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La nonviolenza e' in cammino. 513
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 513 del 20 febbraio 2003
Sommario di questo numero:
1. Giorgio Caproni, all'amico appostato
2. Un appello ai parlamentari: via dalla guerra
3. Tiziana Valpiana, fermare la guerra anche con l'obiezione alle spese
militari
4. Arundhati Roy, affrontare l'impero
5. Giuliana Sgrena, da Baghdad
6. Il 6 aprile una Via Crucis da Pordenone ad Aviano
7. Maria Luigia Casieri: una sintesi di Emilia Ferreiro e Ana Teberosky, "La
costruzione della lingua scritta nel bambino", 1985 - ed. or. 1979 - (parte
seconda)
8. Cesare Bermani ricorda Roberto Leydi
9. Archivi della disobbedienza civile. Erich Fromm, "Nell'attuale fase
storica"
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. IN GUISA DI EDITORIALE. GIORGIO CAPRONI: ALL'AMICO APPOSTATO
[Da Giorgio Caproni, Poesie 1932-1986, Garzanti, Milano 1991, p. 593.
Giorgio Caproni nacque a Livorno nel 1912, lungamente vissuto a Genova,
partigiano, si trasferi' poi a Roma, maestro di scuola, poeta, traduttore,
e' scomparso nel 1990. La sua poesia a noi pare una fusione incantevole di
musica e pensiero, e gliene siamo grati]
Presta bene orecchio,
amico, a quel che ti dico.
Tu miri contro uno specchio.
Sparerai a te stesso, amico.
2. APPELLI. UN APPELLO AI PARLAMENTARI: VIA DALLA GUERRA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 febbraio 2003]
Signori membri del Parlamento,
le straordinarie mobilitazioni del 15 febbraio hanno mostrato la volonta' di
pace dei popoli di tutto il mondo. I cittadini di ogni Paese chiedono ai
Governi di rispettare questa volonta', chiedono di trovare strade diverse
per risolvere i problemi, senza mai ricorrere alla barbarie della guerra. In
Italia, piu' dell'ottanta per cento dei cittadini e' contrario alla guerra.
Chiediamo a tutti i membri del Parlamento italiano di rispettare la volonta'
di pace dei cittadini. I rappresentanti eletti hanno, ne siamo convinti, il
dovere democratico di ascoltare l'opinione degli elettori sulla questione
piu' importante per la nostra vita collettiva, la scelta tra pace e guerra.
Chiediamo che il Parlamento italiano esprima con un voto la propria fedelta'
al ripudio della guerra indicato all'articolo 11 della Costituzione.
Chiediamo che il Parlamento italiano esprima con un voto la volonta' del
nostro Paese di non prendere parte ad alcun atto di guerra.
Non un soldo ne' un uomo, non una base ne' un permesso di sorvolo. L'Italia,
i cittadini italiani, non vogliono guerre: fuori l'Italia dalla guerra,
fuori la guerra dall'Italia.
Luigi Ciotti, Sergio Cofferati, Flavio Lotti, Gino Strada, Tiziano Terzani,
Alex Zanotelli
3. RIFLESSIONE. TIZIANA VALPIANA: FERMARE LA GUERRA ANCHE CON L'OBIEZIONE
ALLE SPESE MILITARI
[Ringraziamo Tiziana Valpiana, parlamentare, da sempre impegnata per la pace
(per contatti: pres_valpiana@camera.it) per questo intervento]
Ogni guerra, oltre che costi non quantificabili in termini di perdita di
vite, di dolore fisico e morale e di incalcolabili conseguenze, comporta
elevatissimi costi economici per approntare arsenali e apparati bellici. Uno
dei principali mezzi con cui materialmente "ripudiare" la guerra e' il
rifiuto di destinare risorse umane e materiali alla sua preparazione.
Aderendo alla campagna per l'obiezione alle spese militari, iniziata in
Italia nel 1982, intendo non essere complice della predisposizione di
strumenti bellici, nemmeno, indirettamente, con un contributo economico. In
questo drammatico momento, in cui sembra difficilmente scongiurabile
un'incostituzionale "guerra di aggressione preventiva" contro l'Iraq, un
problema personale puo' assumere un significato simbolico e va, quindi, reso
pubblico, anche scrivendo al presidente Ciampi.
Personalmente ogni anno ho destinato la quota parte dell'Irpef non versata
allo Stato per le spese militari al Fondo per la pace, per molti anni
consegnato al Presidente della Repubblica, in qualita' di garante della
Costituzione.
Nel corso di questi anni ho ricevuto solleciti al pagamento delle quote non
versate, fino ad arrivare, in alcuni casi, al pignoramento di beni mobili;
all'inizio di quest'anno, pero', il Servizio Riscossione Tributi,
Concessione di Verona, mi ha comunicato il fermo amministrativo
dell'autovettura in relazione al debito tributario di soli 136 euro...
La lotta contro il terrorismo e le dittature si realizza affermando i
diritti fondamentali di tutti i popoli del pianeta, riducendo le ingiustizie
e rinforzando l'Onu, non certo attraverso le guerre.
Oggi per fermare la guerra c'e' bisogno del coinvolgimento in prima persona
di ciascuno di noi ed e' per questo che portero' avanti la mia obiezione
alle spese militari, per dire no alla guerra senza se e senza ma. Sia come
cittadina contribuente, sia come parlamentare, faro' sentire in ogni modo la
mia voce contraria alla guerra, in sintonia con i milioni di cittadine e
cittadini italiani che sostengono iniziative per la pace e la difesa
dell'articolo 11 della Costituzione.
4. RIFLESSIONE. ARUNDHATI ROY: AFFRONTARE L'IMPERO
[Dal sito della rivista "Internazionale" (www.internazionale.it) riprendiamo
questo articolo di Arundhati Roy, tratto dal suo intervento al Forum sociale
mondiale 2003 di Porto Alegre e pubblicato dalla rivista indiana
"Frontline". Arundhati Roy e' una celebre scrittrice indiana, impegnata
contro il riarmo, in difesa dell'ambiente e per i diritti dei popoli. Opere
di Arundhati Roy: cfr. il romanzo Il Dio delle piccole cose, Guanda, Parma
1997; poi in edizione economica Superpocket, Milano 2000; e i due saggi di
testimonianza e denuncia raccolti in La fine delle illusioni, Guanda, Parma
1999, poi in edizione economica Tea, Milano 2001, poi recuperati poi nella
piu' ampia raccolta di saggi di intervento civile, Guerra e' pace, Guanda,
Parma 2002]
Per capire come affrontare "l'Impero", dobbiamo prima stabilire cos'e'
l'Impero. E' il governo statunitense (e i suoi satelliti europei), la Banca
mondiale, il Fondo monetario internazionale, l'Organizzazione mondiale del
commercio e le multinazionali? Oppure e' qualcosa di piu'? In molti paesi
l'Impero ha generato sottoprodotti pericolosi: il nazionalismo, il fanatismo
religioso, il fascismo e, naturalmente, il terrorismo.
