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La nonviolenza e' in cammino. 512
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 512 del 19 febbraio 2003
Sommario di questo numero:
1. Convenzione permanente di donne contro le guerre: costituzionalizziamo la
pace. Raccolta di firme per l'articolo 1 della Costituzione europea
2. Una lettera al sindaco di Aviano
3. Lidia Menapace, perche' la guerra non ci sia
4. Anna Maffei intervista Bob Edgar
5. Norma Bertullacelli, vent'anni e un'ora di lotta per la pace a Genova
6. Una lettera aperta di comunita' kurde e irachene in esilio al movimento
contro la guerra
7. Maria Luigia Casieri: una sintesi di Emilia Ferreiro e Ana Teberosky, "La
costruzione della lingua scritta nel bambino", 1985 - ed. or. 1979 - (parte
prima)
8. Aggiornamento del "Cos in rete"
9. Archivi della disobbedienza civile. Lorenzo Milani, "la piu' subdola
delle tentazioni"
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. APPELLI. CONVENZIONE PERMANENTE DI DONNE CONTRO LE GUERRE:
COSTITUZIONALIZZIAMO LA PACE. RACCOLTA DI FIRME PER L' ARTICOLO 1 DELLA
COSTITUZIONE EUROPEA
[Da Monica Lanfranco (per contatti: mochena@tn.village.it) riceviamo e
diffondiamo il seguente appello della Convenzione permanente di donne contro
le guerre, ed invitiamo tutte e tutti le nostri interlocutrici e i nostri
interlocutori a sottoscriverlo ed a partecipare alla campagna di
informazione]
La Convenzione permanente di donne contro le guerre lancia una raccolta di
firme e una campagna di informazione affinche' nella nuova Costituzione
Europea venga inserito questo articolo.
Vi invitiamo a firmare e far firmare. Tutte le firme saranno aggiornate ogni
giorno al sito di Marea www.marea.it
Per informazioni e firme contattare mochena@village.it
*
"Art. 1. I popoli dell'Unione Europea stipulano la presente Costituzione per
fare dell'Europa un'area e un soggetto attivo di pace e costruire un futuro
comune.
L'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della pace, della
dignita' umana, della liberta', dell'eguaglianza, della solidarieta' e
dell'accoglienza nella valorizzazione di tutte le differenze, in particolare
di quella di genere.
L'Unione Europea ripudia la guerra come strumento per la risoluzione delle
controversie internazionali; operera' attivamente ad un riforma democratica
della Organizzazione delle Nazioni Unite, attribuendole, a parita' di
condizioni con gli altri Stati, i poteri necessari affinche' possa
assicurare la pace, la giustizia internazionale e il rispetto delle risorse
naturali del pianeta, nonche' la libera circolazione delle persone, anche di
quelle che vivono fuori dai confini europei".
2. INIZIATIVE. UNA LETTERA AL SINDACO DI AVIANO
[Riportiamo il testo della lettera inviata ieri dal "Centro di ricerca per
la pace" di Viterbo al sindaco del Comune di Aviano]
Egregio Sindaco,
preliminarmente, in primo luogo ci permetta di dirle che apprezziamo
l'impegno per la pace del Comune di Aviano.
E' importante che gli enti locali siano rigorosamente fedeli al dettato
costituzionale ed al suo articolo 11 che esplicitamente dichiara che
"l'Italia ripudia la guerra".
E' importante che gli enti locali rappresentino ed inverino la volonta' di
pace espressa inequivocabilmente dalla legge fondamentale del nostro paese e
fortemente sentita dal popolo italiano, volonta' di pace ribadita ancora nei
giorni scorsi dalle numerose e partecipatissime manifestazioni popolari
contro la guerra ed insieme contro le dittature, contro il terrorismo, per
la difesa della vita di ogni essere umano.
Sempre preliminarmente, in secondo luogo ci permetta di dirle che
comprendiamo come la situazione del Comune di Aviano sia evidentemente
fortemente condizionata dalla presenza della locale base militare americana,
la cui importanza e rilevanza non sono sottovalutabili.
Gli americani costi' residenti o domiciliati sono a tutti gli effetti ospiti
del nostro paese, ed e' giusto e doveroso che ad essi, in quanto esseri
umani, si garantisca una benevola accoglienza, la stessa che a nostro avviso
in ogni luogo dell'unica terra che abbiamo deve essere offerta e garantita a
tutti gli esseri umani.
Nel contempo anch'essi, in quanto e fin quando in Italia si trovano, devono
rispetto e obbedienza alle nostre leggi, e quindi innanzitutto a quanto
stabilito dalla Costituzione della Repubblica Italiana.
Ed ecco l'oggetto di questa lettera: con essa le preannunciamo che qualora
dovesse iniziare una nuova terribile guerra contro la popolazione irachena,
come piu' volte irresponsabilmente preannunciato dal presidente degli Stati
Uniti d'America, e' nostra ferma intenzione agire per ottenere il rispetto
della Costituzione della Repubblica Italiana, e quindi impedire che l'Italia
sia resa complice di una guerra che per la nostra Costituzione e' illegale e
criminale.
Riteniamo infatti che sia dovere di ogni cittadino (ed a maggior ragione di
ogni pubblico ufficiale e di ogni istituzione democratica) difendere la
legalita' costituzionale che a tutti i cittadini italiani fa obbligo di
opporsi alla guerra.
