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Report di guerra #55
E’ festa a Baghdad. Sono arrivati i liberatori.
Davanti al “Palestine” ed allo “Sheraton” i carri armati ed i blindati Usa
sono arrivati come di corsa, prendendo posto fin sopra le aiuole dei
parcheggi. Sono scesi velocemente i soldati, con le armi e le telecamere.
Hanno faticato ad entrare nella hall, a superare le ampie porte a vetri che
si aprono all’interno.
I giornalisti dei networks tv li hanno respinti. Hanno provato a
respingerli. Non volevano partecipare alla festa. Gridavano i nome dei
colleghi uccisi ieri, colpiti con quei colpi di cannone deliberatamente
sparati tra il 14 ed il 15 piano.
Sono entrati di forza. Lo avranno fatto per far festa.
La voce del mio contatto mi arriva chiarissima, le comunicazioni come per
incanto sono riprese non più tardi di un’ora fa.
E non mi parla di feste. I cittadini di Baghdad non sono stati invitati a
nessuna festa.
Nonostante le truppe americane si siano aperte all’interno della città
sfondando la resistenza dei “feddayns” e giungendo fin dentro i quartieri
popolari cannoneggiando e continuando a distruggere le abitazioni civili.
Inseguendo gli iracheni che non sapevano che fosse festa in tutta la città.
Centinaia sono i cadaveri con le budella al vento, con le mosche intorno
alle orbite degli occhi. Dove sono le tv?
E’ il primo giorno questo senza bombe né missili e molti, tanti, tantissimi
erano usciti fin dal primo mattino dalle case, dai rifugi improvvisati che
erano stati le loro case per troppi giorni. Senza più cibo, acqua si sono
riversati verso il centro di Baghdad. Davanti ai magazzini alimentari che
ancora nascondevano viveri i più giovani e robusti hanno sfondato le
inferriate e preso quanto loro serviva. Poi anche più su, verso i quartieri
della borghesia di stato con le ville bianche circondate da giardini pieni
di banani. Anche qui scavalcati i muri, divelte porte e finestre con ferri
usati come piedi di porco, calpestati i preziosi tappeti dei saloni,
buttate a terra le porte delle dipense e fatto man bassa di cibo. Ma anche
di ventilatori, tv e radio.
Poi tutti via di corsa.
Neppure negli ospedali si sono accorti che è festa. Le migliaia di feriti
che giacciono in ogni angolo fuorchè nei letti perché non ve ne sono più,
continuano a non poter essere curati, le amputazioni proseguono senza
alcuna anestesia. Si continua ad urlare di dolore negli ospedali, a
piangere. A morire.
Almeno 3.000 le vittime degli ultimi tre giorni e più ancora i feriti.
Baghdad città morta. Senza aria di festa.
Milioni di persone, di uomini, donne, vecchi e bambini lontani dalle
telecamere dei networks implorano disperati i liberatori di non distruggere
le loro case. Ma vengono colpiti, incappucciati, legati e buttati come
rifiuti tra le macerie ed i corpi in putrefazione delle vittime.
No, no, qui non c’è nessuna festa mi ricorda il mio contatto. Si sente
sparare, la resistenza è ancora tanta. Non so davvero cosa potrà accadere
questa notte.
Siamo sempre a Baghdad, dopo settimane di bombe e missili, migliaia di
morti che nessuno ha mai denunciato, almeno un quarto delle abitazioni civili
sono state distrutte, non c’è acqua potabile, decine di migliaia di
cittadini soffrono di infezioni, tifo, diarrea. La minaccia del colera è
qualcosa di molto reale e preoccupante. Per non parlare delle altre zone
dell’Iraq dalle quali non abbiamo informazioni sicure ed indipendenti.
Già, il resto del paese.
