05/03/03 Al Qararah – Striscia
di Gaza - Storia di due fratelli
Questa mattina siamo andati a Khan
Younis al Nasser Hospital a fare visita ad un nostro amico ricoverato per
problemi allo stomaco. Stando lì con A. abbiamo avuto la possibilità di
incontrare il padre di un bambino che in questi giorni sarebbe dovuto partire
per l'Egitto (tramite il Medical Relief Committees - ong palestinese) per essere
operato alla schiena nella zona lombare dove da mesi ha una scheggia
d'artiglieria che qui nella Striscia non riescono ad
estrarre.
Grazie anche ai 3000 dollari che
l'Operazione Colomba è riuscita a raccogliere, il bimbo sarebbe dovuto partire
se la famiglia, che ha dodici figli, non fosse concentrata trepidante di dolore
su quello ventenne ricoverato in sala rianimazione/terapia intensiva
dell'ospedale della città. Fin qui potrebbe sembrare una storia come tante al
mondo, ma di fatto non lo è.
Le malattie che colpiscono più
frequentemente, direi quotidianamente, qui nella Striscia di Gaza, hanno nomi
particolari e semplici da ricordare: schegge, proiettili, bombe e missili. I
virus che infestano anima e corpo sono definiti col nome di occupazione
militare, guerra preventiva, terrorismo di-stato che è causa di quello
di-sperato.
Facendo un passo indietro è facile
ritrovarsi a due giorni fa quando, durante la notte, l'area di Namsawi, campo
profughi di Khan Younis, è stata invasa dai militari israeliani che invece di
colpire preventivamente cellule del terrorismo islamico, hanno infierito con
"crimini di sicurezza" contro la popolazione civile palestinese dei palazzoni
adiacenti l'ospedale.
Già da tempo gli uomini e i ragazzi
di notte lasciano le famiglie nelle case di Namsawi già martoriate dai colpi
d'artiglieria israeliana e si rifugiano nell'area dell'ospedale.
In questo modo, con la loro assenza,
proteggono le loro famiglie e loro stessi, che la propaganda israeliana
definisce categoricamente terroristi. Due giorni fa, durante l'attacco il figlio
di vent'anni, che si trovava all'interno del recinto dell'ospedale, è stato
ferito da cinque proiettili di mitragliatore che lo hanno obbligato a
venticinque sacche di sangue di trasfusione e lo costringono a rimanere
inchiodato al lettino della sala rianimazione del Nasser Hospital in attesa che
la volontà di Dio si compia. "In God We Trust"..risalta sui biglietti da cento
dollari che sono pronti ad accompagnare un bimbo in Egitto solo quando il
fratello sarà libero di vivere o di morire.
La stessa notte il muro di cinta
dell'ospedale è stato distrutto in due punti dall'Israeli Defence Force (IDF)
per permettere ai soldati asserragliati nei loro blindati di entrare nell'area
dell'ospedale per colpire i civili palestinesi che cercavano protezione e quei
pochi tiratori che dal tetto provavano a fermare l'invasione a colpi di
kalashnikov. Questa la giustificazione e legittimazione della (re)azione
israeliana che ha ucciso tre persone, ferito lasciandolo in fin di vita, questo
giovane di vent'anni e il vilipendio di un ospedale protetto da quelle
convenzioni che sembrano non avere importanza né riconoscimento.
La stessa notte per difendere
l'ospedale e l'uscita delle ambulanze cui puntualmente non viene permesso il
soccorso dei feriti, i palestinesi sono riusciti a far saltare in aria tre tanks
che avrebbero circondato l'ospedale, piazzando grandi quantitativi di esplosivo
sotto l'asfalto e, in questo modo, impedire l'avanzata dei corazzati per quelle
vie.
E' la prima volta che la resistenza
palestinese si organizza unita, senza distinzioni di fazione politica, ottenendo
risultati militari incisivi e straordinari che la propaganda israeliana
preferisce non far sapere per non vedere minato il mito della propria
invincibilità e il mito dell'impotenza palestinese.
Questa operazione di resistenza
porta la gente di Khan Younis ad aspettarsi gravi ritorsioni e nello stesso
tempo a riconoscersi possibilità e capacità concrete fino ad ora mai
sperimentate.
In mezzo a tutto questo la storia di
una famiglia povera di Khan Younis sembra non avere effetti sostanziali sulla
situazione di occupazione e conflitto vecchia decine d'anni, ma proprio questa e
tante altre contribuiscono a quella Storia che nessuno conoscerà mai, da cui
nessuno vorrà mai essere toccato (soprattutto in ore pasti) pensando e sperando
che prima o poi tutto passerà; "passerà anche questa stazione senza far male,
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore", come si asciugano lacrime,
come si consumano una cena o una vita.
Guardo fuori dalla finestra e quel
che vedo è abbastanza per far piangere gli angeli.
Lorenzo
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