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de bello italico



In questi tempi di crescente angoscia per un futuro che appare quantomai
sospeso e gravido di oscuri presagi appare sempre più netta la sensazione
che l'ipocrisia della politica italiana abbia raggiunto livelli disgustosi.
Ciò nasce dall'osservazione che su tutti i grandi temi sui quali la
Chiesa-gerarchia esprime il suo pensiero, enunciando dogmi diretti ai
governanti assai più che ai fedeli (aborto, coppie di fatto, eutanasia,
per citarne solo alcuni) e pretendendo di dettare la propria legge
universale, i nostri politici, tranne episodiche e rare eccezioni, hanno
di fatto sempre supinamente assecondato i desiderata d'oltretevere,
rendendo così legittimo il dubbio dell'esistenza stessa di uno Stato che
possa ragionevolmente dirsi laico.
Viceversa, sull'unico tema che oggi unisce trasversalmente nel ripudio
anime e culture profondamente diverse, religiose e laiche, sotto gli
accorati appelli del papa - il terribile tema della guerra e dei suoi
"effetti collaterali" - la politica italiana, e in particolare quella
sedicente cattolica che governa oggi il Paese, ha dimostrato ambiguità
inconcepibili.
Giovanardi, Martino, Berlusconi e gli altri ministri sin qui intervenuti,
si sono affannati a dire che loro non sono uomini "né-né" (come sarebbero
invece quei "pusillanimi" che dicono no alla guerra, senza se e senza ma).
E hanno ragione: loro sono uomini "e-e". E con Bush e col papa: per non
dispiacere a nessuno, in attesa di capire chi vincerà.
La guerra da sempre travaglia le coscienze degli uomini che abbiano
rispetto della propria e altrui umanità e dignità. E si discute da secoli
di guerra giusta e ingiusta, legittima e illegittima. Ma questa guerra,
verso il dittatore che fu l'alleato di un tempo, è da sempre apparsa come
una copertura pretestuosa di opzioni politiche tutt'altro che trasparenti.
E in questa ambiguità, che probabilmente non sarebbe sanata neppure da un
favorevole voto unanime di istituzioni internazionali (che comunque è pure
mancato), c'è tutto il senso di un irresponsabile analfabetismo della
democrazia o di uno sconfinato cinismo.
Sarebbe ora di mandare a casa gente così inadeguata a rappresentare le
esigenze di un mondo complesso come quello attuale.
Parafrasando il motto latino: Si vis pacem, para pacem!

Eugenio Galli (Milano)