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Minidossier sul Venezuela



Ho finalmente tradotto l'articolo sul Venezuela che ti invio in allegato, 
ho cercato i farlo il più fedelmente possibile.

Solo un paio di considerazioni.

L'articolo è più che mai attuale nell'imminenza del massacro in Iraq e può 
far capire le vere motivazioni della guerra in Iraq e purtroppo delle 
prossime future.

Un altra considerazione riferita alla situazione interna del Venezuela 
riguarda la gran confusione montata ad arte tramite i media sia  a livello 
nazionale che internazionale dai cosiddetti oppositori sia in Venezuela che 
all'estero:

1)Tutti i mezzi di comunicazione sono in mano, non al governo, ma bensì 
all'opposizione.

2)Trovo assurdo nell'articolo di Pacheco, dare le colpe, della crisi 
economica attuale del paese e in particolare di PDVSA, al governo, hanno 
bloccato per 2 mesi ,sabotando anche fisicamente la più grande industria 
del paese, facendo perdere entrate per centinaia di milioni di dollari.

3) Il presidente Chavez (un personaggio anche discutibile, se vogliamo) è 
stato eletto democraticamente con una maggioranza netta e ha un ampio 
appoggio popolare.

4) E' vero che la CTV è il più grande sindacato in Venezuela ma rappresenta 
solo l'otto%dei lavoratori.

Ti ringrazio e ti auguro un buon lavoro in questi tragici e tristi giorni 
che ci aspettano.

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La Pentola puzzolente di PDVSA e il possibile intervento nordamericano

David Javier Medina
El Guayanes

Alcuni mesi fa, vari analisti del petrolio come Francisco Mieres, Victor 
Poleo e Pablo Hernandez, tutti loro, importanti collaboratori del Centro di 
Investigazione dell'OPEC, facenti parte del Ministero della Energia e 
Miniere, misero in risalto l'urgenza di ristrutturare l'Industria 
petrolifera venezuelana PDVSA, in quanto in essa si stava perpetrando un 
altro golpe come quello dell'11 Aprile 2002, che mirava a soddisfare 
interessi privati e buona parte di essi, delle imprese nordamericane.
Una volta iniziato lo sciopero del petrolio e quando il governo denuncia il 
sabotaggio internazionale di PDVSA, gli analisti menzionati, iniziano una 
campagna di responsabilizzazione, il cui messaggio ha posto in evidenza le 
reali motivazioni delle guerre nel mondo, i colpi di stato in America 
Latina, piani militari come "El plan Colombia", la cui finalita' e' di 
convertire il paese vicino nell'Israele del sud America.

Antecedenti storici

Questa informazione e' stata acquisita dal foro "PDVSA por dentro" 
realizzato a Maracaibo, pochi giorni dopo che riprese la navigazione la 
nave cisterna "Pilin Leon", nel quale Pablo Hernandez fu' il promotore 
mentre simultaneamente, altri analisti, facevano altrettanto in altre 
regioni del paese.
Riferendosi a fatti storici che a suo giudizio spiegano la situazione della 
crisi attuale del paese e del mondo, Hernandez mette in risalto che quando 
i patrioti di Bolivar si ribellarono all'impero spagnolo per difendere la 
terra venezuelana, morirono un venezuelano su quattro, vale a dire 250.000 
morti durante la lotta per l'indipendenza che permise la liberazione di 
cinque paesi.
Questa riflessione e' stata fatta con l'intento di chiarire che il processo 
di trasformazione del paese, inizia un'altra volta nel Dicembre 2002, 
esaltando la maggior responsabilita' di venezuelani, che un domani dovranno 
rispondere ai propri figli del loro operato.
Hernandez chiarisce che gli Stati Uniti non erano presenti a quei tempi 
pero' gia' nel 1919 il suo Dipartimento di Stato attraverso un'informativa, 
afferma la necessita' di appropriarsi di tutte le aree petrolifere che 
erano britanniche.
Spiega, ancora che gi Stati Uniti non parteciparono alla 1° guerra 
mondiale, perche' in quel momento e dal 1860 era il primo produttore ed 
esportatore mondiale di petrolio del mondo e durante la guerra riforni' di 
petrolio non solo Francia e Inghilterra ma anche la Germania, cosi' come 
fece nella seconda guerra mondiale, a dimostrazione che gli U.S.A. non 
hanno amici e nemici senza interessi.
Nonostante avessero i maggiori giacimenti petroliferi conosciuti in 
quell'epoca, inizia la guerra per il petrolio contro Inghilterra e Francia. 
Nell'anno 1919 inizia in Venezuela la battaglia tra la Shell e la Creole 
per la conquista dei giacimenti petroliferi del lago Maracaibo.
Per questo e' evidente che da 80 anni a oggi, il petrolio per gli U.S.A. e' 
di importanza vitale, tanto che nel 2001, il vicepresidente Dick Cheney, 
precisamente il 30 Aprile, indica le basi del famoso piano energetico di 
Bush, dicendo che realmente i combustibili derivati dal petrolio coprono il 
100% delle necessita' del trasporto e una grande percentuale delle 
richieste per il fabbisogno elettrico. Hernandez conclude dicendo che 
questa e' la realta' da molti anni e che cosi' continuera' ad essere in futuro.
In questa maniera smentisce le argomentazioni date in passato da Luis 
Giusti e Quiros Corradi che riferivano che il petrolio non ha futuro e 
sara' sostituito da altre fonti energetiche, considera un racconto falso, 
venduto ai venezuelani per giustificare la privatizzazione di PDVSA.

