[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
Lettera aperta a Berlusconi: Medici italiani contro la guerra
Carissimi,
allego la Lettera aperta spedita il 13 feb (assieme a 704 adesioni raccolte
in meno di 10 giorni) a Berlusconi e p.c. a Ciampi e Sirchia, oltre che alle
agenzie di stampa. Questa mattina abbiamo superato le 1000 adesioni (la
stragrande maggioranza per e-mail) da tutta Italia. Le adesioni, riservate
ai medici, vanno inviate con nome, qualifica, istituzione e cittą a
stefanin@alma.unibo.it o anche via fax al 051 2094839.
Vi prego di diffondere.
A presto
Angelo
Dr. Angelo Stefanini
Dipartimento di Medicina e Sanitą Pubblica
Universitą di Bologna
Via S. Giacomo 12
40126 Bologna
Tel: 051 2094833 Fax: 051 209 4839
e-mail: stefanin@alma.unibo.it
cell: 348 7784787
-----------------
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO,
SILVIO BERLUSCONI
Medici italiani contro la guerra
Alla vigilia di una guerra considerata inevitabile, perche' fortemente
voluta da alcuni governi, si sono sviluppati in tutto il mondo vasti
movimenti di opposizione, anche tra le organizzazioni mediche e sanitarie
[BMJ 2003; 326: 184.]. Oltre 500 tra docenti e studenti della London
School of Hygiene and Tropical Medicine hanno sottoscritto una lettera
aperta al Primo Ministro Tony Blair, pubblicata sul British Medical Journal
[BMJ 2003; 326: 220.] e sul Lancet [The Lancet 2003; 361(9354): 345.], come
contributo al dibattito tra il governo e l'opinione pubblica sulla
necessita' di opporsi all'azione militare sul terreno etico ed umanitario,
al di la' di ogni punto di vista politico o religioso. L'International
Physicians for the Prevention of Nuclear War, l'Australian Medical
Association for Prevention of War, il gruppo canadese Physicians for Global
Survival hanno preso iniziative autonome per sensibilizzare i propri
governi sulla necessita' di prevenire la guerra in Irak. L'organizzazione
non governativa OXFAM, l'American Academy of Arts and Science, l'UNICEF e
la Yale University hanno elaborato le loro stime sul probabile impatto
della guerra sulla popolazione civile.
In queste ultime settimane sono stati inoltre pubblicati due rapporti di
particolare significato per chi come professione si occupa di salute. Il
primo, Collateral Damage, The health and environmental costs of war on
Iraq, prodotto da Medact, organizzazione non governativa di medici e
operatori sanitari britannici [www.medact.org], stima il numero totale di
morti, durante il conflitto e nei tre mesi seguenti ad un attacco all'Irak,
nell'ordine di grandezza compreso tra 48.000 e 260.000. Una guerra civile
che si scatenasse all'interno dell'Irak aggiungerebbe altri 20.000 morti.
Gli effetti piu' tardivi della guerra potrebbero aggiungere altre 200.000
vittime. Nel caso si facesse uso di armi nucleari il numero dei morti
potrebbe arrivare a 3.900.000. In tutti gli scenari considerati la maggior
parte delle vittime sarebbero civili. Il rapporto prevede inoltre come
estremamente probabili, a seguito dell'attacco, guerre civili, carestie ed
epidemie, considerevoli masse di rifugiati ed effetti catastrofici sulla
salute, soprattutto dei bambini. Come effetto collaterale viene inoltre
prevista la intensificazione dei conflitti internazionali, delle
disuguaglianze e delle divisioni tra gruppi di persone e popoli.
