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La nonviolenza e' in cammino. 521



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 521 del 28 febbraio 2003

Sommario di questo numero:
0. Comunicazione di servizio: pace e pazienza
1. Paola Paolessi, Alessandro Pizzi: insegnanti per la pace
2. Un appello ai sindaci
3. Lidia Menapace, fuori la guerra dalla storia
4. Norma Bertullacelli, azione diretta nonviolenta e sciopero generale
contro la guerra
5. Mao Valpiana, azioni nonviolente con un se e con un ma
6. Catiuscia Barbarossa, un incontro con Thara Gandhi
7. Maria G. Di Rienzo, qualche idea per incontrarsi con piacere
8. Viviana Vivarelli, boicotta la Esso
9. Farid Adly, un appello urgente per Tayseer Khaled
10. Nadia, Fabian e Murad Odeh: un appello per la salvezza di nostro padre
11. Nicola Canestrini: trainstopping, diritto, guerra
12. Saverio Senese, illegale e' la guerra e chi la fa
13. Riletture: Guenther Anders, Noi figli di Eichmann
14. Riletture: Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt
15. Riletture: Vladimir Jankelevitch, Perdonare?
16. Riletture: Elie Wiesel, La notte
17. Peppe Sini: io credo
18. Geppetto Borracioni: il sosia di Ciampi
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'

0. COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: PACE E PAZIENZA
Alle centinaia di e-mail che riceviamo abitualmente ogni giorno, in queste
ultime settimane, con l'approssimarsi della catastrofe bellica, se ne sono
aggiunte altre centinaia. Ci scusiamo con tutti i nostri interlocutori per
il fatto che non riusciamo a pubblicare molti utilissimi interventi e non
riusciamo neppure a rispondere che a una minima parte delle lettere piu'
urgenti. Ma tutte le lettere che ci giungono leggiamo, e tutte e tutti
coloro che ce le inviano ringraziamo di cuore. E vi preghiamo di portare
pazienza se qualcosa - anche di fondamentale importanza - ci sfugge:
cerchiamo di fare del nostro meglio, ma abbiamo i nostri limiti.

1. APPELLI. PAOLA PAOLESSI, ALESSANDRO PIZZI: INSEGNANTI PER LA PACE
[Ringraziamo di cuore Paola Paolessi e Sandro Pizzi, amici carissimi e
nostri collaboratori, per questo intervento. Entrambi sono stati promotori
del corso di educazione alla pace preso il liceo scienifico di Orte
(l'istituto scolastico dove insegnano), corso che da alcuni anni e' una
apprezzata attivita' che incontra una rilevante e appassionata
partecipazione degli studenti. Paola Paolessi e' a Orte anche un
fondamentale punto di riferimento per i giovani e per gli operatori
culturali. Alessandro Pizzi e' stato anche apprezzatissimo sindaco di
Soriano nel Cimino, citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza
amministrativa sono diventati proverbiali (per contatti:
alexpizzi@virgilio.it)]
Come insegnanti sentiamo il dovere di assumerci la responsabilita' e
l'impegno per diffondere una cultura di pace e per impedire la guerra e i
suoi orrori.
- Condividiamo pertanto l'appello del Centro di ricerca per la pace di
Viterbo: "Un'istigazione a non delinquere" nel nome dei valori fondamentali
della Costituzione della Repubblica Italiana affinche' siano rispettati a
partire dal Governo, e l'invito del Centro a presentare un esposto alla
Procura della Repubblica contro la violazione della Costituzione e contro
tutte le attivita' connesse alla preparazione della guerra.
- Condividiamo le azioni dirette nonviolente contro il transito del
materiale bellico sul territorio nazionale.
- Condividiamo la campagna di obiezione di coscienza alle guerre e di
opzione nonviolenta per il disarmo economico e militare impegnandoci a
diffondere l'educazione alla nonviolenza e alla gestione nonviolenta dei
conflitti in sintonia con il decennio per la nonviolenza indetto
dall'Unesco.
- Condividiamo l'iniziativa dei Beati i costruttori di pace per segnalare al
Prefetto, rappresentante del Governo, il nostro sdegno contro la guerra e
contro il transito del materiale bellico.
Dichiariamo pertanto l'adesione allo sciopero generale contro la guerra.
Noi non chiediamo, supplichiamo: cercate la pace.

2. MATERIALI. UN APPELLO AI SINDACI
[Nel presentare il testo di questa lettera diffusa ieri dal "Centro di
ricerca per la pace" di Viterbo vorremmo rivolgere a tutti i lettori
l'invito affinche' prendano analoghe iniziative nei confronti di tutti i
Comuni: non lasciamo intentata questa via (come anche l'altra della denuncia
all'autorita' giudiziaria): i sindaci hanno il potere di emanare ordinanze
che possono efficacemente contrastare l'apparato bellico e il dispiegarsi
dei praparativi della guerra illegale e criminale]
Ai sindaci nel territorio dei cui Comuni sono dislocati o transitano
armamenti destinati ad essere usati a fini terroristici e stragisti
nell'imminente guerra illegale e criminale.
e per opportuna conoscenza: al Ministro dell'Interno, al Ministro della
Difesa, al Ministro della Giustizia, all'Anci, al Coordinamento degli enti
locali per la pace, ai mezzi d'informazione.
Oggetto: richiesta di intervento urgente
*
Egregi signori,
in quanto massima autorita' comunale ed altresi' in quanto massima autorita'
sanitaria comunale e' in vostro potere ed e' vostro dovere disporre
interventi urgenti e cogenti al fine di far rispettare le leggi dello stato,
al fine di tutelare la sicurezza e l'incolumita' dei cittadini, al fine di
prevenire e quindi impedire eventi calamitosi.
E' inoltre dovere vostro, come di tutti e di ciascuno, adoperarvi per quanto
in vostro potere affinche' non si consumino eccidi; adoperarvi per quanto in
vostro potere al fine di salvare vite umane in pericolo.
E' infine obbligo ineludibile per voi rispettare la Costituzione della
Repubblica Italiana cui avete giurato fedelta' e obbedienza nell'atto di
assumere la carica pubblica che ricoprite.
*
La Costituzione della Repubblica Italiana all'articolo 11 testualmente
recita: "L'Italia ripudia la guerra". Cosicche' e' dovere di ogni cittadino
italiano non solo non prender parte a guerre, non solo non promuoverle, ma
anche e piu' precisamente opporsi ad esse.
Vi e' noto che, in flagrante violazione della Costituzione italiana, una
potenza straniera non solo ha dislocato in Italia armi di sterminio, ma in
questi giorni sta effettuando in Italia movimenti di armamenti al fine di
utilizzarli nella guerra di aggressione all'Iraq che sembra imminente.
L'Italia non puo' accettare di ospitare nel suo territorio armi di
sterminio, ed a maggior ragione essendo esse nelle mani di una potenza
straniera, e particolarmente di una potenza straniera che gia' in passato ha
utilizzato persino l'arma atomica contro inermi popolazioni civili.
L'Italia non puo' accettare che nel suo territorio vi siano armi che mettono
in pericolo gia' con la sola loro presenza il nostro popolo e il nostro
territorio, le nostre vite, i nostri beni, il nostro ambiente di vita (si
pensi al rischio di incidenti, ed anche a quello di attentati terroristici).
L'Italia inoltre non puo' accettare di cooperare a una guerra che per la
legge a fondamento del nostro ordinamento giuridico e' illegale e criminale;
non puo' accettare di cooperare alla guerra che si va preparando.
*
Come Sindaci avete una grande responsabilita', ed un grande potere.
Avete il potere di emettere ordinanze che proibiscano la dislocazione e il
transito nel territorio del vostro Comune di armi sia in quanto esse
costituiscono pericolo per la popolazione e l'ambiente hic et nunc, sia in
quanto esse sono intese ad essere usate in una guerra che per la nostra
legge e' un crimine, ed il piu' orribile dei crimini.
Vi chiediamo di assumervi le vostre responsabilita', di adempiere ai vostri
doveri: per proteggere la vostra cittadinanza e il vostro territorio; per
rispettare e inverare la legalita' italiana; per difendere ed applicare la
Costituzione della Repubblica Italiana; per salvare vite umane innocenti in
pericolo; per prevenire e impedire stragi, devastazioni e calamita'.
*
Vi chiediamo pertanto:
1. di emettere un'ordinanza che vieti la dislocazione e il transito nel
territorio del vostro Comune di armi di sterminio e di tutte le armi ed i
materiali militari di cui e' possibile prevedere che verranno utilizzati
nella imminente guerra illegale e criminale;
2. di far intervenire la polizia municipale al fine di imporre il rispetto
dell'ordinanza;
3. di chiedere l'intervento dell'autorita' giudiziaria affinche' proceda al
sequestro delle armi ed all'azione penale nei confronti dei loro detentori e
vettori, degli operatori esecutivi, dei mandanti e dei complici.
*
Auspicando un tempestivo, deciso, decisivo e necessario vostro intervento, e
ringraziandovi fin d'ora per l'attenzione che vorrete certo dedicare al
presente appello, vogliate gradire distinti saluti ed auguri di buon lavoro.

3. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: FUORI LA GUERRA DALLA STORIA
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace@virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Siamo tutti e tutte sorpresi per le enormi manifestazioni per la pace che si
sono svolte in tutto il mondo e forse abbiamo torto a stupirci: se i popoli
avessero potuto esprimersi e comunicarsi le loro opinioni sulle guerre,
probabilmente la guerra sarebbe da un pezzo fuori dalla storia.
Il fatto nuovo e' che con i mezzi elettronici le notizie arrivano ovunque,
persino in barba a vergognose operazioni censorie come quelle della Rai. La
novita', come dice il "New York Times", e' che vi sono ormai due sole grandi
potenze al mondo, gli Usa e l'opinione pubblica. Alleniamoci a far valere le
seconda, dato che e' nelle nostre mani.
Particolarmente da noi, in presenza di un governo che viola la Costituzione
e non ottempera nemmeno al dovere basilare di tutelare la sicurezza della
popolazione: se ci sono polveri sottili giustamente accettiamo restrizioni
varie. Ma al passaggio sul nostro territorio di strumenti di cui non
sappiamo nulla se non che sono comunque dannosi, il governo non tutela ne'
sovranita' territoriale ne' salute dei cittadini.
Si puo' anche accorgersi dei diversi modi di reagire di altri governi.
L'Austria essendo neutrale non ha bisogno nemmeno di parlare e sul suo
territorio non transita nulla.
La Germania avvisa che ritirera' le truppe che ha in Afghanistan appena
dovesse avviarsi una guerra contro l'Iraq, perche', a differenza del governo
italiano, non lascerebbe i suoi "alpini" a fare da retrovia di una guerra
guerreggiata.
Per sorvolare la Slovenia gli Usa chiedono permessi.
Con la Turchia  si e' aperta una trattativa mercantile (del resto anche al
Consiglio di sicurezza e' in corso un  calciomercato dei voti).
Da noi porte spalancate, addirittura a sostegno di una guerra "preventiva" e
che comunque sarebbe per noi sempre incostituzionale e non diventerebbe
legittima se fosse supportata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite, dato che esse non hanno facolta' di legittimare guerre, ma solo
operazioni di polizia internazionale.
E lasciatemi anche dire che a parte tutte le  considerazioni di diritto
internazionale e interno, il fondo della immoralita' specifica di questa
guerra consiste nel fatto che lo stato che primo e finora unico ha
inventato, usato, "perfezionato" e immagazzinato in misura estrema armi di
distruzione di massa, in arsenali non visitabili, pretende di disarmare
altri.

4. EDITORIALE. NORMA BERTULLACELLI: AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA E SCIOPERO
GENERALE CONTRO LA GUERRA
[Ringraziamo Norma Bertullacelli (per contatti: norma.b@libero.it) per
questo intervento. Norma Bertullacelli, insegnante, amica della nonviolenza,
fa parte della "rete controg8 per la globalizzazione dei diritti" di Genova]
Un abbraccio sincero a tutte le persone che hanno bloccato i treni della
morte.
Nei giorni scorsi non abbiamo potuto essere fisicamente con loro, e ce ne
rammarichiamo; ma vogliamo almeno esprimere la nostra solidarieta'. La loro
iniziativa, come l'interposizione nonviolenta a difesa dei palestinesi nei
territori occupati, e' l'azione diretta noviolenta di chi, constatata
l'inaccettabilita' morale dell'uccisione di esseri umani, tenta con ogni
mezzo di impedirlo, mettendo in gioco il proprio corpo e senza arrecare
danno ad alcuno.
Le persone che hanno bloccato coraggiosamente con l'azione diretta
nonviolenta i treni carichi di armi hanno difeso la nostra Costituzione (che
"ripudia la guerra") dalle decisioni  di un governo che ha messo a
disposizione del militarismo e dell'aggressivita' degli  Stati Uniti
ferrovie, porti ed infrastrutture italiani.
Non sono i manifestanti ad aver violato la legalita': lo ha fatto il
governo.
Lavoratori appartenenti a diverse sigle sindacali hanno collaborato con i
manifestanti. E' indispensabile ora che si dica con chiarezza e
determinazione che nel momento in cui la guerra contro l'Iraq, (mai
terminata, se si pensa all'embargo ed ai bombardamenti della "no fly zone")
diventera' deflagrante, l'intero paese si fermera' e proclamera' lo sciopero
generale. Sciopero generale che deve essere immediato e totale.
Si ricordi che persino  la legge 12 giugno 1990, n.146, che introdusse le
sciagurate "procedure di raffreddamento e conciliazione" che limitano
fortemente il diritto di sciopero, recita: "Le disposizioni del presente
articolo in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si
applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell'ordine
costituzionale, od i protesta per eventi lesivi dell'incolumita' e della
sicurezza dei lavoratori".
E, se non in presenza di un governo e di un presidente della Repubblica che
violano deliberatamente la costituzione, allora quando?

