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[CARCERE] - APPLAUSI A MANI NUDE



APPLAUSI A MANI NUDE

di Vincenzo Andraous*

Applausi di gratitudine a piene mani.

Applausi e solidarieta' tra le dita.

Applausi, ne rammento l'entusiasmo,

ne ricordo il rumore.

Applausi, rimbombare in un Parlamento stracolmo di cuori impavidi e 
sentimenti alti di Giustizia&.. inadeguati al compito da affrontare, se non 
si approntano le risorse necessarie riguardo alla dimensione umana di tanti 
e tanti casi anonimi, blindati.

Quanto e' trascorso da allora? Quanto tempo e' scivolato addosso ai corpi, 
alle menti, quanti giorni sono rimbalzati negli sguardi colmi di speranza 
di uomini incatenati e uomini liberi?

Quante promesse sono state sparate sui muri di gomma innalzati a scudo 
delle coscienze, per le tante preghiere offerte all'Uomo di bianco vestito.

Ricordo bene il Pontefice, ancor di piu' coloro che, un gradino piu' sotto, 
hanno ascoltato commossi e ringraziato.

Ripartiamo oggi con le frasi fatte di ieri come se il tempo non portasse 
capelli bianchi, per il peso dei conti, dei numeri, delle statistiche che 
quasi mai posseggono riferimenti certi.

E'trascorso qualche mese, tante stelle sono cadute nella polvere, mentre 
altre rimangono scolpite nel firmamento, e danzano, quasi a rotolare nella 
terra circondata  di memorie prese a calci in bocca.

Il tempo ha voltato pagina, una sull'altra, a coprire giudizi e pregiudizi, 
senza una spinta per un interesse collettivo che contempli un prima e un 
dopo davvero  importanti, se affratellati da un durante solidale.

Il Pontefice e' ancora pellegrino, con gli occhi stanchi, oppressi non 
dalla stanchezza degli anni sulle spalle, ma dal disincanto delle parole 
ricevute senz'anima, e dal permanere di un carcere ferito dalla  sua 
drammaticita' fallimentare.

Il carcere rimane li', in tutta la sua solitudine creata a misura, 
ripiegato su se stesso, senza speranza.

Disatteso e distante.

Il carcere rimane li', negli scaracchi e nelle dimenticanze, indietro, 
nell'ultima fila, dove non esiste attenzione per le persone; figuriamoci 
per la possibilita' di un indulto che spezzi la catena dei tanti, troppi 
suicidi del silenzio, di una recidiva che s'arrampica con le dita rotte, 
in  una rivisitazione del passato divenuta impossibile.

Al futuro del carcere sono state estirpate virtu' teologali quali la fede, 
la speranza, la carita', che pero' dovrebbero sostenere la vita umana, il 
cammino di uomini bianchi e neri, dei buoni e dei cattivi, di colpevoli e 
innocenti.

Ricordo il Pontefice su quello scranno, rammento quegli uomini cingerlo in 
un abbraccio, ho ben presente la richiesta formulata  all'uditorio in festa.

Richiesta di indulto, ma non per tutti,  solo per alcuni detenuti con 
requisiti trasparenti, detenuti che di veramente pericoloso hanno la loro 
disperazione, il loro nulla incatenato adesso  e inchiodato libero domani.

Niente indulto per il popolo della galera, non ci sono le volonta' 
politiche, ne' intenti pluralistici, non c'e' intesa tra gli schieramenti, 
manca una comprensione  del perdono, di un ripensamento culturale, non c'e' 
possibilita' di dare alla societa' di uomini liberi e di cittadini 
detenuti, testimonianze reali, e non estremizzanti una realta' di per se' 
disturbante.

E allora ancora applausi per le leggi  nuove, applausi per le difese a 
oltranza, applausi per gli uomini che rimangono sempre in piedi, applausi 
per chi non si piega e non si rompe.

Nessun applauso invece per chi in prigione sopravvive, per chi si uccide, 
per chi non ha metri sufficienti per rivedersi e migliorarsi, per chi non 
ha piu' fede perche' non gli e' concessa speranza, e perche' la pena senza 
rispetto della dignita' umana non e' vestita di carita'.

* tutor Comunita' Casa del Giovane Pavia