Sono tutte cose che marciano fianco a fianco con il progetto di
globalizzazione delle grandi multinazionali. E in questo l'India - la piu'
popolosa democrazia del mondo - e' all'avanguardia. L'Organizzazione
mondiale del commercio sta forzando il suo "mercato" di un miliardo di
persone. Il governo e l'elite indiana hanno accolto a braccia aperte le
privatizzazioni. Non e' una coincidenza che il primo ministro, il ministro
dell'interno, il ministro delle privatizzazioni - gli uomini che hanno
firmato l'accordo con la Enron in India, che stanno vendendo le
infrastrutture del paese alle multinazionali, che vogliono privatizzare
l'acqua, il petrolio, il carbone, l'acciaio, la sanita', l'istruzione e le
telecomunicazioni - siano tutti membri o sostenitori del Rashtriya
Swayamsevak Sangh (Rss), una corporazione indu' ultranazionalista di destra
che ha apertamente dichiarato di ammirare Hitler e i suoi metodi.
Lo smantellamento della democrazia procede rapido ed efficiente come un
programma di ristrutturazione aziendale.
Mentre il progetto di globalizzazione liberista dilania la vita degli
indiani, la privatizzazione sistematica e le "riforme" del lavoro tolgono
alle persone la loro terra e la loro occupazione. Centinaia di agricoltori
impoveriti si suicidano ingerendo pesticidi. Da tutto il paese arrivano
notizie di morti per fame.
Mentre l'elite viaggia verso la sua immaginaria destinazione vicino alla
cima del mondo, gli emarginati sprofondano in una spirale di crimine e caos.
Questo clima di frustrazione e disillusione nazionale, come ci insegna la
storia, e' il brodo di coltura ideale del fascismo.
Il governo indiano ha messo a punto una perfetta azione a tenaglia. Da un
lato e' impegnato a vendere l'India a pezzi, dall'altro distrae le persone
orchestrando un coro urlante e rabbioso di nazionalismo indu' e fascismo
religioso. Effettua test nucleari, riscrive i libri di storia, brucia chiese
e demolisce moschee. La censura, la sorveglianza, la sospensione delle
liberta' civili e dei diritti umani, la definizione di chi e' cittadino
indiano e chi non lo e', soprattutto per quanto riguarda le minoranze
religiose, stanno diventando prassi comune.
Nel marzo scorso, nello stato del Gujarat duemila musulmani sono stati
massacrati in un pogrom promosso dallo stato. Le donne musulmane sono state
particolarmente prese di mira. Le hanno spogliate e stuprate in massa prima
di bruciarle vive. Gli incendiari hanno saccheggiato e messo a fuoco negozi,
case, fabbriche tessili e moschee. Oltre centocinquantamila musulmani sono
stati cacciati dalle loro case. La base economica della comunita' musulmana
e' stata devastata.
*
Il Saddam del Gujarat
Mentre il Gujarat bruciava, il premier indiano appariva su Mtv per
pubblicizzare le sue nuove poesie. Nel dicembre dell'anno scorso, il governo
che ha orchestrato la strage e' stato rieletto con un'ampia maggioranza.
Nessuno e' stato punito per il genocidio.
Narendra Modi, l'architetto del pogrom, membro orgoglioso dell'Rss, ha
cominciato il suo secondo mandato come primo ministro del Gujarat. Se fosse
Saddam Hussein, ogni sua atrocita' apparirebbe sulla Cnn. Ma visto che non
lo e' - e visto che il "mercato" indiano e' aperto agli investitori
globali - il massacro non e' neppure un incidente imbarazzante. Ci sono piu'
di cento milioni di musulmani in India. Una bomba a orologeria diffonde il
suo ticchettio nella nostra antica terra.
E' un mito che il libero mercato abbatta le barriere nazionali. Il libero
mercato non minaccia la sovranita' nazionale, mina la democrazia. Mentre il
divario fra ricchi e poveri aumenta, la lotta per accaparrarsi le risorse si
sta intensificando. Per scambiarsi le loro "promesse d'amore", per
mercificare quello che coltiviamo, l'acqua che beviamo, l'aria che
respiriamo e i sogni che sogniamo, la globalizzazione liberista ha bisogno
di una confederazione internazionale di governi fedeli, corrotti e
autoritari che sappiano attuare riforme impopolari e soffocare le rivolte
nei paesi piu' poveri.
La globalizzazione liberista - chiamiamola con il suo nome: l'imperialismo -
ha bisogno di una stampa che finga di essere libera, di tribunali che
fingano di amministrare la giustizia.
Nel frattempo, i paesi del nord sbarrano le loro frontiere e ammassano armi
di distruzione di massa. Dopo tutto devono accertarsi che siano solo i
soldi, le merci, i brevetti e i servizi a essere globalizzati. Non la libera
circolazione degli individui, il rispetto dei diritti umani, i trattati
internazionali sulla discriminazione razziale, sulle armi chimiche e
nucleari, sulle emissioni di gas serra, sui cambiamenti climatici o - dio
non voglia - sulla giustizia. Questo - tutto questo - e' l'Impero. Questa
oscena accumulazione di potere, questo divario enorme fra chi prende le
decisioni e chi deve subirle.
*
Resistenza positiva
La visione di un mondo diverso deve puntare a eliminare questo divario.
La nota positiva e' che non va troppo male. Ci sono state importanti
vittorie. In America Latina ce ne sono state tante. Il mondo guarda al
popolo dell'Argentina, che sta cercando di far risorgere il suo paese dalle
ceneri della devastazione scatenata dall'Fmi. In India il movimento contro
la globalizzazione liberista sta acquistando forza e si prepara a diventare
l'unica forza politica reale in grado di contrastare il fascismo religioso.
Eppure sappiamo che sotto l'ampio mantello della "guerra al terrorismo" gli
uomini in giacca e cravatta stanno lavorando sodo. Mentre i missili da
crociera solcano i cieli, sappiamo che vengono firmati contratti, registrati
brevetti, costruiti oleodotti, saccheggiate risorse naturali, sappiamo che
viene privatizzata l'acqua e che George W. Bush sta progettando di muovere
guerra all'Iraq. Se guardiamo a questo conflitto come a un confronto
diretto, ai ferri corti, fra l'Impero e quelli di noi che gli oppongono
resistenza, potremmo avere la sensazione di essere sconfitti. Ma possiamo
vederla in un altro modo. L'Impero e' in piedi sul palcoscenico del mondo in
tutta la sua brutale e malvagia nudita'.
