e del modello sociale
individualistico e competitivo d'oltreoceano. E altrettanto netto e' il
senso della cesura profonda rappresentata dalla guerra all'Iraq: Habermas in
particolare data al 15 febbraio di quest'anno, giornata delle oceaniche
manifestazioni no-war, la nascita della sfera pubblica europea che gli sta a
cuore, e a tutta la fase di preparazione della guerra il precipitare di
fratture politiche e culturali decisive fra modello europeo-continentale e
modello atlantico.
Eco allunga la vista in avanti: se con l''89 l'Europa ha perso la
centralita' geopolitica che aveva quando era la perenne posta in gioco del
conflitto fra Usa e Urss, oggi che gli Stati Uniti volgono lo sguardo al
Pacifico l'Europa rischia addirittura di scomparire nello scenario
planetario. Il vecchio continente non ha scelta: o declina ripiegando su se
stesso, o rilancia ricollocandosi nel mondo globale. Contro gli Usa? Si' e
no.
Richard Rorty: "Sia in Europa che in America milioni di persone vedono
chiaramente che la pretesa egemonica degli Usa e' un errore terribile. Gli
americani che ne sono consapevoli hanno bisogno di ogni possibile aiuto per
convincere i loro concittadini che Bush sta portando il paese su una strada
sbagliata. Il consolidamento dell'Unione europea sarebbe visto da questa
parte dell'opinione pubblica americana non come espressione di un
antiamericanismo risentito, ma come una reazione adeguata e benvenuta al
pericolo che l'attuale politica estera americana rappresenta per il mondo".
Una e' la matrice, uno, o almeno legato a doppio filo, resta il destino
dell'Occidente.

7. RIFLESSIONE. FRANCA D'AGOSTINI: UN PONTE PER L'OCCIDENTE DIVISO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 giugno 2003. Franca D'Agostini e'
autrice di fondamentali ricognizioni sulla riflessione filosofica
contemporanea europea ed americana, ed ha particolarmente tematizzato la
differenza di approccio tra "continentali" (area europea) ed "analitici"
(area angloamericana)]
L'evento mediatico progettato da Habermas e realizzato, sabato 31 maggio,
consistente nel far intervenire simultaneamente su grandi quotidiani europei
un certo numero di intellettuali - oltre allo stesso Habermas, Jacques
Derrida, Fernando Savater, Gianni Vattimo, Adolf Muschg , Richar Rorty e
Umberto Eco - tutti invitati a pronunciarsi sul tema dell'identita'
dell'Europa, e' gia' in se stesso, nel suo concepimento e nella sua
effettiva realizzazione, il frutto di un'ipotesi o una speranza tipicamente
europea: la speranza habermasiana che esista o si possa costruire qualcosa
come una sfera pubblica, in cui qualche intellettuale possa intervenire con
la forza spirituale delle proprie idee, e pertanto agire sulla effettivita'
politica, o contribuire alla messa a punto di un progetto politico.
Cosi', al di la' di quel che hanno scritto i partecipanti a questo gesto di
stile situazionista (qui evidentemente il medio era il messaggio), solo
l'idea e l'effettuazione di un pronunciamento di questo tipo si rivela un
prodotto di marca europea. In particolare, cio' risulta tanto piu' evidente
se si considera che gli invitati a pronunciarsi sono tutti piu' o meno
definibili - o si sono per un certo tempo definiti - come "filosofi", e
tutti - piu' o meno radicalmente - di orientamento continentale (non e'
intervenuto per esempio Tugendhat, che pure gia' da molti anni e' un
sostenitore del ruolo anti-egemonico dell'Europa). Per via indiretta,
dunque, la scelta dei partecipanti voleva dire (o poteva voler dire) che
nella questione dell'identita' europea "la filosofia" - e soprattutto l'uso
politico-culturale delle idee, della teoria - gioca un ruolo del tutto
particolare, e particolarmente significativo.
Nessuno lo ha rilevato apertamente, e questo non sorprende: anche se
avessero avuto una mezza idea al riguardo - se mai ricordando quanto
Heidegger insistesse sulle colpe e i meriti del logos nei destini
dell'Occidente - tanto Habermas, quanto Vattimo, quanto Eco e Derrida (il
quale si e' limitato a scrivere una breve nota di approvazione del testo di
Habermas) si sarebbero ben guardati dal renderla esplicita: in qualita' di
vecchie volpi della teoria concreta tutti loro sanno perfettamente che gia'
solo nominare la parola filosofia puo' evocare nel politico, nell'economista
o nel giurista in ascolto un sorriso di scherno; cosi' che, di li' in
avanti, qualunque cosa si dica sara' irrilevante antiquata e astratta.