E per quanto ci riguarda ci stiamo predisponendo ad agire riproponendo
l'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere della pace, con la quale
bloccare i decolli dei bombardieri dalla base di Aviano ostruendo lo spazio
aereo antistante e sovrastante le piste di decollo occupandolo con dei
palloni gonfiati ad elio e delle mongolfiere di carta recanti componenti
metallici.
Come e' proprio delle azioni dirette nonviolente, ci assumeremo la piena
responsabilita' della nostra iniziativa, la realizzeremo nel modo piu'
trasparente e coerente, la preannunceremo per tempo e richiederemo incontri
preliminari con tutti i soggetti interessati e coinvolti nel teatro delle
operazioni, sia istituzionali che della societa' civile, affinche' essa si
realizzi senza mettere in pericolo l'incolumita' di alcuno e senza
danneggiare i legittimi interessi di alcuno.
*
Lei ricordera' come gia' nel 1999, durante la scellerata e tragica guerra
dei Balcani, realizzammo per alcune ore questa iniziativa, e ci prendemmo
cura di controllare l'innalzamento delle mongolfiere affinche' non vi
potessero essere pericoli ne' per le persone ne' per le colture agricole e
gli insediamenti abitativi; lei ricordera' come gia' nel 1999 ci facemmo
carico di comunicare per tempo data e modalita' dell'iniziativa; lei
ricordera' come gia' nel 1999 caratterizzamo la nostra iniziativa con il
massimo del rigore e della limpidezza, interrompendola immediatamente non
appena altre persone - che non prendevano parte ad essa - inscenarono
inammissibili comportamenti contrari alla nonviolenza.
Lei ricordera' anche che nel 1999 chiedemmo l'autorizzazione del Comune allo
svolgimento dell'iniziativa, e tale autorizzazione non avendo ottenuto la
nostra azione nonviolenta realizzammo ugualmente sapendo che questo ci
esponeva anche a sanzioni amministrative, ma ritenendo che fosse prevalente
il dovere di fedelta' al dettato costituzionale e l'esigenza di cercar di
salvare delle vite umane. Anche in questo frangente, se la guerra dovesse
avere inizio, intendiamo agire cosi'.
Con una differenza rispetto al 1999: che se la guerra dovesse iniziare
cercheremo fin dall'inizio di organizzare il blocco dei decolli con la
nostra azione nonviolenta non con un piccolo numero di persone e per un
tempo limitato, ma puntando ad un coinvolgimento popolare e all'obiettivo di
bloccare ad oltranza i decolli degli aerei stragisti.
E' per verificare sul terreno la situazione, e per avere anche questa volta
un rapporto costruttivo - oltre che rispettoso delle specifiche prerogative
e competenze - con tutte le istituzioni locali, che intendiamo fin d'ora
avviare un dialogo con le amministrazioni pubbliche del posto, ed ovviamente
in primis con il Comune di Aviano.
A tal fine nei prossimi giorni la contatteremo direttamente, cosi' come
contatteremo direttamente i rappresentanti delle altre istituzioni cui
inviamo per conoscenza questa lettera.
Cio' che intendiamo fare, le motivazioni e gli obiettivi che ci proponiamo,
sono descritti nella lettera al comandante dela base Usaf di Aviano che ci
permettiamo di allegare alla presente per opportuna conoscenza.
*
Ma con questa lettera intendiamo sottoporre alla sua attenzione anche un
tema ulteriore: qualora la guerra iniziasse, e qualora sciaguratamente -
come pare purtroppo probabile alla luce delle dichiarazioni infauste e a
nostro avviso del tutto illegittime del Ministro della Difesa - le strutture
militari americane in territorio italiano vi venissero coinvolte ed il
governo italiano non si opponesse a questo crimine, ebbene, ci permetta di
sottoporle anche i seguenti quesiti:
a) poiche' in quanto Sindaco lei ha giurato fedelta' alla Costituzione nelle
mani del Prefetto, non crede che avrebbe il dovere di intervenire affinche'
nel territorio del Comune di Aviano non si violi la Costituzione della
Repubblica Italiana?
b) a tal fine non crede di poter e dover disporre con ordinanza che nessuna
azione bellica abbia avvio dal territorio del Comune di Aviano?
c) e quindi non crede che lei stesso in prima persona abbia il potere e il
dovere di agire affinche' nessuna forma di partecipazione o contributo alla
guerra abbia luogo dalla base militare americana sita nel territorio di
Aviano?
Le poniamo questi quesiti, come intendiamo porli a tutti i sindaci nei
territori dei cui Comuni si trovano strutture militari che potrebbero essere
coinvolte nella guerra che si preannuncia, proprio perche' pensiamo che le
istituzioni democratiche devono concretamente agire in difesa della
legalita' costituzionale e contro una guerra che per la nostra legislazione
e' inequivocabilmente illegale e criminale.
Le saremmo grati se anche su questo tema lei ed i suoi collaboratori, cosi'
come l'intero consiglio comunale di Aviano, voleste riflettere con specifico
riferimento alla vostre prerogative e responsabilita', a quanto e' in vostro
potere di fare in difesa della legalita' costituzionale, del diritto interna
zionale, della pace, della vita di innumerevoli esseri umani e del futuro
dell'umanita' intera.
Confidiamo che avremo occasione di incontrarci nel comune impegno per la
pace e per il rispetto della legalita' costituzionale della Repubblica
Italiana.