L'Impero puo' sicuramente entrare in guerra, ma ora e' sotto gli occhi di
tutti - troppo mostruoso per tollerare il proprio riflesso. Troppo mostruoso
persino per chiamare a raccolta la sua gente. Non ci vorra' molto tempo
perche' la maggioranza degli americani diventino nostri alleati. Centinaia
di migliaia persone hanno gia' manifestato contro la guerra in Iraq. La
protesta diventa ogni mese piu' forte. Oggi sappiamo che ogni argomento a
cui si fa ricorso per l'escalation della guerra all'Iraq e' una menzogna. E
la piu' ridicola e' quella dell'impegno per portare la democrazia in Iraq.
Uccidere le persone per salvarle dalla dittatura o dalla corruzione
ideologica e', ovviamente, un vecchio gioco del governo americano.
Nessuno dubita che Saddam Hussein sia un dittatore spietato, un assassino (i
cui peggiori eccessi furono approvati dai governi degli Stati Uniti e della
Gran Bretagna). Non c'e' dubbio che gli iracheni starebbero molto meglio
senza di lui. Ma se e' per questo, tutto il mondo starebbe molto meglio
senza un certo signor Bush. E allora, dovremmo bombardare Bush per cacciarlo
dalla Casa Bianca? E' piu' che evidente che Bush e' deciso a muovere guerra
all'Iraq, indipendentemente dai fatti e dall'opinione pubblica
internazionale. Nella ricerca di alleati, gli Stati Uniti sono disposti
anche a inventarli, i fatti. La nuova guerra contro l'Iraq e' gia'
cominciata.
*
Che fare?
Ma noi possiamo impegnarci per far diventare l'opinione pubblica un ruggito
assordante. Possiamo trasformare la guerra all'Iraq in una dimostrazione
degli eccessi del governo americano. Possiamo accusare George W. Bush e Tony
Blair - e i loro alleati - di essere vili massacratori di bambini,
avvelenatori d'acqua e vigliacchi guerrafondai. Possiamo reinventare la
disubbidienza civile in un milione di modi diversi. Insomma, possiamo
trovare un milione di modi per diventare una rottura di scatole collettiva.
Quando George W. Bush dice: "O siete con noi o siete con i terroristi", noi
possiamo rispondere: "No, grazie". Gli abitanti del mondo non hanno bisogno
di scegliere fra Topolino Maligno e i Mullah Impazziti. La nostra strategia
dovrebbe essere non solo affrontare l'Impero, ma stringerlo d'assedio.
Togliergli l'ossigeno. La rivoluzione delle aziende fallira' se ci
rifiutiamo di comprare quello che vendono - le loro idee, la loro versione
della storia, le loro guerre, le loro armi, il loro concetto di
inevitabilita'.
Noi siamo tanti e loro sono pochi. Hanno piu' bisogno loro di noi che noi di
loro.
5. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: DA BAGHDAD
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 febbraio 2003. Giuliana Sgrena,
prestigiosa giornalista e saggista, da sempre impegnata per la pace e i
diritti umani, e' inviata a Baghdad]
Le immagini terribili di donne consumate dal dolore con in braccio i loro
bambini malati e senza speranza di guarigione hanno fatto il giro del mondo,
ma avvicinarsi a loro cercando di intuire quel che si nasconde dietro
sguardi assenti diventa un esercizio straziante.
Il Saddam children hospital e' pero' una tappa inevitabile per verificare
gli effetti devastanti dell'embargo all'Iraq, che per strada sono molto meno
percettibili. Anche davanti all'ospedale, striscioni contro la guerra
annunciata ricordano che la situazione potrebbe persino peggiorare. Duecento
bambini, da pochi giorni di vita fino a 17 anni, sono ricoverati in corsie
dignitose per lottare contro la morte. I casi ricoverati sono fra i piu'
gravi: molti malati di cancro, soprattutto leucemie, effetto dei
bombardamenti all'uranio impoverito durante la guerra del Golfo. Ci sono
anche malattie come la malaria o altre causate da punture di insetti che
potrebbero essere ridotte con la disponibilita' di insetticidi. Anche molti
casi di cancro potrebbero essere curati se fossero disponibili le medicine
adeguate, ma all'interno del cocktail per la terapia alcuni prodotti vengono
considerati di doppio uso - potrebbero essere utilizzati per la produzione
di armi! - e cosi' la commissione di verifica delle importazioni li blocca,
come molti altri elementi indispensabili negli ospedali. In una corsia sono
ricoverati diversi bambini affetti da malattie genetiche, tra le quali la
talassemia. Tra le cause vi e' sicuramente la diffusione di matrimoni tra
consanguinei, una tradizione che non viene contrastata ne' con misure
legislative e nemmeno con l'informazione. Peraltro in periodi difficili,
come quello che sta attraversando l'Iraq, la tendenza e' al rafforzamento
dei legami tribali che passano anche attraverso i matrimoni.
*
Un'altra delle piaghe provocate dall'embargo e' la malnutrizione con
conseguenti anemie che colpiscono prima di tutto le donne incinta: il 50 per
cento. Questo comporta spesso la nascita prematura dei bambini, sono
numerosi quelli nati a 7/8 mesi e difficilmente recuperabili con delle
incubatrici obsolete. E' vietata anche l'importazione di incubatrici? che
pericolo possono rappresentare? chiediamo a un medico. "Teoricamente
potremmo importarle ma finora di quelle richieste ne e' arrivata solo una,
cosa possiamo fare con una incubatrice nuova e tanti bambini che ne hanno
bisogno?", risponde Mohammed Daham, un giovane pediatra che lavora
nell'ospedale. E guarda sconsolato quei corpicini che non hanno nemmeno la
forza di agitarsi. Quel che colpisce terribilmente infatti e' che
nell'ospedale non si sentono nemmeno strilli, come se la rassegnazione
avesse colpito anche questi bambini fortunatamente ignari della loro sorte.
Le madri invece lo sanno bene. E lo si vede nei loro sguardi. La situazione
e' aggravata dal fatto che molti medici hanno abbandonato il paese, qui non
avevano nessuna possibilita' di aggiornarsi, di lavorare, senza medicine e
strutture sanitarie adeguate.
*
La mortalita' infantile e' salita dal 47 per mille (1985-89) al 107 per
mille (1995-99), e per i bambini al di sotto dei cinque anni e' passata dal
56 per mille al 131, secondo i dati Unicef. "Nell'83 quando l'Unicef ha
iniziato l'intervento, allora si trattava di piccoli progetti, gli
indicatori del paese erano molto buoni, in rapporto a Medioriente e
Nordafrica l'Iraq era al secondo posto, dopo la Turchia", ricorda
Christopher Klein Beekman, coordinatore dell'Unicef.
La malnutrizione si manifesta anche nel sottopeso dei bambini alla nascita.
