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La nonviolenza e' in cammino. 528



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 528 del 7 marzo 2003

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini, la scomparsa di Sauro Sorbini
2. Osvaldo Caffianchi, una leggenda apocrifa ovvero eulogia di Massimiliano
di Cartagine
3. Maria G. Di Rienzo, educare alla pace
4. Una proposta di legge d'iniziativa popolare: Norme di attuazione del
ripudio della guerra sancito dall'articolo 11 della Costituzione
5. Ernesto Balducci, la decisione di Gandhi
6. Simone Weil, la regola dello specchio
7. Hannah Arendt, il diritto ad avere diritti
8. Mimmo Cortese, "Disarmiamo Exa 2003"
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. LUTTI. PEPPE SINI: LA SCOMPARSA DI SAURO SORBINI
E' deceduto Sauro Sorbini.
Partigiano, anarchico, cittadino di antiche virtu' repubblicane, una figura
esemplare per generosita' e rigore.
Tutti a Viterbo lo abbiamo avuto per maestro.
La sua storica tipografia "Unione" nel cuore di Viterbo e' stata scuola di
impegno civile per generazioni intere di militanti antifascisti: in tempi
che ora sembrano lontani quanto quelli degli Ittiti, si andava li' a portare
i manifesti da stampare, e Sauro li leggeva, suggeriva, discuteva, e sempre
ti offriva un bicchierino di cognac, ti citava qualche verso del grande
melodramma, raccontava qualche episodio della Resistenza, ricordava quel
detto, quel gesto di Mazzini... con tratto amabile e squisito, col tratto
ironico e garbato, di chi sa che la lotta e' ancora lunga e proprio per
questo e' da condurla oggi, di chi sa che l'umanita' e' infelice, e proprio
per questo tu oggi devi amarla: con ironia e pazienza, ed insieme con
impazienza e sdegno.
E tu ascoltavi a bocca aperta, gli occhi lucidi, e ti dicevi: dunque
l'anarchia e' possibile, dunque e' possibile la liberazione dell'umanita',
dunque il fascismo puo' essere ancora e ancora sconfitto.
Sempre lo avemmo compagno di lotta ogni volta che al sopruso e alla menzogna
era mestieri d'opporsi. E sempre e' mestieri d'opporsi alla menzogna e al
sopruso.
Era leggendaria in citta' la sua figura e autorevole la sua parola: quando
gli pareva che qualcosa accadesse di grave e che tutti tacessero, allora
Sauro si stampava un manifesto a sua firma e sui muri i viterbesi leggevano
quell'aspro vero che era duro e necessario sentirsi dire. Amava questa
citta', amava l'umanita' Sauro Sorbini.
Anche noi, e tra le lacrime, qui gli rendiamo omaggio. Che viva la
repubblica, che viva l'anarchia, che viva l'internazionale futura umanita'.

2. RIFLESSIONE. OSVALDO CAFFIANCHI: UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI
MASSIMILIANO DI CARTAGINE
[Approssimandosi il 12 marzo, data in cui si fa memoria del martirio di quel
Massimiliano, che per essere fedele alla sua fede rifiuto' il servizio
militare e ne fu ucciso nel 195 d. C. (cosi' vuole la tradizione, e qui non
conta se sia storia o leggenda), il nostro collaboratore Osvaldo Caffianchi
ha steso il testo che di seguito presentiamo. L'agiografia - invero - non
solo avverte dell'incertezza della tradizione, ma racconta una storia
diversa, e finanche piu' commovente: il padre militare, e solidale col
figlio; la citta' che e' un'altra; il dono della veste al carnefice che lo
decapito'. Ma questa variazione del nostro collaboratore (il cui elefantiaco
titolo completo sarebbe "Una leggenda apocrifa ovvero eulogia di
Massimiliano di Cartagine, in forma di litania che finisce in parenesi o
istigazione che dir si voglia") ci e' parsa comunque non priva di una sua
patetica verita', e la offriamo ai lettori]

I.
Solo questo so di te, che nell'anno
195 ti fucilarono
perche' obiettore al servizio militare.

Immagino che venne un centurione
coi suoi esperti di pubbliche relazioni,
psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas,
a dirti mentre eri in galera
sei un bravo giovane, chi te lo fa fare
vieni con noi, imparerai un mestiere.
E Massimiliano rispose di no.

Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti
concittadini, a dirgli
lo sai che noi cartaginesi
siamo gia' guardati con sospetto
per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti
di annibali e di asdrubali e scipioni
non metterti a fare casino
vesti la giubba, non c'e' altro da fare
e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi.
Ma Massimiliano rispose di no.

