Striscia di Gaza 13 marzo 2002 Speranze
"Voglio la pace" un anziano beduino, scacciato nel
1948 da Haifa, ce lo ripete più volte.
Ha perso la casa, i luoghi in cui è cresciuto e non
li rivendica. Dal '48 vive nella Striscia e chiede che almeno questa "seconda
casa" gli sia concessa.
Oggi era giorno di festa; festa di folklore per la
gente di Kahn Younis; canti e balli, stand con prodotti di artigianato locale,
mostra sulla cultura rurale con le antiche lavorazioni palestinesi e
beduine.
Esempi di quella cultura che nel 48 si nascose
deliberatamente con lo slogan dei sionisti radicali: "Un popolo senza terra per
una terra senza popolo". E il popolo che allora perse la terra e la casa, non
perse l'identità e la dignità.
Identità e dignità che ancora oggi sono in pericolo
su quel poco di terra che gli rimane...per quanto tempo ancora?
Inshallah...volere di Dio...l'uomo non può sapere qua, nella terra dove non
conosci il tuo domani perché non ti appartiene.
E nonostante tutto rimane AMANI, che in africa è PACE
e qua in Medio Oriente, con una sola h davanti, è il nome di molte ragazze, un
nome che significa
SPERANZE.
Una speranza che molto spesso nasce dalle situazioni
più disperate, nonostante tutto.
S. vive a 20 metri dall'insediamento. Una torretta
militare è visibile da ogni parte della casa; da quella torretta a volte
sparano. S. ha cambiato già 3 volte la cisterna dell'acqua sul tetto, le
finestre di casa e non può usare il terrazzo. A volte i soldati di notte entrano
in casa. Metà della sua famiglia è bloccata in un altro paese arabo dal
settembre 2000.
Nonostante tutto questo, S. ha scritto sul muro di
casa PEACE NOW e a volte passa il tempo scrivendo su fogli nuovi slogan: il più
aggressivo di questi dice "Una terra, una pace".
A. è figlio di profughi che nel 1948 vennero
scacciati da quella che oggi è parte di Israele. Fin ora ha visto 2 guerre.
Quella del 1956 con gli occhi di un bambino; quella del 1967 con gli occhi di un
giovane combattente. A. è stato in prigione per un anno e mezzo nel 1967 e di
nuovo per alcuni mesi nel 1980 per la sua attività in un partito della sinistra
palestinese.
Da questi eventi tragici della storia palestinese si
porta appresso tristi ricordi che gli velano gli occhi di pianto quando li
racconta. Dalla prigione del '67 si porta appresso un forte dolore alle
ginocchia ogni volta che fa le scale per entrare in
casa.
A. è uno scrittore con la passione delle lingue; tra
queste conosce bene anche l'ebraico; periodicamente si sente con un suo amico
israeliano che abita "dall'altra parte". Qualche volta si scambiano via posta
racconti da tradurre.
Fino al settembre 2000 a volte si incontravano, oggi
è impossibile per entrambi passare dall'una o dall'altra parte.
Nonostante tutto A. oggi crede che l'unica pace
possibile sia solo quella della convivenza tra i due popoli e crede che questo
sia più semplice di quanto si creda, tra due popoli che non hanno più nulla da
perdere. se non il loro reciproco futuro.
ciao a tutti
Piergiorgio |