5. EDITORIALE. MAO VALPIANA: AZIONI NONVIOLENTE CON UN SE E CON UN MA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta@sis.it) per
questo intervento. Mao Valpiana e' direttore del mensile "Azione
nonviolenta" fondato da Aldo Capitini, ed e' una delle piu' prestigiose
figure della nonviolenza in Italia]
Il termine "azione diretta nonviolenta" e' entrato prepotentemente nel gergo
dell'attuale movimento pacifista e nel dibattito politico di questi giorni.
Bene. Anzi, benissimo. Per tanti anni gli amici della nonviolenza hanno
lavorato a questa prospettiva che "obbedisce" alla superiore legge morale
del "mai piu' guerra" e al dettato Costituzionale "l'Italia ripudia la
guerra".
Chiarisco subito che dal punto di vista nonviolento le azioni di blocco dei
treni o di altri mezzi che trasportano armi o strumenti militari, sono
legittime purche' realizzate con metodi rigorosamente nonviolenti (cioe'
escludendo in modo assoluto qualsiasi gesto di violenza e offese rivolte ad
altre persone); la disobbedienza civile nonviolenta, che viola la legge alla
luce del sole e ne accetta serenamente le conseguenze, e' una tecnica
nonviolenta che ci e' stata insegnata da Gandhi, il quale l'ha applicata su
larga scala.
Bisogna pero' sapere bene di cosa si sta parlando.
L'azione diretta nonviolenta fa parte del patrimonio storico dei nonviolenti
italiani (si veda il libro Nonviolenza in cammino. Storia del Movimento
Nonviolento dal 1962 al 1992). Basti ricordare l'esemplare blocco del treno
che  attuammo il 12 febbraio 1991 contro la guerra del Golfo, e il
conseguente processo conclusosi con l'assoluzione dei aprtecipanti
(documentazione pubblicata in "Azione nonviolenta" di marzo 1991, gennaio
1997 e aprile 1997; ora nel sito: www.nonviolenti.org).
Ma affinche' un'azione diretta nonviolenta possa definirsi tale, ci devono
essere un se e un ma.
*
L'azione nonviolenta si pu' attuare se si dispone di un gruppo di persone
"persuase", che abbiano gia' sperimentato su di se' altre forme di lotta
nonviolenta, che abbiano partecipato alla preparazione dell'azione, disposte
ad accettare le conseguenze del loro gesto, assolutamente "obbedienti" alle
regole che ci si e' dati, legate da un rapporto di conoscenza e fiducia
reciproca; ogni azione deve avere un responsabile, alle cui indicazioni gli
altri partecipanti si adeguano; l'azione deve essere ben preparata, quasi
nulla lasciato all'improvvisazione; il tutto si deve svolgere in un clima di
serenita' e tranquillita'; se le forze di polizia intervengono anche
duramente, non si reagisce, si resta in silenzio o si intona un canto; altri
manifestanti devono essere pronti a sostituire coloro che vengono
allontanati con la forza.
Questo se va tutto bene, ma se le cose non vanno per il verso giusto, se la
situazione sfugge di mano, se c'e' anche un minimo gesto violento da parte
di un manifestante, una reazione scomposta, paura o panico ingestibile,
l'azione deve venire immediatamente sospesa. Non ci si puo' permettere di
far degenerare l'azione senza aver raggiunto il fine che ci si e' posti.
*
Qual e' il fine di un'azione diretta nonviolenta che blocca un treno o un
mezzo militare? (nessuno e' cosi' ingenuo da pensare che il ritardo di
qualche minuto di un treno, contribuisca a fermare la guerra).
Sono due gli obiettivi di questo tipo di azioni:
1) drammatizzare la realta': dimostrare all'opinione pubblica che la guerra
non e' una cosa lontana, che avviene a migliaia di chilometri, e che in
fondo non ci riguarda; far vedere che la guerra passa anche da casa nostra,
sotto le nostre finestre imbandierate, nelle nostre strade. La guerra si
prepara anche qui, con il concorso di tanta gente (non solo i militari,
dunque, ma i ferrovieri, gli autisti, i portuali, i vigili, i contribuenti,
e cosi' via... ciascuno di noi in qualche modo ha preparato questa guerra);
2) dare l'esempio che ognuno puo' fare qualcosa per opporsi alla
preparazione bellica e per denunciare la connivenza della autorita' e delle
istituzioni; non tutti sono chiamati a fare i blocchi, ma tutti possono e
devono trovare il loro modo per fare un gesto di dissociazione. Il movimento
pacifista non ha bisogno di "eroi" o avventurieri, tanto meno di
professionisti della disobbedienza; bisogna invece dimostrare che ogni
singolo cittadino ha la possibilita' concreta di non collaborare con la
macchina militare e che l'illegalita' non e' di chi si oppone, ma di chi sta
preparando il piu' grande crimine contro l'umanita'.
Dunque sul piano pratico queste azioni possono sperare ben poco, ma molto
possono fare sul piano simbolico. E' per questo che le azioni devono essere
condotte in modo esemplare, limpido e sereno: perche' devono attirare la
simpatia dell'opinione pubblica verso i manifestanti. Se un'azione finisce
con scontri tra polizia e manifestanti, con tensione, grida, insulti,
spintoni, contusi, l'obiettivo e' gia' vanificato. Se invece la scena finale
e' la polizia che, pur bruscamente, e magari manganellando, porta via i
manifestanti che tuttavia rimangono sereni ed immobili, senza reagire,
nemmeno a parole, il successo dell'azione e' sicuro. Per questo e'
fondamentale agire alla presenza di testimoni, meglio ancora se giornalisti,
e documentare i fatti.
*
Un'ultima considerazione. Reagire alla guerra quando questa sta per
esplodere, e' giusto e doveroso, ma bisogna anche avere coscienza dei propri
limiti. Le moltitudini di persone che si stanno mobilitando contro questa
guerra sono animate dalle migliori intenzioni, ma sono anche prive di
strumenti efficaci. Per un semplice motivo. Che la guerra la si ferma solo
impedendone la preparazione. La vera prevenzione alla guerra di domani sta
nel disarmo di oggi.
Questa guerra e' annunciata da almeno dieci anni. E per dieci anni e' stata
preparata nell'indifferenza generale. I bilanci sono stati votati, le armi
sono state progettate, le fabbriche hanno lavorato, i militari sono stati
pagati e addestrati. L'immensa macchina industriale e militare ha funzionato
a dovere.  Bisognava fermarla prima  questa guerra. Bisognava impedire che
il ciclo si sviluppasse.
Ma ora che  gran parte dell'opinione pubblica ha aderito alla causa della
pace, e' il momento per intraprendere la via giusta, che e' quella del
disarmo. Il disarmo unilaterale.
Ogni popolo deve premere sul proprio governo per imporre la distruzione
delle armi, l'abolizione dell'esercito, l'azzeramento dei bilanci bellici,
per realizzare il proprio disarmo. La pace verra' solo con la diminuzione
del potenziale di armi presenti nel mondo. Dobbiamo chiedere il disarmo
dell'Iraq, ma anche dell'America, della Russia, della Francia, dell'Italia,
della Corea, dell'Iran, della Germania, della Cina. Ogni popolo deve
innanzitutto rinunciare alle proprie armi e poi sviluppare i metodi
alternativi per la soluzione nonviolenta dei conflitti.
In questo modo, se non riusciremo a bloccare questa guerra, riusciremo
almeno ad impedire la prossima.