Un documento delle Nazioni Unite "strettamente confidenziale" datato 10
dicembre 2002 e intitolato Likely Humanitarian Scenarios
[www.casi.org.uk/pr/pr030107undoc.html] prevede un elevato numero di morti
tra i civili, una crisi delle condizioni nutrizionali della popolazione e
la esplosione di malattie "di proporzioni epidemiche se non addirittura
pandemiche". Questo documento, fatto segretamente pervenire alla
Universita' di Cambridge, riporta le stime OMS (Organizzazione Mondiale
della Sanita') di 100.000 morti da effetti diretti della guerra e 400.000
da impatto indiretto, oltre 2 milioni di bambini e 1 milione di donne in
gravidanza grevemente malnutriti, e 2 milioni di irakeni senzatetto. La
previsione delle Nazioni Unite e' che, in caso di guerra, non saranno in
grado di far fronte nemmeno ai 130.000 rifugiati che attualmente gia' si
trovano in Irak. Il rapporto sottolinea inoltre l'assoluta inadeguatezza
del sistema sanitario irakeno, vittima da diversi anni dell'embargo imposto
dalle Nazioni Unite, a rispondere alla accresciuta domanda che una guerra
imporrebbe, oltre alla assenza dei servizi di base per la popolazione
locale al termine dell'intervento armato.
Nell'anno 2002 e' uscito il "Rapporto Mondiale su Violenza e Salute" della
OMS [www.who.int]. Indicando esplicitamente la violenza, sia individuale
che collettiva, come importante problema di salute pubblica, l'OMS ha
voluto sottolineare in tutta la sua rilevanza il ruolo attivo che
l'operatore sanitario deve assumere nel contrastare la guerra e nel
promuovere la cultura della pace. Secondo le Nazioni Unite uno degli
effetti piu' sconvolgenti dell'uso della forza militare in Iraq e a livello
internazionale potrebbe essere l'esplosione incontrollabile di violenza
collettiva, definita come "l'uso strumentale della violenza da parte di
stati o gruppi non governativi allo scopo di ottenere obiettivi politici,
economici o sociali".
E' indubbio che la guerra sia un problema di salute pubblica. In qualita'
di medici abbiamo non soltanto il dovere di prenderci cura delle vittime
della violenza e dei conflitti armati, ma anche di cercare di prevenirli.
Come medici siamo inclini a pensare soprattutto in termini di mortalita' e
morbosita'. Ebbene, la guerra in Irak provochera' centinaia di migliaia di
morti, la maggior parte tra i civili e i bambini, la esplosione di
epidemie, carestie e distruzioni ambientali (...). Non dobbiamo inoltre
sottovalutare le conseguenze che potrebbero aversi tra la popolazione
civile dei paesi aggressori in caso di attacchi biologici, chimici o
addirittura nucleari, eventualita' quest'ultima presa esplicitamente in
considerazione dal presidente Bush.
Per noi medici, impegnati nella missione di alleviare le sofferenze e
prevenire le malattie, queste morti e mutilazioni sono inaccettabili.
Convinti che la guerra avrebbe conseguenze disastrose per la salute umana
nel breve, medio e lungo termine e che si debba fare uso di mezzi politici
e diplomatici per evitarla, ci opponiamo all'intervento militare in Irak.
Poiche' la nostra opposizione si fonda su argomenti esclusivamente etici,
umanitari e professionali, facciamo appello a tutte le forze politiche e
della societa' civile affinche' venga impedito un conflitto armato che
avrebbe effetti catastrofici per la famiglia umana.
"La violenza si sviluppa in assenza di democrazia, di rispetto per i
diritti umani e di buon governo", scrive Nelson Mandela nella introduzione
al Rapporto OMS. Sosteniamo con forza, inoltre, la posizione della nostra
piu' alta organizzazione professionale, l'Organizzazione Mondiale della
Sanita', secondo cui i conflitti possono essere prevenuti soltanto
attraverso forme piu' eque di sviluppo e modelli internazionali e locali di
governo basati su etica e responsabilita'.
3 febbraio 2003
Dr. Angelo Stefanini
Dipartimento di Medicina e Sanita' pubblica
Universita' degli Studi di Bologna
Via S.Giacomo 12
40126 Bologna
Tel. 051 2094833, Fax. 051 2094839, E-Mail: stefanin@alma.unibo.it