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[MEDIA] - Alvaro Duque: Primo Potere
Fonte: Volontari per lo sviluppo - Marzo 2002
PRIMO POTERE
Una volta si parlava di "quarto potere". Oggi il sistema mediatico domina
incontrastato: conglomerati internazionali con budget superiori al Pil di
molti Stati gestiscono insieme tv, giornali, case discografiche e
cinematografiche, telefonia cellulare e provider Internet.
Insomma, modellano la nostra cultura, e costruiscono consenso.
Anche sulla guerra.
In queste pagine vi sveliamo le tecniche piu' importanti con cui ogni
giorno veniamo manipolati. Con una proposta: diventare "consumatori
critici" di informazione.
Ecco come si fa.
DI ALVARO DUQUE
Come far si' che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in
rapido e continuo mutamento, si trasformino in un miglioramento reale per i
cittadini di tutto il pianeta? In che modo virare il timone di una nave che
sta andando alla deriva, e in cui, per utilizzare le parole dello scrittore
uruguayano Eduardo Galeano, "mai prima d'ora cosi' tanti uomini sono stati
mantenuti nell'incomunicabilita' da un gruppo cosi' piccolo"?
A questi due interrogativi, tra i molti altri, si cerchera' di dare una
risposta durante il Primo Summit Mondiale della Societa' dell'Informazione
(Wsis) che avra' luogo il prossimo dicembre 2003 a Ginevra (Svizzera) e a
Tunisi (Tunisia) nel 2005 (vedi box). Tuttavia, la scarsa visibilita'
finora data all'evento e la modesta conoscenza che la gente ha di cio' che
e' in gioco, costituiscono un terreno fertile affinche', com'e' gia'
accaduto in altre occasioni, i possibili benefici della societa'
dell'informazione finiscano per aggravare le ingiustizie del pianeta.
Il silenzio attorno al Wsis e' gia' di per se' un esempio del gran
paradosso della societa' dell'opulenza mediatica: quanto piu' aumenta il
numero dei mezzi di comunicazione, tanto meno gli uomini comunicano tra
loro e si conosco le cose in profondita', come sostiene il sociologo
francese Dominique Wolton, che precisa: "digitalizzazione, liberalizzazione
economica, interconnessione, accelerazione di trasmissione non sono stati
in grado di stabilire veri processi di comunicazione. Vale a dire, flussi
equilibrati di informazioni e di opinioni, giusto accesso da parte di tutti
ai canali informativi e la possibilita' di presentare e preservare i
diversi modi di vedere la realta'".
Sommersi dai dati
Primo paradosso: cio' che rende difficile stabilire autentici processi di
comunicazione e' l'abbondanza di dati. Per quanto riguarda la ricezione, le
cifre dell'Unesco sono eloquenti: ogni giorno si vendono in media 243.500
apparecchi radio, 121.800 televisori e 101.500 personal computer.
Per l'emissione, nel 2000 la Scuola di Gestione di Informazione e Sistemi
dell'Universita' della California a Berkley (Usa), ha misurato, per la
prima volta nella storia, l'informazione prodotta in diversi formati
dall'umanita' in un anno, e ha dovuto inventarsi un numero per esprimere
quello che ha incontrato: 1,5 exabytes. I ricercatori si sono espressi in
termini di unita' di misura di immagazzinamento dell'informazione in un
computer; in pratica significa che per ognuno dei 6.2 miliardi di abitanti
della Terra si produce l'equivalente di 250 libri di 150 pagine l'uno.
E la digitalizzazione e l'uso continuativo di sistemi che accelerano la
velocita' e le possibilita' di riproduzione incrementeranno l'opulenza.
Basti pensare che oggi si inviano 40 miliardi di e-mail al giorno, e nel
corso del 2003 per la prima volta si venderanno piu' riproduttori di Dvd
che videoregistratori, piu' videocamere digitali che macchine fotografiche
tradizionali. Inoltre, la telefonia cellulare (con 1,4 miliardi di
apparecchi) superera' quella fissa (con 1,2 miliardi). Sempre piu' persone
diventeranno cosi' emittenti di dati.
Si parla soprattutto di dati, perche' questi non sono informazione. Un dato
non serve a nulla se non viene "processato" e decodificato. Per esempio, le
notizie relative alla situazione della Borsa, che appaiono frequentemente
sui quotidiani, sui siti Internet, ai telegiornali e alla radio, sono
"dati" per la maggior parte della gente. Per un gruppo di persone, invece,
sono "informazione", poiche' hanno la capacita' di cambiare i loro
comportamenti.
