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La nonviolenza e' in cammino. 517



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 517 del 24 febbraio 2003

Sommario di questo numero:
1. Fermare la guerra e' possibile
2. Joan Bondurant, il satyagraha in azione
3. Pasquale Pugliese, auto-riduzione contro la guerra
4. Blues del treno della morte
5. Severino Vardacampi, cinque cose da fare subito
6. Tara Gandhi, e' l'amore che tiene unito il mondo
7. Maria Zambrano, viscere e cuore
8. Andrej Sinjavskij, il volto degli altri
9. "Berretti Bianchi" e "Operazione Colomba", chiamata alla pace nei
territori occupati
10. Andreas Speck, obiettori di coscienza deferiti alla corte marziale in
Israele
11. Amelia Alberti, dai morsi della fame
12. Augusto Cavadi, due criteri del "principio responsabilita'" di Hans
Jonas
13. Riletture: Lou Andreas Salome', Il mito di una donna. Autobiografia
14. Riletture: Erica Klein, Invito alla lettura di Solzenicyn
15. Riletture: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson
16. Riletture: Jeffrey Meyers, Katherine Mansfield
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. FERMARE LA GUERRA E' POSSIBILE
Fermare la guerra e' possibile.
Con l'azione diretta nonviolenta, inverando la Costituzione della Repubblica
Italiana, possiamo e dobbiamo bloccare l'attivita' operativa e la
funzionalita' tattica e strategica di tutte le basi militari americane site
nel territorio italiano, possiamo e  dobbiamo bloccare tutti i trasporti di
armamenti nel territorio italiano.
Se riusciamo a paralizzarli qui, sara' possibile farlo anche altrove, e
sara' l'inizio della realizzazione di quella espulsione della guerra dalla
storia che deve cessare di essere solo uno slogan e diventare una prassi.
Ma dipende solo da noi, e' nelle nostre mani fermare la guerra, e' nelle
nostre mani costruire la pace: con l'azione diretta nonviolenta.

2. MATERIALI. JOAN BONDURANT: IL SATYAGRAHA IN AZIONE
[Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0@tin.it) per
averci messo a disposizione questa sua traduzione di alcune pagine
dell'opera fondamentale di Joan Bondurant, Conquest of Violence. The
Gandhian Philosophy of Conflict, Princeton University Press, Princeton 1958,
nuova edizione rivista 1988, pp. 38-41. Fulvio Cesare Manara e' un
prestigioso studioso e amico della nonviolenza. Joan Bondurant, docente
universitaria, e' forse la piu' importante studiosa di Gandhi. Vive a
Tucson, Arizona; tra le sue opere fondamentale e' quella qui citata. In una
breve premessa a questa traduzione Fulvio Cesare Manara scrive che si tratta
del "paragrafo dedicato alle regole di comportamento, alla disciplina ed
alle fasi di una campagna di satyagraha. Nel capitolo precedente (il
secondo) la Bondurant aveva chiarito i 'fondamenti' del satyagraha stesso:
verita', nonviolenza e auto-sacrificio (self-suffering). Questo saggio,
unitamente ai lavori di Case, De Ligt, Gregg, Shridarani, Anders e Boserup,
ecc. sarebbero letture da meditare e rimeditare, in tempi di resistenza alla
guerra... Un patrimonio vivo, per gli amici della nonviolenza di cultura
anglosassone, che noi non possiamo ignorare. Lo stesso si potrebbe dire
degli ultimi lavori di J. M. Muller, ovviamente, e di parecchi altri"]
* Punti essenziali del Satyagraha in azione
Se si dovesse stendere un manuale per la gestione di una campagna satyagraha
di massa basata sulle esperienze di satyagraha in India, i primi tre
capitoli dovrebbero sicuramente riguardare 1) le regole fondamentali di
governo della campagna; 2) il codice di disciplina; 3) i passaggi attraverso
cui la campagna dovra' essere sviluppata. Fra i punti che dovrebbero entrare
in una guida di questo genere ci sono quelli che indico qui di seguito.

* Regole fondamentali
1) Autosufficienza in qualsiasi momento. L'aiuto esterno puo' essere
accettato, in circostanze adeguate, ma non si dovrebbe contare mai su di
esso.
2) Iniziativa nelle mani dei satyagrahi. Attraverso un continuo
riassestamento della situazione del conflitto i satyagrahi, possibilmente
con mezzi basati su uno sforzo costruttivo, o con una resistenza positiva
quando richiesto, o mediante tecniche di persuasione e di aggiustamento,
dovrebbero spingere il movimento sempre avanti.
3) Diffusione degli obiettivi, delle strategie e delle tattiche della
campagna. La propaganda dovra' costituire una parte integrale del movimento.
L'educazione dell'oppositore, del pubblico e dei partecipanti, deve
proseguire insistentemente.
4) Riduzione delle richieste ad un minimo coerente con la verita'. Un
continuo riassestamento della situazione e degli obiettivi con un occhio al
possibile aggiustamento delle richieste e' essenziale.
5) Avanzamento progressivo del movimento. Attraverso gradini e stadi
determinati per essere appropriati nella situazione data. La decisione
relativa a quando procedere ad una fase successiva del satyagraha deve
essere accuratamente soppesata alla luce delle circostanze in continua
trasformazione, ma una condizione statica deve essere evitata. In ogni caso,
l'azione diretta deve essere lanciata solo dopo che tutti gli altri sforzi
per raggiungere una soluzione onorevole sono stati esauriti.
6) Esame delle debolezze all'interno del gruppo satyagraha. Il morale e la
disciplina dei satyagrahi dev'essere mantenuto attraverso una consapevolezza
attiva (sia dei partecipanti sia dei leader) di qualsiasi sviluppo di
impazienza, scoraggiamento, o abbandono dell'atteggiamento nonviolento.
7) Ricerca continua di vie di cooperazione in termini onorevoli con
l'avversario. Dev'essere fatto ogni sforzo per vincere sull'oppositore
aiutandolo (quando questo sia coerente con i veri obiettivi dei satyagrahi)
dimostrando cosi' sincerita' nel cercare un accordo con l'avversario stesso,
piuttosto che volonta' di trionfare su di lui.
8) Rifiuto di abbandonare punti essenziali nei negoziati. Il satyagraha
esclude qualsiasi compromesso che mini alla base i principi o parti
essenziali di obiettivi validi. Si deve esercitare ogni attenzione per
evitare la contrattazione o il baratto.
9) Insistere per un pieno accordo sui fondamenti prima di accettare una
soluzione.