E vennero allora a persuaderlo
certi amici di quando al campetto
giocavano insieme a pallone, gli amici
del bar: Massimilia' falla finita
da quando ti sei messo con quei tizi
del galileo morto ammazzato
ti stai mettendo in un mare di guai.
Che diamine mai hai contro i marines?
Falla finita con quei beduini
da' retta al nostro buon signor Belcore
la paga e' buona ed il lavoro e' poco.
E quello cocciuto, come un mulo a dire no.

II.
Dicono male delle corti marziali
dicono male dei plotoni d'esecuzione
forse che e' meglio farlo col coltello
in un vicolo buio di notte?

Dicono che siamo repressori
e genocidi addirittura; e andiamo!
forse che non ci vuole anche un po' d'ordine
in questo letamaio di colonie?
e il roman way of life non costa niente?
Eppure la volete, la televisione
il telefonino.

E allora poche storie, lo ammazzammo
perche' dovemmo, mica potevamo
lasciarlo andare il vile disertore
oltretutto terrone, anzi affricano.

La civilta', insomma, va difesa.

III.
Quante incertezze, quanta paura certo durasti.
Solo i babbei
pensano che gli eroi sono una specie
di nazisti spretati. E invece i martiri
hanno paura come noi, e tremano
come noi, come noi dubitano
di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita.

Ma infine ristette fermo nel suo no
Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato.

IV.
Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea
e prendo la parola, e dico:
obietta alla guerra e alle uccisioni
combatti contro gli eserciti e le armi
scegli la nonviolenza.

Ecco, io prendo la parola in assemblea,
mi alzo in piedi e dico:
fermiamo le fabbriche di armi
assediamo le basi militari
impediamo i decolli dei bombardieri
strappiamo gli artigli alle macchine assassine.

Ecco, io dico al soldato: diserta
io dico al ferroviere: ferma il convoglio
io dico al vivandiere: non preparare
di carne umana il pranzo al generale.

Ecco, io dico, la guerra
puo' essere, deve essere fermata.
Con l'azione diretta nonviolenta.
Con il gesto del buon Massimiliano
cartaginese, che i romani fucilarono.