La percentuale dei bambini nati con un peso inferiore ai 2,5 chilogrammi e'
passata dal 4,5 per cento (media mensile) nel 1990 al 24,68 nel 2001. Il
problema non riguarda pero' solo il momento della nascita. Sempre secondo i
dati forniti dall'Unicef, la malnutrizione cronica nei bambini e' passata
dal 18,7 per cento nel 1991 al 32 nel 1996 per scendere al 20,4 nel 1999 e
risalire al 30 nel 2000, come effetto della variazione della "oil for food"
che permette all'Iraq una maggiore produzione di petrolio e quindi anche di
approvvigionamento di cibo. Che tuttavia ha subito un calo nel secondo
semestre del 2000. E, secondo le Nazioni Unite, "per mancanze di fondi" sono
state tagliate forniture di cibo per 688 milioni di dollari nel 2000. Una
macabra beffa: secondo i dati forniti dal governo iracheno al 27 maggio 2002
ammontavano a 6.112,7 milioni di dollari i contratti di importazioni
approvati ma rimasti inevasi e di questi 675,6 milioni di dollari riguardano
alimenti e 649,1 la sanita'. E sui proventi da petrolio iracheno
depositati - per mesi e forse anni, con relativi interessi - nelle banche
americane in attesa dell'approvazione dei progetti, viene trattenuto il 25
per cento per rimborso dei danni di guerra e vengono detratte tutte le spese
sostenute dall'Onu per l'Iraq, personale e strutture compresi.
*
Il mancato arrivo di forniture alimentari costituisce un ricatto pesante che
ricade ancora una volta sulla popolazione irachena: il governo in previsione
di una guerra ha gia' distribuito le razioni mensili fino a giugno, anche
perche' il 60 per cento degli iracheni dipende dal punta di vista alimentare
completamente dalle razioni e se venissero a mancare sarebbe una catastrofe.
Questa anticipazione ha comportato che la distribuzione mancasse di alcune
alimenti, soprattutto cereali indispensabili per una alimentazione che non
prevede carne. Le razioni sono comunque passate da 1.096 calorie a 2.200
giornaliere, con una parziale riduzione della malnutrizione.
Qui a Baghdad, nonostante la popolazione ostenti sicurezza e fatalismo
rispetto alla guerra, si sta preparando al peggio. Cominciano gli
approvvigionamenti: cibo, gas e acqua, soprattutto e per chi puo'. Mentre i
piu' facoltosi hanno gia' abbandonato l'Iraq: la settimana scorsa i voli per
Damasco ed Amman - nei due paesi confinanti che non richiedono visto - erano
pieni, in questi giorni di attesa anche la fuga si e' fermata. Ma intanto a
Damasco i prezzi degli affitti sono gia' saliti alle stelle. E le
possibilita' di sistemarsi all'estero si riducono. In caso di guerra
comunque non potra' essere evitata la tragedia di centinaia di migliaia di
profughi, come previsto anche dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati
che prepara i piani per farvi fronte.
6. INIZIATIVE. IL 6 APRILE UNA VIA CRUCIS DA PORDENONE AD AVIANO
[Ringraziamo Tiziano Tissino (per contatti: t.tissino@itaca.coopsoc.it) per
averci inviato questo appello che volentieri diffondiamo]
Siamo un gruppo di persone: giovani, donne, alcuni preti, che da sette anni
preparano e propongono la Via Crucis Pordenone-Base Aerea Usaf di Aviano; e'
un segno che intende esprimere il coinvolgimento alla profezia della
nonviolenza e della costruzione della pace a cui il Vangelo continuamente ci
sollecita.
Ci troviamo di fronte ad una gigantesca struttura militare, sentinella di
questo ordine mondiale che impoverisce centinaia di milioni di persone e ne
uccide quotidianamente migliaia, dotata di testate atomiche e di armamenti
sofisticati e terribili, attiva nella guerra dei Balcani, pronta ad
intervenire nelle prossime azioni belliche o comunque a supportarle.
Per conoscenza diretta e partecipazione a diversi incontri, sappiamo che
sono tante le donne e gli uomini sensibili e impegnati attivamente per la
pace che non vivono un'esperienza religiosa esplicita o che in essa non si
riconoscono. Noi pensiamo che solo Dio conosca l'autenticita' della fede e
che, comunque, per tutti siano decisive le scelte e i comportamenti della
vita.
Ci rivolgiamo alle donne e agli uomini di buona volonta' per chiedere
sinceramente perdono per tutte le volte che il Vangelo della pace e' stato
tradito da logiche di potere, la croce e' stata presentata con la spada,
l'altare ha cercato l'appoggio del trono. La croce era lo strumento di
supplizio e di morte per eliminare ribelli e dissenzienti. Gesu' di Nazareth
e' stato ucciso sulla croce per la sua fedelta' e coerenza al Padre e ai
fratelli, per le conseguenze del suo rivoluzionario messaggio di
nonviolenza, di giustizia, di misericordia, di pace. Niente e' piu' laico
della morte in croce di Gesu' di Nazareth: ucciso fuori dalla citta',
considerato come maledetto da Dio e dalle istituzioni politiche e religiose,
abbandonato e deriso dai piu'.
Ripercorrere la Via della Croce da Pordenone alla Base Usaf di Aviano, per
noi significa riflettere sui crocifissi di oggi, impoveriti, vittime,
oppressi, emarginati; riproporre a noi stessi il coinvolgimento fedele e
coerente nel cammino di liberazione dall'ingiustizia, dalle violenze, dalle
guerre; ritrovare nell'Uomo Crocifisso il coraggio e la forza della
perseveranza.
Ci preoccupa che nel mondo ecclesiale questo segno da tanti sia rifiutato
perche' considerato troppo politico, dimenticando che il mistero della
persona e della presenza di Gesu' Cristo nella storia si e' incarnato nella
concretezza di situazioni anche politiche. Ci dispiace, nel rispetto delle
ispirazioni e dei percorsi di ciascuna persona, che il segno della Via
Crucis possa essere avvertito da amiche e amici impegnati nella pace come
discriminante per la loro partecipazione. Vorremmo contribuire a farlo
percepire nella sua autenticita'.
Ci permettiamo quindi di invitare alla Via Crucis Pordenone-Base Usaf di
Aviano di domenica 6 aprile 2003, tutti coloro che hanno a cuore la
giustizia e la pace e che per questo pensano valga la pena di esporsi.
Ciascuno/a partecipera' con la propria sensibilita', con le parole e i gesti
che avvertira' possibili. A noi sembra che il camminare insieme verso la
pace possa comunque farci sentire uniti nella medesima direzione, nello
stesso impegno.
*
"Beati i costruttori di pace" Friuli Venezia Giulia, Pordenone, tel.
0434578140
Centro di accoglienza "Ernesto Balducci", Zugliano - Udine, tel. 043/560699
7. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: UNA SINTESI DI EMILIA FERREIRO E ANA
TEBEROSKY, "LA COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA NEL BAMBINO", 1985 - ED. OR.