* Codice di disciplina
I punti seguenti vennero approntati da Gandhi come codice per i volontari
nel movimento del 1930:
1) Non nutrire alcuna rabbia ma soffri per la rabbia dell'oppositore.
Rifiuta di restituire i colpi dell'oppositore.
2) Non sottometterti ad alcun ordine dato nella rabbia, nemmeno se viene
minacciata una severa punizione per la disobbedienza.
3) Astieniti da insulti e imprecazioni.
4) Proteggi gli oppositori da insulti o dall'aggressione, anche se c'e'
rischio di vita.
5) Non resistere all'arresto ne' all'attacco della proprieta', a meno che tu
detenga la proprieta' come amministratore fiduciario.
6) Rifiuta di cedere qualsiasi proprieta' detenuta a titolo fiduciario,
anche a rischio della vita.
7) Se fatto prigioniero, comportati in modo esemplare.
8) Come membro di una unita' satyagraha, obbedisci agli ordini dei leader
del satyagraha stesso, e dimettiti dall'unita' nel caso si presenti un serio
disaccordo.
9) Non aspettarti garanzie dal sostentamento dei dipendenti.

* Fasi di una campagna satyagraha
Quanto segue e' applicabile a un movimento sorto da contestazione di un
ordine politico stabilito. Queste fasi possono essere adattate ad altre
situazioni di conflitto.
1) Negoziato ed arbitraggio. Dev'essere esaurito ogni sforzo per risolvere
il conflitto o eliminare le contestazioni attraverso i canali stabiliti,
prima di intraprendere le fasi successive.
2) Preparazione del gruppo per l'azione diretta. Immediatamente dopo la
constatazione dell'esistenza di una situazione di conflitto che potrebbe
condurre all'azione diretta, si devono esaminare con cura i motivi, si
devono avviare esercizi di autodisciplina, e lanciare la piu' ampia
discussione all'interno del gruppo sulle questioni in gioco, le piu'
appropriate procedure da adottare, la situazione dell'oppositore, il clima
della pubblica opinione, ecc. Questa fase incluse spesso, nei satyagraha
indiani, un digiuno di purificazione.
3) Agitazione. Questa fase include una campagna di propaganda attiva unita a
dimostrazioni come incontri di massa, sfilate, urlo di slogan.
4) Lancio di un ultimatum. Un forte appello finale all'oppositore dev'essere
compiuto chiarendo quali saranno le fasi ulteriori che verranno intraprese
se non si raggiungera' un accordo. Le parole da usare e il modo della
presentazione dell'ultimatum devono offrire la massima possibilita' di
accordo, permettendo all'avversario di salvare la faccia, e devono
presentare una soluzione costruttiva del problema.
5) Boicottaggio economico e forme di sciopero. Il picchettaggio puo' essere
ampiamente utilizzato, unitamente a dimostrazioni continue ed a iniziative
di educazione del pubblico. Il sitting dharna (una forma di sciopero con
sit-down) puo' essere utilizzato, cosi' come uno sciopero nonviolento dal
lavoro, e tentativi di organizzare uno sciopero generale.
6) Non-cooperazione. In relazione al tipo di problema in questione, possono
essere attivate azioni come il rifiuto di pagare tasse, il boicottaggio
delle scuole e di altre istituzioni pubbliche, l'ostracismo e persino
l'esilio volontario.
7) Disobbedienza civile. Si dovrebbe manifestare molta cura nella selezione
delle leggi cui contravvenire. Tali leggi potrebbero essere sia centrali per
la questione in gioco nella contestazione, sia di tipo simbolico.
8) Usurpazione delle funzioni di governo. Shridarani chiama questa fase
"satyagraha assertivo". E' necessaria una preparazione la piu' completa per
rendere efficace questa fase.
9) Governo parallelo. La creazione di funzioni parallele dovrebbe emergere
dalla fase (8), e queste dovrebbero essere rafforzate in modo da ottenere la
piu' ampia cooperazione possibile da parte del pubblico.
L'azione specifica che dovra' essere intrapresa in un dato movimento
satyagraha sara', naturalmente, determinata dalla natura stessa delle
circostanze. Come nell'addestramento estensivo ed intensivo per la lotta
violenta, molto dipende dalla disciplina, dalla leadership,
dall'addestramento, dalla risolutezza del proposito, e dall'adattamento dei
principi di base e delle procedure alla specifica circostanza. Un'analisi di
campagne storiche di satyagraha in India ci indica le direzioni in cui
l'addestramento al satyagraha puo' essere sviluppato per rafforzare
movimenti del genere ed evitare potenziali debolezze. Gandhi ed altri leader
indiani accettavano chiunque volesse unirsi alle loro campagne. Essi
svilupparono tattiche e regole via via che incontravano sempre nuove
situazioni di conflitto. Se fossero stati in grado di selezionare i loro
volontari e di addestrarli per i loro specifici ruoli nelle operazioni del
satyagraha, i movimenti avrebbero ben potuto svilupparsi piu'
drammaticamente. Comunque, il grado di successo con cui si sono rapportati
e' abbastanza stupefacente, se si considera che lavorarono su una base ad
hoc, e che ebbero a che fare con una massa di persone che non aveva avuto in
anticipo alcuna conoscenza delle tecniche utilizzate e che molto pochi fra
loro avevano una coerente disciplina nell'applicazione di queste tecniche.

3. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE: AUTO-RIDUZIONE CONTRO LA GUERRA
[Ringraziamo Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas@interfree.it) per
questo intervento. Pasquale Pugliese e' impegnato nel Movimento Nonviolento,
nella Rete di Lilliput, in numerose iniziative di pace, di solidarieta', per
la nonviolenza]
1. In uno dei pochi testi disponibili in lingua italiana sul tema, Jeremy
Rifkin scrive: "Nuove ricerche suggeriscono che la produzione globale di
petrolio raggiungera' il picco fra il 2010 e il 2020 (secondo alcuni
addirittura prima del 2010). In altre parole, in quell'arco di tempo meta'
delle riserve stimate disponibili del pianeta sara' consumata. Una volta
raggiunto il picco, i prezzi del petrolio cominceranno a crescere
inarrestabilmente, mentre nazioni, aziende e consumatori faranno a gara per
procurarsi la rimanente meta' delle riserve" (Idrogeno, Mondadori). A quel
punto, spiega il fisico Alberto Di Fazio, "il gettito (del petrolio)
comincia a diminuire per poi discendere progressivamente a zero. Infatti,
proseguendo l'estrazione ad un costo energetico sempre crescente, arriva un
momento in cui per estrarre un barile di petrolio bisogna impiegare una
quantita' di energia maggiore o uguale a quella contenuta nel barile stesso.
A quel punto l'estrazione viene arrestata, in quanto senza ormai piu' senso
energetico e quindi economico" (Le grandi crisi ambientali globali, in
Contro le nuove guerre, Odradek).
2. L'alba del nuovo secolo si e' aperta con i conflitti armati alla
conquista - in Cecenia, in Afghanistan, in Iraq -  degli ultimi giacimenti
petroliferi utilizzabili prima del raggiungimento del "picco definitivo
della produzione del petrolio". Ed essi non avranno termine fino a che
un'ultima goccia di greggio sara' utilizzabile: dopo l'Iraq sara' la volta
dell'Iran, se non direttamente di un conflitto mondiale tra le potenze in
spietata concorrenza energetica. Gia' nel giugno del 2000 Di Fazio
continuava il suo saggio scrivendo: "la stessa potenza militare degli Stati
Uniti - come quella delle altre grandi potenze - e' estremamente dipendente
dal petrolio, e il fatto che le riserve strategiche Usa non possano durare
molti mesi la dice lunga sui rischi di guerra. Cio' che distingue le potenze
orientali dagli Usa - a proposito di forniture belliche di petrolio - e' che
probabilmente gli Usa avranno piu' problemi a rifornirsi, a meno di non
accettare un conflitto generalizzato con Cina, India e Russia, magari
scatenato dalla conquista americana dei pozzi mediorientali".
3. Non e' un caso infatti che in questa precisa fase storica il governo
statunitense sia guidato da una vera e propria "junta petrolifera" nella
quale, come scrive D. Caveli (citato da M. Chossudovski in Guerra e
globalizzazione, Edizioni Gruppo Abele), "la famiglia del presidente George
W. Bush ha gestito compagnie petrolifere fin dal 1950. Il vicepresidente
Dick Cheney ha trascorso la seconda meta' degli anni Novanta come chief
executive offier della Halliburton, la maggiore fornitrice di servizi per le
industrie petrolifere. Condoleezza Rice, consigliere per la sicurezza
nazionale, ha fatto parte del consiglio di amministrazione della Chevron,
che ha battezzato con il suo nome una petroliera. Il segretario del
commercio Donald Evans e' stato per piu' di dieci anni chief executive
offier della Tom Brown Inc., una compagnia che possiede giacimenti di gas
naturale in Texas, Colorado e Wyoming. Ma i legami non si esauriscono a
livelo personale. La famiglia bin Laden e altri membri della ricchissima
elite saudita (che deve il proprio patrimonio al petrolio) hanno partecipato
a numerose imprese d'affari della famiglia Bush, proprio mentre l'industria
energetica americana contribuiva all'elezione di Bush. Dei dieci principali
finanziatori di sempre di George W., sei provengono dal settore petrolifero
o hanno legami con esso".
4. Come da manuale si saldano dunque i vertici del triangolo della violenza:
a) strutturale, un sistema economico fondato sulla crescita continua per la
quale e' necessaria, come una droga, una sempre crescente dose di
carburante; b) culturale, la mistificazione dei costi sociali e ambientali
del sistema - a cominciare dal sistema dei trasporti centrato
sull'automobile - e la giustificazione delle guerre per l'appropriazione
delle fonti energetiche; c) diretta, della guerra che, pur ammantandosi di
volta in volta di nuove trovate pubblicitarie - l'ultima e' la guerra
preventiva contro il terrorismo - e' la sporca guerra di sempre, necessaria
a garantire qualche altro anno di cieca crescita all'Occidente prima della
crisi sistemica globale.
5. D'altro canto, la lunga preparazione della guerra all'Iraq ha messo in
moto un movimento mondiale per la pace di enormi dimensioni, trasversale
alle diverse appartenenze politiche e religiose, inglobante cittadini non
militanti. Le quasi due milioni di bandiere arcobaleno distribuite in Italia
e i 110 milioni di manifestanti globali del 15 febbraio sono segno concreto
di una enorme mobilitazione diffusa dal basso. E' uno di quei momenti in cui
il movimento per la pace raggiunge il picco quantitativo di attivismo: era
gia' successo, seppure in minori dimensioni, negli anni '80 per le
mobilitazioni contro gli euromissili e nel '91 contro la prima guerra della
Golfo. Oggi, nonostante tutti gli sforzi contrari della propaganda bellica,
il convincimento dell'ingiustizia della guerra e' finora prevalente
nell'opinione pubblica.
6. Da un lato, la grande mobilitazione di massa ha indotto il movimento per
la pace in Italia a moltiplicare e differenziare le iniziative volte a
fermare la guerra: dalle telefonate in prefettura ai grandi cortei, dalle
bandiere ai balconi ai presidi sui binari dei treni militari a molte altre
ancora. Questa articolazione consente a chiunque di esprimere il proprio
dissenso dalla politica di guerra del governo, impegnandosi nella modalita'
che sente piu' vicina.
7. Dall'altro lato, l'opposizione di massa alla guerra fornisce ai movimenti
nonviolenti che - senza impennate in occasione degli eventi bellici, ma
senza riflusso in assenza di questi - lavorano con perseveranza alla
eliminazione delle cause strutturali delle guerre, una grande occasione per
incidere sui processi profondi che generano questo ciclo senza fine di
guerre imperiali, ossia sul bisogno crescente di petrolio - in regime di
scarsita' definitiva del combustibile fossile - nell'organizzazione
economica, sociale e tecnologica della nostra societa'. E, in particolare,
nel nostro stile di vita e di movimento. Anche di tutti coloro che si
dicono - e sono - contrari alla guerra, ossia la maggioranza delle persone
che abitano il Nord del mondo le quali, con il proprio consumo di greggio e
dei suoi derivati alimentano la causa strutturale della guerra contro la
quale, magari, scendono in piazza a manifestare. Poiche' "le guerre
scoppiano a valle, contro la guerra cambia la vita" esortava gia' nel 1991
Alex Langer, proprio in occasione della prima guerra del Golfo.
8. In questo senso rivestono un'importanza centrale e una dimensione
strategica, all'interno di questo grande movimento per la pace, gli sforzi
volti a collegare la violenza strutturale, del bisogno di petrolio, e la
violenza diretta, della guerra per conquistarselo, volti a depotenziare la
prima per rendere inutile la seconda. Un'importanza centrale, perche'
cercano di convincere chi e' contro la guerra a fare un passo in piu'
operando delle rinunce personali sul piano dei consumi petroliferi. Una
dimensione strategica perche' cercano di affrontare questa guerra
all'interno del quadro generale della questione energetica attuale, operando
contemporaneamente in funzione preventiva della prossima.
9. Non a caso questo tipo di approccio strutturale alle cause della guerra
nasce proprio in ambito nonviolento e lillipuziano e si articola attualmente
in alcune campagne attive: a) Scelgo la nonviolenza - campagna promossa da
MIR, Movimento Nonviolento e Rete Lilliput - nella quale si associa la
dichiarazione di obiezione alla guerra ad una scelta personale anche di
"consumo critico ed economia nonviolenta"; b) StopEssoWar  - campagna
promossa da Greenpeace, Rete Lilliput, Centro Nuovo Modello di Sviluppo,
Associazione Botteghe del Mondo, Bilanci di Giustizia - che propone di
diminuire i consumi di carburante e di boicottare le pompe della Esso,
multinazionale fornitrice di carburante all'esercito Usa. Campagne sulle
quali l'investimento complessivo dei movimenti nonviolenti e lillipuziani,
dentro il piu' vasto movimento per la pace, e' stato finora in realta'
piuttosto modesto e sicuramente non all'altezza della loro portata
strategica.
10. Infine, e' nata in questi mesi, all'interno di alcuni Gruppi di azione
nonviolenta (in sigla: Gan) - e si sta diffondendo a macchia d'olio dal
basso e per passa-parola - la progett/azione nonviolenta "In bici contro la
guerra del petrolio". Non si tratta di una campagna vera e propria ma di un
progetto di azioni continuative in bicicletta volte a esplicitare il nesso
tra il consumo, anche individuale, di petrolio e le guerre, inducendo al
cambiamento dei comportamenti nella mobilita' personale. Le biciclettate
nonviolente, portano le bandiere arcobaleno, issate sulle biciclette, giu'
dai balconi per strada, in centro e nel traffico; esplicitano l'invito,
ripetuto e ben in vista sulle bici e sui banchetti informativi, "contro le
guerre per il petrolio lasciamo a casa le automobili"; si rivolgono in
particolare a chi ha gia' maturato la propria contrarieta' alla guerra
proponendo il conseguente piccolo/grande "sacrificio" personale di
auto-riduzione; attuano in se stesse il programma costruttivo mostrando
l'alternativa all'automobile, possibile e praticabile fin da subito. Insomma
cercano di realizzare quella gandhiana "dissociazione, ossia tagliare il
legame strutturale con il repressore e/o lo sfruttatore" (uno dei quattro
elementi della trasformazione nonviolenta dei conflitti strutturali, come ci
ricorda J. Galtung in Pace con mezzi pacifici, Esperia), indicando la via
nonviolenta dell'autosufficienza nei trasporti. Insomma, con l'impegno di
tutti gli amici della nonviolenza e dei lillipuziani, la bicicletta puo'
veramente diventare il simbolo del nuovo movimento nonviolento per la pace -
contro tutte le guerre per il petrolio - come l'arcolaio lo fu per il
movimento gandhiano d'indipendenza.
11. Concludo con le parole con le quali concludeva Di Fazio: "Lamentarsi che
ci sono i cattivi non serve. Bisogna usare un metro di analisi piu' ampio,
che permetta d'inquadrare i singoli conflitti nel quadro generale a cui
appartengono: quello della lotta per il dominio delle risorse. (...).
Concludo ricordando che - nei peggiori casi tra quelli descritti - siamo di
fronte a impatti potenzialmente distruttivi, con tempi scala nell'ordine di
dieci anni. Non ci si puo' perdere in chiacchere o riflessioni filosofiche:
abbiamo poco tempo". Ne' ci si puo' permettere di correre il rischio di
disperdersi, aggiungo, in una miriade d'iniziative che - seppur riuscissero
a rallentare la guerra - trascurano di fatto la contraddizione fondamentale
che la prepara. Anche le campagne citate, come le altre iniziative in corso,
probabilmente, purtroppo, non fermeranno questa guerra, ma almeno -
soprattutto le biciclettate nonviolente - se diffuse capillarmente e
condotte con costanza e persuasione,  avranno portato a galla il conflitto
fondamentale tra i nostri convincimenti e i nostri comportamenti, aiutando
tutti noi a non essere piu' complici della "necessita'" delle guerre per il
petrolio. E magari a prevenire con l'auto-riduzione, almeno in parte, la
prossima.
Prima che la stanchezza e il riflusso abbiano il sopravvento su molti
compagni di strada oggi disponibili a mettersi in gioco.

