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Report da Amman #31
di Rosarita Catani
da Shafa Badran
(Amman)
Giordania
REPORT N. 31
8 MAGGIO 2003 PALESTINA - CRONACA
GAZA CITY Le forze d’occupazione israeliane uccidono tre palestinesi
stamattina presto.
Le forze d’occupazione israeliane uccidono un palestinese di trent’anni nel
sud di Gaza a Khan Younis
I soldati israeliani sostavano nell’insediamento ebraico di Gosh Qatif
quando hanno attaccato la città con carri armati.
Nel Nord di Gaza, invece, le forze israeliane hanno attaccato la città con
elicotteri Apache colpendo la macchina di un militante di Hamas.
Un uomo racconta: “Le strade erano di fuoco. Non si vedeva nulla. Solo il
fuoco che bruciava per le strade”.
Una donna piange: “Il mio cuore sanguina. Stanno uccidendo tutti. Noi siamo
qui in trappola”.
Il direttore delle forze di sicurezza a Gaza Abdel-Razeq al-Mujayda,
denuncia la gravità dell’aggressione delle forze israeliane sui palestinesi.
Mujayda dichiara: ” Urge che le comunità internazionali intervengano per
fermare l’attacco israeliano nei confronti dei civili”.
VIVERE ALL’INTERNO D’UN MURO
"Noi stiamo per fondare un altro Stato, la Repubblica indipendente di Baqa
Al Sharqiyeh” gioca l’uomo fuori dell’edificio municipale della cittadina.
Il piano d’Israele era di costruire un muro di separazione nella regione
che doveva tagliare la città fuori del resto del West Bank, rendendo i
residenti insicuri di quello che poteva essere il loro futuro. Il muro, è
stato completato in parte circa cinque mesi fa. Occorrono almeno due mesi
per finirlo del tutto.
“Siamo per essere messi in un sandwich”, afferma Yousef Bawaqneh, un
cittadino di Baqa Al Sharqiyeh, il quale descrive il suo impedimento di
circolare nella sua patria.
Qui, il muro è alto 100 metri, dichiara Yousef, una serie di strade,
trincee e barriere di filo spinato elettronico sono state punteggiate dai
militari del checkpoints. Quando questa sezione del muro sarà completa, i
3500 residenti di Baqa Al Sharqiyeh saranno completamente rinchiusi.
“Sharon ha un sogno”, Bawagneh continua, riferendosi al primo Ministro
Israeliano. “Lui ha alcune pecore nella sua fattoria e quando hai degli
agnellini puoi metterli in un recinto. Questo è quello che lui vuole fare
del popolo palestinese; lui vuole mettere dei muri intorno a tutte le città
e chiuderci dentro”.
Il villaggio nella parte Nord è già circondato in tutti i suoi lati. Un
veicolo militare gira intorno al muro. Solo la porta deve essere costruita,
e qui, su una striscia di campi d’ulivo, i soldati israeliani decideranno
chi può vivere ed entrare nel villaggio.
“Quando il cancello sarà finito, potranno chiuderci dentro, se ci sono
problemi”, dichiara il membro del concilio del villaggio Marwan Kabha. “E’
come il Cancello di Fatma nel Sud del Libano”. Muhammad Kabha, studente di
Storia del Medio Oriente, taglia il punto e dice: ”Il nostro villaggio è
come una prigione”.
“Noi stiamo diventando zingari”, sbraita Bawaqneh. “ Vogliono tagliare
fuori la città dalla sua agricoltura e mettere al suo posto I loro mercati”.
“Nel 1948, hanno usato la forza per sbarazzarsi di un popolo, ma, adesso
non vogliono usare la forza. Ci proibiscono, invece, di andare in Israele o
nel West Bank, quando ho bisogno di nutrire i miei figli, ma non ho i mezzi
economici necessari per farlo, così loro hanno indirettamente usato la
forza sul nostro modo di vivere”.
Il villaggio di Nizlat Issa è un caso nel punto. Una delle comunità
israeliane che esigono protezione, Nizlat Issa è situata tra Baqa Al
Sharqiyeh e la Linea Verde. La sua entrata, marcata da un’arcata di
metallo, è stata bloccata dalle forze israeliane con massi e pile di terra.