Un enigma chiamato Stati Uniti

Gli Stati uniti, consumano la meta' del combustibile del mondo, 50 litri 
ogni 100 e in futuro avra' necessita', per i fabbisogni di energia 
elettrica, di costruire entro il 2020, tra 1300 e 1900 centrali elettriche, 
una per settimana, tutto per consumo interno, con l'eccezione, che 
aumentando il ritmo di sviluppo ne saranno necessarie anche di piu''.
Avranno bisogno anche di 400.000 km di gasdotti secondari e 90.000 di 
gasdotti principali.
Hernadez enfatizza che si sta parlando della maggior economia mondiale, la 
quale ha bisogno di petrolio a basso costo, non petrolio qualsiasi e sono 
pochi i posti nel mondo che possono offrire barili di petrolio il cui costo 
di produzione sia inferiore a cinque dollari a barile.
Percio' il 17 Maggio, Dick Cheney, che e' anche presidente di una delle 
prime compagnie di servizi petroliferi, dice, con il consenso del 
presidente Bush, che gli Stati Uniti, avrebbero potuto avere dei problemi 
se venivano a mancare i rifornimenti di combustibile, mentre in realta' si 
trattava di una falsa crisi creata dalla impresa Enron, per ripagarsi delle 
spese sostenute per la campagna elettorale dell'attuale presidente degli 
Stati Uniti.
Si stabilisce quindi, che si deve ottenere petrolio, in qualsiasi posto e 
con qualsiasi mezzo, in quanto si tratta di un problema di sicurezza nazionale.
Hernandez collega queste affermazioni col fatto che venti dei principali 
dirigenti politici dell'attuale governo di questa nazione, sono funzionari 
della industria petrolifera e che altri 32 importanti dirigenti sono 
rappresentanti di compagnie che producono e commerciano armi, compresa la 
moglie di Cheney, che e' consulente della principale impresa di armamenti 
nordamericana.

Perche' il petrolio?

Il petrolio non e' solo gas per cucinare, materia prima per le centrali 
elettriche, combustibile, carburante, oli o asfalto per le strade, ma 
fondamentalmente e' l'unica fonte energetica conosciuta al mondo che 
permette con un serbatoio di carburante di 100 litri di muovere una nave di 
cento tonnellate. Non esiste altra fonte energetica con queste proprieta', 
come i combustibili derivati dal petrolio.
Dal petrolio, pero' provengono anche numerosi derivati che soddisfano 
un'infinita' di rami industriali, anche l'amalgama e la resina per i denti 
derivano dal petrolio, vale a dire, milioni di prodotti derivano dal 
petrolio e questa caratteristica ne fanno la materia prima nel mondo 
attualmente e probabilmente nei prossimi cento anni.

Cosa c'entra il Venezuela in questa realta'?

La crisi venezuelana sta semplicemente nel pretendere di produrre la 
maggior quantita' di petrolio nel paese, e questo e' il motivo per cui 
vogliono realizzare il colpo di stato. Situazioni create da fuori che 
evidenziano l'enorme potere che hanno le compagnie petrolifere nel mondo.
Delle cinquecento grandi corporazioni nel mondo, ci sono 260 compagnie che 
producono beni materiali, perche' le altre 240 fanno attivita' di 
commercio, assicurazioni, banche, finanza che non producono assolutamente 
niente.
Le compagnie legate al petrolio o alla produzione di energia occupano la 
meta' della economia mondiale, da qui il detto che dice che attualmente le 
compagnie petrolifere sono le padrone del mondo, in quanto hanno il 
controllo dell'energia che muove l'economia mondiale e la materia prima 
senza la quale la stessa economia mondiale non funzionerebbe.
Quaranta di ogni cento tonnellate del commercio mondiale sono in ogni 
maniera petrolio e gas e questo e' il peso che ha, secondo Hernandez, il 
nemico che combatte Venezuela, intendendo come nemico, le imprese 
petrolifere degli Stati Uniti.

Le transnazionali petrolifere sono un mostro economico

Il potere finanziario delle compagnie petrolifere e' evidente quando le 
imprese Exon Movil, Bp e SHELL, dichiarano guadagni netti nell'anno 2001 
dopo aver pagato le imposte per 34.000 milioni di dollari, mentre tutte le 
compagnie di informatica del mondo (Europee, nordamericane e Giapponesi), 
inclusa quella dell'uomo piu'' ricco del pianeta, dichiarano la meta'.
Queste compagnie che dichiarano il doppio del resto della industria 
mondiale controllano il governo britannico e nordamericano, pero' 
dichiarano solo i guadagni netti mentre probabilmente stanno guadagnando il 
triplo, grazie ai cosi detti costi operativi che sono anche essi forme di 
guadagno.

La fragilita' del mostro

Il famoso racconto che il consumo di petrolio decadra' in un prossimo 
futuro, si contraddice con i risultati delle analisi delle principali fonti 
statistiche degli Stati Uniti, dove si evidenzia che dall'anno 1985 
all'anno 2010 il consumo di petrolio e' aumentando e continuera' aumentando.
Per l'anno 2020 si prevede che negli Stati Uniti per ogni 100 barili 
consumati se ne dovranno importare 80 contro i 60 che si importano attualmente.
Mentre in Europa, ogni 100 barili consumati dovra' importarne 90 e in un 
tempo non lontano dovra' importare tutto il petrolio che consuma, cosi' 
come il Giappone.
Cosi' che dei 60-75 milioni di barili di petrolio necessari per il 2020, 
dovranno importarli tutti, con la considerazione che questi 75 milioni di 
barili significano 25 giacimenti come Venezuela, che e' il quinto paese 
produttore mondiale.

La politica estera degli U.S.A. si basa sulla dipendenza energetica.