3. PROPOSTE. MARIA G. DI RIENZO: EDUCARE ALLA PACE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza]
Spesso diciamo che i bambini e le bambine del mondo sono il futuro, ma
definire quale futuro avranno a disposizione ci e' meno facile. 35.000 di
essi/e muoiono ogni giorno di poverta'. Troppi/e affrontano un'esistenza in
cui non hanno cibo a sufficienza, non hanno acqua pulita (questo elementare
diritto e' negato oggi ad un miliardo e trecentomila persone), non hanno una
casa, non hanno opportunita' educative. Troppi/e sono vittime e testimoni di
atroci violenze.
Il sistema che produce questo non e' solo moralmente inaccettabile (il che
e' bastante per opporsi ad esso): e' folle ed inefficiente. E' lo spreco e
la dispersione dei nostri talenti umani, e' la cancellazione della capacita'
umana di vivere collaborando, e' la distruzione insensata delle risorse.
I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze lo sanno. Non sono ne'
passivi/e ne' compiacenti.
Dicono e scrivono: siamo preoccupati, la poverta' e' ingiustizia, non si
devono distruggere le foreste, vogliamo la pace. Allora sediamoci in cerchio
con loro, ed aiutiamoci vicendevolmente a trovare ed inventare modi per
diventare "cittadini/e globali/e". Perche' queste giovani persone non sono
parte del problema, sono parte della soluzione.
Cos'e' un/una cittadino/a globale?
E' qualcuno/a conscio dell'intero mondo e che sperimenta il senso del
proprio ruolo indispensabile al benessere e all'equita' nella comunita'
umana. Riconosce il concetto di interdipendenza, rispetta le differenze e
da' loro valore; e' disposto/a ad agire per rendere il pianeta in cui vive
un posto migliore, piu' sicuro per tutti/e; e' responsabile delle proprie
azioni.
*
Gli elementi chiave su cui lavorare
Abilita': pensiero critico, argomentazione efficace, capacita' di sfidare
l'ingiustizia e la diseguaglianza, rispetto per persone, animali e cose,
cooperazione e risoluzione nonviolenta dei conflitti.
Conoscenza e comprensione: giustizia sociale ed equita', diversita',
globalizzazione ed interdipendenza, sostenibilita' ambientale, pace e
conflitto.
Valori ed attitudini: autostima, empatia, condivisione e ascolto, il credere
che ogni persona "fa la differenza".
*
Le attivita'
Cosa potete fare e discutere con bambini/e dai 5 agli 8 anni: cos'e' giusto,
cos'e' ingiusto - destare coscienza del se' in relazione - somiglianze e
differenze - collocazione nello spazio e coscienza della presenza di altri
luoghi e altre persone - come ci si prende cura dell'ambiente circostante -
senso del futuro: le nostri azioni hanno conseguenze.
Cosa potete fare e discutere con bambini/e dagli 8 agli 11 anni: ricchezza e
poverta' - collegamenti e connessioni fra luoghi differenti - impatto
ambientale - cause del conflitto e risoluzione dello stesso - natura del
pregiudizio - relazioni eque nel commercio fra paesi.
Cosa potete fare e discutere con ragazzi/e dai 12 ai 15 anni: diritti
umani - sistemi politici, sociali, economici - relazione nord/sud del
mondo - stili di vita - relazioni fra gruppi e risoluzione nonviolenta dei
conflitti.
*
Un esempio: creare in classe (o con i compagni di gioco, di squadra, ecc.)
un "posto di pace".
Nella mia esperienza, i piu' piccoli trovano particolarmente divertente
trasformare la stanza in cui si trovano in un "posto di pace", ma anche gli
adolescenti mostrano di godersi questa possibilita'. Di solito i/le
partecipanti creano spontaneamente nel "posto di pace" degli angolini
speciali in cui i bambini arrabbiati o che in quel momento non hanno voglia
di collaborare possono stare tranquilli (scopi: insegnare alternative alla
reazione distruttiva che puo' innescarsi quando si e' seccati; praticare la
soluzione dei problemi in gruppo e la costruzione di comunita').
Come primo passo, chiedo ai presenti di completare questa frase: "Un posto
speciale che io trovo pieno di pace e'...".
La seconda domanda e': come si devono comportare le persone perche' il
"posto di pace" sia tale? Stiliamo poche semplici regole che scaturiscono
dalla discussione (ovviamente cio' che per i ragazzi piu' grandi sara', ad
esempio, "Rispettare l'integrita' fisica e psichica di ciascuno/a" dai piu'
piccoli verra' espresso come "Non si tirano i capelli e non si dicono parole
cattive a nessuno").
Dopo di che facciamo un brainstorming su come potrebbe essere il luogo in
cui ci troviamo se trasformato in un "posto di pace" collettivo con gli
oggetti che abbiamo a disposizione.
Troviamo il consenso sulle opzioni praticabili e le mettiamo in pratica,
dividendoci per gruppi d'interesse o realizzando insieme ogni azione
progettata.
Le possibilita' di dissentire, di arrabbiarsi, di non essere pronti in quel
momento a collaborare non sono bandite dal "posto di pace".
Un'immagine che ritorna spesso discutendo con i ragazzi e le ragazze
dell'emozione della rabbia e' quella del vulcano in eruzione: inarrestabile
e devastante. Di solito suggerisco loro di riflettere sul fatto che come il
vulcano porta alla superficie ricchi minerali dal cuore della terra, cosi'
le nostre emozioni, compresa la rabbia, ci offrono intuizioni preziose sulle
relazioni che abbiamo con gli altri, sul bisogno di modificarle, e cosi'
via.
Nel "posto di pace", quindi, noi ascoltiamo ed onoriamo le nostre emozioni
senza permettere ad esse di travolgere noi stessi/e e le altre persone.

4. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE: NORME DI
ATTUAZIONE DEL RIPUDIO DELLA GUERRA SANCITO DALL'ARTICOLO 11 DELLA
COSTITUZIONE
[Riproduciamo nuovamente il testo di questa proposta di legge di iniziativa
popolare elaborata da tre illustri giuristi (Luigi Ferrajoli, Domenico
Gallo, Danilo Zolo), a sostegno della quale Emergency, la prestigiosa
organizzazione umanitaria di Gino Strada, sta conducendo una campagna
nazionale di raccolta di firme per la sua presentazione in parlamento.
Luigi Ferrajoli, illuste giurista, e' nato a Firenze nel 1940, magistrato
tra il 1967 e il 1975, dal 1970 e' docente universitario; tra i suoi lavori
piu' recenti segnaliamo particolarmente la monumentale monografia Diritto e
ragione, Laterza, Roma-Bari 1989, giunta alla terza edizione; il saggio La
sovranita' nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1997; e La cultura
giuridica nell'Italia del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1999.
Domenico Gallo, illustre giurista, e' nato ad Avellino nel 1952, magistrato
ed acuto saggista; tra i suoi scritti segnaliamo particolarmente: Dal dovere
di obbedienza al diritto di resistenza, Edizioni del Movimento Nonviolento,
Perugia 1985.
Danilo Zolo, illustre giurista, e' nato a Fiume (Rijeka) nel 1936, docente
di filosofia e sociologia del diritto all'Universita' di Firenze; tra le sue
opere segnaliamo almeno: Stato socialista e liberta' borghesi, Laterza, Bari
1976; Il principato democratico, Feltrinelli, Milano 1992; (a cura di), La
cittadinanza, Laterza, Roma-Bari 1994; Cosmopolis, Feltrinelli, Milano 1995;
Chi dice umanita', Einaudi, Torino 2000]
1. Un ricorso crescente alla guerra
A partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, dopo la
conclusione della '"guerra fredda", abbiamo assistito a un ricorso crescente
alla forza militare, quasi esclusivamente da parte delle potenze
occidentali: l'occupazione di Panama per il controllo del canale, la guerra
del Golfo, l'invasione di Haiti, gli interventi militari in Somalia e in
Ruanda, le due guerre balcaniche della Bosnia e del Kosovo, l'Afganistan.
Ora si sta progettando, per volonta' degli Stati Uniti, un attacco militare
contro l'Iraq: un attacco che potra' avere conseguenze incalcolabili in
termini di perdite di vite umane, di distruzioni di strutture civili, di
devastazioni ambientali.
Nel corso di questi conflitti, anche a causa dell'uso di armi di distruzione
di massa sempre piu' potenti e sofisticate, centinaia di migliaia di persone
innocenti hanno perso la vita, sono state mutilate o ferite, hanno visto
distrutti i loro affetti e i loro beni. Altre centinaia di migliaia di
civili sono morti per fame o per malattie a causa degli embarghi, primo fra
tutti quello contro l'Iraq. A questo flagello vanno aggiunte la persecuzione
del popolo palestinese, le continue violenze contro i ceceni, i curdi, i
tibetani e molto altri popoli emarginati ed oppressi, e, infine, le
atrocita' del terrorismo internazionale. All'escalation di odio, di dolore,
di distruzione e di morte ha corrisposto l'inerzia o l'impotenza delle
istituzioni internazionali che dovrebbero operare per la pace, anzitutto
delle Nazioni Unite.
Le Nazioni Unite sono ormai sottoposte a un permanente ricatto da parte
delle massime potenze mondiali, che se ne servono come di uno strumento di
legittimazione delle proprie strategie egemoniche. Ma la Carta delle Nazioni
Unite non puo' essere usata, se non sulla base di una conclamata violazione
dello spirito e della lettera delle sue norme, per giustificare la guerra, e
tanto meno una "guerra preventiva" come quella che Stati Uniti e Gran
Bretagna si apprestano a scatenare contro l'Iraq. Questa Carta fu un patto
solenne con il quale fu messo al bando, come e' scritto nel suo preambolo,
il ripetersi del "fla­gello della guerra", che per due volte nel corso di
una stessa generazio­ne aveva causato indicibili sofferenze all'umanita'. In
essa fu definito, contro le minacce alla pace, un complesso di misure, tra
le quali l'uso controllato della forza nelle forme e alle con­dizioni
stabilite dal capitolo VII. Fu in­somma progettato, al fine di "conseguire
con mezzi pa­cifici la soluzione delle controversie internazionali", il
mono­polio della forza in capo al Consiglio di Sicurezza, attraverso
l'istituzione - che pero' non e' stata mai attuata - di organismi militari
permanenti alle sue dipendenze, chiamati a svolgere di fatto funzioni di
polizia internazionale. Oggi quel patto e' stato dimenticato.
In tutti i casi sopra citati le potenze occidentali hanno infatti usato la
forza militare ignorando il diritto internazionale e violando i diritti piu'
elementari delle persone. Il bombardamento della televisione di Belgrado, la
strage di Mazar-i-Sharif, il lager di Guantanamo sono esempi di un uso
criminale della forza internazionale che molto probabilmente nessuna Corte
penale internazionale avra' mai il potere di sanzionare. E dopo l'attentato
terroristico subito l'11 settembre, gli Stati Uniti hanno elaborato una
teoria militare e inaugurato una pratica bellica che presentano aspetti
eversivi non solo della Carta delle Nazioni Unite, ma anche del diritto
internazionale generale: basta pensare al carattere preventivo, unilaterale,
spazialmente indefinito e temporalmente indeterminato della "nuova guerra"
dichiarata dal presidente Bush contro l'"asse del male".
Il nostro paese, per volonta' sia di governi di centro-sinistra sia di
governi di centrodestra, e' stato corresponsabile di una larga parte di
questi gravissimi illeciti internazionali, partecipando sistematicamente,
con le proprie strutture militari, le proprie armi e le proprie basi, alle
aggressioni decise dalle potenze occidentali contro Stati sovrani e contro i
loro popoli, per lo pio' deboli e poveri. Nel farlo i nostri governi e i
nostri rappresentanti parlamentari - spesso votando in complicita'