*
Eppure, proprio "la filosofia", piu' del cinema o dell'arte, o di qualsiasi
altro prodotto dell'intelletto (o della ragione), sembra essere in gioco nel
l'attuale confronto tra Europa e America, tra mondo anglo-americano e
"vecchia Europa". Ed e' in gioco, mi sembra, almeno a tre livelli:
anzitutto, in quanto c'e' oggi una divergenza che ha anche connotati ideali,
e riguarda orientamenti teorici di fondo; in secondo luogo perche' l'uso
europeo delle idee, della teoria, e' diverso da quello che si prevede in
ambito anglo-americano; in terzo luogo perche' (e questo non riguarda
l'America in generale, ma l'attuale presidenza) e' probabile che i difetti
dell'amministrazione Bush, e di altre amministrazioni affini, consista
proprio in una effettiva e sistematica sottovalutazione o ignoranza dei
problemi teorici ad ampio raggio, e in profondita', quali sono quelli
generalmente messi in campo dalla filosofia.
*
Circa il fatto che nel problema dell'identita' dell'Europa siano in gioco
valori, idealita' e culture, Rorty non sembra essere d'accordo.
Nel suo appassionato intervento ha insistito su un punto: oggi l'Europa e'
chiamata ad essere unita contro la politica di Bush; e' questa l'unica e
l'ultima possibilita' per l'Europa non soltanto di assumere un ruolo
decisivo nella futura configurazione mondiale, ma anche di "salvare il
mondo". La politica "forte" di cui l'America di Bush oggi si vanta sara'
perpetuata dai suoi successori (per "non essere da meno"), e questo portera'
prima o dopo alla catastrofe atomica.
Soluzione? Nessuna in particolare, salvo il fatto che - dice Rorty -
l'appello di Habermas e Derrida all'unita' europea e allo stabilimento di un
ordine cosmopolita pluralista, antiegemonico, e tollerante, va senz'altro
ascoltato.
Con queste osservazioni, pero', Rorty porta inavvertitamente un certo danno
al progetto di Habermas.
Se si trattasse soltanto di un disguido legato alla sventurata
amministrazione Bush (e alle sue eredita' future), allora non si
comprenderebbe molto la richiesta habermasiana di riflettere da
intellettuali sull'identita' europea. Quel che Habermas chiede di fatto alle
idee dei suoi amici, e' di costituirsi come principi "catalizzatori" in
grado di raccogliere le forze della "vecchia Europa" contro l'egemonia
americana, e soprattutto contro l'ideologia egemonica che coinvolge le
nazioni europee filoamericane.
La questione di fondo e' dunque una questione di identita' polemica e
politica: come essere e riconoscersi avversari di qualcuno, come essere e
riconoscersi alleati di qualcun altro. Non puo' bastare, evidentemente, dire
che l'Europa deve costituire un polo egemonico alternativo a Bush: sarebbe
come dire che l'Europa deve raccogliersi intorno al proprio puro e semplice
essere Europa, dunque il proprio non essere l'America di Bush. D'altra
parte, non puo' bastare neppure dire che il polo catalizzatore potrebbe
essere un generico cosmopolitismo tollerante e pluralista. Non si tratta
piu' di questo, e lo dimostra il fatto che riguardo al tema piu' scottante,
la guerra, non c'e' pluralismo che tenga, ma si richiede una dura
discussione su valori di fondo.
La guerra figura nei ragionamenti di tutti come una malattia, e un disagio
della storia: anche i piu' bellicisti in sede argomentativa si adattano di
buon grado all'idea della dolorosa necessita'. E naturalmente quando si
tratta di valutare i limiti e le forme di una necessita', tanto piu' se
dolorosa, sono di mezzo i significati, valori, orientamenti, fondamenti,
premesse, destini, obiettivi di una cultura, ossia quell'insieme di teorie
di supporto e di sfondo che da' forma alle societa' umane. In altre parole:
niente e' umanamente necessario se non rispetto a urgenze ed esigenze
determinate, e la modifica di principi preliminari come "non uccidere" puo'
essere considerata necessaria (o non necessaria) solo in rapporto a urgenze
ed esigenze altrettanto fondamentali (se ne esistono).