Gli Stati Uniti non possono incrementare del 50% il consumo di petrolio 
senza intromettersi politicamente e militarmente nei paesi dai quali 
dipende il suo consumo di petrolio. Dove esiste il petrolio che a loro 
serve, loro interverranno con le buone o con le cattive e questi paesi non 
sono altri che Messico, Venezuela, Colombia, Ecuador e Argentina, parlando 
solo di America Latina.
Questi paesi esportano negli Stati Uniti tanto petrolio quanto Arabia 
Saudita e Canada, quasi tre milioni di barili giornalieri che escono dalla 
America Latina.
Altra considerazione importante e' che per gli Stati Uniti e' piu'' 
importante il petrolio dell'America Latina che quello dell'Arabia Saudita, 
per il fatto che dal Messico c'e' un giorno di viaggio, dal Venezuela 
cinque giorni mentre dai paesi arabi ci vogliono cinque settimane.
Percio' si e' sempre detto che gli Stati Uniti hanno il petrolio nel 
cortile di casa cioe' in America Latina.
Si spiega cosi', che le necessita' energetiche degli Stati Uniti hanno 
creato varie compagnie multinazionali senza nazionalita', non si tratta di 
compagnie nordamericane, europee o giapponesi, ma di multinazionali.
Quando gli Stati Uniti conducono una guerra per il petrolio stanno 
assicurando petrolio alle proprie compagnie in Europa, nel sud-est Asiatico 
e nel Giappone, prova ne e' che una parte della Mitsubishi e' della General 
Motors. Fusioni che si effettuano anche fra le altre grandi compagnie del 
mondo, come quella fra Exon Movil e la Shell.

Chi governa il mondo?

Esiste una specie di governo mondiale controllato dalle grandi 
corporazioni, queste 260 grandi corporazioni sono sostenute da quindici 
banche mondiali. E' per questo che quando gli Stati Uniti iniziano 
un'operazione di liberta' dicono che si sta o "con loro o contro di loro", 
semplicemente stanno dicendo che la materia prima, cioe' il petrolio, serve 
per assicurare energia a basso costo per gli Stati uniti, Giappone, Europa, 
paesi del sud-est Asiatico oltre che Messico e Brasile dove loro hanno le 
loro fattorie.

I giacimenti petroliferi piu'' importanti nel mondo

Gli Stati Uniti hanno constatato che la maggior riserva di petrolio in 
Europa, precisamente nel Mar del Nord, e' in declino e gia' non si 
effettuano piu'' investimenti, il che spiega la presenza di norvegesi in 
Venezuela, Brasile e altre parti del mondo.
Studi scientifici riscontrano importanti riserve di petrolio al confine fra 
Colombia e Venezuela, cosi' come l'Africa occidentale, si e' convertita in 
una nuova frontiera petrolifera del mondo.
Confrontando la nuova mappa del petrolio con lo scenario bellico nel mondo 
non e' casuale vedere che dove ci sono guerre, colpi di stato o 
insurrezioni ci sono anche grandi riserve di petrolio, dove c'e' petrolio 
ci sono problemi e curiosamente la democrazia non funziona e a giudizio di 
Hernandez, gli Stati Uniti sostengono la falsa democrazia.
Tre esempi di cio', sono, la guerra in Afganistan, il cui motivo e' che in 
questo paese esistono il 35% delle riserve di gas nel mondo e tutte le 
guerre imposte a questo popolo hanno come motivo la costruzione di un 
gasdotto dal maggior produttore di gas fino al Pakistan, anche se si 
potrebbe fare attraverso l'Iran o l'Iraq pero agli Stati Uniti non conviene 
perche' considera entrambi i paesi come nemici.
Ancora meno conveniente e' farlo passare per la Russia, gli rimane l'unica 
soluzione del Pakistan fino all'Oceano e da li distribuirlo in Europa e 
Giappone, per le rotte convenzionali delle imprese nordamericane.
La guerra si giustifica ancor piu'' con gli attentati dell'11 settembre a 
New York, sui quali le indagini rilevano gravi inadempienze dei servizi 
segreti, in quanto i Talebani appoggiati nel passato, si rifiutarono di 
regalare la loro materia prima.
Bisogna anche dire che in Afganistan si produce il 75% dell'eroina 
mondiale, il cui maggior consumo e' negli Stati Uniti e in Europa e 
costituisce un commercio tanto fruttuoso quanto il petrolio, in quanto 
movimenta piu'' di 1200 milioni di dollari al giorno nelle grandi banche 
del mondo.
Un altro esempio occorse quando vari mesi fa da Mosca decisero di 
assassinare varie persone della resistenza cecena, uccidendo tanto gli 
ostaggi, come i ribelli, per la semplice ragione che la Cecenia, ubicata 
nel Mar Caspio zona di produzione di petrolio che e' fondamentalmente una 
rotta petrolifera di importanza e la Russia non puo' permettersi il lusso 
di restare tagliata fuori dal commercio del petrolio, tanto meno perche' 
non guadagna solo chi lo produce e lo commercia ma anche chi ne fruisce il 
suo passaggio.
L'ultimo esempio e' la Yugoslavia, che anche essa e' una rotta del petrolio 
importante e senza andare molto lontani l'imminente bombardamento in Iraq.
La guerra non si fa solo per l'energia ma anche per la materia prima a 
basso prezzo, contenuta nei minerali grezzi per costruire un motore a 
reazione o qualsiasi pezzo meccanico moderno.
Minerali che sono fondamentali in settori strategici della economia 
mondiale, nella costruzione di macchinari e ferramenta, nelle 
comunicazioni, nella energia e chimica, tutto cio' rende indispensabile 
questi minerali per le principali industrie che alimentano l'economia 
mondiale e che sono motivo di lotte sanguinarie per il petrolio e la 
materia prima a basso costo.

Un bottino chiamato Venezuela

In Venezuela non c'e' solo petrolio ma anche grandi riserve di minerali 
come gas, carbone, idroenergia, acciaio, alluminio e ferro fra gli altri.
In questo contesto il Venezuela si situa come una preda appetibile per le 
transnazionali petrolifere, i cui legami con l'antica amministrazione di 
PDVSA furono scoperti nella politica di internazionalizzazione della 
industria sviluppata da Luis Giusti, che pero' ebbero inizio nella cosi 
detta "nacionalizacion chucuta" realizzata dal primo governo di Carlos 
Andres Perez.
Da allora si registra una storia fatta di evasione fiscale, un progetto di 
privatizzazione di PDVSA e il falso mito della "meritocrazia" dove solo 
sono promossi ai livelli piu'' alti coloro che sono compromessi con le 
transnazionali petrolifere.