bipartisan - hanno apertamente violato la Costituzione repubblicana.
*
2. Contro la normalizzazione costituzionale della guerra
La nostra Costituzione, all'art. 11, stabilisce che "l'Italia ripudia la
guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".  Questa norma non
solo e' stata ripetutamente violata nel corso dell'ultimo decennio, ma si e'
affermata una tendenza a considerarla normativamente inesistente, come se
fosse ormai del tutto desueta. E' in corso, in altre parole, un'operazione
politica e giuridica di normalizzazione costituzionale della guerra che
intende privare l'art. 11 della Costituzione di ogni valore vincolante. Esso
conserva al piu' - si sostiene - un significato programmatico: e' un nobile
auspicio per tempi migliori. E' ormai un coro unanime in questo senso: il
presidente del Consiglio Berlusconi ha apertamente sostenuto questa tesi,
ispirandosi ad un documento del Pentagono, nel suo discorso alla Camera del
25 settembre scorso. Massimo D'Alema, sin dalla partecipazione dell'Italia
alla guerra per il Kosovo, ha dichiarato che la sinistra deve liberarsi di
ogni arcaico "tabu' pacifista". Piu' recentemente, una delle massime
autorita' dello Stato - il presidente della Camera, Pierferdinando Casini -
ha sostenuto che il ripudio costituzionale della guerra non ha piu' il suo
significato originario, che i tempi sono cambiati, che i principi
costituzionali vanno interpretati in modo flessibile. Per sconfiggere il
terrorismo internazionale anche l'Italia deve impegnarsi ad usare lo
strumento della guerra.
Si tratta di una tendenza molto grave, come ha denunciato con forza Pietro
Ingrao, e tanto piu' pericolosa perche' e' largamente sostenuta dai grandi
mezzi di comunicazione di massa, controllati dal duplice monopolio
multimediale, pubblico e privato, di cui e' titolare il presidente del
Consiglio italiano. Contro gli apologeti della guerra, la pace deve essere
considerata un bene fondamentale del popolo italiano: un bene che ne' il
Parlamento, ne' il governo dovrebbero mai mettere in discussione. Parlamento
e governo dovrebbero al contrario impegnarsi a realizzarlo collaborando alla
costruzione della condizioni politiche ed economiche generali che rendano
meno spietati e violenti - meno "terroristici" - i rapporti fra le nazioni.
Il ripudio della guerra appartiene in dote al popolo italiano. E al popolo
italiano spetta oggi la responsabilita' di ripristinarlo, delegittimando le
scelte in senso contrario del governo, del Parlamento ed anche della Corte
di cassazione. Per questo, oggi piu' che mai, e' importante - come e' stato
fatto per l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori - che una larga
mobilitazione politica impugni la bandiera dell'art. 11, una bandiera che i
bipartisan di casa nostra hanno irresponsabilmente ammainato.
Uno strumento che puo' promuovere una vasta iniziativa popolare contro la
guerra e' quello apprestato dall'art. 71 della Costituzione: una proposta di
legge di iniziativa popolare, redatta in articoli, e firmata da almeno
cinquantamila elettori.
*
3. Una iniziativa di legge popolare contro la guerra
Il progetto di legge di iniziativa popolare che viene qui presentato - Norme
di attuazione del ripudio della guerra sancito dall'art. 11 della
Costituzione - chiede al Parlamento l'approvazione di una serie di garanzie
che rendano operante l'art. 11 della Costituzione, ne consentano una
effettiva applicazione e prevedano rigorose sanzioni delle sue violazioni.
Il progetto si compone di cinque articoli.
L'art. 1 (Ripudio della guerra) si richiama direttamente alla prescrizione
dell'art. 11 della Costituzione che bandisce l'uso della guerra in ogni sua
forma (comma 1) e propone una definizione di "guerra" (comma 2) coerente con
il dettato costituzionale e con la Carta delle Nazioni Unite. Al comma 3,
richiamando congiuntamente l'art. 52 della Costituzione e l'art. 51 della
Carta delle Nazioni Unite, viene affermato un principio di grande valore.
L'uso della forza militare, consentito dall'art. 52 per la difesa della
patria da aggressioni esterne, e' la sola eccezione ammessa sia all'art. 11
della nostra Costituzione, sia alla generale normativa della Carta delle
Nazioni Unite, che riserva al Consiglio di Sicurezza il potere di usare la
forza internazionale. L'eccezione prevista dall'art. 51 della Carta delle
Nazioni Unite riguarda il diritto di difesa di uno Stato attaccato
militarmente da un altro Stato. In questo caso lo Stato aggredito puo' usare
la forza per difendersi dall'attacco in atto, in attesa che intervenga
direttamente il Consiglio di Sicurezza e prenda, a sua discrezione, le
misure necessarie per il ristabilimento della pace.
E' chiaro, fra l'altro, che un atto terroristico, per grave che sia, non
rientra tra i presupposti della guerra di legittima difesa, previsti dalla
Costituzione italiana e dalla Carta delle Nazioni Unite. E' infatti un atto
criminale, che richiede l'identificazione, la cattura e la punizione dei
colpevoli, e non certo la risposta illegittima della guerra, idonea a
provocare migliaia di vittime innocenti e non, come l'esperienza dimostra, a
sconfiggere le organizzazioni terroristiche.
L'art. 2 (Prevenzione dei conflitti), al comma 1, conferma l'impegno
dell'Italia alla cooperazione internazionale per il mantenimento della pace,
incluse le missioni di peacekeeping, e cioe' di interposizione armata con il
consenso delle parti interessate. Ma afferma anche, al comma 2, un principio
di grande importanza. Afferma che qualsiasi "missione" che comporti l'uso
della forza e non risponda alle rigorose previsioni degli artt. 43, 45 e 47
della Carta delle Nazioni Unite deve essere considerata illegale. Questi
articoli prevedono che l'uso della forza, eventualmente deliberato dal
Consiglio di Sicurezza, deve essere affidato a contingenti militari posti
sotto la sua diretta responsabilita' e sorveglianza, con l'assistenza di un
Comitato di Stato Maggiore permanente. Queste previsioni, come e' noto, non