Nessuno nega che l'ingente quantita' di dati cui oggi un gran numero di
persone puo' accedere sia una fantastica opportunita' per aumentare la
conoscenza. Cio' nonostante, la situazione non e' rosea. Il filosofo
venezuelano Antonio Pasquali segnala cinque minacce: 1) che si rimanga
narcotizzati o paralizzati da un'overdose di dati; 2) che si perda la
capacita' di discernere sull'origine, qualita', credibilita' e accuratezza
di molti messaggi; 3) che si finisca col credere che i mattoni
dell'informazione (nozioni e dati) siano gia' tutto l'edificio del sapere;
4) che si subisca una forma di autismo elettronico (quel che non si trova
sul web e' falso o non esiste); 5) che si perda progressivamente la
sensibilita' di fronte a un problema, per quanto grave, nella misura in cui
ci venga riproposto insistentemente.
La conquista delle coscienze
Quattro sfere che fino a poco tempo fa erano separate - l'informazione, la
comunicazione istituzionale, la propaganda, la cultura di massa e le nuove
tecnologie dell'informazione e della comunicazione - oggi appaiono spesso
unite, rendendo faticoso distinguere fra pubblicita' (commerciale),
informazione (pubblica) e propaganda (governativa). Troppo spesso
l'informazione e i discorsi dei politici assumono la forma di un messaggio
pubblicitario o di uno show, mentre la pubblicita' e i programmi di
spettacolo si presentano come fatti reali. Questo accorpamento e' un
ostacolo per la creazione di una vera comunicazione. L'unione delle tre
sfere diventa strumento basilare per la "creazione del consenso", vale a
dire per diffondere e difendere l'ordine economico, sociale e politico dei
gruppi privilegiati.
Insieme alla "spirale del silenzio" (i media rendono visibile l'opinione
dei piu', mentre le idee minoritarie, non supportate, diventano sempre piu'
minoritarie) e "all'agenda-setting" (i media definiscono cio' che e'
rilevante o di pubblico interesse), la creazione del consenso ci serve a
capire in che modo l'attuale sistema dei media induce alla conformita' e
all'omologazione, provocando individui acritici e isolando chi dissente.
Radio Sawa e l'american dream
Un esempio di creazione del consenso e' il progetto che gli Usa hanno
avviato in Medio Oriente dal novembre 2001 con lo scopo di sensibilizzare
soprattutto i giovani, che costituiscono il 70% della popolazione,
all'apprezzamento della potenza del Nord, smitizzando l'idea negativa che
essi hanno del paese di Mickey Mouse e di McDonald's. Per vendere
l'american dream, Charlotte Beers, il genio della pubblicita' cui il
governo ha dato 800 milioni di dollari per portare avanti il piano,
utilizza elementi di tutte e quattro le sfere di cui sopra: spot
pubblicitari, film, canzoni, informazioni, propaganda governativa,
videogiochi e nuove tecnologie in genere.
Il programma mobilita non solo l'intero apparato dell'istruzione
(attraverso la costruzione di scuole nei paesi arabi per rispondere alla
formazione antioccidentale, e viaggi di 70.000 giovani per vedere in loco
il miracolo dello zio Sam), ma anche l'industria del tempo libero (tramite
accordi con ditte private per offrire rappresentazioni del modo di vita
americano, vendere videogiochi e fare pubblicita' pro-occidentale), e i
tradizionali strumenti della diplomazia. Ma la pietra miliare del progetto
e' l'informazione.
Cosi' e' nata Radio Sawa ("nella segnalazione delle notizie, ci proponiamo
di essere esatti, obiettivi e completi" dice il suo slogan) creata per
fornire informazione e musica pop e rock in lingua araba in tutti i paesi
di quell'area geografica. E un Ufficio di Comunicazioni Globali, che
"invita" i giornalisti stranieri a scrivere articoli che migliorino
l'immagine degli Stati Uniti all'estero. Insomma, una grande e complessa
infrastruttura per evitare la benche' minima incrinatura del consenso popolare.
Il Sud scomparso
Il progetto del governo statunitense in Medio Oriente e' anche un esempio
delle dispute per il controllo del flusso dei dati di ogni tipo che
crescono con le nuove tecnologie.
Tale controllo, pero', non e' nuovo. Il 95% delle notizie che circolano nel
mondo proviene da otto grandi agenzie stampa del Nord: Cnn (Stati Uniti),
Bbc (Gran Bretagna), Ap (Stati Uniti), Reuter (Gran Bretagna), Afp
(Francia), Dpa (Germania), Efe (Spagna) e Ansa (Italia). E, nonostante il
moltiplicarsi delle fonti di informazione, il Rapporto sullo sviluppo umano
delle Nazioni Unite 2002 dimostra che la crescita dell'offerta mediatica in
generale non si e' tradotta in nuove visioni o interpretazioni del mondo.