4. MATERIALI. BLUES DEL TRENO DELLA MORTE
[Raccontava nella presentazione parlata l'anonimo autore di questo blues che
aveva cominciato il suo impegno politico quando aveva quattordici anni,
bloccando treni occupando binari in nome della dignita' di ogni essere
umano; e aggiungeva che da allora non aveva piu' smesso di lottare, e sempre
piu' si era accostato alla nonviolenza all'ascolto di Mohandas Gandhi, di
Martin Luther King, del movimento delle donne; e affermava di pensare che se
in Europa nella prima meta' del Novecento tanta piu' gente si fosse messa
sui binari, tante stragi e tanti orrori sarebbero stati evitati; poi
tossiva, si schiariva la voce, cominciava a maltrattare la chitarra, e
diceva, accennando una subito soffocata intonazione, all'incirca le parole
seguenti (la traduzione, frettolosa, e' del nostro collaboratore Benito
D'Ippolito - che e' anche l'estensore di questa breve nota di
presentazione)]

E tu fermalo il treno della morte
col tuo corpo disarmato sui binari
con la voce che si oppone all'urlo roco
delle bombe, delle fruste al vile schiocco.

E tu fermalo il treno della morte
sono pochi gli oppressori, innumerevoli
le vittime, non possono arrestarci
se tutti insieme ce li riprendiamo i diritti, la terra, la vita.

E tu fermalo il treno della morte
con la tua persona fragile sconfiggi
gli apparati e gli strumenti della guerra
e salva il mondo con la tua persona fragile.