Le guerre che si avvicinano

Quando in futuro si vedranno le guerre e i massacri in Africa, queste 
saranno relazionate con il petrolio, l'oro, i diamanti, il ferro, il rame, 
il cobalto, il manganese e l'uranio, !massacri di popolo che non 
interessano perche' sono negri! Queste sono le vere ragioni della famosa 
operazione "Liberta' duratura" e contro questo nemico combatte il Venezuela.

Cosa nasconde il "Plan Colombia"

Nelle terre di "Caño Limon" situate a fianco di "La Victoria" nella regione 
di "Apure", il cui petrolio arriva a "Barinas" e successivamente al 
"Palito", questa zona estesa significa un solo giacimento di petrolio, con 
la particolarita' che nel "Casanare" colombiano, si trova il giacimento di 
"Cusiana" e "Cuspiaga", il principale giacimento petrolifero colombiano con 
una produzione di 1.300.000 barili di petrolio al giorno esportati in gran 
quantita' verso gli Stati Uniti, questo petrolio puo' uscire dalla Colombia 
solo per tre vie: attraverso il Venezuela, pero' e' proibito dalla 
costituzione venezuelana, attraverso il pacifico, pero' dovrebbe passare 
due volte sulla Cordigliera delle Ande, a un'altezza di piu'' di 5.000 
metri e inoltre lo sbocco sul pacifico, non e' quello del mercato 
principale, nordamericano. Dovrebbe allora uscire al confine con la 
frontiera venezuelana fino al punto in cui supera la cordigliera fino a 
"Puerto Cobeñas" un porto turistico trasformato in porto petrolifero. In 
questa localita' esiste un oleodotto di 700 km che la guerriglia colombiana 
paralizzo' per 270 giorni nel 2001, tale oleodotto frutto' notevoli 
guadagni ed e' della "Occidental Petroleos" nella quale il presidente Bush 
ha interessi privati.
Per questo oleodotto nell'Aprile 2002 gli Stati uniti attraverso il proprio 
dipartimento di stato, finanziarono la "Brigada Oleoducto", 2.500 uomini 
addestratissimi, colombiani, appoggiati da una forza di reazione rapida di 
elicotteri, piu'' un aereo che sorvola per 24 ore al giorno l'oleodotto al 
fine di proteggere gli interessi nordamericani.
Aggiungo un altro dettaglio riferito al Signor Colin Powell, quando inizio' 
il movimento golpista in Venezuela e il funzionario americano viaggiava in 
Colombia col compito che i famosi aiuti per combattere il narcotraffico si 
convertissero in aiuti contro la guerriglia, cosa che si stava facendo da 
tempo ma che in quel momento si legalizzo'.
Il problema non era il narcotraffico, ma la guerriglia ubicata nella zona 
di interessi petroliferi e nella zona del "Putumayo" colombiano al confine 
con l'Ecuador, dove sono situate le principali riserve petrolifere del 
paese e la principali coltivazioni di coca, che anche essa e' controllata 
dagli Stati Uniti.
Il 90% della cocaina mondiale esce dalla Colombia, un commercio tanto 
fruttuoso che un chilo di cocaina costa in Colombia alla mafia 
nordamericana in complicita' con i funzionari della C.I.A. 1.500 dollari, 
pero' nel mercato di Los Angeles o New York costa fra i 120.000 e i 150.000 
dollari, e una volta tagliata il prezzo triplica.
Il "Piano Colombia", cosi' definito dal presidente Uribe, difensore della 
liberta', malgrado da sei mesi questa nazione sia in stato di eccezione, 
dove non ci sono diritti umani nelle zone dichiarate in eccezione, 
contempla la trasformazione dell'esercito colombiano di 50.000 uomini 
attuali, in 300.000 uomini finanziati dagli Stati Uniti e dal popolo 
colombiano attraverso le imposte, oltre all'aspirazione di avere un milione 
di miliziani, mascherati da informatori che in realta' sono forze paramilitari.

Perche' la Colombia ha bisogno di un esercito 1.300.000 uomini armati?

Si tratterebbe di un esercito piu'' grande di quelli della Germania, Italia 
e Francia, uomini che non sono destinati a combattere la guerriglia, che 
secondo le dichiarazioni del presidente Uribe vorrebbero neutralizzare, ma 
bensi' spingerli dalle pianure colombiane verso le Ande, perche' il vero 
obbiettivo si chiama Venezuela, con i suoi 2.500 km di frontiera con la 
Colombia e cosi' da giustificare un maggiore interventismo degli Stati 
Uniti in Colombia affinche' la guerriglia traslochi in Venezuela, Ecuador e 
Brasile, convertendo la guerra colombiana in guerra di liberazione dei 
paesi del sudamerica.
Il piano e' gia' cosi' chiaro che il capo del Comando Sud degli Stati 
Uniti, il generale James Hill, lancio' l'allarme che in tutta l'America 
Latina operano narcoterroristi vincolati ai gruppi islamici radicali come 
Hamas, Hetzbolah e Al Qaida.
Un piano macabro che inizia a disegnarsi nella realta' venezuelana quando 
Pablo Medina, politico della opposizione, dichiara ai media la necessita' 
di eliminare le Forze Armate venezuelane e i militari di Altamira 
ribadiscono la necessita' di eliminare la politica e le Forze Armate.