1979 - (PARTE SECONDA)
[Proseguiamo la pubblicazione di una serie di schede bibliografiche curate
da Maria Luigia Casieri relative all'opera di Emilia Ferreiro. Maria Luigia
Casieri insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali
collaboratrici di questo foglio. Emilia Ferreiro, argentina, docente in
Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del
processi di alfabetizzazione, e' di fondamentale importanza il suo
contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da
parte dei bambini. Tra le opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo
l'ormai classico volume scritto insieme ad Ana Teberosky, La costruzione
della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Ana Teberosky,
docente in varie universita', ha collaborato con Emilia Ferreiro al volume
sopra citato, ed ha condotto numerose altre ricerche; un suo lavoro condotto
nell'ambito dell'Imipae di Barcellona e' in Emilia Ferreiro, Margarita Gomez
Palacio (a cura di), Nuevas perspectivas sobre los procesos de lectura y
escritura, Siglo veintiuno editores, Mexico 1982, 2000]
* Gli aspetti formali del grafismo e la sua interpretazione: lettere, numeri
e segni di interpunzione
A questo riguardo le autrici esplorano le idee che i bambini si formano
sugli aspetti formali di un testo scritto e arrivano alla conclusione che
"e' utile distinguere due tipi di fatti legati tra loro ma di origine
diversa. Che non sia possibile leggere con meno di tre lettere o che tanto
meno si possa leggere con lettere ripetute o, ancora, che una lettera si
converta in numero, non sono nozioni trasmesse socialmente" (pag. 65).
"Accostandoci al problema della distinzione numeri/lettere/segni di
interpunzione ed a quello del riconoscimento dell'orientamento convenzionale
della lettura, siamo, al contrario, nel campo delle conoscenze socialmente
trasmesse, e profondamente convenzionali. Che i bambini differiscano
sensibilmente rispetto a questi e' quindi prevedibile, perche' la loro
acquisizione richiede condizioni sociali particolari (poter disporre di
oggetti e di informatori)" (pag. 66).
Questa prima indagine si focalizza sulle "condizioni precedenti ad una
lettura: qual e' il materiale specifico, la classe di 'oggetti' con cui e'
possibile compiere atti di lettura e le proprieta' (astratte) che il bambino
ritiene necessarie" (pag. 67).
In questa sede noi ci soffermiamo sui concetti spontaneamente elaborati dai
bambini.
Caratteristiche formali che un testo deve possedere per consentire un atto
di lettura:
1) nessun criterio di classificazione definito: "o tutti i cartelli sono
buoni per leggere" o alcuni si' ed altri no "indipendentemente dalle loro
caratteristiche oggettive (bastera' cambiare di posto un cartello perche'
esso cessi di essere utile alla lettura): i bambini non sono ancora in grado
di effettuare discriminazioni in un universo grafico costituito unicamente
da lettere e numeri"(pag. 40);
2) utilizzazione di indici: "se il cartello presenta un indice che permetta
di interpretarlo, il cartello serve per leggere" (pag. 46); non si tratta di
un criterio generale sistematicamente applicato;
3) applicazione sistematica di un criterio:
- quantita' sufficiente dei caratteri: i bambini ritengono che con meno di
tre lettere non si possa leggere; sulle scritte di tre lettere possono
verificarsi incertezze, ambivalenze e differenze tra diversi bambini;
- varieta' dei caratteri: i bambini ritengono che "anche qualora ce ne sia
un numero sufficiente, se tutti i caratteri sono uguali, codesta scritta non
puo' consentire un atto di lettura" (pag. 44).
Esistono altri criteri con cui e' possibile che i bambini classifichino dei
testi (quali la distinzione tra caratteri a stampa e corsivi e tra lettere
e numeri), ma questi non sono cosi' generalizzati come i due criteri finora
indicati e spesso vengono utilizzati in combinazione con i precedenti due
criteri. Va segnalato che nella definizione di questi criteri esiste spesso
una differenza di vocabolario tra i significati dei termini utilizzati
dall'adulto e quello che vi attribuiscono i bambini.
"L'evoluzione del problema tra lettere e numeri [...] presenta tre momenti
fondamentali:
1) inizialmente lettere e numeri si confondono non solo perche' presentano
evidenti somiglianze grafiche" e vengono assimilati in un'unica categoria
"in quanto elementi grafici" (pag. 56), ma soprattutto perche' la
discriminazione principale che il bambino cerca di effettuare e' quella tra
il disegno figurativo e la scrittura.
2) "Il secondo momento importante e' quando si fa la distinzione tra le
lettere, che servono per leggere, ed i numeri, che servono per contare"
(pag. 48). In questa fase e' possibile che gli stessi elementi grafici siano
considerati lettere o numeri a seconda che si trovino in un contesto
caratterizzato da varieta' e molteplicita' di caratteri (una sequenza di
testo) oppure che si trovino isolati. Questa caratteristica e' basata sulla
distinzione funzionale delle due categorie, non e' socialmente trasmessa ed
e' correlata con l'esperienza che, a differenza di quanto accade per le
lettere, "il nome dei segni corrispondenti ai numeri coincide con le parole
che pronunciamo nell'atto di contare" (pag. 56) e costituiscono un'unita'
semantica autonoma.
3) "Il terzo momento, perp', reintrodurra' il conflitto [...] che un numero
possa essere letto, indipendentemente dal fatto che non abbia lettere,
costituisce un problema reale. Un problema che si risolve solo quando si
prende coscienza che i numeri sono scritti in un sistema di scrittura
differente dal sistema alfabetico utilizzato per scrivere le parole" (pag.
48).
* Lettura di testo con immagini
In questo capitolo si indaga la relazione della scrittura col disegno,
considerate entrambe come "manifestazioni posteriori della funzione
semiotica piu' generale. Cio' nonostante differiscono. Per un verso, il
disegno mantiene una relazione di somiglianza con gli oggetti o i fenomeni
ai quali si riferisce; la scrittura no; per altro verso, la scrittura
costituisce, cosi' come il linguaggio, un sistema con regole proprie; il
disegno, invece, no. Tanto la natura che il contenuto dei due oggetti
simbolici sono diversi" (pag.69).
Vi si sostiene che "la scrittura mantiene relazioni molto strette con il
disegno e con il linguaggio, pur non essendo ne' la trascrizione del
linguaggio (Smith 1971) ne' un derivato del disegno" (pag. 70).
Sintetizziamo di seguito le fasi di sviluppo individuate.
1) indifferenziazione tra disegno e scrittura
- le azioni pertinenti ai due oggetti, consistenti nel guardare o leggere,
non sono ancora differenziate;
- si verifica l'applicazione diretta del significato di un oggetto simbolico
all'altro;
- i due sistemi di rappresentazione sono considerati complementari per
esprimere un significato e vi e' un'aspettativa di corrispondenza tra testo
e disegno;
2) etichettamento
lettura di parole:
- testo come etichetta;
- eliminazione degli articoli;
- non contano le proprieta' del testo;
- il testo cambia se cambia l'immagine: manca la stabilita' e la
convenzionalita' dei segni grafici;
lettura di frasi:
- emergono due tipologie di concettualizzazione:
* se il bambino considera il nome come unita' semantica di riferimento:
- la scrittura e' considerata come scrittura di nomi;
- il testo viene messo in relazione al nome e non piu' all'oggetto
disegnato;
- viene cancellato l'articolo;
- il testo e' un tutto non scomponibile;
- rifiuto delle proposizioni;
- non rilevanti le proprieta' del testo;
- esempio:
testo: "L'anatra nuota"
domanda: potrebbe dire "l'anatra sta nell'acqua"?
risposta: "no, soltanto anatra".