I residenti si arrancano sul terrapieno e sono serrati tra il blocco
stradale ed il villaggio. Sebbene il villaggio fosse piccolo, il mercato di
Nizlat Issa faceva 30,000 clienti al giorno, prima dell’Intifada, ed era il
maggior sostegno economico dell’area. In ogni modo, dopo che un Israeliano
fu ucciso nel mercato ed i militari israeliani stringono la presa nell’area
del West Bank durante l’Intifada, che il numero dei clienti è diminuito a
circa 3.000. Poi, i buldozer israeliani lo hanno demolito.
In un villaggio vicino Baqa Al Sharqiyeh, Abu Faisal riporta che quest’anno
vi è stata un’eccedenza d’acqua per un metro e 70 centimetri, dovuta alla
pioggia eccezionalmente caduta quest’inverno. La sua sorgente è in ottime
condizioni, presto servirà quattro villaggi dipendenti da essa per bere ed
irrigare i campi. Ma il muro di separazione fatto dagli israeliani ora a
meno di 50 metri dalla sorgente e dalla pompa idrica, taglia di netto le
terre coltivate d’Al Nizleh ed Al Gharbiyeh, campi che la sorgente d’Abu
Faisal irrigava. Molto probabilmente durante la costruzione del muro, molti
dei tubi d’irrigazione sono stati distrutti.
I residenti hanno venduto delle loro case situate ad ovest del muro, ma
quelle con campi coltivati sull’altro lato sono semplicemente perse. “Noi
non sappiamo cosa fare. Che cosa facciamo degli alberi d’olivo, venderemo
anch’essi?” Chiede Abu Faisal.
Quello che realmente lo infuria, in ogni modo, è che vi è più terra nel sud
che potrebbe essere coltivata solo se lui avrebbe il modo di portare
l’acqua. “Se io avessi dei tubi, noi porteremo direttamente l’acqua alle
piante. Ognuno nel villaggio ha cinque pezzi di terra lasciati dai loro
nonni. Se vi fosse l’acqua la terra renderebbe”. Ma, gli abitanti del
villaggio non hanno fondi per comprare i tubi, e Abu Faisal è sicuro che
nessuno fuori darà assistenza.
A Barta' Al Sharqiyeh, anche, l’acqua è un’emergenza. Quando, un’ingegnere
proveniente da Ramallah, è venuto per valutare l’acqua, dice Khaba, I
soldati israeliani gli hanno sbarrato la strada proibendogli di entrare nel
villaggio. Adesso che l’acqua è infetta per bere e cucinare, i cittadini
del villaggio devono comprare acqua che per loro è molto costosa, oppure
attendere il rifornimento da una cisterna. Gli abitanti del villaggio non
hanno più nessuno che possa aiutarli e non sanno cosa fare con le poche
risorse che hanno.
Bawagneh dichiara” Centinaia di giornalisti sono venuti qua, per fare cosa?
Il popolo adesso è sospettoso verso gli stranieri essi vogliono alberi
d’olivi, non nuovi articoli”.
Bawaqneh accusa anche l’Autorità Palestinese: “Quando l’Autorità
Palestinese non muove un singolo dito per fare qualcosa, cosa ci aspettiamo
dagli altri?”
Vicino Baqa Al Sharqiyeh, nel villaggio di Deir Al Ghusun, un fattore a
causa del muro è stato buttato fuori dalla sua terra. Lui ha messo un
avvocato e si è rivolto all’alta Corte Israeliana, che gli prometteva uno
speciale accesso da un cancello costruito solo per lui e la sua famiglia.
“Ma, noi aspetteremo di vedere quali sono realmente le loro intenzioni”,
afferma il suo avvocato Fathi Shbeiteh.
Infatti, vi sono piani per costruire cancelli elettronici ogni due, tre o
cinque chilometri lungo il muro, ma non si sa esattamente dove.
(fine.)
[Nota: Rosarita Catani e' una reporter indipendente che invia i suoi
resoconti da Amman, Giordania, raccontando da un punto di osservazione
privilegiato cosa accade in Iraq e in medio oriente. I suoi report -
pubblicati regolarmente sul sito www.peacelink.it - sono utilizzabili
liberamente previa citazione della fonte e dell'autrice].