E speriamo vivamente che la guerra non venga scatenata, ma qualora essa
avesse inizio dovremmo tutti assumerci le nostre responsabilita' ed agire
per quanto in nostro potere a difesa del diritto, della legge, della pace,
della vita umana. Noi lo faremo cercando di bloccare la macchina bellica con
gli strumenti che come cittadini italiani ed amici della nonviolenza abbiamo
a disposizione; coloro che hanno compiti di governo degli enti locali
possono e devono farlo anche avvalendosi degli strumenti che l'ordinamento
giuridico mette specificamente a loro disposizione.
Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione, voglia gradire distinti saluti ed
auguri di buon lavoro; saluti ed auguri che la preghiamo di estendere a
tutti i suoi collaboratori ed a tutti i membri del consiglio comunale di
Aviano.
Cordialmente.
[Segue allegata la lettera aperta al Comandante della base Usaf di Aviano
del 12 febbraio, che gia' abbiamo riprodotto nel n. 506 del 13 febbraio 2003
di questo notiziario, cui rinviamo]
3. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: PERCHE' LA GUERRA NON CI SIA
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace@virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Sempre piu' di frequente mi vengono in mente antiche sentenze che forse gli
antichi poi non rispettavano, comunque le avevano pensate. La prima e'
"excusatio non petita, accusatio manifesta", una scusa non richiesta e'
un'accusa manifesta, funziona bene anche la traduzione. Mi e' venuta,
sentendo Berlusconi retour de Bruxelles dire sette volte in due minuti che -
come tutti - anche lui vuole la pace, la concordia e non so quante altre
belle cose. Bene, ricordiamoglielo se se ne scorda.
Poi mi e' piaciuto anche quando ha detto che non bisogna lasciare isolato
Bush, perche' sarebbe brutto che andasse alla guerra da solo se le Nazioni
Unite dicessero di no. Qui il riferimento e' al proverbio che dice di non
cadere nel pozzo se chi vi guida ci va: che ragionamento e'? Se Bush vuole a
ogni costo fare la guerra, dopo avergli detto mille volte no, non si puo'
mica legarlo; forse se dice troppe bugie qualcuno puo' iniziare la procedura
di impeachment negli States, ma non e' nelle nostre facolta'.
Dice anche che non sarebbe bello usare il diritto di veto alle Nazioni Unite
se si sa che Bush non lo rispetterebbe, perche' questo minerebbe la
credibilita' dell'Onu. Qui non occorre scomodare gli antichi: si tratta del
famoso "ragionamento a cavatappi", come se la credibilita' delle Nazioni
Unite non fosse ridotta al lumicino per l'abuso che gli Usa hanno fatto del
diritto di veto in tutti gli anni scorsi.
Insomma a spigolare tra sentenze, proverbi e favole si hanno delle belle
sorprese, anche la favola del lupo e dell'agnello e quella della volpe e
l'uva andrebbero riraccontate con testo a fronte.
*
Sono molto contenta che - come dicono i giornali - la ferma protesta dei
popoli del mondo abbia messo una zeppa alla folle corsa verso la guerra:
solo Berlusconi non deve aver ricevuto dai suoi aiutanti gli stralci della
stampa internazionale, perche' e' ancora attardato nella lagna sui pacifisti
che "fanno il gioco di Saddam", poverino. Non si e' accorto che i media
servono anche a chi non e' d'accordo con lui e internet pure: la sentenza
dell'oggi e': ci sono due sole grandi potenze al mondo, gli Usa e l'opinione
pubblica.
Quella che si e' espressa serenamente, autonomamente e con tranquilla forza
il 15 febbraio nel mondo. Adesso e' il caso di sapere come servirsi di cio'.
Ricordare un vecchio detto che bisogna saper usare e non abusare dei
successi: bisogna infatti usare non solo l'innocenza e ingenuita' delle
colombe, ma anche l'astuzia, abilita', avvertenza, agilita' silenziosa del
serpente.
Volere l'umiliazione degli Usa sarebbe stolto; volere l'esaltazione
dell'Europa non meno, fidarsi per sempre di Chirac e di Schroeder pure; non
ricordare quali tremendi interessi ci siano sotto la questione del petrolio,
della crisi economica capitalistica, e della prospettive geopolitiche che
nascono dal formarsi di un soggetto enorme come l'Europa pure da sciocchi.
Dunque stare attenti anche alle virgole dei comunicati e alle furberie di
tutti: ad esempio la Turchia adesso sta facendo giochi anche doppi e tripli
perche' spera, se lascia passare gli americani, di mungere molti e molti
soldi, ma sa pure che se vuole entrare in Europa non puo' fare troppi
scherzi e che se pensa di esporre i Curdi al fuoco nemico fa male, e anche i
Curdi se pensano di liberarsi facendo della Turchia un nemico esplicito
degli Usa pure.
Andare piano, guadagnare tempo, fare cose non eroiche, lasciar perdere il
"punto d'onore", non usare ultimatum: sono buone pratiche.
E' chiaro - almeno per me - che Chirac, che e' un uomo della grande destra
francese, va sempre avanti per la strada della grandeur anche militare di
Francia e d'Europa, e che Schroeder ha interne gatte da pelare e non puo'
inimicarsi del tutto chi lo puo' aiutare o minacciare subito (come Bush ha
fatto) di sanzioni economiche.