* se il bambino considera la frase come unita' semantica di riferimento:
- la scrittura rappresenta una proposizione associata all'immagine;
- viene operata la distinzione tra cio' che si puo' scrivere e cio' che si
puo' leggere;
- si verifica il completamento del nome in funzione della lunghezza del
testo;
- vi e' una corrispondenza globale tra l'espressione suggerita dall'immagine
e il testo, indipendentemente dalle sue proprieta';
- esempio:
testo: "Luca rema sul fiume"
ipotesi di lettura: "bambino che sta remando", oppure: ""bambino con la
barca alla spiaggia".
3) proprieta' formali
lettura di parole:
- le proprieta' formali del testo, quali la lunghezza, la continuita'
(assenza di piu' frammenti) e la presenza di alcune lettere note (il
riconoscimento di lettere consente l'inizio del processo verso
l'acquisizione del concetto di stabilita' e di conservazione del
significato) vengono usate come indicatori per controllare l'anticipazione
di significato: dall'anticipazione realizzata meramente in funzione
dell'immagine, si passa ad attuare un processo di ricerca delle verifiche
attraverso il testo;
- esempio:
testo: "PIPA"
domanda: potrebbe dire "papa' sta fumando"?
risposta: no, perche' e' molto piccolo e non basta.
lettura di frasi:
- emerge un inizio di considerazione delle proprieta' grafiche del testo con
particolare riferimento alla presenza di piu' righe e alla quantita' di
frammenti di testo;
- permane una continuita' di concettualizzazione rispetto alle due
possibili tipologie precedentemente emerse:
* se il bambino considera il nome come unita' semantica di riferimento:
- si pone il conflitto tra l'unita' del significato e la pluralita' delle
righe: si pone l'occasione per iniziare progressivamente a falsificare
l'ipotesi della scrittura come nome dell'oggetto disegnato (es.: un nome per
ogni riga o una sillaba per ogni riga);
- si instaura una relazione quantitativa tra le unita' percepibili: il nome
e' l'unita' che consente di porre in relazione gli elementi dell'immagine
con le parti grafiche e consentira' il successivo passaggio alla relazione
con l'emissione sonora (es. un nome per ogni frammento in corrispondenza con
gli elementi del disegno);
- emerge un principio di ordinamento lineare corrispondente con l'immagine
(es.: viene attribuito a ciascun frammento di testo il nome del disegno piu'
vicino);
* se il bambino considera la frase come unita' semantica di riferimento:
- la scrittura e' ancora considerata come proposizioni associate
all'immagine;
- permane la differenziazione tra cio' che e' scritto e cio' che si puo'
leggere, in quanto la scrittura continua a rappresentare i nomi ma non le
relazioni; le relazioni costituiscono la componente interpretativa che non
necessariamente compare scritta;
- esempi: attribuzione di una frase per ogni riga, con pertinenza semantica;
attribuzione di nomi ai diversi frammenti di testo e rilettura del testo
formulando una frase completa di senso compiuto contenente i nomi che si
indicavano scritti nel testo;
4) corrispondenza termine a termine
lettura di parole:
- le parti del testo vengono considerate come frazioni di unita'
significative e non come unita' discrete;
- ricerca di corrispondenza tra frammenti grafici e segmentazioni sonore;
- si opera una segmentazione dell'emissione sonora di tipo sillabico ma
senza una precisa corrispondenza con i frammenti grafici;
- corrispondenza tra il movimento della mano e la scansione sillabica orale;
- corrispondenza tra la sillabazione orale e i segni grafici operando salti
piu' o meno regolari, o raggruppamenti di segni grafici o ripetizioni o
allungamenti di parti dell'emissione sonora per arrivare alla fine del
testo;
- corrispondenza di tipo sillabico;
lettura di frasi:
* se il bambino considera il nome come unita' semantica di riferimento:
- scansione sillabica orale senza una precisa corrispondenza al testo;
- si opera una ricerca di corrispondenza tra l'emissione sonora e il testo
rispetto all'inizio e alla fine;
- si opera una ricerca di corrispondenza progressivamente piu' precisa tra
suoni sillabici e frammenti del testo: si puo' operare raggruppamenti di
parti del testo a cui viene attribuito un suono sillabico; si puo'
attribuire un suono sillabico ad ogni frammento allungando o ripetendo parti
dell'emissione sonora; infine si arriva a variare le ipotesi di significato
fino ad ottenere una corrispondenza di tipo sillabico con la quantita' di
frammenti presenti nel testo;
- i frammenti di testo vengono considerati come frazioni di unita'
significative e pertanto con il metodo sillabico nasce l'equilibrio tra
integrita' significativa e discontinuita' grafica;
* se il bambino considera la frase come unita' semantica di riferimento:
- viene iniziata la ricerca di corrispondenza che si basa sulla struttura
logica dell'enunciato:
es.: nome + proposizione: ad una riga viene attribuita la lettura di un nome
con corrispondenza sillabica con i frammenti del testo mentre nell'altra
riga viene letta l'intera proposizione;
es.: soggetto + predicato: ai diversi frammenti di testo si fa corrispondere
il soggetto e il predicato;
es.: soggetto + verbo + predicato: la corrispondenza non comprende l'ordine
dell'enunciato.
* Lettura di frasi senza immagini
In questo ambito di analisi, partendo dalla lettura di una frase scritta
nota ai bambini si chiede di mettere in corrispondenza le parole
dell'enunciato orale con i frammenti del testo scritto, attraverso un
processo di deduzione. Emerge cosi' la progressione nella concezione della
scrittura, individuando progressivamente quali siano gli elementi di una
proposizione rappresentati nella scrittura nella concezione del bambino a
confronto con quella adulta.
Nella sintesi che segue si e' provato a elaborare una ipotesi di
comparazione tra le fasi di sviluppo individuabili nei diversi ambiti della
ricerca, riportata tra parentesi quadre. Va precisato che tale comparazione
non e' stata realizzata nel testo dalle autrici e si basa su analisi di tipo
logico e sull'esperienza didattica della scrivente, ma non e' stata
suffragata da dati sperimentali.
