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Guerre&Pace: Il movimento rilancia
- Subject: Guerre&Pace: Il movimento rilancia
- From: Enrico Marcandalli <ramalkandy@iol.it>
- Date: Mon, 05 May 2003 17:54:38 +0200
ITALIA/mese
Il movimento rilancia
Diversi commentatori, decisamente interessati, ancora una volta hanno
dichiarato la “sconfitta dei pacifisti”, visto che non solo la guerra
c’è stata malgrado le imponenti manifestazioni di dissenso, ma essa
avrebbe raggiunto obiettivi importanti di “liberazione” della
popolazione irachena, addirittura aprendo la strada a una prossima
“democratizzazione” dell’intero Medio Oriente.
Il solito Sofri, cantore ideologico delle varie guerre umanitarie degli
anni Novanta, si è addirittura spinto a parlare di un carattere
“rivoluzionario” delle politiche di questa amministrazione Usa.
Naturalmente non siamo interessati a una discussione su queste basi,
anzi riteniamo che la conduzione della guerra - con i suoi sempre
troppi morti - e quello che si sta preparando per il “dopoguerra”
confermino le ragioni e le scelte del movimento per la pace.
Ci interessa invece, e lo faremo seriamente in queste settimane,
riflettere, insieme a tutte/i coloro che si sono mobilitate/i, su
quanto siamo stati in grado di fare, e sui limiti di un’azione che
certamente non solo non ha saputo “fermare la guerra”, obiettivo
probabilmente impossibile da raggiungere, ma non ha nemmeno saputo
“bloccare” il paese e la macchina bellica.
Per questo bisognerà allora affrontare tre questioni in particolare,
perché il movimento possa prepararsi ad una fase di conflittualità
diffusa e altrettanto impegnativa.
In primo luogo le azioni dirette e di boicottaggio, che hanno mostrato
la loro forte potenzialità e il consenso che potrebbe sostenerle se
condotte con intelligenza e partecipazione, ma che devono essere
sicuramente meglio organizzate e scaturire da scelte ben mirate negli
obiettivi.
In secondo luogo bisogna rilevare come sia mancato quello sciopero
generale europeo che avrebbe potuto rappresentare una svolta e dare
assai più forza alla lotta contro le ambiguità e le complicità dei
governi più o meno “belligeranti”.
Le responsabilità sono certamente dei sindacati confederali, che non si
sono spinti a fare quella scelta, ma vanno rilevate difficoltà reali
nella partecipazione di lavoratrici e lavoratori alle fermate
proclamate il giorno di inizio del conflitto da tutti i sindacati o
allo sciopero dei sindacati di base. Questa difficoltà è conseguenza di
anni di sconfitte e di politiche di moderazione sindacale, ma anche
dell'insufficiente collegamento che si è riusciti a stabilire fra
l’opposizione alla guerra e quella alle politiche economiche di ogni
giorno.
Da ultimo bisogna considerare la difficoltà a incidere in profondità
sui comportamenti dei soggetti politici e istituzionali. In questo
senso il movimento non sembra in grado di esercitare e mantenere una
pressione immediata e tale da rendere impossibili ambiguità e
arretramenti, come si sono visti nelle scelte dell’Ulivo (conseguenza
della loro politica generale, e non di tattiche del momento). Sarà su
queste questioni che in Italia dovremo interrogarci.
In ogni caso il movimento non è affatto sconfitto e anzi sta
rilanciando la propria iniziativa, già nelle prossime settimane. Ed è
importante in questo senso sottolineare che ormai non possiamo più
parlare di una movimento “pacifista” in senso stretto, ma di quel
“movimento dei movimenti” che ha saputo comprendere come la guerra e
gli interventi militari siano uno strumento essenziale delle politiche
neoliberali e imperiali.
Nelle prossime settimane questo movimento dovrà allora saper mantenere
aperta l’attenzione su quanto avviene in Iraq e in Medio Oriente,
moltiplicando le iniziative di solidarietà materiale e politica con la
popolazione irachena, e con quella palestinese che ancora una volta
potrebbe pagare la nuova situazione che si è creata.
Una solidarietà che deve anche vederci impegnati in nuove relazioni con
i soggetti politici e sociali che si oppongono all’occupazione
“coloniale” dell’Iraq.
Allo stesso tempo il movimento sarà impegnato sui terreni della difesa
ed estensione dei diritti e di contestazione delle politiche
neoliberali, a partire dalla mobilitazione per vincere nel referendum
per l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori il 15
giugno, e per costruire una partecipazione ampia alle manifestazioni
contro il G8 di Evian a inizio giugno e contro il Wto a novembre.
Un allargamento dei temi dell’iniziativa che non vuole avere il
significato di mettere tra parentesi la mobilitazione contro la guerra,
ma che intende al contrario ricollocarla all’interno della più generale
mobilitazione per “un altro mondo possibile”, cercando di coinvolgere
tutte/i coloro che si sono mobilitate/i per la pace.
Piero Maestri