6. INCONTRI. CATIUSCIA BARBAROSSA: UN INCONTRO CON THARA GANDHI
[Ringraziamo Catiuscia Barbarossa (per contatti: casapetrof@hotmail.com) per
questo articolo con cui inizia la sua collaborazione a questo foglio.
Catiuscia Barbarossa e' da sempre impegnata per la pace e i diritti umani e
nell'educazione alla pace e alla nonviolenza]
La scorsa settimana sono stata, insieme ad alcuni amici, a un incontro con
Thara Gandhi.
Non sapevo nulla di lei, ho solo ricevuto una e-mail dai ragazzi del negozio
del commercio equo e solidale di Perugia. Leggendo "nipote di Gandhi" ho
contemporaneamente pensato (se possibile) "il nome e' una garanzia" e
"nipote di Gandhi... e allora?". Insomma sono andata con interesse ma senza
particolare entusiasmo.
Al centro Shalom (che poi e' una chiesa) c'erano molte persone, mi sono
chiesta chissa' quante ce ne erano state alla Sala dei Notari nell'incontro
del pomeriggio. Thara Gandhi  e' arrivata, si e' seduta e ci ha salutato nel
modo commovente degli indiani. La sua testimonianza e' stata breve ("parlo
da 15 giorni" ha detto) ma, inaspettatamente per me, intensa.
A parte il fatto che mi ha colpito rendermi conto che e' figlia del figlio
minore di Gandhi ("io sono la nipote biologica ma Gandhi ora appartiene a
voi, a tutti"), posso dire che questa donna ha espresso e trasmesso una
forza, un'energia tutta sua, che non le viene dai suoi legami parentali ma
dal cammino che lei ha fatto nel corso della sua vita.
La cosa che mi ha colpito di piu' e' stato quando ha parlato dello spazio
intorno a noi, lo spazio oltre i quattro elementi: aria, acqua, terra,
fuoco, questo spazio ha bisogno di essere purificato ha detto, e puo'
esserlo attraverso i pensieri, le intenzioni, ossia attraverso la preghiera.
Le e' stato chiesto naturalmente di raccontare qualcosa dei suoi ricordi
personali del nonno, e allora ha detto della sua disponibilita' a correre,
giocare ma anche ad insegnare.
Poi sempre parlando di Gandhi ha detto che la sua forza era la mancanza di
paura, il coraggio, e ha invitato tutti i presenti a combattere ognuno le
personali paure.
Questo discorso e' stato poi ripreso piu' tardi da un ragazzo che ha
obiettato che se uno ha bisogno di coraggio e' perche' ha paura, quindi
probabilmente anche Gandhi aveva paura, ma, questo lo deduco io, e' riuscito
a superarla poiche', come spesso ha affermato, confidava in Dio.
*
Dopo Thara c'e' stata la testimonianza di un ragazzo, anche lui indiano, che
per testimoniare la pace, sta percorrendo, insieme ad altri tre amici,
letteralmente "il mondo in bicicletta". E' partito dall'India, ha
attraversato gia' dieci stati africani, era a Roma il 15 febbraio e da solo
(i suoi amici si stanno riposando a Roma) e' arrivato a Perugia nei giorni i
cui c'era anche Thara Gandhi. Proseguira' dopo questi primi 9.000 km per il
resto d'Europa e per gli Stati Uniti.
Anche lui viene dalla citta' di Gandhi, nel Gujarat, e ha preso questa
decisione "un po' strana per la cultura indiana", ha detto.
Nel corso del suo viaggio cerca di incontrare ambasciatori e personalita'
varie e di operare a favore della pace oltre che dare una testimonianza di
"dinamismo" in nome della pace. Mehul e' il suo nome.
Sono stata contenta di essere  a Perugia quella sera, ancora una volta ho
sentito che quell'utopia (per alcuni) chiamata nonviolenza e' possibile, e'
solo che c'e' tanto, tanto da lavorare anche solo per avvicinarlesi almeno.

7. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: QUALCHE IDEA PER INCONTRARSI CON PIACERE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
questo testo predisposto per incontri di formazione. Maria G. Di Rienzo e'
una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa
intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e
commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne
italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di
Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di
Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per
la pace e la nonviolenza]
"E' bene se mentre lottiamo per la liberta' cantiamo e danziamo un poco"
(Sojourner Truth)
*
Connettersi con le altre/gli altri
Prendetevi qualche tempo per presentarvi e conoscervi (o per darvi il ben
ritrovate/i se vi conoscete gia'). Dopo che il gruppo si e' sistemato in
cerchio, ciascuno/a dica il proprio nome, le ragioni per cui si trova li' e
quali speranze nutre rispetto all'incontro. Se il gruppo e' molto vasto,
fate che almeno le persone sedute vicine possano scambiarsi nomi e saluti.
*
Centratura
Per facilitare il passaggio da un'attenzione superficiale ad una profonda
chiedete che le persone chiudano gli occhi per un minuto, si mettano comode,
appoggino le piante dei piedi al pavimento e prendano qualche respiro
profondo.
*
Visualizzazione
Se c'e' tempo, chiedete che le persone chiudano gli occhi per qualche minuto
e ricreino nella loro mente l'immagine del gruppo che si sta incontrando,
proprio li' e proprio in quel momento. Portate la loro attenzione
sull'energia, l'esperienza e la saggezza che il lavoro di gruppo comporta.
Poi chiedete di loro di visualizzare l'immagine precedente da grande
distanza. Suggerite che in questo modo vedranno molti altri gruppi riuniti,
in altre citta', in altre nazioni, nell'altro emisfero. Fate una pausa di
silenzio, di modo che possano visualizzare queste altre immagini, poi
riportate la loro attenzione sull'energia, l'esperienza e la saggezza che
questi innumerevoli gruppi riuniti in posti differenti stanno sperimentando.
Chiedete loro di sentirsi in contatto con queste altre persone e di
immaginare che energia, esperienza e saggezza si connettano a loro da ogni
cerchio riunito in ogni parte del mondo.
*
Letture
Quando il gruppo ha terminato di sistemarsi e salutarsi, prima di cominciare
i lavori leggete un passaggio significativo da un libro, da una poesia o da
un articolo che parli delle ragioni e della bellezza dell'incontrarsi.
*
Usare elementi di ritualistica
Accendete una candela e create questa piccola cerimonia: ogni membro del
gruppo accendera' la propria candela alla prima, nel mentre condividera' a
voce alta la propria speranza di cambiamento e trasformazione. Oppure
chiedete a ciascuno/a di scrivere su un pezzo di carta la propria speranza,
o la propria promessa d'azione e testimonianza, e posizionate tutti i
biglietti in un contenitore comune. O ancora, ciascuno leghi promessa o
speranza ad un seme e piantateli tutti insieme in un campo.
*
Usare il silenzio e la meditazione
Sono sistemi eccellenti per dare il tempo al gruppo di sentirsi unito in uno
spazio condiviso, in cui ciascuno mette la propria forza, i propri ideali,
la propria parte di verita'.
*
Usare la creativita'
Musica, danza, poesia, arte: sono tutti linguaggi che potete usare per
rappresentare le idee del gruppo e per condurre potenti e creative azioni.
Potete utilizzare oggetti in disuso per costruire un pupazzo o una scultura,
potete disegnare con il gesso nei parcheggi. Potete creare disegni di sabbia
colorata. Piantare un giardino in una zona degradata. Cucire un quilt (una
coperta di quadrati di stoffa) in una piazza. Creare un "libro dei sogni da
realizzare" in cui, durante le vostre manifestazioni pubbliche, chiederete
ai passanti di scrivere cio' che vorrebbero veder cambiare nella
comunita'...
Concretezza
Fate in modo che da ogni incontro risulti un'azione concreta da portare a
termine. Qualunque essa sia, fate in modo che essa cresca dal dialogo e dal
consenso e ricordate che dev'essere qualcosa che siete in grado di fare con
le risorse a disposizione. Curate il suo impatto di visibilita': se l'azione
risulta visibile, e ottiene anche solo parte del proprio scopo, cio' vi
dara' entusiasmo per progettarne di nuove.
*
Condividere
Fotografate o riprendete con la videocamera la vostra azione, scrivete
lettere o articoli su di essa e spediteli ai giornali, mettete i documenti
on line. L'evento che avete creato ispirera' altre persone.
*
Rimanere in contatto
Se il gruppo si e' formato solo per la pianificazione di un'azione
specifica, assicuratevi di scambiare fra tutti/e indirizzi e-mail e numeri
di telefono. Come diciamo noi streghe: "Il cerchio e' aperto, ma non
spezzato. Nella gioia ci siamo incontrati, nella gioia ci salutiamo, nella
gioia ci incontreremo di nuovo".

8. INIZIATIVE. VIVIANA VIVARELLI: BOICOTTA LA ESSO
[Ringraziamo Viviana Vivarelli (per contatti: viviana_v@libero.it) per
questo intervento. Insegnante, Viviana Vivarelli e' infaticabile
distributrice delle "bandiere di pace" e promotrice generosa di informazione
e cultura nonviolenta]
Dire no alla guerra non basta. Dietro alle decisioni di Bush l'ombra delle
lobby del settore estrattivo. In prima linea la Exxon-Mobil, proprietaria in
Europa del marchio Esso.
Greenpeace, Rete di Lilliput, Nigrizia, Centro nuovo modello di sviluppo e
Bilanci di giustizia promuovono la campagna per la pace "Stop Esso War", di
cui vi proponiamo il seguente documento.
*
Chi compra vota. Sempre piu' prendiamo consapevolezza della responsabilita'
collegata ad  ogni acquisto.
Il comprare e' la forma di consenso a un prodotto del mercato e
l'approvazione e l'incoraggiamento a tutta la filiera di produzione che sta
a monte. Ogni acquisto ci fa diventare "complici" di tutte le vicende che
hanno dato origine al prodotto che noi scegliamo.
In questo momento, in cui la guerra viene proposta come strumento di
sicurezza e ordine nel mondo, chi e' convinto che invece essa provochi solo
sofferenza e distruzione si interroga su quali imprese economiche siano
coinvolte nell'affare guerra.
Dire no alla guerra non e' sufficiente. E' il momento di affiancare ai gesti
simbolici anche azioni nonviolente dirette a incidere su questo mercato.
Questa azione sara' efficace se sara' collettiva e orientata verso un
prodotto strategicamente importante: il petrolio.
La conquista del controllo sul petrolio e' sicuramente uno dei principali
obiettivi della guerra contro l'Iraq. Ebbene, a fornire il carburante
all'esercito americano sara' la Exxon, la piu' grande multinazionale
petrolifera del mondo, che in Europa e' proprietaria del marchio Esso.
Secondo quanto riportato alla fine di settembre dall'agenzia di stampa
Defense Logistic, la Exxon-Mobil ha vinto l'appalto per circa 48 milioni di
dollari per la fornitura di benzina, gasolio ed oli lubrificanti per
l'esercito, la marina, l'aviazione, la Nato e le altre agenzie afferenti al
Dipartimento delle Difesa statunitense. La fornitura comprende anche le basi
italiane continentali (Vicenza, Camp Derby, Napoli ecc.) ed insulari
(Sicilia, La Maddalena ecc.). Questa cifra e' un'inezia per una compagnia
con introiti di decine di miliardi di dollari annui, ma assume un aspetto
interessante se si considera che la Exxon, per la sua posizione di maggiore
compagnia petrolifera, per di piu' statunitense e con un grande "ascendente"
su Bush, sara' la compagnia che piu' di altre trarra' profitti dalla
conquista dell'Iraq e dei suoi campi di estrazione di cui era proprietaria
per il 25% prima del conflitto del 1991.
La compagnia e' gia' al centro di una campagna di boicottaggio
internazionale che coinvolge Gran Bretagna, Usa, Francia, Austria, Germania
e Australia. Oggi la Deutsche Bank giudica a rischio investire nelle sue
azioni.
Nel 2000 la Exxon, in occasione delle elezioni presidenziali, ha dato  al
partito repubblicano un miliardo e 86 milioni di dollari. Sin dal suo
insediamento, e' apparso chiaro che il nuovo governo statunitense era
guidato da una potente lobby legata al settore estrattivo. Infatti una delle
prime decisioni di Bush, cosi' come esplicitamente richiesto dalla
Exxon-Mobil, e' stato il rifiuto di aderire al Protocollo di Kyoto contro i
cambiamenti climatici; quindi ha riaperto la corsa all'estrazione anche in
aree protette ed ha rimosso il coordinatore del gruppo di scienziati che sin
dal 1995 avevano indicato nell'uso di combustibili fossili la principale
causa dei cambiamento climatici.
Per tutti questi motivi proponiamo di togliere il nostro consenso a chi
fornisce energia alla guerra: cosi' daremo un segnale del reale potere che
e' in mano ai consumatori.
Greenpeace, Rete di Lilliput, Nigrizia, Centro nuovo modello di sviluppo e
Bilanci di giustizia propongono di non rifornirsi piu' alla Esso.
Questa azione nonviolenta e' uno strumento perche' si possa esprimere
efficacemente dal basso la volonta' della stragrande maggioranza della
popolazione.
E' il momento per diminuire i nostri consumi di energia non rinnovabile
aderendo cosi' personalmente al protocollo di Kyoto con assunzione diretta
di responsabilita'.
*
Fai un gesto concreto contro la guerra. Non finanziare chi le da' energia.
Diminuisci i tuoi consumi di carburante. Non fermarti piu' alle stazioni di
servizio Esso.
Per partecipare alla campagna: www.stopessowar.org

