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Diario da Kabul #4



Siamo finalmente entrati nel vivo del progetto, queste ultime due giornate 
le abbiamo passate ad incontrare donne.
Donne afgane eccezionali, membri di associazioni umanitarie locali.
Donne "comuni" che frequentano i corsi di scolarizzazione da loro tenuti, 
donne comunque un po' speciali, perche' a 30 o 40 anni non e' facile 
pensare di affrontare un corso per imparare a leggere, scrivere e fare di 
conto, in un paese dove l'analfabetismo e' ancora prevalente.
Donne che hanno anche dei sogni per il loro futuro: trovare un lavoro, che 
sia magari anche insegnare! L'insegnamento infatti e' uno dei pochi lavori 
consentiti alle donne, l'abilitazione all'insegnamento si puo' ottenere 
dopo la scuola primaria che dura sei anni. La principale alternativa per 
una donna e' la sartoria, che viene praticata esclusivamente nella propria 
casa e venduta poi ai negozi. Le associazioni locali organizzano corsi di 
sartoria e ricamo della durata di un anno circa, sempre accompagnato dal 
corso di alfabetizzazione.
Frequentare i corsi o lavorare sono tra le poche occasioni consentite alle 
donne di tutte le eta' di evadere dalla faticosa, se non violenta, vita tra 
mura domestiche, alla quale sono normalmente relegate.
È qui che abbiamo incontrato le donne che partecipareranno al nostro 
progetto di microcredito rivolto alle piu' disagiate. Ci sono donne vedove 
o con mariti malati o disabili, che non sono piu' in grado di garantire il 
sostentamento della propria famiglia, oppure giovani donne che hanno perso 
i genitori e vivono con parenti. Con loro siamo entrati in contatto per 
capire se la necessita' puo' trasformarsi in un valore aggiunto ed aiutare 
queste donne a diventare cosi' temerarie da affrontare un'attivita' in 
proprio, dalla produzione alla vendita dei propri prodotti.
Oggi in Afghanistan, infatti, i negozi sono gestiti esclusivamente dagli 
uomini, e' impensabile che una donna stia dietro un bancone o che si rechi 
ad acquistare qualcosa senza una presenza maschile mediatrice. Forse e' 
ancora un'utopia pensare che le donne possano arrivare a  gestire una 
rivendita, il nostro progetto prevede pero' che la produzione artigianale 
si rivolga direttamente alle altre donne, per esempio con la creazione di 
piccoli atelier sartoriali o di estetica.
L'attivita' di estetista, per quanto possa sembrare strano e' molto 
richiesta, nessuna donna, festeggiata od invitata ad una festa di 
fidanzamento o matrimonio, rinucerebbe a farsi truccare e pettinare. La 
preparazione per uno di questi eventi e' infatti molto laboriosa, il 
pesante trucco richiede fino a qualche ora di lavoro per la festeggiata. 
Queste feste, per quanto frequenti, sono tra le poche occasioni sociali, 
sempre e comunque nell'ambito della famiglia, relativamente allargata, 
visto che i matrimoni tra cugini sono abituali.
Parlare con loro e' piu' facile se sei una donna, puoi sederti con loro, 
nella loro casa, rivolgere loro tutte le domande, talvolta un po' 
imbarazzanti, come chiedere se frequentare un corso scolastico possa 
aiutarle a trovare un marito migliore. Questa domanda in particolare, ha 
creato loro un po' di disagio, ma le ha anche molto divertire e tra i 
"risolini" mi hanno risposto che in effetti costituisce un valore per 
aspirare  ad entrare in una famiglia socialmente piu' elevata, ma 
soprattutto permettera' loro di seguire meglio la crescita dei propri figli.

Pangea ha l'ambizione di aiutare queste donne.

Oltre al sostentamento proprio e delle famiglia, attraverso il 
microcredito, si propone di ampliare un poco i loro orizzonti aiutandole a 
trovare un'identita' personale e sociale nell'attivita' lavorativa. Stiamo 
lavorando perche' alle poche attivita' gia' riconosciute alle donne se ne 
aggiungano altre meno usuali. Soprattutto si propone di superare la 
limitazione sociale dell'intremediazione maschile. È una sfida, ma a 
piccoli passi senza porsi traguardi troppo ambiziosi, siamo sicuri che poco 
a poco per le donne di Kabul qualcosa potra' davvero cambiare...

A presto Luca Stefania e Simona




[Nota: A partire dal 1 Maggio 2003 il sito www.peacelink.it pubblica le
lettere inviate da Luca Lo Presti, presidente della Fondazione Pangea
Onlus, che insieme alla fotografa e ricercatrice Stefania Scarpa sara' a
Kabul per seguire l'avvio del progetto Jamila, promosso da Pangea insieme
all'associazione locale HAWCA (Humanitarian Assistance for Women and
Children of Afghanistan)].