*
Vattimo e Eco hanno suggerito qualche contenuto su cui potrebbe puntare la
ricerca di una identita' europea. Ed entrambi hanno toccato (Vattimo piu'
distesamente) un tema di natura teorico-politica: il "socialismo" e il
"collettivismo" presenti nel Dna europeo, e assenti in quello americano. Va
notato che - perlomeno in questo contesto e in questa forma - si tratta di
un tema che si dovrebbe definire metafisico (se il termine non spiacesse a
Vattimo e a Habermas), perche' riguarda proprio quelle impostazioni
fondamentali del pensiero, concepite in relazione a certe strutture
fondamentali dell'essere, che guidano il giudizio sulle finalita' di tipo
"cosmopolita" (questioni di diritti umani e di esseri umani).
*
Ora, si puo' forse approfondire il suggerimento, accentuandone il tratto
metafisico. E' indubbio che la cultura filosofica angloamericana
maggioritaria ha saltato a pie' pari (o ha preferito non assimilare) tutta
quella parte della filosofia contemporanea che, dopo Hume, ha specificamente
posto la questione della natura collettiva e non propriamente individuale
della soggettivita'. In autori come Donald Davidson o Robert Brandom
certamente l'idea che il "noi" abbia una certa priorita' (epistemologica e
ontologica) sull'"io" e' avanzata ripetutamente, ma la filosofia di fondo
che ha orientato e tuttora orienta la societa' americana e' ben evidenziata
nel fenomenismo scettico e leggermente paranoide di film come Matrix o
Truman show.
Il brivido cartesiano del dio ingannatore e' bene accetto all'individualismo
medio della cultura angloamericana, e non per nulla e' un tema che percorre
gli esperimenti mentali di tutta una serie di teorici per i quali l'io
individuale e' senza dubbio l'unico punto di partenza possibile (la piu'
facile vittima, peraltro, su cui possa esercitarsi il gioco sadico della
tecnica, che ci permette di ipotizzare cervelli in vasche di liquido
fisiologico, trapianti di identita' e di cervello, casi di ubiquita' dovuti
a paradossi spazio-temporali).
Questo ci permettera' di dire, con buone ragioni, che Rumsfeld nel
ridicolizzare la "vecchia Europa" ha sbagliato valutazione: l'America e'
piu' vecchia della vecchia Europa, almeno in quanto i suoi presupposti
filosofici risalgono al Settecento, mentre quelli europei risalgono
perlomeno all'Ottocento.
*
La dominanza dell'idea di collettivita' naturalmente e' la segreta premessa
metafisica di quella idea di teoria concreta che domina la tradizione
europea, a partire dalla sinistra hegeliana: una visione della teoria come
direttamente votata all'intervento pratico-politico e a incidere
direttamente sui modi di vita e di pensiero. E' di qui che Habermas stesso
trae la sua intuizione della sfera pubblica come terreno di esercizio e
vocazione propria della filosofia.
Il ruolo piu' proprio per un filosofo, ha scritto altrove Habermas, e'
quello di "intellettuale pubblico" che fornisce (perlopiu' non richiesto) la
coscienza critica di una societa'. L'ipotesi e' sicuramente il retaggio di
un'epoca e di un contesto in cui la filosofia aveva una certa egemonia
culturale (l'Ottocento tedesco). In ogni caso e' evidente che il luogo
proprio di tale filosofia non sono le universita' e gli istituti di ricerca,
ma precisamente la sfera pubblica, o in altri termini: un teatro di
intervento mediatico, cioe' le televisioni, i giornali.
E' utile allora ricordare che questo tipo di lavoro non esiste in America.
Li' pero', all'opposto, esiste ed e' riconosciuto un ruolo scientifico della
famiglia di discipline detta "filosofia", e gli imbarazzi degli
intellettuali europei al riguardo non sono per nulla condivisi (forse
perche' non si teme di dover identificare con questa parola la costruzione
del sistema dello spirito assoluto). Non e' un caso che neppure Rorty, unico
americano intervenuto, abbia accennato all'idea di una responsabilita' o di
un ruolo della filosofia nei destini dell'occidente: per lui, per la sua
tradizione culturale, il filosofo e' un "esperto scientifico" (per usare
ancora una categoria habermasiana), e non certo un intellettuale che
interviene sui giornali, e sfida i poteri con la forza delle proprie idee.