A) e' tutto scritto [va dalla fine della fase sillabica alla fase
alfabetica]
- messa in corrispondenza tra parti ordinate (sonore e visive) attraverso un
processo di deduzione;
- la scrittura riproduce, riordinandole nello spazio da sinistra a destra,
le unita' dell'espressione sonora ordinate temporalmente;
- la decifrazione e' strategia iniziale e sottoposta a giudizio di
grammaticalita';
B) e' tutto scritto eccetto gli articoli [va dalla fase di corrispondenza
termine a termine a buona parte della fase sillabica]
- gli articoli (preposizioni, congiunzioni...) non sono parole e quindi non
si scrivono;
- sono deducibili;
- confliggono con la regola della "quantita' minima";
- risultano come frammenti eccedenti e pongono una situazione di conflitto
che viene per lo piu' risolta con strategie di assimilazione o di
eliminazione;
- il verbo puo' essere scritto in forma autonoma;
C) i due sostantivi sono scritti indipendentemente: il verbo sostiene
l'intera proposizione o l'intero predicato [corrisponde alla fase di
corrispondenza termine a termine e presenta una particolare affinita' con le
ipotesi di lettura su frasi in bambini che assumano l'unita' della frase ad
unita' di riferimento. Puo' essere usato questo ambito di riflessione per
favorire il passaggio dalla fase delle proprieta' formali alla ricerca di
corrispondenza in quanto la mancanza di immagini favorisce lo stabilirsi
della correlazione tra testo scritto ed enunciato orale]
- la scrittura rappresenta la struttura logica del messaggio;
- l'ordine dei termini puo' cambiare senza alterare il significato della
relazione, in quanto si ritiene che la scrittura sia la rappresentazione
della struttura logica della frase (argomenti + relazione) mentre i vincoli
relativi all'ordine sintattico intervengono solo al livello dell'enunciato
orale;
- difficolta' a comprendere che il verbo possa essere scritto in forma
autonoma: il verbo viene unito al suo complemento oppure e' considerato
scritto all'infinito;
[Nota: I punti "D", "E" e "F" vengono lasciati con la stessa denominazione
riportata nel testo di Ferreiro e Teberosky (1985), in cui si afferma
trattarsi di un'unica fase di sviluppo. Noi riteniamo tuttavia di cogliere
alcune sfumature che ci hanno portato a proporre un diverso ordine. Mentre
la fase "E" e la fase "F" corrispondono alla stessa fase di sviluppo delle
proprieta' formali con riferimento in un caso all'unita' semantica della
frase e nell'altro all'unita' semantica della parola, la fase "D" ci sembra
corrispondere alla fase dell'etichettamento, che precede quella delle
proprieta' formali. Ovviamente siamo sempre in fase presillabica]
E) tutta la proposizione sta in un frammento del testo: nella parte
rimanente stanno altre proposizioni congruenti con la prima [corrisponde
alla fase di attenzione alle proprieta' formali e presenta particolari
analogie con le ipotesi di lettura su frasi in bambini che assumano la frase
ad unita' di riferimento]
- l'unita' semantica della proposizione non puo' essere suddivisa in
frammenti;
- vi e' un'attenzione alla quantita' di frammenti di testo in quanto si
formulano tante proposizioni quanti sono i frammenti di testo percepiti;
- viene garantita l'unita' semantica del testo in quanto le altre
proposizioni si attengono allo stesso tema;
F) ubicazione esclusiva dei nomi in due frammenti del testo: nelle parti
restanti vi sono altri nomi compatibili con i precedenti [corrisponde alla
fase di attenzione alle proprieta' formali e presenta particolari analogie
con le ipotesi di lettura su frasi in bambini che assumano il nome ad unita'
di riferimento]
- la scrittura e' una maniera di rappresentazione degli oggetti e puo'
mantenerne alcune proprieta': i nomi vengono considerati come proprieta'
degli oggetti;
- c'e' una componente interpretativa: i verbi possono essere espressi anche
se non scritti;
- possono essere scritti altri nomi come designazione di oggetti compresi
nello scenario e che non vengono letti perche' dati per scontati;
D) impossibilita' di effettuare una separazione tra le parti dell'enunciato
che possa farsi corrispondere con le parti del testo [corrisponde alla fase
dell'etichettamento]
- la frase e' un'unita' sintattica, semantica, di intonazione;
- l'enunciato puo' stare tutto in qualunque delle parti del testo e cosi'
qualunque parola;
- per il bambino e' scritta la frase e non la singola parola e a differenza
dell'adulto non conserva invariata la rappresentazione della parola
qualunque sia il sistema di relazioni e significazioni (in quanto cio'
presuppone la nozione di identita').
(2. Continua)
8. LUTTI. CESARE BERMANI RICORDA ROBERTO LEYDI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 febbraio 2003]
"Io ho cercato di divertirmi, intendo dire nel senso di Bertolt Brecht
quando diceva che il teatro deve essere divertente, cioe' che e' giusto
avere il piacere di vivere delle cose che si fanno. Puo' essere il jazz, la
musica popolare, Juliette Greco o Luciano Berio. Io ho fatto poche cose
nella vita di cui non ricordi un'emozione anche di piacere". Lo poteva dire
Roberto Leydi, una delle figure piu' ragguardevoli della musicologia
contemporanea, interessato a tutta la buona musica, di qualunque genere
fosse.
Un rendiconto della sua attivita' non e' facile, perche' ha utilizzato i
piu' diversi canali per fornire fonti di riflessione agli studiosi e agli
appassionati, svolgendo una mole di attivita' che ha dell'incredibile. Ma
larga parte di essa si e' anche esplicata attraverso le conversazioni,
indimenticabilmente vivaci e intelligenti, con decine e decine di lavoratori
della musica, cui e' stato prodigo di consigli, di materiali del suo
archivio e di indicazioni di ricerca.
Per capire lo spirito con cui Leydi ha operato, credo si debba risalire alla
sua formazione giovanile, tutta antiaccademica, nella Milano del dopoguerra
pervasa da afflati di genuina democrazia e da grandi speranze di
ricostruzione di un Italia ben diversa da quella che ci ritroviamo oggi.
Milano allora - come mi ricordava lui - "conteneva una vitalita' enorme,
grandi illusioni e speranze. Ed era il mio mondo. Noi eravamo 'Politecnico'
ed una delle componenti della nostra cultura era l'America. L'America a cui
guardavamo era quella del New Deal rooseveltiano, dei negri, dei poveri del
Sud, dei mandriani del West, dei boscaioli del Nord; era l'America di
Hemingway, dello Steinbeck di Furore, di Caldwell, insomma di tutta la
letteratura del New Deal. Una delle facce del New Deal era stata quella di
fare riscoprire l'America dei poveri, dei disperati. Che cos'era questa
America per noi? Era la disperata ricerca di una patria da parte di un:
generazione senza patria. Non potevamo riconoscerci nell'Italia di Vittorio
Emanuele Il o di Cavour, di Crispi o di Leonardo da Vinci. Avevamo bisogno
di una patria popolare, e il jazz era questo: una patria popolare. Cioe' era
l'esigenza di riconoscerci dentro un mondo di lavoratori, di operai di
fabbrica, contadini. Cio' avveniva intellettualisticamente, perche in
realta' ignoravamo che questo mondo esisteva anche qui. Il mio passaggio
all'interesse per il mondo popolare si verifica quando ho cominciato a
rendermi conto che quella patria americana era un'astrazione e che era
possibile trovarla qui. La mia coscienza politica e' stata pero' a lungo
istintivo-retorica, mitologica, cosmopolita, tipicamente radical-borghese,
anche se colorata di rosso".