sono mai divenute effettive ed e' invalsa la prassi di "appaltare" l'uso
della forza alle grandi potenze interessate ad esercitarla. La conseguenza
e' stata che il Consiglio di Sicurezza si e' spesso limitato a legittimare
ex ante o, piu' spesso, ex post guerre di aggressione che le potenze
interessate avrebbero comunque condotto - o avevano gia' condotto - in
ossequio alle proprie convenienze strategiche.
L'art. 3 (Inammissibilita' di ulteriori interventi armati), al comma 1,
vieta qualsiasi intervento militare all'estero da parte delle forze armate
italiane in violazione delle norme contenute nei due articoli precedenti, e
ai commi 2 e 3 prevede specifiche sanzioni per tali violazioni.
L'art. 4 (Armi vietate dalla convenzioni internazionali), ai commi 1 e 2, in
applicazione di vari trattati internazionali ratificati dal nostro paese,
vieta non solo l'uso ma anche la produzione, il transito nel nostro paese e
l'esportazione di armi biologiche, chimiche e nucleari ed estende questo
divieto alle "bombe a grappolo", ai proiettili all'uranio impoverito e alle
mine anti-uomo. Bombe a grappolo e proiettili all'uranio impoverito sono
stati largamente usati dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna sia nella
guerra del Golfo del 1991, sia nelle due guerre balcaniche, dal 1993 al
1999, sia infine in Afghanistan, con effetti che secondo molti osservatori
sono stati gravissimi - e lo sono ancora - per le vite umane e per
l'ambiente naturale. Le mine antiuomo sono state recentemente bandite da un
trattato multilaterale, al quale solo gli Stati Uniti, fra i paesi
occidentali, si sono rifiutati di aderire. Le industrie belliche italiane ne
hanno prodotto per decenni grandissime quantita' e le mine italiane, fra le
piu' pericolose, sono ancora sparse, in centinaia di migliaia, nel
territorio dell'Afghanistan.
L'art. 5 (Cooperazione con la Corte Penale Internazionale), al comma 1,
conferma la collaborazione del nostro paese con la Corte Penale
Internazionale recentemente entrata in funzione (luglio 2002), nonostante
l'opposizione degli Stati Uniti. La Corte ha il compito di perseguire gravi
illeciti internazionali come i crimini contro l'umanita', i crimini di
guerra, il genocidio, i crimini contro la pace. Nello stesso tempo, vietando
al comma 2 che l'Italia possa stipulare accordi per sottrarre cittadini di
paesi terzi alla giurisdizione della Corte, questo articolo intende reagire
sia al sabotaggio della Corte che gli Stati Uniti hanno orchestrato
sfruttando l'art. 98 del suo Statuto, sia alla complicita' del governo
italiano con il sabotaggio statunitense.
*
Art. 1
(Ripudio della guerra)
1. La realizzazione di un ordinamento internazionale che assicuri la pace e
la giustizia fra le nazioni, di cui all'art. 11 della Costituzione, non puo'
essere perseguita facendo ricorso allo strumento della guerra.
2. Per "guerra" si intende qualunque intervento armato di uno o piu' Stati
che, a causa del ricorso massiccio alla violenza, sia idoneo a provocare la
morte, la mutilazione o il ferimento di persone innocenti o a produrre
distruzioni indiscriminate o a causare gravi alterazioni dell'ambiente
naturale.
3. La difesa della patria, di cui all'art. 52 della Costituzione, si
esercita nell'ambito delle disposizioni dell'art. 51 della Carta delle
Nazioni Unite.
*
Art. 2
(Prevenzione dei conflitti)
1. L'Italia coopera alla soluzione pacifica delle controversie
internazionali, a norma del Capo VI della Carta delle Nazioni Unite.
2. Fino a quando non avranno attuazione gli articoli 43, 45 e 47 della Carta
delle Nazioni Unite, l'Italia potra' fornire soltanto formazioni non armate,
nonche' contingenti militari per il mantenimento della pace ("caschi blu")
con il consenso delle parti interessate. I relativi accordi dovranno essere
autorizzati dalle Camere in conformita' all'art. 80 della Costituzione.
*
Art. 3
(Inammissibilita' di ulteriori interventi armati)
1. Le forze armate italiane non possono compiere interventi militari
all'estero in contrasto con le disposizioni di cui agli articoli precedenti.
2. I fatti commessi nel corso di operazioni militari all'estero, eseguite in
violazione delle disposizioni di cui sopra, sono regolati dal diritto penale
comune.
3. I fatti illeciti e le conseguenze dannose connesse ad operazioni militari
non possono essere sottratti al sindacato giurisdizionale.
*
Art. 4
(Armi vietate dalle Convenzioni internazionali)
1. In attuazione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari,
ratificato con Legge del 24 aprile 1975, n. 131, della Convenzione che vieta
la fabbricazione e l'immagazzinamento di armi batteriologiche e tossiche,
ratificata con Legge dell'8 ottobre 1974, n. 618, della Convenzione che
mette al bando la produzione, lo sviluppo e l'immagazzinamento delle armi
chimiche, ratificata con Legge del 18 novembre 1995, n. 496, sono vietati la
produzione, l'introduzione e il transito nel territorio nazionale delle armi
biologiche, chimiche e nucleari, nonche' la loro fornitura ai Paesi esteri.
2. Tale divieto si estende alle mine anti-uomo, alle bombe a grappolo
(cluster bombs), ai proiettili e alle munizioni all'uranio impoverito ("DU")
e a ogni altro sistema d'arma il cui uso sia vietato dalle Convenzioni
internazionali.
3. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, le violazioni del
presente articolo sono punite ai sensi dell'art. 435 del Codice penale.
*
Art. 5
(Cooperazione con la Corte Penale Internazionale)
1. L'Italia fornisce piena collaborazione all'attivita' della Corte Penale
Internazionale, istituita con il Trattato di Roma del luglio 1998,
ratificato con legge 12 luglio 1999, n. 232, ai sensi degli articoli 88 e
seguenti dello Statuto istitutivo della medesima Corte.
2. E' fatto divieto di stipulare accordi internazionali volti a sottrarre i
cittadini di paesi terzi alla giurisdizione della Corte Penale
Internazionale.