Sembra pero', in ultimo, che la differenza non stia soltanto tra tipi di
filosofia e orientamenti filosofici, e pratiche e luoghi deputati della
filosofia, ma tra chi usa la filosofia e ne tiene conto, e chi la ignora,
tra chi prende sul serio le idee, e chi le sottovaluta, o le ignora. Se e'
vero che le idee possono fare danno, come ci dice la storia, e' anche vero
che l'aspetto irresponsabile di molte politiche (americane ed europee)
consiste visibilmente in una certa carenza di idealita', o in una certa
difficolta' a pensare in prospettiva e in profondita'. E qui, su questo
punto, ha ragione Habermas nell'accennare al fatto che c'e' una
responsabilita' degli intellettuali. Su questo punto infatti i filosofi
continentali, pur lodabili in quanto alacri lavoratori della teoria
concreta, che dedicano notte e giorno alla faticosa costruzione della sfera
pubblica (o del dialogo), hanno qualche colpa. A loro principalmente (almeno
ad alcuni di loro) si deve infatti una immagine disfattista e anti-teorica
della filosofia che e' profondamente radicata nella nostra cultura. E anche
a loro si deve quella vasta pragmatizzazione del discorso politico che ha
tolto la teoria dalla prassi, e con cio' ha consegnato la prassi stessa
nelle mani della televisione.
E' anche per questo, e non certo per sudditanza all'imperialismo culturale
americano, che oggi sul continente molti cercano soluzioni nella filosofia
analitica, tipica espressione della cultura angloamericana del Novecento. Se
non altro, la' sicuramente la ricerca teorica, ancorche' chiusa nelle
universita', sdegnosamente lontana dal mondo dei media, e spesso legata a
una metafisica di tipo soggettivista, ha avuto e ha tuttora un certo spazio.
Ma si ha l'impressione, almeno per ora, di passare dalla padella alla brace,
e viceversa: da una parte una filosofia (continentale), che avendo fatto
della prassi la propria bandiera ha finito per essere portata dal vento
degli interessi politici e delle mode culturali (fino al punto da sfiorare
il suicidio, avvertendo di non essere piu' del tutto a' la page);
dall'altra, una filosofia (analitica) afflitta da un eccesso di specialismo,
e da una pericolosa distanza dalla concretezza delle urgenze
politico-sociali (oltre che da una tendenziale sottovalutazione della
filosofia europea dell'Ottocento e del Novecento).
Forse qualcosa sta cambiando, e la ricerca sull'identita' dell'Europa
lanciata da Habermas potrebbe essere una buona palestra in cui i teorici
dell'Occidente diviso (continentali e non) possano verificare le
opportunita' delle rispettive tradizioni culturali. Se e' vero che
l'identita' polemica dell'Europa non deve costruirsi contro gli americani,
ma contro quella degenerazione estrema dell'individualismo che e'
l'imperialismo planetario, ovvero "l'estremo occidente" delle politiche alla
Bush, forse sara' il caso di pensare che l'unico nemico comune e' il mondo
pragmatizzato, in cui non balena neppure lontanamente l'ipotesi di creare
convergenze ideali, come quella cercata da Habermas (e in cui con tutta
probabilita' ci si mantiene cautamente ignari degli sforzi habermasiani in
questo senso).

8. MATERIALI. MATTEO SOCCIO: UNA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SULLA LIBERAZIONE
[Da "Azione nonviolenta" di aprile 2003 riprendiamo questa bibliografia a
cura di Matteo Soccio, una delle piu' autorevoli figure dell'impegno di pace
e della riflessione nonviolenta]
Filosofia ed etica della liberazione
- A. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Milano, Bompiani, 1989;
- F. Battistrada, Per un umanesimo rivisitato. Da Heidegger a Gramsci, a
Jonas, all'etica di liberazione, Milano, Jaca Book, 1999;
- A. Bausola, La liberta', Brescia, La Scuola, 1985;
- L. Boff, Il creato in una carezza. Verso un'etica universale: prendersi
cura della terra, Assisi, Cittadella, 2000;
- E. Dussel, Filosofia della liberazione, Brescia, Queriniana, 1992.
- A. Elenjimittam, Mukti. La liberazione nella filosofia indiana, Milano,
Mursia, 1996;
- E. Fromm, Fuga dalla liberta', Milano, Edizioni di Comunita', 1985;
- R. Garaudy, Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1985;
- R. Guardini, Persona e liberta', Brescia, La Scuola, 1987;
- A. Heschel, Il canto della liberta'. La vita interiore e la liberazione
dell'uomo, Comunita' di Bose, Magnano (Biella), Quiqajon, 1999;
- J. Maritain, Strutture politiche e liberta', Brescia, Morcelliana, 1968;
- J. Maritain, Per una politica piu' umana, Brescia, Morcelliana, 1968;
- J. Maritain, La conquista della liberta', Brescia, La Scuola, 1981;
- L. Pareyson, Ontologia della liberta', Torino, Einaudi, 2000.