Attenzione particolare deve esesre riservata ai paesi dell'Europa orientale,
che gli Usa hanno blandito con aiuti economici e sollecitandoli ad essere
contro la Russia a proposito di Nato, e adesso se li trovano come cagnolini
festanti che li appoggiano a ogni costo, ma intanto non ci si puo'
dimenticare di Putin che e' un po' piu' importante.
Insomma a me pare che un buon suggerimento sia di dirsi sempre: la
situazione e' complessa, ho tenuto conto di molti fattori? Comunque
soprattutto ricordare che fascismo, nazismo e seconda guerra mondiale sono
molto legati, e una delle cause scatenanti fu anche l'incapacita' dei
vincitori di non infierire troppo sulla vinta Germania.
Lasciare la pace nelle mani dei vincitori e' sempre imprudente: e' cosa
troppo delicata per lasciar fare a chi non ha necessariamente ragione, ma ha
la forza.
*
La guerra non solo e' evitabile, ma deve essere evitata, e' "vitanda": per
questo bisogna che non lasciamo che invada le nostre teste e cuori: non ci
si deve chiedere "che faccio in caso di guerra", ma sempre e solo
tenacemente "che faccio perche' la guerra non ci sia".
4. RIFLESSIONE. ANNA MAFFEI INTERVISTA BOB EDGAR
[Ringraziamo Anna Maffei (per contatti: anna.maffei@ucebi.it) per averci
messo a disposizione in anteprima questa sua intervista al segretario
generale del Consiglio nazionale delle chiese cristiane negli Usa, Bob
Edgar, che uscira' in prima pagina sul prossimo numero di "Riforma",
settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi italiane, con data 21
febbraio. Anna Maffei e' vicedirettrice per il centro-sud del settimanale
"Riforma" (sito: www.riforma.it) e vicepresidente dell'Unione cristiana
evangelica battista d'Italia; appartiene alla tradizione nonviolenta
espressa dal pastore battista e martire per la pace Martin Luther King. Bob
Edgar e' segretario generale del Consiglio nazionale delle chiese cristiane
americane, un importante organismo ecumenico che raggruppa ben 36
organizzazioni ecclesiastiche americane che complessivamente raggiunge 50
milioni di aderenti; Edgar ha rappresentato il Consiglio lo scorso 5
febbraio a Berlino in un incontro promosso dalle chiese protestanti europee
nel quale e' stata dichiarata con forza l'assoluta contrarieta' ad una
guerra preventiva contro l'Iraq]
- Anna Maffei: Dottor Edgar nel documento di Berlino che lei ha firmato
insieme ad altri leader di chiese europee e organizzazioni ecumeniche si
afferma: "La guerra preventiva quale mezzo per cambiare il regime di uno
stato sovrano e' immorale e viola il trattato dell'Onu". Quanto diffusa e'
questa posizione fra le chiese cristiane negli Usa?
- Bob Edgar: Il Consiglio nazionale delle chiese americane che comprende 36
raggruppamenti di chiese fra protestanti e ortodosse che complessivamente
raggiunge circa 50 milioni di aderenti, insieme alla Conferenza episcopale
americana, che rappresenta 64 milioni di cattolici, sono formalmente contro
questa guerra. Alcuni ritengono che non si applichino a questa guerra i
criteri della cosiddetta "guerra giusta", altri invece si oppongono a tutte
le guerre. Tutte sono comunque consapevoli del terribile prezzo che la
guerra esigerebbe dalla popolazione civile irachena. In assenza di prove
inconfutabili che l'Iraq rappresenti una minaccia reale e imminente noi
continueremo a batterci per soluzioni pacifiche. La guerra preventiva e'
immorale e illegale, e creerebbe pericolosi precedenti abbassando la soglia
per l'uso di strumenti violenti per la soluzione di conflitti
internazionali. E' senza legittimazione teologica e viola profondamente i
nostri principi cristiani. La forza militare e' infatti un mezzo inadeguato
per ottenere il disarmo e insistiamo sul fatto che agli ispettori dell'Onu
sia dato tempo per completare il loro lavoro. Una guerra contro l'Iraq
renderebbe il mondo meno sicuro e aumenterebbe il rischio terrorismo. Saddam
Hussein ha fatto cose terribili e nessuno fra i responsabili delle chiese,
neppure uno, dice cose positive di lui, ma, detto questo, essi non ritengono
che assassinare la gente dell'Iraq sia la risposta. Alla popolazione
irachena va restituita la speranza che ci sono alternative alla dittatura e
alla guerra.
- A. M.: Lei ha recentemente guidato una delegazione di leader religiosi in
Iraq. Quale e' stata la sua esperienza?
- B. E.: Abbiamo visitato scuole e ospedali e visto con i nostri occhi
l'impatto devastante di dodici anni di sanzioni sulla popolazione irachena.
Abbiamo toccato con mano la condizione di bambini che soffrono di malattie
che avrebbero potuto essere evitate con farmaci che non sono oggi
disponibili al popolo. Non mi aspettavo di vedere madri con i propri bambini
in difficolta' accanto ad incubatrici rotte. Non mi aspettavo di vedere il
vescovo metodista Melvin Talbert della Chiesa metodista unita che in una
Chiesa cattolica di rito caldeo salutava il nuovo anno cantando insieme alla
comunita' "We shall overcome". Non mi aspettavo il calore genuino che la
gente comune in Iraq mostrava verso di noi che venivamo dal paese che
minaccia di attaccarli. Sono stato colpito da cristiani e musulmani che
insieme sentivano che potevano vivere in pace gli uni con gli altri. E mi
sono rivoltato al pensiero che se si va alla guerra ci saranno morti,
migliaia e migliaia di morti, fra i nostri militari e fra questi bellissimi
bambini iracheni.