E tu fermalo il treno della morte
perche' tu, cosi' indifeso, puoi fermarlo
col tuo corpo, la tua voce, la speranza
che sa unire tante braccia, e sa fermarlo

maledetto il treno nero della morte.

E tu fermalo e cosi' ferma la guerra.

5. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: CINQUE COSE DA FARE SUBITO
La prima: con l'azione diretta nonviolenta bloccare la macchina bellica. Per
fermare la guerra con la nonviolenza, in nome della legalita' costituzionale
e del diritto a vivere dell'umanita' intera.
*
La seconda: preparare la disobbedienza civile di massa contro il potere
golpista che precipiti l'Italia nella guerra illegale e criminale. Per
fermare la guerra con la nonviolenza, in nome della legalita' costituzionale
e del diritto a vivere dell'umanita' intera.
*
La terza: preparare lo sciopero generale contro la guerra. Per fermare la
guerra con la nonviolenza, in nome della legalita' costituzionale e del
diritto a vivere dell'umanita' intera.
*
La quarta: denunciare i golpisti e stragisti alle competenti autorita'
giudiziarie, affinche' le forze dell'ordine li mettano in condizione di non
nuocere e le competenti magistrature li processino e condannino per la
violazione della Costituzione ed il favoreggiamento e la partecipazione alla
preparazione e alla commissione di crimini di guerra e crimini conro
l'umanita'. Per fermare la guerra con la nonviolenza, in nome della
legalita' costituzionale e del diritto a vivere dell'umanita' intera.
*
La quinta: una campagna di accostamento alla nonviolenza, di scelta della
nonviolenza, di formazione e addestramento alla nonviolenza che riveli a
quanti vogliono impegnarsi per la pace il potere immenso che e' in tutti e
ciascuno: il potere di fermare la guerra e la violenza opponendo alla
violenza e alla guerra la forza immensa della nonviolenza.
Poiche' per fermare la guerra, in nome della legalita' costituzionale e del
diritto a vivere dell'umanita' intera, solo questa risorsa abbiamo, ma
immensa e invincibile se ci decideremo ad adottarla, se ci decideremo ad
accostarci ad essa, se ci decideremo ad inverarla noi: la nonviolenza, che
e' la forza della verita' (Mohandas Gandhi); la nonviolenza, che e' il
potere di tutti (Aldo Capitini); la nonviolenza, che e' la forza dell'amore
(Martin Luther King); la nonviolenza di Rosa Luxemburg e di Etty Hillesum,
di Virginia Woolf e di Simone Weil, di Lidia Menapace e di Vandana Shiva; la
nonviolenza.

6. RIFLESSIONE. TARA GANDHI: E' L'AMORE CHE TIENE UNITO IL MONDO
[Ringraziamo Gabriele De Veris (per contatti: gdeveris@tiscalinet.it) per
averci inviato queste parole di pace di Tara Gandhi in occasione della
"Giornata del pensiero" celebrata il 22 febbraio "da tutti gli scout del
mondo". Tara Gandhi e' nipote di Mohandas Gandhi]
Il pensiero di questa vostra Giornata oggi e' la lotta alla fame, un impegno
per una sana alimentazione.
Lottare contro la fame e' importante, e' un segno di amore per il mondo.
Occorre fornire cibo - in India, come in altre parti del mondo, la fame e'
veramente una piaga -, ma soprattutto dare lavoro, perche' il lavoro
restituisce dignita', aiuta a liberarsi dalla dipendenza, impegna.
Questo era uno degli impegni di mio nonno, ed e' anche uno dei miei impegni.
Lottare contro la fame significa lottare contro la paura, contro il
terrorismo, che nasce dalla paura e genera la paura. Un uomo privo di tutto,
anche della propria dignita', e' pronto a morire per chiuque possa dargli
cibo e una ragione di vita. Se dedicassimo una parte delle energie spese
contro il terrorismo per sconfiggere la fame, il terrorismo sarebbe gia'
sconfitto.
Una sana alimentazione e' un impegno che abbiamo soprattutto con noi stessi.
Il cibo ci serve per vivere, non dobbiamo esserne schiavi. Il cammino verso
la pace comincia dentro di noi, contro il nostro egoismo e la paura che ci
incatena. Dobbiamo far vincere il flusso d'amore che rende liberi, perche'
e' l'amore, non la paura, che tiene unito il mondo.
Vi auguro di saper scegliere e di avere il coraggio di essere fedeli a
queste scelte.

7. MAESTRE. MARIA ZAMBRANO: VISCERE E CUORE
[Da Maria Zambrano, Verso un sapere dell'anima, Raffaello Cortina Editore,
Milano 1996, p. 49. Maria Zambrano, insigne pensatrice spagnola (1904-1991),
allieva di Ortega y Gasset, antifranchista, visse a lungo in esilio. Tra le
sue opere tradotte in italiano cfr. almeno Spagna: pensiero, poesia e una
citta', Vallecchi, Firenze 1964; I sogni e il tempo, De Luca, Roma 1964;
Chiari del bosco, Feltrinelli, Milano 1991; I beati, Feltrinelli, Milano
1992; La tomba di Antigone. Diotima di Mantinea, La Tartaruga, Milano 1995;
Verso un sapere dell'anima, Cortina, Milano 1996; La confessione come genere
letterario, Bruno Mondadori, Milano 1997; All'ombra del dio sconosciuto,
Pratiche, Milano 1997. Opere su Maria Zambrano: un buon punto di partenza e'
il fascicolo monografico Maria Zambrano, pensatrice in esilio, "Aut aut" n.
279, maggio-giugno 1997]
Si puo' possedere viscere e non possedere cuore.

8. MAESTRI. ANDREJ SINJAVSKIJ: IL VOLTO DEGLI ALTRI
[Da Abram Terz (Andrej Sinjavskij), Una voce dal coro, Garzanti, Milano
1975, 1982, p. 97. Andrej Sinjavskij nacque nel 1925 a Mosca, docente di
letteratura russa, scrittore clandestino con lo pseudonimo di Abram Terz,
subi' un processo e sei anni di campo di lavoro per la sua attivita' di
scrittore "clandestino"; nel 1973 ando' in esilio, fu poi docente alla
Sorbona. E' scomparso alcuni anni fa. Opere di Andrej Sinjavskij: ricordiamo
almeno Una voce dal coro, Garzanti, Milano; e Ivan lo scemo, Guida, Napoli]
Se le persone guardassero piu' attentamente il volto degli altri, li
tratterebbero con piu' rispetto e piu' cautela... Attraverso il volto e'
come se emergessimo da un laggiu' a un quassu', venendo al mondo, sbocciando
alla superficie della vita.