9. APPELLI. FARID ADLY: UN APPELLO URGENTE PER TAYSEER KHALED
[Da Farid Adly, autorevole giornalista e prestigioso militante per i diritti
umani (per contatti: anbamed@katamail.com) ricveviamo e diffondiamo questo
appello, ed invitiamo tutti i nostri interlocutori ad attivarsi per
l'incolumita' di Tayseer Khaled. Come amici della nonviolenza ci opponiamo a
tutte le violenze; ci sta a cuore la vita, l'incolumita', la dignita' di
tutti gli esseri umani; come amici della nonviolenza invitiamo tutte le
persone a fare qualcosa in difesa dell'umanita' e di ogni singola persona in
cui essa si incarna]
Vi prego di leggere attentamente l'accorato appello di tre giovani italiani,
figli di un dirigente dell'Olp, Tayseer Khaled (membro del Comitato
Esecutivo) rapito dal suo ufficio a Nablus il 16 febbraio 2003.
La notizia e' stata completamente ignorata dai media italiani.
Si chiede ai lettori di spedire e-mail agli amici e di protestare presso
l'ambasciata o il consolato israeliano piu' vicino; e di scrivere al
Ministro degli esteri italiano per chiedere un suo intervento diplomatico
per garantire l'incolumita' di Tayseer Khaled.

10. DOCUMENTAZIONE. NADIA, FABIAN E MURAD ODEH: UN APPELLO PER LA SALVEZZA
DI NOSTRO PADRE
[Ringraziamo Farid Adly per averci inviato questa testimonianza, l'appello
urgente di tre giovani di Brescia, cittadini italiani, che hanno visto il
loro padre, Tayseer Khaled, sparire nelle mani della polzia israeliana il 16
febbraio 2003]
Tayseer Khaled, membro del comitato esecutivo dell'Olp, e dirigente di primo
piano del Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp), in
data 16 febbraio 2003 e' stato arrestato da una unita' speciale israeliana.
La violenta irruzione all'interno dell'edificio in cui si trovava Tayseer
Khaled e' avvenuta durante l'ennesima invasione israeliana della citta' di
Nablus, citta' autonoma palestinese, e ha comportato, oltre all'arresto di
due suoi collaboratori, l'uccisione di tre civili.
Secondo testimoni l'arresto e' avvenuto con i soliti modi umilianti
dell'esercito israeliano: denudando, ammanettando e bendando i suoi
collaboratori.
L'atto e' da considerarsi una estrema violazione degli accordi di Oslo
siglati tra il governo israeliano e l'autorita' nazionale palestinese.
Nostro padre godrebbe inoltre dell'immunita' diplomatica e le sue mansioni
sono di carattere esclusivamente politico.
Noi figli ci troviamo in una situazione di estrema angoscia e confusione
data l'impossibilita' di reperire notizie, ignorando inoltre quali siano le
motivazioni che abbiano portato all'arresto di nostro padre.
Dal momento che siamo a conoscenza delle gravi condizioni di detenzione e di
violazione dei diritti umani all'interno delle carceri israeliane,
esprimiamo la nostra paura e preoccupazione.
Inoltre  puntualizziamo il suo bisogno di assumere  quotidianamente dei
farmaci che non risultano in suo possesso.
E dalla nostra posizione di cittadini italiani, chiediamo alle autorita'
italiane di intervenire per garantire la sua incolumita' fisica e morale
nonche' la sua immediata scarcerazione.
Nadia, Fabian e Murad Odeh
Per contattarci potete chiamare ai numeri telefonici: 3890716297;
3498351590; o scrivere alla e-mail: fabianodeh@libero.it

