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Guerre&Pace: La democrazia delle cannoniere
- Subject: Guerre&Pace: La democrazia delle cannoniere
- From: Enrico Marcandalli <ramalkandy@iol.it>
- Date: Mon, 05 May 2003 17:06:05 +0200
MONDO/mese
La democrazia delle cannoniere
L'unico obiettivo "legittimo" della guerra preventiva, quello
del disarmo iracheno, già poco credibile alla vigilia dell'aggressione
anglo-statunitense, è diventato sempre più risibile in corso d'opera,
quando le uniche "armi di distruzione di massa" rinvenute sono
state le bombe a frammentazione degli invasori. Così, per legittimare la
guerra ("anche se non ci fossero armi proibite", come comincia
a dire Bush), la propaganda bellicista deve continuare a sventolare
l'altro obiettivo, del tutto fuori norma e inapplicato nel resto del
mondo: eliminare il tiranno e "portare la
democrazia".
Senonché, a parte l'annosa questione sulla possibilità di portare la
democrazia (e la rivoluzione) con gli eserciti d'occupazione, sta il
fatto che la rinascita "democratica" di un paese come l'Iraq,
segnato da molti decenni di regimi dittatoriali che hanno escluso da ogni
partecipazione la società civile, non è stata preparata ma anzi
attivamente impedita per dodici anni, con l'embargo e con i
bombardamenti, dagli anglo-statunitensi. E né prima né durante la guerra
si sono manifestati una Resistenza interna organizzata o un embrione di
governo autonomo per guidare la transizione. Il che rende grottesco
parlare di "25 aprile iracheno".
Manca d'altra parte agli Stati uniti, dopo cinquant'anni passati a
fomentare o appoggiare colpi di stato e regimi militari, ogni credibilità
e ogni titolo come liberatori. Restando al Medio Oriente, senza citare
Guatemala, Vietnam, Indonesia, Cile ecc., si devono agli Usa, come
ricorda Chiarini sul "manifesto", il "golpe contro
Mossadeq nel '53", la sponsorizzazione della guerra civile e
dell'invasione israseliana in Libano, il "sostegno a tutti i regimi
autoritari del mondo arabo". E la stessa criminale dittatura di
Saddam non avrebbe potuto mantenersi e rafforzarsi senza il sostegno
politico e militare degli Usa (e dell'Occidente), così come non si
sarebbe neppure potuto insediare senza l'appoggio di Stati uniti,
Pakistan e Arabia Saudita il regime dei talebani in
Afghanistan.
Sostenere o imporre dittature che reprimono ferocemente le loro
popolazioni e poi massacrare quelle stesse popolazioni per liberarle e
portare la "democrazia" (altro nome delle multinazioni
statunitensi, del controllo sul petrolio e del mercato) fa parte di un
vecchio gioco simile a quello praticato dalle vecchie potenze coloniali
europee per portare la "civiltà".
Oggi inoltre, tutto questo sembra tradire il tentativo di governare una
globalizzazione in difficoltà prendendo direttamente possesso di stati e
territori, cioè tornando a una politica coloniale che prevede (v.
Lodovisi in questo numero) "la destabilizzazione, la caduta dei
governi locali ed eventualmente l’occupazione militare" di molti
paesi, con l'effetto di smembrarli e ridurli a "piccoli simulacri di
stati sovrani, nella realtà protettorati economico-militari
statunitensi" come l'Afghanistan.
Questo progetto di occupazione è ovviamente destinato a venire recepito
nel mondo arabo come una crociata e spingerà le masse arabe a vedere
sempre più nell'islam il simbolo della loro identità e della loro
emancipazione politico-sociale dalla tirannia di Saddam e dell'Occidente,
con gli esiti previsti: il diffondersi di un integrismo e di un
terrorismo condannati a parole e desiderati nei fatti dagli Stati uniti,
come legittimanti dell'occupazione. Ma, stando alle manifestazioni, alle
sassaiole e agli slogan di questi giorni ("No a Bush, no a Saddam,
si all'islam"), che neppure il servilismo dei media è riuscito a
contrabbandare per tutto per festanti accoglienze ai
"liberatori", si potrebbe avere anche un esito da nessuno
previsto (a quanto sembra, neppure Bush…): la creazione, al posto del
"libero" Iraq, di un nuovo stato islamico cui altri potrebbero
seguire se gli Stati uniti continueranno nella loro marcia di
rovesciamento delle dittature laiche o delle monarchie
filooccidentali.
Un tale esito, e il conseguente esplodere di una sanguinosa guerra di
religione globale, potrà essere sventato solo da una reale liberazione e
trasformazione dell'Iraq (e degli altri paesi medioorientali) ad oprea di
forze laiche e progressiste. Esse sono presenti nella società e nella
comunità musulmana irachena (v. Barillari in questo stesso numero). Ma se
mancherà la solidarietà attiva di un movimento mondiale e se esso non
saprà contrastare la logica militarista e imperialista degli Stati uniti,
tali forze rischiano di restare schiacciate fra gli opposti
fondamentalismi degli ayatollah filokhomeinisti e dei generali di
Bush, fra legge coranica e democrazia delle cannoniere.
Walter Peruzzi