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Milano: imposta o usura?
Capitano cose che lasciano senza parole.
Una persona di mia conoscenza (73 anni e un unico reddito: la sua pensione
minima) ha ricevuto nei giorni scorsi una lettera il cui mittente è il
Settore Finanze e Oneri Tributari del Comune di Milano - Servizio ICI: tre
fogli non immediatamente comprensibili.
Faticosamente decifrata, la missiva, con oggetto "avviso di liquidazione",
risulta contenere una contestazione per un errore di pagamento dell'ICI
2000.
A fronte di un importo calcolato di 184,12 euro, ne risultano pagati
"solo" 183,86. Nel contestare questa differenza sul dovuto di ben 0,26
euro (sic!), il Comune di Milano pretende il pagamento di 30,30 euro.
Non entro nel merito di una discutibile imposizione che, attraverso
l'Imposta Comunale sugli Immobili, colpisce anche la casa adibita ad
abitazione principale (e unica): l'imposta esiste, dunque si applica.
Mi chiedo però quale sia il senso di una sanzione così elevata (oltre il
116% dell'importo contestato) a fronte di ciò che è palesemente non
un'omissione, bensì un errore di versamento o di calcolo, per giunta di
tale modesta entità.
Le cose vanno chiamate col loro nome e questa ha il sapore dell'usura.
Un'usura condita di legalità (i riferimenti normativi nella lettera sono
sovrabbondanti, in misura che si direbbe inversamente proporzionale alla
ragionevolezza del contenuto).
In tempi di investimenti a redditività negativa e di risorse carenti, il
Comune ha forse trovato il rimedio: spremere le vacche magre fino a
prosciugarle del tutto. Con buona pace del senso di giustizia, ormai da
tempo sotto stress.
Certo, è lasciata al destinatario la possibilità di proporre ricorso entro
60 giorni: ma ne vale la pena? Con quali costi? E poi contro cosa fare
ricorso? Contro la stupidità di chi ha evidentemente sostituito i neuroni
cerebrali con i computer?
Facciamoci tutti un esame di coscienza. Neuroni permettendo.
Eugenio Galli