- A. M.: Quanto pesa nella crisi attuale l'ineguale distribuzione della
ricchezza a livello planetario? Si puo' parlare di scontro fra civilta'? E
quale ruolo hanno le chiese per opporsi al fanatismo religioso, al razzismo
e alla xenofobia?
- B. E.: Non c'e' alcun dubbio che poverta', ingiustizia, ineguaglianza
economica costituiscano terreno fertile per la profonda frustrazione di cui
si nutre il terrorismo. Non potra' esserci sicurezza globale senza che siano
rispettati diritti umani fondamentali come la sicurezza alimentare,
sanitaria, abitativa, e personale. Immaginate se il tempo, la creativita',
i soldi che sono riversati sulla preparazione della guerra contro l'Iraq
fossero utilizzati invece per combattere la poverta'. Altra violenza non
fara' altro che esacerbare l'odio, rinforzare ideologie estremiste, e
portare altri elementi di instabilita' e insicurezza. Noi come chiese
abbiamo la responsabilita' morale e pastorale di contrastare la xenofobia
nei nostri paesi e non alimentare le paure di molti del mondo islamico che
la cosiddetta cristianita' occidentale sia contro la loro cultura, religione
e valori. La maggior parte delle religioni incluso il cristianesimo hanno i
loro fondamentalisti. Quelli fra noi che condividono posizioni moderate e
progressiste dovrebbero cercare concretamente aree comuni per promuovere
pace e giustizia.
- A. M.: Secondo Keith Clements, segretario generale della Conferenza delle
chiese europee, lei rappresenta "quelle chiese negli Stati Uniti che
coraggiosamente testimoniano della pace e si rifiutano di far sventolare la
propria bandiera piu' in alto della croce". Quanto il patriottismo e' un
ostacolo nella lotta per la pace?
- B. E.: Noi riteniamo che sia patriottico portare i nostri principi
cristiani al tavolo nazionale per promuovere la pace e i diritti umani.
Questo e' essere leali verso il nostro paese. Detto questo, noi crediamo,
come cristiani, che in caso di conflitto con le autorita' umane noi dobbiamo
obbedire a Dio piuttosto che alle autorita' umane. Demonizzare gli
avversari, come fa il presidente Bush, nega la loro umanita' e contraddice
il principio cristiano della dignita' di ogni persona".
- A. M.: C'e' un ruolo specifico che come chiese europee possiamo avere per
incoraggiare l'unita' dei cristiani contro l'ideologia di guerra?
- B. E.: Le chiese europee stanno avendo gia' questo ruolo prendendo
posizione contro la guerra. Dopo l'incontro europeo di Berlino del 5
febbraio scorso, nostre delegazioni stanno visitando varie capitali europee:
Parigi (10-11 febbraio), Londra (17-18 febbraio), Roma (25-27 febbraio),
Mosca (3-5 marzo). Uno degli scopi di queste delegazioni e' incontrare i
responsabili governativi, in Germania il cancelliere Schroeder, in Francia
il ministro degli esteri, in Gran Bretagna il primo ministro Tony Blair, in
Russia il presidente Putin, per incoraggiarli a cercare alternative alla
guerra. Stiamo anche cercando di incontrare il presidente Bush. E' molto
importante che insieme, chiese europee ed americane, facciano sentire la
loro voce e facciano sapere che larghi settori delle chiese e del popolo
americano sono contro la guerra.
- A. M.: Quanto e' presente negli Usa l'eredita' spirituale di Martin Luther
King nella lotta per la giustizia con mezzi nonviolenti?
- B. E.: Molto. Il giorno dell'anniversario della nascita di King, il 20
gennaio scorso, c'e' stato un culto di preghiera per la pace e la giustizia
nella cattedrale di Washington. Il tema del culto era ispirato alle parole
che King ha predicato l'ultima domenica prima di essere ucciso quando
lanciava "una sfida alla nazione per trovare alternative alla guerra".
Martin Luther King aveva ragione: la guerra sottrae attenzione e risorse ai
bisogni delle persone impoverite, particolarmente ai bambini. La guerra e'
nemica dei poveri.
5. INIZIATIVE. NORMA BERTULLACELLI: VENT'ANNI E UN'ORA DI LOTTA PER LA PACE
A GENOVA
[Ringraziamo Norma Bertullacelli (per contatti: norma.b@libero.it) per
questo intervento. Norma Bertullacelli, insegnante, amica della nonviolenza,
fa parte della "rete controg8 per la globalizzazione dei diritti" di Genova]
1983 - Genova porto di pace nel Mediterraneo: nell'anno dell'installazione
dei missili nucleari a Comiso un convegno internazionale sancisce la
vocazione di Genova ad essere porto e porta di pace. Le leggi crudeli
sull'immigrazione ed i centri di detenzione temporanela erano ancora
lontani.
1984 - Genova citta' denuclearizzata: oggi non notiamo quasi piu' i cartelli
che definiscono Genova "citta' libera da armi nucleari", ma questa
definizione fu il punto di arrivo di un lungo dibattito, in tempi di guerra
fredda e di deterrenza.