Potrebbe sopraggiungere un'altra guerra di indipendenza

Il programma del Piano Colombia prevedeva che l'esercito venezuelano 
contrastasse la guerriglia nella frontiera venezuelana, pero' in realta' si 
tratta di reprimere il popolo colombiano che emigra per la violazione dei 
propri diritti, ugualmente come gli ecuadoriani, i boliviani, ripetendo la 
repressione nella storia latino-americana da duecento anni, quando fu 
necessario liberare prima la Colombia dove colombiani e ecuadoriani 
morirono nella battaglia di Carabobo.
Va anche detto della partecipazione dei negri e contadini venezuelani che 
morirono in Cile, convertendosi nell'unico esercito della storia 
dell'umanita' che non ritorno' con un bottino di guerra.
Oltre questo problema per il Piano Colombia, gli Stati Uniti hanno il 
problema che intervenendo in Venezuela, non dovranno combattere contro un 
esercito ma contro un popolo e questa nazione non ha mai vinto quando si 
scontra con i popoli, la prova di cio' e' l'esempio del Vietnam.
Gli Stati Uniti potranno mettere tutte le bombe che vogliono, pero' non 
hanno idea di quanti uomini hanno bisogno per controllare gli chavisti, che 
secondo loro sono solo tre milioni, non potranno controllare Caracas, 
quanti uomini gli servono, tenendo conto che Caracas non ha nessuna 
importanza per loro, piu' importante e' il lago di Maracaibo, il campo 
fluviale, Guayana e per seguire i loro piani a lungo termine devono 
risolvere il problema seguendo il camino democratico, cioe', negoziando e 
con elezioni.

Colombia sarebbe l'Israele del Sudamerica

Mascherare una soluzione "democratica" in Venezuela significa la ricerca di 
un altro Pedro Carmona Estranga o che nel seno del governo salti fuori un 
traditore, un giuda, che e' il lavoro che freneticamente stanno facendo.
Intanto gli Stati Uniti pretendono di convertire la Colombia nell'Israele 
del Sudamerica, perche' da Paria a Trinidad, fino alla Bolivia, esiste un 
enorme giacimento di petrolio fra le ande sudamericane, il massiccio della 
Guayana e la selva amazzonica, pero' oltre a cio', la selva andina 
sudamericana e l'amazzonica sono le ultime riserve di biodiversita' nel 
mondo, fatto di estrema importanza per i paesi industrializzati che hanno 
distrutto le proprie biodiversita'.
Per questo l'autore del Piano Colombia dice che per controllare il 
Venezuela e' necessario intervenire militarmente in Colombia, dopo di che' 
il paese avra' il petrolio che gli serve.
Venezuela e' petrolio, gas, carbone e inoltre ha il rio Orinoco, unico al 
mondo, per produrre migliaia di barili al giorno, nel quale potrebbero 
installarsi centrali energetiche nell'alto "Caroni'" per generare l'energia 
elettrica per tutto il Sudamerica.
Per questo nel piano energetico nordamericano, PDVSA e' vitale per 
mantenere il paese come esportatore di energia, cio' smentisce il famoso 
racconto che non c'e' sviluppo nell'economia o che non ci sono investimenti 
per mancanza di garanzie offerte dal governo.
Questa affermazione e' falsa, in quanto semplicemente ai capitali stranieri 
e parte di quelli nazionali non sono interessati al paese, gli importa solo 
che produca petrolio, gas e elettricita', qualsiasi altro investimento non 
e' conveniente.
Venezuela e' 368.000 milioni di barili che diviso tre dimostra che c'e' 
petrolio con riserve provate per 120 anni, che pretendono di esaurire nei 
prossimi 20 anni.

Quali sono le forze sociali che stanno dietro il conflitto venezuelano?

Quando in Europa si vendono 100 dollari di petrolio sotto forma di 
combustibile, olio o qualsiasi altro prodotto, i governi incassano 68 
dollari di imposte, 16 li incassano le compagnie petrolifere e 16 li 
incassano i venezuelani, vale a dire che quando l'Europa paga 20 dollari 
per barile, lo stesso si converte in 150 dollari e da li' sono pagati i 68 
di imposte.
E' tanto grande il beneficio che traggono i governi dal petrolio che paesi 
come Germania, Francia, Giappone, Regno Unito, Italia, nessuno di loro 
possiede petrolio ad eccezione dell'Inghilterra nel Mar del Nord e senza 
dubbio hanno guadagni dal commercio del petrolio tre volte maggiori che il 
governo venezuelano.
I governi occidentali, il G7, sono i maggiori beneficiari del commercio del 
petrolio, prova ne e' che la benzina in questi paesi e' costosa, non per il 
prezzo del barile, ma per le imposte che loro ricaricano al consumo nei 
propri mercati. Nonostante si ostinino ad accusare dei prezzi alti l'OPEP.
Abbiamo quindi la prima classe sociale implicata nel conflitto venezuelano 
che sono i governi occidentali. E se si fa una scala, il capitale 
petrolifero internazionale lo apportano i governi occidentali, le compagnie 
petrolifere che insieme commercializzano e ottengono benefici per migliaia 
di milioni di dollari, molto di piu'' di quanto guadagnano i paesi 
dell'OPEP, alla fine ci sono i guadagni di PDVSA e quelli dei venezuelani.
Chi difende la "meritocrazia", i militari di Altamira, e i politici 
dell'opposizione, non sono meritevoli ma solo si sentono sostenuti dai 
capitali stranieri.

Il mito di PDVSA

L'ufficio relazioni pubbliche di PDVSA, secondo i giornali da loro pagati, 
la collocano fra le prime cinque imprese mondiali.
Gli introiti di PDVSA nel 2001 ammontano a 46.000 milioni, quelli della 
Exon sono 190.000, la Chevron 99.000 ma l'importante e' che PDVSA 
commercializza 3,5 milioni di barili al giorno, mentre la Chevron ne 
commercializza meno di 2,5 milioni, malgrado cio' ottiene il doppio degli 
introiti.
Pero' dei 46.000 milioni di guadagni di PDVSA, sono dichiarati in dividendi 
solo 3.660, mentre le transnazionali triplicano i guadagni malgrado 
commercino meno petrolio il che obbliga a domandarsi quale sia l'efficienza 
dell'antica amministrazione di PDVSA. Non e' sufficiente uscire fra le 
prime cinque in una rivista comprata.