9. APPELLI. "BERRETTI BIANCHI" E "OPERAZIONE COLOMBA": CHIAMATA ALLA PACE
NEI TERRITORI OCCUPATI
[Da Silvano Tartarini, dei Berretti Bianchi (per contatti:
bebitartari@bcc.tin.it), riceviamo e diffondiamo. Sottolineiamo come i
movimenti nonviolenti - ed i Berretti Bianchi e l'Operazione Colomba sono
esperienze nonviolente tra le piu' note e prestigiose - sono impegnati a
sostegno di tutte le vittime e contro tutte le violenze. La loro e nostra
solidarieta' col popolo paelestinese e' anche la loro e nostra solidarieta'
con il popolo israeliano; e' opposizione ad ogni terrorismo, ad ogni
razzismo, ad ogni violazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani]
Al momento che scattera' la guerra contro l'Iraq, c'e' il rischio che
l'esercito israeliano faccia partire una grande e massiccia operazione di
pulizia etnica nei confronti della popolazione palestinese, che si andra' ad
aggiungere alla pulizia etnica strisciante che e' gia' in atto.
"I volontari internazionali possono avere un ruolo determinante in questa
situazione. E' essenziale che il maggior numero di persone sia consapevole
della situazione di sofferenza ed umiliazione della popolazione civile
palestinese, e venga in  Palestina", afferma Moustafa Barghouti, fondatore
dell'Upmrc (Union of Palestinian Medical Relief Committees) e coordinatore
del Gipp (Grassroots international protection for palestinians). "Gli
internazionali presenti in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza in questo
momento sono troppo pochi per garantire azioni efficaci per la protezione
della popolazione civile. Israele e gli Usa non hanno accettato la richiesta
di invio di osservatori Onu nei Territori Occupati, per questo noi
rivolgiamo un appello accorato ai cittadini dell'Unione Europea e a tutta
l'opinione pubblica mondiale perche' il popolo palestinese non sia lasciato
solo".
Chiamata alla pace.
Poiche' i governi sono assenti, la pace ha bisogno di te.
Partecipa ad azioni di protezione dei diritti calpestati della popolazione
palestinese.
*
In Cisgiordania: Associazione Berretti Bianchi Onlus, e-mail:
bebitartari@bcc.tin.it, sito: www.peacelink.it/users/berrettibianchi, tel.
3357660623
Nella Striscia di Gaza: Operazione Colomba, Associazione Papa Giovanni
XXIII, tel. 054626630, 0541753619-751498, e-mail: goel.apg23@libero.it,
operazione.colomba@libero.it, siti: www.peacelink.it\amici\apg23,
www.operazionecolomba.org