5. MAESTRI. ERNESTO BALDUCCI: LA DECISIONE DI GANDHI
[Da Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace, San Domenico di
Fiesole (Fi) 1988, p. 14.
Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in provincia di Grosseto) nel 1922,
ed e' deceduto a seguito di un incidente stradale nel 1992. Sacerdote,
insegnante, scrittore, organizzatore culturale, promotore di numerose
iniziative di pace e di solidarieta'. Fondatore della rivista
"Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (Ecp) nel 1986.
Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, e' stato un
pensatore di grande vigore ed originalita', le cui riflessioni ed analisi
sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza dei drammatici
problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo
particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio
(Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione
con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario
(Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre l'Europa
(Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude
(Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una
cosa (Ecp); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero umano
(Cremonese), ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo
(Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto
Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a
lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed
Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn.
373-374, 1995. Un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa
introduzione biografica e' il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci:
cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze 1996. Recente e' il
libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la
modernita', Laterza, Roma-Bari 2002. Cfr. anche Enzo Mazzi, Ernesto Balducci
e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002.
Mohandas Gandhi e' il fondatore della nonviolenza. Nato a Portbandar in
India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui
divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati
indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India
e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la
liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e
sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando
precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale
ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti
ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre
ricordare che non va  mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti,
contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua
figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo
Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo
d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti
devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi
considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua
autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti
con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della
nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I,
Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La
mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton
Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento;
La cura della natura, Lef. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita':
la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da
Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo
particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'.
Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I
materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L.
Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei
farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991. Opere su Gandhi: tra le
biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente
accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro
di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung,
Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente
detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il
Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il
Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il
Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e'
quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia
cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti
nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente
utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L.
Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti
Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci,
Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di
Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem]
Fu dunque in una fredda sala d'aspetto che Gandhi, accovacciato sulla sua
borsa tra le gambe, prese coscienza del suo dovere di resistere al sopruso
del razzismo, basandosi sulla semplice forza della verita' (...).
Nel decidere di intraprendere la lotta contro la discriminazione, egli ebbe
l'impressione di prendere contatto, per la prima volta, con la verita'.