I costi di PDVSA

Hernandez dice che si comincia a capire il racconto della vecchia 
"meritocrazia" di PDVSA quando si valutano i costi, resi noti da 
informazioni proprie della compagnia.
L'attuale ministro delle finanze, Tobias No'brega, realizzo' uno studio in 
proposito, dove mostra l'analisi dei costi, dai quali si deduce che gli 
impiegati di PDVSA costano il doppio e producono la meta', e questo obbliga 
a controllare i conti della maggiore industria del paese.
Non e' necessario essere esperti del petrolio per notare che Exon Mobil 
comprando il petrolio in piu'' di 50 paesi nel mondo, per i suoi 
investimenti in tutti settori, in rapporto a PDVSA che non compra petrolio, 
spende per l'acquisto del petrolio grezzo il 40% dei costi totali, da qui 
il primo dubbio.
Il secondo dubbio e' il fatto che le compagnie petrolifere mondiali, pagano 
tre volte di piu'' imposte che PDVSA e quando lo versano al governo, questi 
lo riscuote senza fare i conti esatti.
Pdvsa paga un terzo delle imposte, dopo che il governo ha sperperato tutti 
i guadagni dell'industria con l'intenzione di affogarla, senza invece 
impegnarsi a ridurre i costi di operazione e fermarne il suo saccheggio.
La shell, per esempio, con investimenti e stabilimenti petroliferi in tutto 
il mondo spende solo il 9%, l'Exon Mobil che e' la prima compagnia in piu'' 
di 130 paesi spende il 23%, mentre PDVSA che produce solo in Venezuela 
spende il 47%, cinque volte piu'' che le transnazionali.

Perche' succede questo?

La storia politica ed economica del Venezuela negli ultimi 26 anni, sotto 
il regno di PDVSA, dimostra che la produzione di petrolio dall'anno 1976, 
anno della "nazionalizzazione" della industria, l'industria petrolifera non 
deve dividere i propri guadagni con nessun governo straniero, pero' a meta' 
decade anni 70, l'industria del petrolio nazionale versava l'80%, ogni 100 
dollari fatturati, dichiarando fra ricavi e costi il 20%, chiarendo che non 
si tratta di percentuale sui ricavi reali, ma dell'ammontare dichiarato. I 
ricavi non dichiarati rimanevano all'industria, erano una somma maggiore, 
di dimensioni cosi' grandi che fra l'anno 50 e 70 la Shell e la Standar, 
ottennero la meta' dei loro ricavi mondiali per gli Stati Uniti, grazie al 
Venezuela.
I signori di PDVSA in 26 anni cambiarono strategie, anche se ora produrre 
petrolio e' piu'' caro, quello che riceve il governo e in fine i 
venezuelani, e' inferiore. Questo ci obbliga a chiedere ai "geni" di PDVSA 
perche' convertirono questa industria nella unica al mondo che presenta nei 
bilanci, costi crescenti di produzione, quando invece qualsiasi economista 
o negoziante sa che in qualsiasi commercio l'idea e' di diminuire i costi 
per aumentare i guadagni.
Quando le imprese si fondono fra di loro, come fecero con PDVSA nella 
gestione di Luis Giusti, e' per diminuire i costi. Quando l'Exon si fonde 
con la Mobil per competere con i costi decrescenti nel mercato petrolifero, 
guadagnano nel primo anno 2.000 milioni di dollari e altrettanto negli anni 
successivi. Ma l'amministrazione di PDVSA fece tutto il contrario.
L'inizio della crisi venezuelana si situa fra il 1989 e 1990, momento del 
"caracazo" che coincide con il pacchetto di misure economiche di Carlos 
Andres Perez, e la caduta nel mondo dell'Unione Sovietica, originando la 
lotta mondiale per la divisione del pianeta e la offensiva latino-americana 
per le privatizzazioni, oltre alla lotta per depredare tutte le imprese 
pubbliche dei governi latino-americani e del mondo.
Ne consegue che Chavez non e' altro che il prodotto di questa crisi nella 
quale il Venezuela riceve ogni volta meno dalla industria petrolifera, con 
un aggravante in piu'' nell'anno 1996 quando la produzione di petrolio 
arriva al massimo storico e il Venezuela riceve sempre meno.
Luis Giusti diventa presidente di PDVSA nel 1996, in giunta direttiva con 
Carlos Ortega e "l'esperto" petroliere Toro Hardy, qualificato delinquente 
che nel 1976 fugge dal paese quando il governo di Carlos Andres Perez lo 
mando' agli arresti con ordine di detenzione, per corruzione da parte di 
una compagnia del sud del lago, alla quale dette informazioni riservate per 
ottenere contratti in cambio di 600.000 dollari in azioni.
Questo reato fu dimostrato ai tempi del primo governo di Carlos Andres 
Perez, pero' Hardi fuggi' all'estero, per ritornare dieci anni dopo quando 
il giudizio va in prescrizione ed e' nominato nuovamente nella giunta 
direttiva di PDVSA.
Nel momento di massima produzione dell'industria lo stato venezuelano 
incassa meno soldi, nonostante il Signor Luis Giusti, oggi consulente 
energetico degli Stati Uniti, indica che la produzione di petrolio 
venezuelana dovra' arrivare a sei milioni di barili nel 2006 e undici 
milioni nel 2010.
Aumentare la produzione e privatizzare l'industria del petrolio e' il 
motivo di fondo della attuale lotta per il potere, mentre raccontano alla 
popolazione che aumentando la produzione, si faranno nuove costruzioni, 
case, si avra' piu'' lavoro, quando invece dietro queste manovre ci sara' 
riduzione di personale disoccupazione e nessun investimento nel sociale.

Seminare il petrolio

La frase che rese immortale Uslar Pietri, quando raccontava di seminare il 
petrolio in educazione, salute, infrastrutture, sicurezza, difesa, 
agricoltura, altre industrie, non si realizzo' mai, in quanto negli ultimi 
26 anni gli investimenti in questi settori sono diminuiti grazie alla 
"meritocrazia", che ha seminato petrolio dentro PDVSA.

Come avviene la truffa?