11. RIFLESSIONE. NICOLA CANESTRINI: TRAINSTOPPING, DIRITTO, GUERRA
[Ringraziamo Nicola Canestrini (per contatti: centro@studiperlapace.it) per
questo intervento. Nicola Canestrini, avvocato, e' direttore del Centro
italiano studi per la pace (sito: www.studiperlapace.it) e fa parte dei
Giuristi democratici del Trentino-Sudtirol]
Le recentissime manifestazioni da parte di societa' civile, movimenti,
partiti contro la guerra in Irak da tempo annunciata (perche' indispensabile
per preservare il disordine mondiale che garantisce a pochi il controllo
planetario?) costringe anche i giuristi a confrontarsi nuovamente con il
problema della rilevanza giuridica della pace.
Vi sono numerose norme nell'ordinamento internazionale che fanno riferimento
ad un "diritto alla pace".
Ne sono esempio il Preambolo della Carta delle Nazioni Unite del 1945
(ratificata dall'Italia nel 1957), l'articolo 20 del Patto sui diritti
civili e politici del 1966, ma anche la risoluzione 33/73 dell'Assemblea
generale dell'Onu che all'articolo 1 recita: "Ogni nazione e ogni essere
umano, a prescindere da considerazioni di razza, coscienza, lingua o sesso,
ha il diritto intrinseco a vivere in pace. Il rispetto di tale diritto, al
pari degli altri diritti umani, risponde agli interessi comuni di tutta
l'umanita' e costituisce una condizione indispensabile per il progresso di
tutte le nazioni, grandi e piccole, in tutti i campi." Infine, la stessa
Assemblea generale ha adottato nel 1984 la Dichiarazione sul diritto dei
popoli alla pace che "proclama solennemente che i popoli del nostro pianeta
hanno un sacro diritto alla pace" e "dichiara solennemente che la tutela del
diritto dei popoli alla pace e l'impegno alla sua attuazione costituiscono
un obbligo fondamentale di ogni stato".
*
Nei giorni scorsi l'argomento e' divenuto di scottante attualita' per il
fatto che dei manifestanti hanno bloccato i cosiddetti treni della morte,
cioe' quei treni carichi di materiale bellico destinati alla base Usa di
Camp Darby vicino Pisa da dove saranno inviati nel Golfo Persico per
l'imminente guerra.
Vi e' il pericolo che - come gia' e' successo in passato - detti
manifestanti vengano incriminati, ad esempio per il reato previsto dal Dlgs
66/1948, che nella parte della norma non toccata dalla depenalizzazione del
1999 punisce "chi depone o abbandona oggetti in una strada ferrata al fine
di ostruirla" con la reclusione da uno a sei anni, o ancora per il reato di
cui all'articolo 340 del Codice Penale che sanziona l'interruzione di un
servizio pubblico con pene che possono arrivare fino a cinque anni di
reclusione.
Si pone dunque il problema di individuare, oltre alle norme di diritto
internazionali citate che peraltro non sono cogenti nel nostro ordinamento
essendo considerate norme cosiddette di soft law, anche nell'ordinamento
italiano disposizioni utili a definire la portata del diritto alla pace e/o
di eventuali altri strumenti giuridici per trasformare l'istanza etica
rappresentata dai manifestati in chiave giuridica.
*
Una prima indicazione in tal senso, e senza voler ricordare che secondo il
filosofo del diritto Hans Kelsen la pace e' il fine minimo di ogni
ordinamento giuridico, o che Sant'Agostino riteneva che il "bellare" fosse
"semper illicitum", puo' essere offerta dal sempre attualissimo articolo 11
della Costituzione italiana, secondo la quale l'Italia "ripudia la guerra".
Pur se non delineato a chiare lettere nel disegno costituzionale,
l'imposizione per il tramite della nostra Costituzione di regole di condotta
vincolanti per gli organi statali - la cui osservanza garantisce la
legittimita' delle scelte e degli atti adottati, altrimenti illegittimi - e'
venuta a fondare, secondo autorevoli giuristi, un vero e proprio "diritto
della collettivita' all'instaurazione di rapporti pacifici con altri
popoli", cioe' un nostro diritto a pretendere che i nostri governanti
attuino nei loro comportamenti i principi fondamentali della nostra
Costituzione, primo fra tutti quello di astenersi dall'uso della forza nei
rapporti internazionali, o meglio del ripudio della guerra. Riconosciuto
tale diritto, si aprirebbe la strada - per i manifestanti eventualmente
incriminati per essersi opposti al transito dei treni della morte -
all'invocazione dell'articolo 51 del Codice Penale, il quale esclude la
punibilita' dei comportamenti (impedire il passaggio dei treni) fondati
appunto su un diritto.
*
Un'altra strada, invero, e' stata gia' percorsa dal Tribunale di Trento, il
quale nel gennaio 1992 in un analogo caso coraggiosamente statui' che
"sussiste la scriminante dello stato di necessita' putativo nella
partecipazione ad una manifestazione pacifista, con invasione dei binari di
una stazione ferroviaria al fine d'impedire il trasporto di carri armati
destinati ad operazioni militari in Irak e di salvare, per tal modo, un
numero indeterminato di persone".
In altre parole, il Tribunale di Trento - che ha posto un importante
precedente giurisprudenziale, per quanto non vincolante negli ordinamenti di
civil law - ha sancito la legittimita' dell'occupazione dei binari da parte
dei manifestanti che si opponevano alla guerra in Irak perche' cosi' facendo
gli stessi erano convinti di salvare moltissime vite umane dai bombardamenti
angloamericani.
A tale pronuncia del Tribunale di Trento se ne sono aggiunte molte altre,
tra le quali Grosseto, Milano, Rovereto, Torino, Mantova, Cremona, Verona:
alcune delle dette pronunce giustamente indicano il primo criterio
interpretativo delle norme penali invocate nella Costituzione, e
segnatamente nei principi di libera manifestazione del pensiero e della
liberta' di riunione.
La stessa legge 185/90, di cui tanto si parla anche negli ultimi tempi, che
disciplina il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei
materiali di armamento all'articolo 1 dice che "il transito di materiale di
armamento (...) dev[e] essere conform[e] alla politica estera e di difesa
dell'Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i
principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali".
Lo stesso legislatore recepisce dunque molto chiaramente il dettato della
Carta Costituzionale.
*
Un'ultima osservazione, senza voler entrare nel merito della cosiddetta
"guerra giusta" che anche l'Italia si appresta a combattere in Iraq (ma le
guerre non sono sempre giuste per chi le fa?): vi e' una controversia
internazionale aperta in seno alle Nazioni Unite, i cui organi si occupano
del problema seguendo una complessa procedura che ha il fine di far vincere
chi ha ragione. La guerra, invece, ha l'opposto fine di dare ragione a chi
vince.
*
Ecco perche' sono e rimango convinto che la prima e fondamentale legge di
natura che permette di instaurare uno stato civile e democratico sia: "pax
est quaerenda", dobbiamo pretendere la pace.