1989 - "Genova non merita la mostra navale bellica", dice l'autorevole
"Rivista Italiana Difesa". I suoi cittadini si sono opposti cosi'
strenuamente per anni all'esposizione di micidiali armi da guerra che la
mostra va spostata altrove. Di fatto, la mostra bellica, come ostentazione
del meglio della produzione navale militare italiana, scompare.
2001 - E' l'anno del g8: i potenti della terra sono costretti a nascondersi
e ad ingabbiarsi nella zona rossa per non essere neppure sfiorati dalle
contestazioni di chi non accetta l'iniquo "ordine" internazionale di cui gli
otto sono autori e custodi.
2002 - L'ipotesi che, nell'anno in cui Genova e' capitale della cultura si
svolga in citta' l'assemblea dei parlamentari della Nato solleva tali
dissensi che l'idea sembrerebbe accantonata.
2003: La sciagurata decisione del governo di mettere a disposizione strade,
porti ed infrastrutture per la guerra di Bush fa balenare l'ipotesi che lo
stesso porto di Genova, quel "porto di pace" della definizione di vent'anni
fa, possa diventare l'ennesima base militare (come se nel nostro paese non
ce ne fossero abbastanza) per i giustizieri statunitensi; coloro che,
nonostante il loro immenso arsenale di armi di distruzione di massa, il muro
che li difende dall'immigrazione, la pena di morte, la mancata ratifica del
protocollo di Kyoto, cercano di far credere al mondo che vogliono "solo"
disarmare un sanguinario dittatore.
L'ora in silenzio per la pace che si svolgera' anche il 19 febbraio, dalle
ore 18 alle 19 sui gradini del palazzo ducale di Genova, ribadira' ancora
una volta l'opposizione alla guerra senza se e senza ma; e ricordera' agli
amministratori ed al governo che se trasformeranno la citta' ed il porto in
una base statunitense lo faranno con la nostra nonviolenta intransigente
opposizione.
6. DOCUMENTI. UNA LETTERA APERTA DI COMUNITA' KURDE E IRACHENE IN ESILIO AL
MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA
[Riceviamo da vari autorevoli amici, e volentieri diffondiamo, questa
lettera aperta, datata 13 febbraio, dei rappresentanti di alcune comunita'
kurde e irachene in Italia (per contatti: ivreaqaladiza@libero.it). Ci preme
sottolineare che le persone che redigono questo foglio sono state gia' in
anni lontani promotrici di iniziative nonviolente contro la dittatura
irachena e contro la fornitura di armi italiane ad essa; lotta per la pace,
lotta contro le dittature, lotta contro il terrorismo e lotta
antimilitarista e per il disarmo sono per noi un'unica lotta]
Alle donne e agli uomini, alle ragazze e ai ragazzi del movimento contro la
guerra
Ai parlamentari, ai partiti, alle amministrazioni locali contro la guerra
*
Siamo contro la guerra senza se e senza ma.
E siamo contro Saddam Hussein senza se e senza ma.
Vorremmo che alla manifestazione del 15 febbraio, e a quelle che seguiranno,
al nostro no senza condizioni alla guerra si aggiungesse finalmente il no
senza condizioni anche a Saddam Hussein.
La pace che invochiamo e che sta scritta sull'arcobaleno delle nostre
bandiere in Iraq ora non c'e', perche' Saddam Hussein da trent'anni opprime
il popolo iracheno con il terrore e la corruzione, il sangue e l'inganno, il
carcere, la tortura e la morte per i suoi oppositori.
Quel Saddam Hussein che, per sterminare il popolo kurdo, non ha esitato a
massacrare migliaia di civili con le armi chimiche ad Halabja e nel Badinan,
a radere al suolo 4.500 centri abitati, a imbottire con 20 milioni di mine
antiuomo il territorio kurdo, a deportare piu' di 500.000 bambini, donne,
uomini, di cui 182.000 desaparecidos, a continuare indisturbato fino ad oggi
l'arabizzazione forzata e la pulizia etnica della regione petrolifera kurda
di Kirkuk.
Quel Saddam Hussein, responsabile di una catastrofe umana e ambientale con
il prosciugamento delle paludi nel sud abitato dagli sciiti, la loro
deportazione a centinaia di migliaia e l'assassinio di decine di migliaia di
essi.
Certo, il dittatore iracheno e' stato armato e sostenuto fino a ieri dai
paesi occidentali e non solo. E allora? La loro complicita' con i criminali
di Baghdad ne diminuisce forse le colpe? Ne fa forse degli innocenti?
Noi non riusciamo a spiegarci perche' il movimento contro la guerra non
abbia ancora detto una parola di condanna dei crimini orrendi del regime
iracheno, non ne abbia preso le distanze, non gli chieda conto delle
terribili sofferenze inflitte al popolo kurdo e iracheno.
Noi non riusciamo a spiegarci perche' un movimento pacifista e nonviolento
rimanga in silenzio di fronte a una delle violenze piu' terribili della
nostra storia.
Se il carnefice diventa vittima, le vittime svaniscono nel nulla. E noi
abbiamo di fronte una grandissima responsabilita', perche' non si puo'
essere solidali con il popolo kurdo e il popolo iracheno senza chiedere che
Saddam Hussein se ne vada.