L'aumento dei costi di produzione dal 1991 al 1996 passa a un dollaro e 
sessanta centesimi, Giusti duplica il costo nel 98 e dopo Guaicaipuro 
Lameda lo raddoppia nella sua gestione, portando attualmente il costo di 
produzione a quindici dollari, secondo informazioni dell'attuale presidente 
di PDVSA, quando in realta' il costo di produzione di un barile non 
dovrebbe superare i quattro dollari. Da li' comincia la truffa.
Negli anni fra il 90 e il 98 la produzione di petrolio venezuelana aumenta 
del 50%, mentre i costi aumentano del 175%, il primo caso mondiale di una 
industria che aumenta la produzione senza sviluppo e aumentando i costi.
Per mezzo di contratti in outsorcing nel 1993 PDVSA omise il pagamento di 
9.000 milioni di dollari, nel 1999 pago' 1.775 milioni di dollari, 
semplicemente per questo inganno lo stato ha perso piu'' di 7.000 milioni 
dollari.
Questi sono contratti con compagnie private che incassano per gli 
investimenti di PDVSA e tutti gli amministratori di PDVSA hanno familiari 
in queste compagnie che non investono in niente e incassano lo stesso, 
sotto questa forma ci sono 45.000 operai mantenuti da PDVSA, il doppio di 
quelli attuali.
Un'altra forma per aumentare i costi ha radici negli accordi operativi 
firmati da Luis Giusti, che disse al paese che esistevano zone marginali da 
esplorare per le quali non c'erano risorse economiche e tecnologie 
sufficienti e che quindi era necessario fare accordi per dare queste zone 
attraverso nuove concessioni.
Si consegnarono allora in tre fasi migliaia di kmq in concessione, con 
durata per 35 anni, con la irregolarita' che i fruitori delle concessioni, 
sfruttano giacimenti venezuelani, estraggono il petrolio e PDVSA gli compra 
il prodotto grezzo al prezzo da loro stabilito.
Quando invece l'accordo dovrebbe consistere nel fatto che i beneficiari 
della concessione rischino il capitale per estrarre il petrolio che lo 
stato non puo' estrarre.
Questi accordi sono firmati a Londra, New York e Parigi, il che comporta un 
problema giuridico, in quanto non sono i tribunali nazionali che devono 
giudicare la proroga o meno degli accordi. Questo significa una violazione 
della sovranita'. Oltre a cio' se in questi giacimenti petroliferi non si 
estrae la quantita' di petrolio stimata, Venezuela deve pagare la differenza.
Altra irregolarita', si riferisce al 1998 quando si assicurano con gli 
accordi l'estrazione del petrolio a nove dollari e nel 2000 a quindici 
dollari, ma PDVSA spende per produrre un barile cinque o nove dollari, la 
differenza che oscilla fra sei e dodici dollari, la deve pagare il governo, 
cioe' i venezuelani. Tutto cio' per merito di un progetto firmato da Luis 
Giusti, con la complicita' della politica petrolifera di Acion Democratica 
e COPEI negli ultimi 26 anni e con la complicita' della vecchia 
amministrazione di PDVSA.
In questi accordi operativi ci sono 600.000 barili di petrolio al giorno e 
di questi 500.000 sono fuori della quota OPEP, il che vuol dire che quando 
Venezuela riduce la sua quota di produzione, quella degli accordi non viene 
ridotta.
Il paese non puo' vendere la sua quota a 20 o 29 dollari perche' prima deve 
comprare questi 500.000 barili prodotti dalle compagnie con questi accordi, 
con il fatto che Venezuela compra un barile a 22 dollari per rivenderlo a 20.
La relazione del defunto commissario di PDVSA nell'anno 2000, Rafael Dario 
Ramirez, padre dell'attuale ministro dell'energia e miniera, dichiara che 
le compagnie filiali di PDVSA nominano i propri consulenti a loro 
piacimento, e' evidente il caso della "Venton Vincler" di Monagas, che 
dichiara un costo di produzione a barile di 8,77 dollari, mentre PDVSA 
dimostra che il costo e' di 3,63 dollari, malgrado cio' la nazione ha 
dovuto pagare questa differenza di 5,14 dollari, in pratica la compagnia 
investi' 542 milioni di dollari e PDVSA le restitui' 535 milioni di 
dollari, vale a dire produssero in Venezuela con i soldi dei venezuelani.
Altro caso denunciato nella relazione e' quello riferito alla "Total Finel" 
che costruisce un pozzo di esplorazione dichiarando un costo di 26 milioni 
di dollari, la divisione di oriente di PDVSA dimostra che invece ha un 
valore di sette milioni di dollari, naturalmente la differenza di 19 
milioni e' pagata alla compagnia, una cifra tre volte superiore alle 
necessita' della industria peschiera artigianale venezuelana per il suo 
sviluppo e tale somma la si regalo' in una sola operazione a una compagnia 
petrolifera straniera.
In 17 dei 31 accordi operativi, le imprese in contratto impiegano mano 
d'opera straniera violando le leggi sul lavoro in numero e importo, 
producendo per il paese un costo 16.500 milioni di bolivares.
Altro caso e' quello del giacimento di "Colon" al confine fra Colombia e lo 
stato di Zulia, si stabilisce un incentivo di due dollari per barile quando 
la produzione supera i 98 milioni di barili, ma a Giugno 1998 si modifica 
il contratto rendendolo retroattivo, cominciando il pagamento dei due 
dollari aggiuntivi dal 1999 invece che dal 2013 come da vecchio contratto. 
I casi menzionati sono relativi solo alla relazione del 2000, che a 
posteriori significano una perdita per il paese di 1000 milioni di dollari, 
ma il vero scandalo non e' questo.

Il vero affare...