12. RIFLESSIONE. SAVERIO SENESE: ILLEGALE E' LA GUERRA E CHI LA FA
[Dal quotidano "Il manifesto" del 27 settembre 2003. Saverio Senese e'
avvocato penalista del foro di Napoli]
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna fanno riferimento ad una nuova ed
originale categoria giuridica quando, nel tentativo di legittimare le
proprie scelte politico-militari contro l'Iraq, introducono il concetto di
"difesa legittima preventiva", ignoto al diritto internazionale.
Ove mai dovesse accadere che, svincolandosi dalle risoluzioni dell'Onu,
ritenessero di agire da soli, violerebbero le regole del diritto
internazionale.
Se poi il governo italiano dovesse condividere una simile scelta
consumerebbe ulteriori gravi e pericolose violazioni delle norme penali e
processuali italiane oltre che della Costituzione.
1) Lo statuto delle Nazioni Unite ha abrogato l'istituto giuridico della
guerra quale esercizio lecito della facolta' degli stati. L'articolo 51
della Carta dell'Onu costituisce l'unica eccezione al fondamentale divieto
di uso della forza armata nelle relazioni internazionali (sancito
dall'articolo 2, par. 4, della Carta stessa), consentendo tale uso nella
sola ipotesi di risposta ad un attacco armato gia' sferrato.
2) Abusivamente si e' fatto riferimento all'art. 5 del Patto Atlantico. Ma
l'articolo 5, paragrafo primo, del Trattato istitutivo della Nato consente
l'esercizio del diritto di legittima difesa, ai sensi dell'art. 51 della
Carta Onu, solo in caso di "attacco armato" contro uno o piu' stati membri
"avente luogo in Europa o in America del Nord", qualificandolo come "attacco
diretto contro tutti", e ammette "l'uso della forza armata" solo "per
ristabilire e garantire la sicurezza nella regione dell'Atlantico del Nord".
3) L'articolo 11 della Costituzione italiana ripudia solennemente la guerra.
E oltre a rendere illegittimi tutti gli atti incompatibili, esercita una
spinta in direzione pacifista nei confronti degli organi legislativi e di
quelli governativi.
4) Ai sensi dell'art. 78 della Costituzione soltanto le camere possono
deliberare lo stato di guerra, e sempre a condizione che la guerra stessa
abbia carattere difensivo.
5) Ai sensi dell'art. 80 della Costituzione le camere autorizzano con legge
la ratifica dei trattati internazionali, e l'autorizzazione non puo' che
essere subordinata ai principi ed ai valori di cui alla stessa Carta,
compreso l'art.11.
6) Il concetto di guerra preventiva e' antinomico a quello di difesa,
perche' non risponde a un'aggressione ma dovrebbe prevenirla, in forza di
una valutazione unilaterale ed arbitraria.
L'appoggio italiano potrebbe manifestarsi attraverso la messa a disposizione
di basi aeree e, piu' in generale, in un sostegno di carattere logistico,
sulla base di un voto a maggioranza del parlamento: tratterebbesi di una
scelta destinata ad irrompere nel quadro istituzionale interno con effetti
deflagranti.
Potrebbe accadere, infatti, di dovere qualificare giuridicamente le
distruzioni, le inevitabili uccisioni di civili, ma anche di militari
iracheni e, addirittura, quella di Saddam Hussein, nel caso in cui esse
avvengano nel corso di operazioni militari illegittime, perche' non
scriminate da una formale dichiarazione di guerra, ne' da deliberazioni di
organismi internazionali che ne abbiano il potere e, comunque, svolte
nell'ambito di interventi "preventivi" ripudiati dal nostro ordinamento.
Tali eventi si possono qualificare soltanto come devastazione, strage,
omicidio. E il consapevole contributo fornito da cittadini italiani si
configura come concorso nel reato (art. 110 del codice penale), sia per chi
l'abbia autorizzato e ordinato che per chi l'abbia eseguito.
Ora, l'art. 9 c. p. prevede appunto che l'autorita' giudiziaria debba
procedere contro il cittadino che abbia commesso reati comuni di una
consistente gravita' all'estero. E' un quadro che puo' preludere a un
aggravamento del marasma istituzionale, nel caso non impossibile di
iniziative giudiziarie contro il governo. E un'insopportabile incertezza per
quanti saranno chiamati a eseguire gli ordini, per la prospettiva di vedersi
imputati di aver obbedito a comandi illegittimi fino a commettere reati da
ergastolo.
Esponenti del governo e i soliti opinionisti a gettone stanno molto
lagnandosi delle azioni di boicottaggio contro il trasporto di materiale
bellico. Eppure, per certi versi, il rifiuto di ferrovieri e portuali di
"concorrere" a tali trasporti e' anche una manifestazione di autotutela.
Perche' mai dovrebbero rischiare di essere incriminati in futuro? La
situazione non muterebbe neanche ritenendo gli eventuali reati "determinati
da motivi politici" e dunque perseguibili solo a richiesta del Ministro
della Giustizia (art. 8 c. p.). Infatti stiamo parlando di reati
praticamente imprescrittibili e, dunque, sempre a disposizione di una
diversa maggioranza che volesse attivare procedure d'inchiesta.

13. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: NOI FIGLI DI EICHMANN
Guenther Anders, Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995, pp. 112,
lire 15.000. Tutti i lbri di Anders sono dei capolavori, e tutti sempre
parlano dei nostri compiti attuali.

14. RILETTURE. FRIEDRICH G. FRIEDMANN: HANNAH ARENDT
Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, La Giuntina, Firenze 2001, pp. 192,
euro 12,39. Una bella monografia sulla piu' grande pensatrice della
politica, scritta da un grande "umanista dell'incontro".

15. RILETTURE. VLADIMIR JANKELEVITCH: PERDONARE?
Vladimir Jankelevitch, Perdonare?, La Giuntina, Firenze 1987, pp. 70. Una
riflessione dopo la Shoah del grande filosofo e resistente.

16. RILETTURE. ELIE WIESEL: LA NOTTE
Elie Wiesel, La notte, La Giuntina, Firenze 1980, 1984, pp. 114. Una
testimonianza della Shoah, dello scrittore premio Nobel per la pace.

17. EDITORIALE. PEPPE SINI: IO CREDO
Io credo davvero che se migliaia, milioni di persone si stendessero sulle
rotaie e fermassero i convogli delle armi, si stendessero dinanzi ai
cancelli delle fabbriche di armi e ne fermassero la produzione, si
stendessero dinanzi agli ingressi delle sedi militari e ne precludessero
l'accesso, la guerra sarebbe impedita. E prima di far la predica agli altri
credo di dover cominciare io: la prima e fondamentale risorsa e tecnica
della nonviolenza e' l'esempio.

18. MISTERI SVELATI. GEPPETTO BORRACIONI: IL SOSIA DI CIAMPI
Come in quella magnifica "sotie" di Gide, qualcuno deve aver fatto
prigioniero il capo dello stato e averlo sostituito con un maldestro,
perverso simulatore.
Il Carlo Azeglio Ciampi che prese parte alla lotta antifascista non puo'
essere il signore che ha rinunciato a difendere la Costituzione frutto di
quella lotta e presidio di liberta'; non puo' essere il signore che avalla
lo stupro di quella Costituzione; non puo' essere il complice dei golpisti
che stanno favoreggiando la guerra invece di ripudiarla come la legge fa
loro obbligo, la legge di cui il capo dello Stato e' supremo garante.
Lanciamo un appello: chi sa dove sia imprigionato il vero Ciampi lo dica; si
sollevi di nuovo la plebe dei sanculotti a liberarlo; e torni quel Carlo
Azeglio Ciampi, e impugni la bandiera della legalita' costituzionale, del
vincolo giuridico e morale che ci unisce, della democrazia, della pace, e si
metta alla testa del popolo italiano, della repubblica italiana, alla
riscossa antifascista: sia lui a lanciare l'antico grido di lotta, "L'Italia
ripudia la guerra".
E dia il suo contributo a fermare i nuovi Kesserling, e i nuovi Quisling.

19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 521 del 28 febbraio 2003