E' per questo che le notizie "del mondo" sono quasi esclusivamente
avvenimenti del Nord. Quelle relative al Sud di solito riguardano conflitti
con una superpotenza (Iraq, Afghanistan), minacce verso i paesi potenti (e'
il caso del ritiro della Corea del Nord dall'Accordo di non proliferazione
di armi nucleari), drammi sensazionali (inondazioni in Bangladesh, morti in
Sri Lanka o fame in Etiopia), o qualche reportage di carattere esotico
(aborigeni australiani, monaci tibetani).
Anche nell'ambito dell'industria culturale (libri, cinema, turismo, sport)
l'omologazione del pensiero e la riduzione delle forme di vedere e
interpretare il mondo sono evidenti. Prendiamo la musica. Dei 650 milioni
di cd venduti l'anno scorso, l'83% (539,5 milioni) erano album dei sei
colossi: Universal Music Group (29%), Warner Music (15,9%), Sony Music
Entertainment (15,7 %), Bmg (14,8 %) ed Emi (8,4 %).
Qualcosa di simile accade nel cinema (inclusi video e Dvd), perche' si
tratta di aree appartenenti a pochi gruppi multimediali globali, che spesso
si uniscono ad altri gruppi locali (vedi box). Questi, grazie alla potenza
delle loro strategie e reti di distribuzione, riescono a diffondere
maggiormente i loro prodotti sui mercati mondiali, anche se la produzione
in paesi come India, Cina, Filippine supera quella degli Usa.
Circoli viziosi
Il rapporto sulla comunicazione dell'Unesco del '99 ha mostrato che i paesi
africani sono, in proporzione, i maggiori importatori di film dagli Stati
Uniti. In Cile e Costa Rica i film statunitensi rappresentano il 95% del
mercato. Anche in Europa e in Asia continua a crescere il numero di opere
che arrivano dagli studi di Hollywood, invadendo il mercato in una
percentuale che va dal 50% in Svezia al 97% in Cipro.
"Il problema non sta nella compravendita di libri, opere plastiche, film,
produzioni musicali e programmi televisivi, ma nel considerare in primis il
successo economico di un'opera, invece che il suo effettivo valore
artistico o culturale. Le stime vengono fatte in base alla preferenza di un
pubblico che, a sua volta, si costruisce polarizzando l'offerta su un
numero limitato di prodotti, e mediante strategie di marketing, pubblicita'
di massa e un sistema aggressivo di distribuzione" sostiene Jose' Vidal
Beneyto, segretario dell'Agenzia Europea della Cultura.
L'opulenza informativa, la costruzione del consenso, il controllo dei
flussi informativi e le concentrazioni della proprieta' dei media
minacciano il pluralismo, e persino due dei diritti umani fondamentali,
quello di comunicare liberamente i propri pensieri e le proprie opinioni e
quello di essere bene informati. Il direttore di Le Monde Diplomatique,
Ignacio Ramonet, recentemente formulava due domande: "si puo' accettare che
l'informazione sia ridotta al rango di una merce qualsiasi? È possibile che
la diversita' culturale e la creazione artistica possano essere qualcosa di
diverso da un arcaismo o da un miraggio?".
FRASI:
"Mai prima d'ora cosi' tanti uomini sono stati mantenuti
nell'incomunicabilita' da un gruppo cosi' piccolo" (Eduardo Galeano)
Oggi vengono inviate oltre 40 miliardi di e-mail al giorno.Primo paradosso:
la sovrabbondanza di dati rende sempre piu' difficile la comunicazione
Nel 2003 gli Usa hanno stanziato 800 milioni di dollari per realizzare
radio, film, spot e videogiochi in Medio Oriente. Obiettivo: creare
consenso sull'american dream tra i giovani arabi
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BOX
Un Summit mondiale sull'Info
Si terra' a dicembre a Ginevra ed avra' come obiettivo quello di sviluppare
una comprensione comune della nuova societa' dell'informazione. È il Primo
Summit Mondiale della Societa' dell'Informazione (Wsis), paragonabile a
quello di Rio sull'ambiente, e di Pechino sulle donne. Vi parteciperanno a
fianco di governi, imprese di comunicazione, informatica e
telecomunicazioni, anche rappresentanti della societa' civile. Con
obiettivi piuttosto diversi. I governi dei paesi piu' ricchi e le grandi
corporazioni puntano alla liberalizzazione del mercato delle
telecomunicazioni, la promozione del commercio elettronico, la protezione
dei diritti di proprieta' intellettuale, la privacy e la sicurezza
giuridica. La societa' civile invece mira all'approvazione di una
dichiarazione universale del diritto di comunicare che metta al centro
della societa' dell'informazione i diritti umani. Sara' una bella battaglia.