6. MAESTRE. SIMONE WEIL: LA REGOLA DELLO SPECCHIO
[Da Simone Weil, Quaderni, III, Adelphi, Milano 1988, p. 370. Simone Weil,
nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante
sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di
fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice
agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la
Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze,
muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella
che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in
particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, EDB, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
La regola dello specchio e' la norma morale per eccellenza. Che tutto cio'
che si fa rifletta il bene.

7. MAESTRE. HANNAH ARENDT: IL DIRITTO AD AVERE DIRITTI
[Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Comunita', Milano 1967,
1996, pp. 410-411. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel
1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la
costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America;
e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice,
intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e
futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a
Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963),
Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente
(1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento
politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i
carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica,
Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza
di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una
recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948,
Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]
Ci siamo accorti dell'esistenza di un diritto ad avere diritti (e cio'
significa vivere in una struttura in cui si e' giudicati per le proprie
azioni e opinioni) solo quando sono comparsi milioni di individui che lo
avevano perso e non potevano riacquistarlo a causa della nuova
organizzazione globale del mondo.

8. APPELLI. MIMMO CORTESE: "DISARMIAMO EXA 2003"
[Ringraziamo Mimmo Cortese (per contatti: domecort@tin.it) per questo
intervento. Mimmo Cortese e' impegnato nel Brescia social forum, ed ha preso
parte a importanti iniziative di pace e di solidarieta'; tra le sue opere:
(con Roberto Cucchini), La forza lieve, Edizioni la meridiana, Molfetta (Ba)
2001]
Cari amici, care amiche,
vi abbiamo inviato [e' apparso sul notiziario di ieri - ndr -] un appello
attraverso il quale vorremmo avviare anche quest'anno la campagna
"Disarmiamo Exa 2003".
Come molti/e di voi sanno, nei mesi che ci hanno separato dalla campagna
dello scorso anno non siamo stati fermi.
Quest'estate il Brescia Social Forum, assieme a numerose associazioni e
organizzazioni cittadine, laiche e religiose, ha sostenuto una iniziativa
per richiedere la modifica del regolamento di Exa 2003.
Formulavamo in quell'appello una minima richiesta: che in quella mostra
venisse esposto esclusivamente cio' che effettivamente e' promosso nel
marchio pubblicitario di Exa, cioe' "armi sportive e da caccia".
Non c'e' stato nulla da fare. Ci hanno risposto affermando che la ricerca
del profitto non si pone problemi etici, non guarda in faccia a nessuno.
Cio' che viene esposto e' legale e le armi - tutte - sono un prodotto come
un altro.
Non solo, abbiamo dato in questi mesi il nostro contributo affinche' il
percorso per la costruzione di un osservatorio permanente sulle armi leggere
(Opal) andasse avanti. Speriamo, quanto prima, di potere avviare anche
questa importante novita' tra le iniziative prodotte a Brescia.
Ora pero' "Exa 2003" e' alle porte e chiunque pensi che sia un problema
produrre, promuovere e diffondere armi per la difesa personale, per la
repressione violenta della liberta' di pensiero e di manifestazione e per
l'uso bellico dovrebbe essere seriamente preoccupato.
Non crediamo utile dilungarci sugli argomenti gia' sviluppati nell'appello.
Speriamo fortemente pero' che si manifesti il vostro sostegno a questa
iniziativa. Siamo pronti a discutere con voi di ogni eventuale
arricchimento, ogni integrazione, ogni approfondimento, su questa direzione
di lavoro, sugli eventuali sviluppi al lancio della campagna. Speriamo che
si esprima con la piu' grande varieta' di iniziative, attraverso la
sensibilita' e la storia di ognuna/o, la volonta' e l'auspicio per la
costruzione di un mondo senza armi. Speriamo di potere esprimere insieme la
volonta' di pace e giustizia proprie di grandissima parte della societa'
civile di Brescia e del Paese.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 528 del 7 marzo 2003