A parte la gravita' dei casi precedenti, Hernandez assicura che il vero 
affare della mal nominata meritocrazia, inizia nel 1983. PDVSA durante la 
guerra fra Iran e Iraq, riesce ad accumulare circa 5.000 milioni di dollari 
in nero, si presenta il problema di come riciclare questi soldi per 
benefici personali.
La soluzione fu' il famoso "Venerdi' nero" vale a dire quando con la 
svalutazione della moneta venezuelana vi fu' l'evasione all'estero di 
milioni di dollari da tutte le banche venezuelane da allora.
Senza dubbio, rimanevano ancora molti soldi nel paese e essendo PDVSA una 
industria nazionale consolidata, l'esperto petroliere Calderon Berti, che 
oggi e' consulente della Coordinadora Democratica e che in quel periodo si 
burlava accendendo i sigari con biglietti da 550 bolivares, propone la 
internazionalizzazione di PDVSA, cioe' l'acquisto di raffinerie, stazioni 
di servizio, punti di imbarco o terminali all'estero.
Per l'acquisto della prima raffineria, si paga nel 1983, un anticipo del 
50% cioe' 250 milioni di dollari, pagati da Berti in contanti. Lo stesso 
anno lascia il governo Luis Herrera e gli succede Jaime Lusinchi, la cui 
prima mossa fu di indagare sui contratti con le raffinerie, scoprendo che 
quel 50% non costava 250 milioni di dollari ma bensi' solo 28 milioni di 
dollari.
Hernandez rassicura con ironia che i "patrioti" di Acion Democratica si 
indignarono e immediatamente comprano il 20% di questa compagnia per 320 
milioni di dollari, per migliorare l'affare. Gli stessi personaggi che oggi 
sono all'opposizione.
Da allora si comprano 19 raffinerie all‘estero, 13.000-15.000 stazioni di 
servizio all'estero, oltre a porti e terminali sempre all'estero. Tutte 
queste raffinerie erano in vendita perche' ormai inutili.
Erano raffinerie vecchie di 50 anni, adatte solo per lavorare petrolio 
leggero o medio, non per raffinare petrolio pesante come quello 
venezuelano. Si deduce che in queste raffinerie non si e' mai lavorato 
petrolio venezuelano, rendendoci obbligatoria la domanda: a chi compra il 
petrolio Venezuela? La risposta e' Messico e Mar del Nord a 20 dollari.
L'affare consiste nell'estrarre il petrolio dal Venezuela, venderlo 
all'estero e con questi soldi comprare petrolio leggero adatto a queste 
raffinerie, violando tutte le leggi del paese, come ad esempio gli accordi 
bancari con la Banca Centrale che stabilisce per legge che PDVSA non puo' 
incassare e il guadagno di tutto cio' che vende deve essere depositato nel 
conto n° 1 della "Shase Manhattan Bank" intestato alla Repubblica di 
Venezuela.

Il tradimento a Carlos Andres Perez

PDVSA non rispetto' gli accordi con la Banca Centrale e questo significo' 
fra le altre cose la destituzione giuridica di Carlos Andres Perez, nel suo 
secondo mandato, quando tento' di cambiare l'accordo bancario e tento' di 
vendere le raffinerie all'estero, visto che in quel momento il fisco 
comincio' a denunciare la diminuzione di introiti versati da parte di PDVSA.
Questo e' emblematico del potere della vecchia amministrazione di PDVSA che 
secondo Hernandez anche con i propri lacche' quando non servono li buttano via.
Si comprano ancora raffinerie all'estero, non per assicurarsi nuovi mercati 
o per lavorare petrolio venezuelano ma solo per evadere il fisco e 
riciclare denaro all'estero. Il riciclaggio e' tanto che si vende petrolio 
grezzo ai soci scontato attraverso le raffinerie. Si arrivo' a venderlo con 
sconti di due dollari e nel periodo di Giusti, si arrivo' a uno sconto 
anche di quattro dollari, prove ne e' il petrolio venduto nel 1998-99 alla 
SITGO a tre dollari quando il prezzo era di sette dollari a barile, 
addirittura inferiore ai costi di produzione con la giustificazione di 
Giusti di "recuperare mercato adottando prezzi competitivi".
Hernandez constata che non e' necessario essere degli esperti petrolieri 
per capire che queste sono le parole di un ladrone. Una autotruffa 
dichiarata i cui guadagni vengono lasciati all'estero, perche' vengono 
lavati e riciclati dalle compagnie ubicate a Panama, Isole Caiman, Bahamas 
e altri paradisi fiscali di 189 compagnie che non devono presentare bilanci 
a nessuno. Si offrono cosi' soldi e guadagni mentre PDVSA e' indebitata 
all'estero per 10.000 milioni di dollari. I soci nordamericani e europei 
chiedono crediti alle banche con le garanzie dei capitali venezuelani. Il 
Venezuela non puo' rompere questo malaffare neanche regalando i capitali 
investiti all'estero, in quanto e' legata a contratti di 20-30 anni, che 
prevedono la continuazione della somministrazione di petrolio scontato, 
perche' secondo i tribunali di Londra, New York o Parigi, il non rispetto 
dei contratti sarebbe causa di interventi. E questo e' l'asso nella manica 
dell'opposizione, denunciare il governo per aver violato gli accordi 
internazionali, dopo aver svenduto il paese alle spalle dei venezuelani.

L'evasione fiscale

Un altro argomento di PDVSA e' quello dei guadagni totali della industria e 
di cio' che realmente incassano i venezuelani attraverso il fisco, il cui 
ammontare poche volte supera i 10.000 milioni di dollari. Tutto cio' 
perche' la produzione aumenta pero' i costi crescono molto di piu'', cio' 
smentisce le affermazioni secondo le quali l'attuale governo ha incassato 
100.000 milioni di dollari negli ultimi tre anni, mentre in realta' ha 
incassato solo 25.000 milioni di dollari in due anni. Il Venezuela 
praticamente non riceve soldi dall'estero, il che vuol dire che anche se il 
paese e' sottomesso e non vendesse piu'' petrolio di quello che produce 
ora, non sarebbe danneggiato se ricevesse realmente i soldi da chi compra 
il petrolio del paese, in particolare a "Salinas", "Paraguana'" e al 
"Palito", ma i paesi stranieri hanno necessita' di questo petrolio, in 
quanto il loro consumo energetico e' enorme.