Le truppe Usa stanno realizzando una specie di spot pubblicitario davanti
agli alberghi dei giornalisti per dare l’immagine al mondo intero della
liberazione di Baghdad. Ma non è così, si accalora il mio contatto, è
questa una città di 5 milioni di persone, chi può credere alle immagini
rilanciate via satellite di 150 iracheni che ballano e cantano davanti ai
carri armati?.
Già, chi?
Questa notte sarà un’altra notte di sofferenza, dove non si cureranno i
feriti, dove si farà l’appello dei vivi per contare i morti. Un’altra notte
di digiuno, di acqua del fiume per bere e lessare i legumi. Un’altra notte
di paura che i liberatori possano arrivare alla porta e sfondarla,
aggredire e distruggere tutto quanto è all’interno. Ma di quale festa
stiamo parlando?
Già, quale festa?
Ho imparato a conoscerle queste notti di Baghdad, mi riferisce il mio
contatto, sono notti che non finiscono mai, non si dorme, semmai si veglia.
Ci si sdraia vestiti dove ci si trova, i pochi soldi nascosti nelle tasche,
i piccoli ori che ogni famiglia possiede cuciti negli orli degli abiti
delle donne, i bambini tra le braccia. E mentre tutto intorno cadono bombe
e missili, o si sentono i colpi delle artiglierie, si fa un silenzio
assoluto. Come se anche il più piccolo sospiro potesse far scoprire che c’è
vita in quella casa. Notti terribili ed indimenticabili in quelle case
della città. Notti da passare con le mani strette sul viso.
Già, la notte.
Che la notte sia leggera.
r.
Ps.
Mentre scrivevo questa corrispondenza, un contatto preziosissimo, mi ha
inviato queste brevi note di Charles Clover, inviato del “Financial Times”,
che si trova a Najaf e segue in diretta televisiva su “Al Jazeera” quanto
avviene nel centro di Baghdad e di fronte all’hotel “Palestine”.
Le pubblico così come mi sono arrivate.
Quale festa a Baghdad?
da
Charles Clover
“Financial Times”
in Najaf
Iraq
Sto vedendo al Jazeera live. Bagdad. Panoramica dall’alto. Vedo i carri
armati ma non vedo le folle festanti. Anzi non vedo folle di nessun genere.
Solo gruppetti. Alcuni hanno uno striscione con scritto “Via gli human
shield”. Altri stanno buttando giù una statua di Saddam. Notoriamente la
prima preoccupazione dei cittadini di una città martoriata!
Collaborazionisti? I fuorusciti al soldo degli americani, i nuovi miliziani
pagati dagli Usa che ci verranno spacciati per “il popolo di Bagdad?
***
Wednesday April 09, 2003 at 03:34 PM
Truppe USA all'assalto dell'hotel Pelestine forse alla ricerca di cecchini.
panico tra la gente nell'hotel
donne e bimbi che tremano e piangono di paura, uomini in divisa urlano
bestemmie e ordini.
le telecamere delle truppe si soffermano sui quadri di Saddam presenti
all'interno, come per giustificare l'irruzione.
proteste dei giornalisti che accolgono i militari al gido di "fuck USA" e
"Yankees go home".
[NOTA: L'archivio di questi report e' disponibile su
<http://italy.indymedia.org/news/2003/03/222502.php>http://italy.indymedia.org/news/2003/03/222502.php
Queste corrispondenze sono inserite da *Robdinz* che e' in contatto
dall'Italia , attraverso le linee telefoniche internazionali, con varie
persone che sono a Baghdad e che fanno riferimento per i contatti ai
telefoni di due alberghi della capitale, dove è ospitata la stampa
internazionale. Si tratta di operatori dell'informazione indipendente,
free-lance, 6 o 7 human shields, e qualche cittadino di Baghdad che lavora
con loro. *Robdinz* non è a Baghdad ma funziona come una sorta di "ponte"
per far arrivare notizie ed informazioni in tempo reale raccolte con grande
onestà intellettuale e capacità professionale nella attuale realtà
(drammatica) della città.]