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Le Organizzazioni Internazionali per i Diritti Umanai CONDANNANO l'aumento dei maltrattamenti degli operatori



 
Le Organizzazioni Internazionali per i Diritti Umanai CONDANNANO l’aumento dei maltrattamenti degli operatori
Amnesty International
27 maggio 2003
 
ISRAELE E I TERRITORI OCCUPATI
(Copenhagen, Geneva, London / New York / Paris)
 
Amnesty International, l’Euro-Mediterranean Network for Human Rights (EMNHR), Human Rights Watch (HRW), l’International Commission of Jurists (ICJ), l’International Federation for Human Rights (FIDH) e l’World Organisation against Torture (OMCT) sono profondamente preoccupati per l’aumento delle restrizioni imposte da Israele agli operatori per i diritti umani e nell’aiuto umanitario.
 
Il 21 maggio, il Ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom ha dichiarato che " molti degli uffici per i diritti umani in West Bank e Striscia di Gaza provvedono a dare rifugio ai terroristi palestinesi”.
 
Questo commento non è provato da fatti e costituisce un ulteriore minaccia al lavoro e ai lavoratori delle organizzazioni indipendenti per i diritti umani nei Territori Occupati Palestinesi.
Le organizzazioni hanno dichiarato:
"Noi temiamo che queste non provate accuse sono mirate ad impaurire i locali e internazionali difensori dei diritti umani, e per impedire loro di compiere il loro lavoro quotidiano”.
 
Le organizzazioni Palestinesi e Israeliane per i diritti umani, da tempo soffrono paralizzanti restrizioni alla loro libertà di movimento. Gli operatori compiono il loro lavoro in circostanze di considerevole pericolo personale, e molti hanno ricevuto minacce e maltrattamenti dalle autorità israeliane e dall’esercito mentre svolgevano il loro lavoro.
 
"Alla luce dei commenti del Ministro, noi temiamo che queste intimidazioni e maltrattamenti aumenteranno. Recentemente, la violazione della sicurezza personale e le restrizioni alle attività degli operatori locali ed internazionali nell’aiuto umanitario, nei i diritti umani e degli attivisti per la pace sono aumentate d’intensità”, affermano le organizzazioni.
 
Solo in quest’anno, l’esercito israeliano a ucciso l’attivista per la pace, Rachel Corrie e ne ha gravemente ferito altri due, Tom Hurndall e Brian Avery. Anche un giornalista straniero, James Miller, è stato mortalmente colpito da arma da fuoco dai soldati israeliani. Un indagine militare sull’omicidio di Rachel Corrie non ha rilevato infrazioni, inoltre le conclusioni dell’inchiesta non sono stati rese pubbliche. Invece non è noto come gli altri eventi sono stati indagati: certamente nessuna conclusione d’indagine di questi omicidi e ferimenti sono state rese pubbliche e non sono state intraprese azioni giudiziarie.
 
Allo stesso tempo, gli operatori internazionali dei diritti umani e gli attivisti per la pace sono stati oggetto di un aumento di arresti e deportazioni da parte delle autorità israeliane. Due sono stati espulsi in queste ultime settimane e a sei operatori di progetti umanitari è stato impedito di entrare in Israele, mentre crescono le restrizioni al movimento e alle attività impostesi attualmente nella regione.
 
Una particolare attenzione va data alla decisone delle autorità israeliane, presa il 9 maggio, sulle condizioni di entrata per gli stranieri nella Striscia di Gaza. Essi devono firmare una liberatoria con la quale assolvono Israele dalla resposnsabilità per ogni morte o ferimento causata dai soldati israeliani..
 
Tra le varie cose, il firmatario della liberatoria: "accetta che il governo dello stato di Israele e i suoi organi non possono essere ritenuti responsabili per la morte, il ferimento e/o danno/perdita di proprietà che potrebbero accadere in seguito ad azioni militari”.
 
La Striscia di Gaza è stata successivamente chiusa e rimane inaccessibile agli stranieri, eccetto diplomatici e selezionati operatori d’intervento di emergenza.
 
Queste restrizioni al movimento e alle attività degli operatori umanitari e dei diritti umani, locali e internazionali, attivisti per la pace, giornalisti e altri sono mirate a ridurre l’indipendente osservazione della situazione dei diritti umani nei Territori Occupati Palestinesi.
"Queste restrizioni sul monitoraggio indipendente delle violazioni dei diritti umani può solo aggravare l’attuale atmosfera d’impunità."
 
Le organizzazioni chiedono al Ministro degli Esteri Silvan Shalom e alle autorità israeliane di:
-          smentire pubblicamente le allusioni infondate rese dal Ministro Shalom il 21 maggio 2003;
-         mettere termine ai maltrattamenti, intimidazioni, minaccie e attacchi deliberati ai difensori dei diritti umani;
-         cessare con gli arresti arbitrari dei difensori dei diritti umani, locali e stranieri; questi arresti potrebbero portare a ritenerla un’offesa criminale, basata su una reale e pubblica evidenza;
-          rispettare gli accordi della Dichiarazione sulla Protezione dei Difensori dei Diritti Umani, adottata il 9 Dicembre 1998, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in patrticolare l’Aricolo 1, nel quale si dice che: "Ognuno ha il diritto, solo o in associaizone con altri, di promuovere e battersi per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, sia a livello nazionale che internazionale”;
-          abbandonare immediatamente le restrizioni all’accesso imposte per la Striscia di Gaza e facilitare il lavoro delle organizzazioni per lo sviluppo, l’aiuto umanitario e il monitoraggio dei diritti umani, provvedendo un normale e libero accesso a tutti;
-         rispettare il diritto internazionale e i diritti umani internazionali in tutti fatti, assicurando che tutti gli omicidi e le altre violazioni saranno pienamente e indipendentemente investigate.
 
 
Per contatti:
Amnesty International (AI): +44 207 413 55 11
Euro-Mediterranean Network for Human Rights (EMNHR): + 45 32 69 89 11
Human Rights Watch (HRW): +1 212 290 47 00
International Commission of Jurists (ICJ): +41 22 97 938 00
International Federation for Human Rights (FIDH): +33 1 43 55 25 18
World Organisation against Torture (OMCT): +41 22 809 49 39
 
 
 
 
Traduzione a cura di Operazione Colomba – Corpo Nonviolento di Pace – Comunità Papa Giovanni XXIII