Noi non crediamo che il movimento contro la guerra, a cui noi apparteniamo,
sia indifferente alle terribili sofferenze inflitte dal dittatore di
Baghdad: ma allora bisogna dirlo forte e chiaro. E bisogna dire forte e
chiaro che fintantoche' il clan di Tikrit rimarra' al potere non vi saranno
ne' diritti, ne' pace, ne' liberta' per i due popoli.
Se oggi c'e' ancora una possibilita' che la guerra non divampi, con tutto il
suo strascico di orrore e di morte, e' quella che Saddam Hussein e i suoi
complici chiedano perdono al popolo kurdo e iracheno di fronte a un
tribunale internazionale che li giudichi per crimini contro l'umanita'.
Questa richiesta non sarebbe un cedimento alla nostra opposizione alla
guerra, anzi, perche' toglierebbe agli Stati Uniti e ai suoi alleati il
maggiore pretesto per cercare di sconfiggere il terrorismo con le armi.
L'amore per la pace che tutti condividiamo non puo' essere barattato con
l'amore per la giustizia e la liberta'.
*
per la Comunita' kurdo-irachena in Italia - Davide Issamadin
per la Comunita' araba irachena - Abulilla Sahlan
per le Comunita' assirobabilonese e cristiana - Sami Chachan
per le Associazioni di solidarieta' con il popolo kurdo - Graziella Bronzini
*
Allegato: A chi ha stretto la mano a Tarik Aziz
Mentre le nostre comunita' erano riunite per ultimare la lettera aperta al
movimento contro la guerra, abbiamo visto scorrere alla televisione le
immagini disgustose dell'accoglienza a Tarik Aziz, uno dei maggiori
criminali responsabili degli eccidi del popolo iracheno, citati nella
lettera suddetta.
Quelle immagini ci hanno mortificato profondamente e riempito di sdegno,
perche' le mani che hanno stretto le mani di Tarik Aziz sono quelle che
meglio conoscono il dramma del popolo iracheno, a cui in piu' occasioni
hanno espresso solidarieta'.
Noi, che siamo le vere vittime di quelle mani grondanti di sangue innocente,
facciamo fatica a pensare, pur essendo contrari alla guerra sia per una
scelta di principio, che per amore della vita e della liberta', che un
criminale come Tarik Aziz sia accolto ed ascoltato come messaggero di una
pace possibile in Iraq, che lasci al suo posto il regime terrorista di
Saddam Hussein. E scusateci se ci viene da credere che i valori di
democrazia e di liberta' che cosi' strenuamente difendete vi siano cari solo
quando riguardano voi.
7. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: UNA SINTESI DI EMILIA FERREIRO E ANA
TEBEROSKY, "LA COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA NEL BAMBINO", 1985 - ED. OR.
1979 - (PARTE PRIMA)
[Proseguiamo la pubblicazione di una serie di schede bibliografiche curate
da Maria Luigia Casieri relative all'opera di Emilia Ferreiro. Maria Luigia
Casieri insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali
collaboratrici di questo foglio. Emilia Ferreiro, argentina, docente in
Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del
processi di alfabetizzazione, e' di fondamentale importanza il suo
contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da
parte dei bambini. Tra le opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo
l'ormai classico volume scritto insieme ad Ana Teberosky, La costruzione
della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Ana Teberosky,
docente in varie universita', ha collaborato con Emilia Ferreiro al volume
sopra citato, ed ha condotto numerose altre ricerche; un suo lavoro condotto
nell'ambito dell'Imipae di Barcellona e' in Emilia Ferreiro, Margarita Gomez
Palacio (a cura di), Nuevas perspectivas sobre los procesos de lectura y
escritura, Siglo veintiuno editores, Mexico 1982, 2000]
Data di edizione: 1985 (e' naturalmente la data dell'edizione italiana,
l'edizione originale spagnola e' del 1979). Tipo di documento: Libro.
Titolo: La costruzione della lingua scritta nel bambino. Altri autori: Ana
Teberosky, coautrice. Luogo di edizione: Firenze. Casa editrice: Giunti
Barbera. Pagine: XXII-349. Fonte: Attivita' di ricerca condotta a Buenos
Aires dal 1974 al 1976. Lingua: Italiano. ISBN: 88-09-20058-6. Collana:
Orientamenti della psicologia moderna. Altre versioni: Titolo originale: Los
sistemas de escritura en el desarrollo del nino, Siglo XXI Editores, Mexico
D. F., 1979, 1982; traduzione inglese: Literacy Bifore Schooling, Heinemann,
Exeter y Londres, 1982; traduzione portoghese: Psicogenese da Lingua
Escrita, Artes Medicas, Porto Alegre 1986.
*
Abstract
L'edizione italiana e' curata da Clotilde Pontecorvo e Grazia Noce
(corredata di propri riferimenti bibliografici), con la prefazione di
Hermine Sinclaire.
Il testo si riferisce alle ricerche avviate nel 1974, 1975, 1976 a Buenos
Aires, rappresenta l'opera fondamentale delle autrici ed ha costituito una
svolta e uno spartiacque nell'approccio alla letto-scrittura.
Il testo espone in modo sistematico la ricerca condotta dalle autrici per
far emergere la concettualizzazione spontanea del sistema di
rappresentazione alfabetica della lingua da parte dei bambini non
alfabetizzati e l'esistenza di tappe psicogenetiche di sviluppo, applicando
il metodo di Piaget (clinico-critico) ad un ambito di contenuti da lui non
esplorato.