*
Liberazione come educazione
- E. Balducci, Educazione come liberazione, Firenze, Chiari, 1999;
- A. Capitini, Il fanciullo nella liberazione dell'uomo, Pisa, Nistri
Lischi, 1953;
- P. Freire, La pedagogia degli oppressi, Milano, Mondadori, 1971, 2a ediz.,
Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2002;
- P. Freire, L'educazione come pratica della liberta', Milano, Mondadori,
1977;
- M. K. Gandhi, La mia vita per la liberta', Roma, Newton Compton, 1973;
- E. Guidolin - R. Bello, Paulo Freire. Educazione come liberazione, Padova,
Gregoriana Libreria Editrice, 1989;
- M. Laeng, Educazione alla liberta', Teramo, Lisciani e Giunti, 1980;
- E. Passetti, Conversazioni con Paulo Freire, Milano, Eleuthera, 1996;
- L. Rossi, Paulo Freire profeta di liberazione, Torre dei Nolfi, Edizioni
Qualevita;
- V. Zangrilli, Pedagogia del dissenso, Firenze, La Nuova Italia, 1973.
*
Liberazione della donna
- Aa. Vv., Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, Milano, La
Tartaruga, 1987;
- C. Gilligan, Con voce di donna. Etica e formazione della personalita',
Milano, Feltrinelli, 1991;
- L. Muraro, L'ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti, 1991;
- Osho, La donna. Una nuova visione, Arona, New Services Corporation, 1997;
- A. Seroni, La questione femminile in Italia 1970-1977, Roma, Editori
Riuniti, 1977;
- S. Ulivieri (a cura di), Educazione e ruolo femminile. La condizione della
donna in Italia 1945-1990, Firenze, La Nuova Italia, 1992.
*
Teologia della liberazione
- Aa. Vv., Verso una teologia della violenza?, Brescia, Queriniana, 1969;
- J. M. Aubert, Diritti umani e liberazione evangelica, Brescia, Queriniana,
1989;
- L. Boff - E. Dussel - F. Betto, La chiesa dei poveri. Venticinque anni di
teologia della liberazione, Roma, Datanews, 1998;
- L. Boff - C. Boff, Come fare teologia della liberazione, Assisi, 4a ed.,
1986;
- L. Boff, La grazia come liberazione, Roma, Borla, 1978;
- L. Boff, Grido della terra grido dei poveri. Per una ecologia cosmica,
Assisi, Cittadella, 1996;
- I. Ellacuria - J. Sobrino, Mysterium liberationis. I concetti fondamentali
della teologia della liberazione, Roma, Borla, 1992;
- G. Gutierrez, Teologia della liberazione, Brescia, Queriniana, 1a ed.
1972, 5a ed. 1992;
- I. Jesudasan, La teologia della liberazione in Gandhi, Assisi, Cittadella,
1986;
- B. Mondin, I teologi della liberazione, Roma, Borla, 1977;
- J. Ramos Regidor, Gesu' e il risveglio degli oppressi, Milano, Mondadori,
1981.
*
Violenza o nonviolenza?
- Aa. Vv., Violenza e nonviolenza, Roma, Citta' Nuova, 1969;
- Aa.Vv., Nonviolenza e marxismo, Milano, Libreria Feltrinelli, 1976;
- Aa.Vv, Marxismo e nonviolenza, Genova, Editrice Lanterna, 1977;
- Aa. Vv., Violenza o nonviolenza, Milano, Linea d'ombra, 1991;
- A. Arendt, Sulla violenza, Milano, Mondadori, 1971;
- A. Arendt, Sulla rivoluzione, Milano, Comunita',1983;
- A. Capitini, Teoria della nonviolenza, "Quaderni di Azione Nonviolenta",
Verona;
- M. K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Torino, Einaudi, 1973;
- R. Girard, La violenza e il sacro, Milano, Adelphi, 1980;
- J. M. Muller, Il vangelo della nonviolenza, Genova, Editrice Lanterna,
1976;
- P. Ricoeur, La questione del potere. L'uomo nonviolento e la sua presenza
nella storia, Lungro (Cosenza), Marco Editore, 1992;
- K. Satish, Nonviolenza o non esistenza, Roma, Citta' Nuova, 1970;
- J. Semelin, Per uscire dalla violenza, Torino, Edizioni Gruppo Abele,
1985;
- G. Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, 3 voll., Torino, Edizioni
Gruppo Abele, 1985-1997.