Nella Milano del dopoguerra Leydi e' gia' una presenza culturale di tutto
rispetto. Critico musicale dell'"Avanti!", la sua casa in via Solferino (poi
in via Cappuccio) era il punto di riferimento di molta intellettualita',
dall'architetto Rogers a Umberto Eco, da Bruno Maderna a Luciano Berio, da
Luigi Pestalozza ai componenti della Original Lambro Jazz Band (quanti sanno
che quel nome lo invento' proprio Roberto Leydi?). Ma a casa sua ci si
sarebbe potuti imbattere anche in Alan Lomax o in Big Bill Broonzy di
passaggio da Milano.
Nel 1954, quando Bruno Maderna e Luciano Berio fondano lo Studio di
fonologia della Rai di Milano, Roberto Leydi e' della partita. Scrive il
testo di Ritratto di citta', musicato dai due. Ci si muove in un paesaggio
sonoro e mentale che propone una musica elettronica priva di limiti, in un
interrelazione del nastro con qualsiasi altro mezzo di produzione di suoni.
Tra Colonia (Karlheinz Stockhausen) e Parigi (Pierre Schaeffer) si e'
insomma scelto Parigi.
Nel 1962, per merito di Roberto Leydi e Gianni Bosio, decollano il "Nuovo
Canzoniere Italiano" e "I Dischi del Sole", attivita' che dara' un corpus di
canto sociale al nostro paese.
L'incontro fra i due fa maturare ulteriormente l'"essere a sinistra" di
Leydi: "Nella vicinanza di Gianni Bosio quello che era un fatto astratto e
mitologico diventa un fatto concreto, e' l'acquisizione che la Rivoluzione
d'Ottobre c'e' stata davvero; e' attraverso Bosio che ho acquisito la
coscienza dell'esistenza di un mondo contadino e una certa metodologia
dell'analisi politica".
Dentro a quella vicenda Leydi si rivelo' allora uno straordinario
organizzatore, che motivo' al lavoro di ricerca, e in modo duraturo, i primi
ricercatori di canto sociale. Posso testimoniare che mi ha messo un
magnetofono in mano nel 1962 e che non me lo sono piu' staccato di dosso.
Perche' Leydi, forse senza rendersene conto sino in fondo, ha dato anche a
noi una patria e ci ha quindi fatto fare delle scelte di vita.
Leydi ha pero' legato il proprio nome anche ad altre imprese di
organizzazione della cultura che hanno fortemente contribuito a modificare
il panorama della nostra musica orale.
Ricordo anzitutto l'attivita' del "Servizio per la cultura del mondo
popolare" della Regione Lombardia, che promosse ricerche sulla cultura e
sulla musica popolare provincia per provincia, sfociato nella monumentale
opera in 15 volumi Mondo popolare in Lombardia e nella collana discografica
Documenti della cultura popolare, cui hanno collaborato decine di studiosi.
Nella sua attivita' di titolare della cattedra di etnomusicologia al Dams di
Bologna - alla cui fondazione contribui' non poco - e' riuscito a creare un
buon gruppo di ricercatori preparati, che hanno portato l'etnomusicologia
italiana al riconoscimento mondiale.
Tra le imprese editoriali che ha promosso mi pare importante ricordare in
questa sede l'opera collettiva in due volumi Guida alla musica popolare in
Italia e, curata con Febo Guizzi, Gli strumenti musicali e l'etnografia
italiana (1881-1911).
Fondamentali resteranno le sue ricerche sulla canzone narrativa e sulla
musica di Creta.
Ma, per capire lo spirito di Leydi, il volume chiave e' L'altra musica, dove
la tradizione colta e' vista una volta tanto come "altra" e per una volta
sono i "bianchi" a essere "gli altri"; e dove si nota che e' stata la crisi
dei modi tradizionali di fare la storia o di occuparsi del folklore ad
aprire la strada al processo di svecchiamento dell'etnomusicologia italiana.
Non ultimo merito di Roberto Leydi e' stato quello di raccogliere per tutta
la vita le fonti del suo lavoro: ha lasciato una importantissima raccolta di
strumenti musicali popolari (oltre ottocento), una quantita' innumerevole di
dischi, oltre 3.000 ore di registrazione, una biblioteca specializzata al
"Centro di dialettologia e di etnografia" della Svizzera italiana, con sede
a Bellinzona.
Un modo di salvare un patrimonio, lasciatoci per preservarlo e farlo
conoscere, da un paese che non sa che distruggere questi suoi beni culturali
(non attrezzarsi per conservarli significa di fatto distruggerli).
Credo che questa sia stata la sua ultima proposta culturale: non sara' il
caso che salvaguardiate anche voi all'estero quelle porzioni del nostro
patrimonio di cultura orale che vi sono state affidate?
9. ARCHIVI DELLA DISOBBEDIENZA CIVILE. ERICH FROMM: "NELL'ATTUALE FASE
STORICA"
[Da Erich Fromm, La disobbedienza e altri saggi, Mondadori, Milano 1982,
1988, p. 19. Erich Fromm, psicoanalista e sociologo impegnato per la pace e
i diritti umani (Francoforte 1900 - Locarno 1980), collaboratore della
scuola di Francoforte, esule in America, nella sua riflessione unisce
analisi e suggestioni di Marx, Freud, della tradizione ebraica e cristiana,
del buddhismo zen. Tra le sue opere principali: Fuga dalla liberta',
Comunita'; Dalla parte dell'uomo, Astrolabio; Il linguaggio dimenticato,
Garzanti; Psicoanalisi della societa' contemporanea, Comunita'; L'arte di
amare, Il Saggiatore; Psicoanalisi dell'amore, Newton; Marx e Freud,
Garzanti; La rivoluzione della speranza, Bompiani; La crisi della
psicoanalisi, Mondadori; Anatomia della distruttivita' umana, Mondadori;
Avere o essere?, Mondadori; Grandezza e limiti del pensiero di Freud,
Mondadori; La disobbedienza, Mondadori. Fromm ha anche curato il volume di
AA. VV., L'umanesimo socialista, Rizzoli. Opere su Erich Fromm: Rainer Funk,
Erich Fromm. La vita e il pensiero, Massari Editore]
Nell'attuale fase storica, la capacita' di dubitare, di criticare e di
disobbedire puo' essere tutto cio' che si interpone tra un futuro per
l'umanita' e la fine della civilta'.
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 513 del 20 febbraio 2003