10. OBIEZIONE. ANDREAS SPECK: OBIETTORI DI COSCIENZA DEFERITI ALLA CORTE
MARZIALE IN ISRAELE
[Ringraziamo Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero@comune.fe.it) per
averci inviato questo comunicato di Andreas Speck, della War Resisters'
International]
In un apparente cambiamento strategico, le Forze Armate israeliane stanno
pensando di deferire gli obiettori di coscienza dinanzi alla corte marziale.
Se questa e' stata fin qui una procedura consolidata nei confronti degli
obiettori drusi, questo e' un nuovo sviluppo per gli obiettori ebrei
israeliani che si presentano in caserma, ma rifiutano l'arruolamento.
Il 19 febbraio i genitori e i sostenitori degli obiettori in carcere,
insieme ai giornalisti e fotografi israeliani e stranieri, hanno affollato
la piccola hall della corte marziale di Jaffa (ex abitazione di una famiglia
araba benestante, occupata dall'esercito nel 1948), per seguire gli ultimi
sviluppi nel caso dell'obiettore di coscienza Yoni Ben Artzi.
Inizialmente Ben Artzi ha guadagnato l'attenzione dei media specialmente
perche' e' il nipote del Ministro degli Esteri Netanyahu. Ma nel tempo ha
acquisito una reputazione considerevole per proprio conto, come pacifista
dai fermi principi, che e' gia' stato incarcerato per 200 giorni in sette
condanne variabili tra i 29 e i 35 giorni di detenzione ciascuna, e sta ora
per affrontare la corte marziale.
*
Adam Keller di Gush Shalom afferma:
"Gli ultimi sviluppi che hanno condotto Ben Artzi alla corte marziale, che
ha il potere di attribuire una pena massima di 3 anni di carcere per chi
rifiuta di arruolarsi, sono iniziati esattamente il 12 febbraio, quando e'
stato preso dalla cella per un incontro con il brigadiere generale, nella
sede centrale di Tel-Aviv.
Questo personaggio si e' mostrato amichevole ('Non ti sto parlando come un
generale ad un coscritto, ma come Avi a Yoni, okay?') e ha fatto quella che
presumibilmente riteneva una 'generosa offerta': Ben Artzi doveva
acconsentire ad arruolarsi e a portare lo status legale di soldato, e in
cambio l'esercito gli avrebbe garantito un servizio 'facile, senza armi,
uniformi o addestramento militare'.
Ben Artzi ha ricevuto pochi giorni di tempo per prendere in considerazione
questa offerta, ma in realta' non ha avuto dubbi: e' intenzionato e pronto a
dare tre anni della sua vita per un servizio utile alla societa'
israeliana - ma solo in una organizzazione civile che non abbia niente a che
vedere con il sistema militare; e' assolutamente determinato a non essere
parte, in alcun modo, di un esercito, di una organizzazione il cui
principale obiettivo e' uccidere e fare violenza; di nessun esercito in
generale, e certamente non di un esercito di occupazione impegnato in una
oppressione di larga scala nei confronti di un altro popolo.
Dopo aver comunicato alle autorita' la sua decisione, in cambio Ben Artzi e'
stato informato che sarebbe dovuto comparire di fronte alla corte marziale,
che potrebbe condannarlo a una reclusione fino a tre anni. Inoltre, da quel
momento e' stato oggetto di umiliazioni mai avvenute prima, durante i suoi
periodi di detenzione: venire ammanettato ogni volta che deve essere
trasferito da un posto all'altro (anche se non ha mai cercato di scappare);
essere tenuto in una cella senza nessun tipo di mobilio, cosi' da doversi
sedere sul pavimento; mangiare senza posate...
Tre giorni in queste condizioni sono stati il preludio all'udienza di ieri,
sul tema se Ben Artzi dovrebbe o meno rimanere in custodia fino alla
decisione della corte marziale. Il responsabile del procedimento e' uscito
dal ruolo per descrivere Ben Artzi 'niente di meglio di qualsiasi disertore
o drogato'. Non poteva essere considerato un pacifista, dal momento che 'il
comitato militare competente ha gia' analizzato il suo caso' e ha deciso che
non lo e'. Deve rimanere costantemente in carcere, per ragioni di
'deterrenza', perche' rimetterlo in liberta' fino a che la corte marziale
avra' emanato il suo verdetto significherebbe 'minare la disciplina
dell'esercito'.
L'avvocato difensore di Ben Artzi, Michael Sfard dell'ufficio del noto
avvocato difensore dei diritti umani Avigdor Feldman, ha rifiutato queste
argomentazioni, affermando che il 'comitato di coscienza' era composto da
ufficiali militari che non hanno nessuna conoscenza e nessun interesse verso
il pensiero pacifista, che stavano rifiutando virtualmente e in modo
evidente la persona che compariva di fronte a loro, e che Yoni Ben Artzi e'
'il classico, palese caso di pacifista dai fermi principi: una persona che
ha scelto il pacifismo e la nonviolenza come oggetto dei suoi studi nella
scuola elementare, che a scuola si e' rifiutato di frequentare il corso di
judo perche' richiedeva l'uso della forza, e che negli anni precedenti la
chiamata alla leva si e' fatto le ossa sulla storia e la filosofia del
pacifismo' - cosa che e' stata testimoniata da due docenti universitari.
Inoltre l'avvocato Sfard ha liquidato il pericolo di 'minare la disciplina
nell'esercito' come pretesti frivoli e vendicativi. Dopo diverse ore di
dibattito arrivato spesso all'acrimonia, e' stato trovato un compromesso.
Fino al verdetto della corte marziale Ben Artzi non sara' ne' a casa ne' in
prigione, ma in una condizione di 'detenzione aperta' al Centro per
l'arruolamento.
C'e' stato un ulteriore dibattito sul punto se il prigioniero possa o meno
dormire a casa dai suoi genitori, tenendo conto che potrebbero essere le
ultime notti con loro per molto tempo. L'accusa, mostrando ancora una volta
la propria ottusita', si e' fieramente opposta. Alla fine il giudice, che
sembrava piu' equilibrato, ha dato questa possibilita'.
Questa mattina, Ben Artzi si e' presentato al Centro per l'arruolamento per
cominciare la sua 'detenzione aperta'. C'e' stato un nuovo confronto con un
tenente colonnello che ancora una volta gli ha chiesto di arruolarsi ed e'
arrivato alla minaccia; di fronte al nuovo rifiuto di Ben Artzi, il
colonnello ha parlato con i superiori e si e' fermato - almeno per il
momento.
Il procedimento a carico di Yoni Ben Artzi di fronte alla Corte Marziale
dovrebbe iniziare nell'arco di due settimane. E' di vitale importanza dargli
la massima visibilita' politica e mediatica, avere la presenza di molte
delegazioni internazionali, e via discorrendo".
*
E nel frattempo non e' chiaro che cosa l'esercito intenda fare nei confronti
degli altri dieci obiettori che sono andati dentro e fuori di prigione negli
ultimi sei mesi.
Il 19 febbraio l'Acri (Associazione per i diritti civili) ha presentato un
appello alla corte suprema sul conto di Dror Beumel, che ha concluso il suo
sesto periodo consecutivo di carcere, e ha chiesto di fermare la pratica
delle sentenze ripetute verso gli obiettori di coscienza. La corte ha
rifiutato di garantire una risposta immediata in tal senso, il che significa
che Beumel e' stato incarcerato per la settima volta il 20 febbraio, ed
anche lui e' in attesa del verdetto della corte marziale. Un'udienza sul suo
caso dovrebbe tenersi nel giro di due settimane.
L'obiettore di coscienza druso Rabin Jihad Sa'ad si trova attualmente nella
prigione militare n. 4 in attesa della corte marziale. E' gia' stato in
prigione una prima volta nell'estate 2002, e ora sara' trattenuto come
disertore per circa sei mesi. Nel suo caso, la corte marziale e' la
procedura standard.
*
C'e' urgente bisogno di delegazioni di osservatori presso la corte marziale.
Le udienze delle corti marziali sono, a rigore, aperte al pubblico, ed e'
importante una presenza internazionale.
La War Resisters' International (in sigla: WRI) si sta organizzando in tal
senso, e noi chiediamo a chiunque sia interessato di contattare
immediatamente gli uffici WRI (tel. 442072784040, e-mail:
concodoc@wri-irg.org). Ci sara' un breve preavviso (una settimana circa), e
abbiamo bisogno di un pool di disponibilita' rispetto a delegati potenziali.
La prossima udienza sul caso di Jonathan Ben-Artzi potrebbe avvenire molto
presto, sebbene poi l'intera procedura possa richiedere circa due mesi.
La War Resisters' International chiede l'urgente invio di lettere alle
autorita' israeliane e alle ambasciate di Israele all'estero. Nel giorno
dell'udienza in corte marziale sarebbe opportuno organizzare piccole azioni
di protesta di fronte alle ambasciate israeliane.
*
Indirizzi utili:
a) Le autorita' israeliane politiche e militari:
- Shaul Mofaz, Minister of Defence, Ministry of Defence, 37 Kaplan st.,
Tel-Aviv 61909, Israel, e-mail: mailto:sar@mod.gov.il or
mailto:pniot@mod.gov, fax: 97236962757 / 97236916940 / 97236917915
- Commander of Military Prison No. 4, Military Postal Code 02507, IDF,
Israel, fax: 97239575276
- Commander of Military Prison No 6, Military postal number 01860, IDF,
Israel, fax: 97248692884
b) Gli indirizzi delle ambasciate israeliane all'estero si trovano sul sito:
http://www.embassyworld.com/embassy/israel1.htm
c) Stampa:
- Ma'ariv: 2 Karlibach st., Tel-Aviv 67132, Israel, fax: 97235610614,
e-mail: editor@maariv.co.il
- Yedioth Aharonoth: 2 Moses st., Tel-Aviv, Israel, fax: 97236082546
- Ha'aretz (edizione in ebraico): 21 Schocken st., Tel-Aviv 61001, Israel,
fax: 97236810012
- Ha'aretz (edizione in inglese): 21 Schocken st., Tel-Aviv 61001, Israel,
fax: 97235121156, e-mail: letters@haaretz.co.il
- Jerusalem Post: POB 81, Jerusalem 91000, Israel, fax: 97225389527, e-mail:
news@jpost.co.il or letters@jpost.co.il
- Jerusalem Report: fax: 97225379489
d) Radio:
- Kol-Israel, fax: 972253-3315 e 97236944709
- Galei Tzahal 97235126720
d) Televisioni:
- Channel 1, fax: 97225301536.

11. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: DAI MORSI DELLA FAME
[Ringraziamo Amelia Alberti (per contatti: lambient@tiscalinet.it) per
questo intervento. Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di
Legambiente e collaboratrice di questo foglio]
"Portland. Scoperto l'ormone che, agendo su stomaco e cervello, controlla
l'appetito. Secondo i ricercatori della Oregon Health & Science University
di Portland, negli Stati Uniti, questo ormone, chiamato grelina, attiva
particolari neuroni, che segnalano al cervello quando e' ora di mangiare. La
ricerca e' pubblicata sull'ultimo numero della rivista 'Neuron'". Cosi' "La
Stampa" del 22 febbraio 2003.
Viene da riflettere sugli obiettivi di questa importante ricerca e sugli
effetti che ne verranno per i milioni di uomini, donne, bambini, che ogni
sera si gettano su un giaciglio in stato di overdose da grelina, che,
attivando particolari neuroni, ha segnalato al cervello che l'ora di
mangiare e' passata tante volte, ma niente e' sceso nello stomaco contratto
dai morsi della fame.
Dal resto dell'articolo si apprende che i ricercatori stanno studiando il
modo di bloccare chimicamente la grelina con un potente antidoto. Non sanno
se sperimentarlo prima sui milioni di americani obesi o sui milioni di
affamati, e cioe' se debellare prima la fame nel mondo o l'obesita'.

12. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: DUE CRITERI DEL "PRINCIPIO RESPONSABILITA'"
DI HANS JONAS
[Da Augusto Cavadi, Ripartire dalle radici, Cittadella, Assisi 2000, p. 99.
Augusto Cavadi e' docente di filosofia, storia ed educazione civica,
impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a
Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda
ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll.,
Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri
educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione
profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola
1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998;
Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale,
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998,
seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di
storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999;
Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica,
Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria
Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste
antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito:
http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa).
Hans Jonas e' nato a Moenchengladbach nel 1903, e' stato allievo di
Heidegger e Bultmann, ed uno dei massimi specialisti dello gnosticismo. Nel
1933 si e' trasferito dapprima in Inghilterra e poi in Palestina, dal 1949
ha insegnato in diverse universita' nordamericane, dedicandosi a studi di
filosofia della natura e di filosofia della tecnica. E' uno dei punti di
riferimento del dibattito bioetico. Al suo "principio responsabilita'" si
ispirano riflessioni e pratiche ecopacifiste, della solidarieta', dell'etica
contemporanea. E' scomparso nel 1993. Opere di Hans Jonas: sono fondamentali
Il principio responsabilita', Einaudi, Torino 1993; la raccolta di saggi
filosofici Dalla fede antica all'uomo tecnologico, Il Mulino, Bologna 1994;
Tecnica, medicina ed etica, Einaudi, Torino 1997; Organismo e liberta',
Einaudi, Torino 1999; una raccolta di tre brevi saggi di autobiografia
intellettuale e' Scienza come esperienza personale, Morcelliana, Brescia
1992. Si vedano anche Il concetto di Dio dopo Auschwitz, Il melangolo,
Genova 1995, e La filosofia alle soglie del Duemila, Il melangolo, Genova
1994; cfr. anche Lo gnosticismo, Sei, Torino 1995. Un utile libro di
interviste e conversazioni e' Sull'orlo dell'abisso, Einaudi, Torino 2000.
Opere su Hans Jonas: si veda la parte su Jonas in AA. VV., Etiche della
mondialita', Cittadella, Assisi 1996, e la bibliografia critica li'
segnalata. Per un profilo sintetico ed una ampia nota bibliografica, cfr.
anche Giovanni Fornero, Jonas: la responsabilita' verso le generazioni
future, nella Storia della filosofia fondata da Nicola Abbagnano, volume
decimo, Tea, Milano 1996]
Alla luce di questa affinita' originaria si spiega la sostanziale
coincidenza tra i principi fondamentali dell'etica con i principi primi
della politica:
- non fare nulla che potrebbe mettere in pericolo l'essere tuo e di ogni
altro uomo, anche futuro;
- non fare nulla che potrebbe rovinare irreversibilmente quella natura di
cui tu e gli altri esseri umani (anche futuri) siete "figli" e parte".

13. RILETTURE. LOU ANDREAS SALOME': IL MITO DI UNA DONNA. AUTOBIOGRAFIA
Lou Andreas Salome', Il mito di una donna. Autobiografia, Guaraldi,
Firenze-Rimini 1975, 1980, pp. 190. Le memorie e le riflessioni di Lou
Salome', una donna di straordinario esprit de finesse nel cuore della crisi
della cultura europea.

14. RILETTURE. ERICA KLEIN: INVITO ALLA LETTURA DI SOLZENICYN
Erica Klein, Invito alla lettura di Solzenicyn, Mursia, Milano 1975, pp.
144. Ancor oggi una delle poche monografie (con taglio introduttivo, proprio
della collana) dedicate al grande autore di un'opera imprescindibile come
Arcipelago Gulag.

15. RILETTURE. BARBARA LANATI: VITA DI EMILY DICKINSON
Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson, Feltrinelli, Milano 1998, 2000, pp.
196, euro 6,20. Una biografia di acuta sensibilita' che e' anche un
appassionato invito, e accostamento, alla grande poesia della Dickinson.

16. RILETTURE. JEFFREY MEYERS: KATHERINE MANSFIELD
Jeffrey Meyers, Katherine Mansfield, Rusconi, Milano 1982, pp. 400. Un'ampia
accurata biografia della grande scrittrice.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 517 del 24 febbraio 2003