*
Liberazione animale
- P. Singer, Il movimento di liberazione animale, Torino, Sonda, 1989;
- P. Singer, Liberazione animale, Milano, Mondadori, 1991.
*
Liberazione come risveglio interiore
- E. Barella, La via della consapevolezza: un cammino senza sentieri,
Torino, Psiche, 1997;
- J. Brosse, Satori, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1994;
- P. Confalonieri, La saggezza che libera, Milano, Mondadori, 1995;
- T. Gyatso (Dalai Lama), Il sentiero per la liberazione, Pomaia, Edizioni
Chiara Luce, 1997;
- T. Gyatso (Dalai Lama), La via della liberazione, Milano, Pratiche
editrice, 2000;
- J. Krishnamurti, Verso la liberazione interiore, Parma, Guanda, 1998;
- A. M. La Sala Bata', La via della liberazione dalla sofferenza, Roma,
Edizioni Armonia e Sintesi, 1998;
- C. Maccari, Liberazione buddhista e salvezza cristiana, Leumann (Torino),
LDC, 1995;
- Osho, Tecniche di liberazione, Arona, New Services Corporation, 2000;
- U. P. Sayadaw, Proprio in questa vita. Gli insegnamenti del Buddha sulla
liberazione, Roma, Astrolabio, 1998;
- A. W. Watts, La via della liberazione. Saggi e discorsi
sull'autotrasformazione, Roma, Astrolabio, 1992.

9. RIVISTE. "A. RIVISTA ANARCHICA" DI GIUGNO
Lo ripetiamo una volta di piu': "A. Rivista anarchica" e' una delle migliori
riviste mensili di politica e cultura che vi siano in Italia. Ogni numero e'
una miniera di materiali di riflessione, di documentazione, di dibattito.
Nel fascicolo di giugno 2003 tra molte altre notevoli cose segnaliamo
particolarmente una relazione tenuta da Lia Cigarini all'Universita' di
Verona l'11 ottobre 2002 su "Relazione, differenza e altro..." e il
dibattito ad essa seguito. "A. Rivista anarchica" e' disponibile anche in
rete nel sito: www.anarca-bolo.ch/a-rivista; per contatti: c.p. 17120, 20170
Milano, tel. 022896627, fax: 0228001271, e-mail: arivista@tin.it

10. RIVISTE. "AMICI DEI LEBBROSI" DI GIUGNO 2003
"Amici dei lebbrosi" e' l'utilissimo mensile, da leggere dalla prima
all'ultima riga, promosso dall'Aifo (Associaizone italiana amici di Raoul
Follereau"), via Borselli 4-6, 40135 Bologna, tel. 051433402, fax 051434046,
e-mail: info@aifo.it, sito: www.aifo.it. Nel fascicolo di giugno segnaliamo
particolarmente il dossier di Sunil Deepak su "Donne: quale accesso ai
servizi sanitari?".

11. RIVISTE. "MESSAGGERO CAPPUCCINO" DI MAGGIO-GIUGNO 2003
Il "Messaggero cappuccino" e' il bimestrale d'informazione dei cappuccini
bolognesi-romagnoli; per richieste e contatti: via Villa Clelia 16, 40026
Imola (Bo), tel. 054240265, fax: 0542626940, e-mail:
fraticappuccini@imolanet.com, sito: www.imolanet.com/fraticappuccini; e' una
lettura che sempre riconcilia e fortifica, e che vivamente raccomandiamo. Il
fascicolo di maggio-giugno e' sul tema "L'empatia della preghiera".

12. RIVISTE. "NIGRIZIA" DI GIUGNO 2003
"Nigrizia" e' una lettura indispensabile. Questo "mensile dell'Africa e del
mondo nero" curato dai padri comboniani e' (con "Le monde diplomatique" e
pochi altri periodici) una delle fonti d'informazione e dei luoghi di
riflessione imprescindibili per il movimento della pace. L'ampio dossier del
mese e' su "Africa patrimonio dell'umanita'". Per richieste e contatti:
vicolo Pozzo 1, 37129 Verona, tel. 0458092390, fax: 0458001737, e-mail:
redazione@nigrizia.it, sito: www.nigrizia.it

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 583 del 16 giugno 2003