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"Basta alla violenza sessuale nei confronti delle detenute!"Presentato un nuovo rapporto di Amnesty International sulla Turchi



Gent.mi tutti,

vi trasmettiamo il comunicato stampa odierno della Sezione Italiana di
Amnesty International:


"Basta alla violenza sessuale nei confronti delle detenute!"
Presentato un nuovo rapporto di Amnesty International sulla Turchia



Grazie per la cortese attenzione


Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa
Amnesty International
Tel. 06 44.90.224
cell. 348-6974361
E-mail: press@amnesty.it






COMUNICATO STAMPA
CS24-2003

"BASTA ALLA VIOLENZA SESSUALE NEI CONFRONTI DELLE DETENUTE!"
PRESENTATO UN NUOVO RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULLA TURCHIA


Istanbul - Le donne che si trovano in stato di detenzione in Turchia
rischiano la violenza sessuale da parte delle forze di sicurezza: è questa
la denuncia lanciata oggi da Amnesty International in occasione della
presentazione del rapporto Basta alla violenza sessuale nei confronti delle
detenute!

Secondo il rapporto, donne di ogni origine sociale e culturale sono
sottoposte ad abusi, aggressioni e stupri durante la detenzione.
Particolarmente a rischio sono le donne curde e coloro che hanno idee
politiche inaccettabili dal punto di vista delle autorità o dell'esercito.

Il rapporto di Amnesty International si basa su ricerche condotte nel corso
del 2002 e su due visite compiute in Turchia a giugno e settembre dello
stesso anno. L'organizzazione sottolinea che, dopo la stesura del rapporto,
il governo in carica è cambiato.

"Le conclusioni del rapporto rappresentano una sfida per il governo, che
deve trasformare in realtà le proprie dichiarazioni di intenti sui diritti
umani" - ha dichiarato Patrizia Carrera, responsabile del coordinamento
Europa occidentale della Sezione Italiana di Amnesty International. "Il
nuovo governo non deve proseguire sulla strada del precedente, ma prendere
misure concrete per risolvere il problema della violenza sessuale nei
confronti delle donne".

Le donne che hanno subìto violenza sessuale riescono con estrema difficoltà
a parlare e a ottenere giustizia: l'ostracismo nei loro confronti, la
discriminazione da parte della società e il concetto di "onore" costringono
al silenzio molte di esse. Quando gli autori della violenza sessuale sono
rappresentanti dello Stato, il loro comportamento rafforza quella cultura
della violenza e della discriminazione che pone tutte le donne in pericolo.
Amnesty International teme che essi ricorrano alla tortura, sotto forma di
stupri e aggressioni sessuali, sapendo che le sopravvissute difficilmente
vorranno denunciare l'accaduto.

Secondo le denunce ricevute da Amnesty International, le detenute vengono
spesso denudate da agenti di sesso maschile durante gli interrogatori che
si svolgono nelle stazioni di polizia o in prigione. In questa situazione
le donne rischiano fortemente di subire violenze e umiliazioni.

Le detenute vengono anche costrette a sottoporsi a "test della verginità",
allo scopo di punirle ed umiliarle. Le conseguenze di questi test su molte
donne esaminate e il cui imene risulta non più integro, sono devastanti:
violenze, umiliazioni e in alcuni casi la morte. La semplice minaccia di un
test può essere sufficiente a provocare traumi psicologici; il rifiuto di
un test può essere considerato come una "offesa all'onore" ed essere causa
di ulteriori abusi sessuali.

Amnesty International è a conoscenza di casi di donne sottoposte a violenza
sessuale di fronte ai propri mariti o familiari per costringere questi
ultimi a "confessare" o, strumentalizzando il concetto di "onore", per
ledere la reputazione della famiglia o della comunità di origine della
vittima.

Dopo aver intervistato oltre cento detenute a Diyarbakir, Mus, Mardin,
Batman e Midyat, la Commissione delle avvocate di Diyarbakir ha concluso
che praticamente tutte le donne erano state sottoposte a "test della
verginità" e che quasi tutte avevano subìto abusi sessuali, sia verbali che
fisici, mentre si trovavano in custodia della polizia.

"Allo stupro e alla violenza sessuale si aggiunge l'assenza di protezione e
di risarcimenti nei confronti delle vittime" - ha affermato Carrera.

Le donne che hanno subìto violenza sessuale devono spesso fare i conti con
un diffuso ostracismo. Altre sono costrette a lasciare le proprie case, con
o senza la famiglia. Molte, spesso, non denunciano l'accaduto perché
ritengono che gli autori non saranno puniti.

Coloro che denunciano le violenze sessuali commesse da rappresentanti dello
Stato rischiano di subire ulteriori abusi, azioni legali, minacce ed
arresti. Le avvocate che le rappresentano, a loro volta, vengono
perseguitate dalle autorità, dai mezzi d'informazione e dai propri colleghi.

Ottenere un risarcimento è particolarmente difficile nei casi in cui gli
autori della violenza sessuale siano rappresentanti dello Stato, tanto per
la scarsità delle inchieste quanto a causa di una legislazione assai
protettiva nei confronti dei pubblici ufficiali sotto inchiesta. Secondo la
legge, trascorso un certo periodo di tempo dal compimento di un reato, una
persona indagata non può più essere condannata: diversi procedimenti, nei
confronti di poliziotti accusati di tortura, sono terminati in quanto gli
imputati non si sono presentati alle udienze, i loro avvocati hanno rimesso
il mandato oppure non hanno fornito le prove richieste entro i termini
stabiliti.

"I rinvii nei procedimenti non solo ritardano la giustizia ma fanno sì che
gli autori della violenza sessuale, alla giustizia, non siano proprio
chiamati a rispondere" - ha sottolineato Carrera.

La discriminazione nei confronti delle donne e la violenza sessuale sono
fenomeni correlati. Quando un rappresentante dello Stato assume un
comportamento discriminatorio, non solo dimostra di non voler rispettare i
diritti delle donne ma contribuisce anche a perpetuare una cultura della
violenza nei confronti di tutte le donne.

"Commettere violenza contro le donne, da parte di chi rappresenta le
istituzioni dello Stato, significa trasmettere un chiaro messaggio di
indulgenza verso atti di violenza in ogni settore -  nelle istituzioni,
all'interno della famiglia, nei rapporti individuali - e mettere in
pericolo ogni donna. Questa situazione non può rimanere così!" - ha
concluso Carrera.

Amnesty International chiede al governo turco di intraprendere profonde
riforme per porre fine alla violenza sessuale nei confronti delle donne,
tra cui:
- porre fine alla prassi di bendare e denudare le detenute durante gli
interrogatori;
- porre fine alle perquisizioni corporali delle detenute da parte di
personale maschile;
- vietare l'uso delle bende intorno agli occhi nelle stazioni di polizia;
- portare di fronte alla giustizia coloro che compiono e che ordinano le
violazioni dei diritti umani.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 26 febbraio 2003


Il rapporto Basta alla violenza sessuale nei confronti delle detenute! è
disponibile presso il sito Internet di Amnesty International all'indirizzo:
www.amnesty.org


Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:

Amnesty International  - Ufficio stampa
Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it