L'importanza del lavoro e' anche centrata sul superamento di un approccio
alla problematica di tipo riduzionista, in quanto sottrae la dinamica
dell'apprendimento della lingua scritta alla sua mera dimensione tecnica,
percettivo-motoria e di tipo associazionista, per ricondurla in una
dimensione di tipo costruttivista, in cui viene riconosciuto al bambino un
ruolo di elaborazione teorica (in un incessante processo di costruzione di
ipotesi e verifica) in cui le competenze cognitive, linguistiche e culturali
assumono rilievo e spessore (dalle aspettative semantiche e sintattiche alla
conoscenza dei requisiti formali della lingua scritta, alla conoscenza di
diversi stili, registri linguistici, funzioni della scrittura e dei tipi di
testo).
Nel libro vengono dettagliatamente esposte ed esemplificate le tappe di
sviluppo relative alla lettura di parole, di frasi con e senza immagini,
alle scritture spontanee. Viene inoltre esplorata la concettualizzazione dei
bambini in riferimento agli aspetti formali del grafismo (lettere, numeri e
segni di interpunzione) e agli atti di lettura. Vengono anche evidenziate le
differenze di strategie cognitive utilizzate da bambini che abbiano subito
una forma di addestramento alla lettura tale da prescindere o confliggere
con le concettualizzazioni spontanee dei bambini e delle bambine,
particolarmente in ordine al fenomeno della separazione del significato dal
"decifrato".
Si assume e si dimostra che scrivere non e' copiare e leggere non e'
decifrare.
*
Sintesi
* Presentazione
Utile la presentazione di Pontecorvo e Noce e la bibliografia indicata.
Temi e autori citati:
1. relazione filogenesi-ontogenesi: Gelb ("storia della scrittura", p. VII),
Havelock ("storia dell'alfabetismo" e delle sue relazioni con il pensiero
filosofico e scientifico, p. VII), Petrucci (storia dell'alfabetismo e delle
modalita' di diffusione della scrittura, p. VII);
2. cosa vuol dire saper leggere: Smith ("integrazione di informazioni visive
e non visive", coinvolgimento di competenze linguistiche, p. X), Foucambert
(lettura come "selezione di informazioni per la costruzione di un
significato", p. X);
3. ruolo del contesto nella costruzione del significato: Piaget e Garcia, p.
X;
4. aspetti strutturali e funzionali su cui si esercita l'attivita'
conoscitiva del bambino (schemi anticipatori relativi a struttura, funzioni,
contenuti dei diversi tipi di testo);
5. dimensione sistemica del codice e ricerca di regolarita';
6. apprendimento come processo cognitivo piu' che percettivo;
7. lettura e scrittura come processo geneticamente unitario: vs Chomsky C.
(preminenza della scrittura sulla lettura nel ruolo delle strategie di
percezione) e Bissex (costruzione di un sistema ortografico inventato),
Mialaret (preminenza del processo di comprensione sulla produzione), pp.
XIII-XIV;
8. metodo clinico-critico e ruolo del conflitto e dell'errore: vs reading
readiness: Coltheart (tests di maturita' di lettura, p. XIV);
9. similitudine tra processo di costruzione del bambino e del progresso
scientifico: Bachelard (concetto di "progresso scientifico" come
"approssimazione continua all'oggetto, dove ogni acquisizione richiede la
negazione delle precedenti", p. XV);
10. scrittura come non trascrizione fonetica della lingua parlata.
Importante l'indicazione delle successive piste di ricerca (pp. XVIII-XIX):
le opere citate in bibliografia con riferimento ai seguenti ambiti vanno
conosciute integralmente.
a) ambito "sociale e operativo":
- il testo presentato si concentra sulla comprensione delle "tappe evolutive
comuni", nel raffronto tra diverse classi sociali d'appartenenza;
- la successiva pista di lavoro ha esteso la ricerca ad altri contesti
linguistici: inglese, francese, catalano, ebraico, italiano;
- ricerca longitudinale in situazioni di successo e insuccesso scolastico
(Ferreiro E., M. Gomez-Palacio M., Analisis de las Perturbaciones en el
Proceso de Aprendizaje de la Lecto-Escritura, SEP.OEA, Mexico 1982, voll.
5);
- "interferenza tra livelli di partenza e intervento didattico" (Pontecorvo
C., Figure, scritture, numeri. Un problema di simbolizzazione, 1984);
- fasi successive dell'apprendimento della scrittura: problemi ortografici
(Ferreiro, E., Pontecorvo C., Zucchermaglio C., Doppie o dopie? Come i
bambini interpretano le duplicazioni di lettere, "Eta' evolutiva", n. 27,
Italia, pp. 24-38. 1987);
- elaborazione di idonea "strumentazione didattica" (Lerner de Zunino).
b) ambito teorico:
- effetti della "consapevolezza metalinguistica" (Olson) sul linguaggio
parlato relativamente al passaggio al sillabico;
- approfondimento longitudinale dei "modi di differenziazione" tra le
scritture di diverse parole nel passaggio dal presillabico al sillabico
(Ferreiro, E., "The interplay between information and assimilation in
beginning literacy", in W. Teale y E. Sulzby (eds.), Emergent Literacy,
Ablex, Norwood, Usa 1986, pp. 15-49;
- approfondimento della fase iniziale di differenziazione tra disegno e
scrittura (Sinclaire, in Ferreiro E., Gomez Palacio M. (eds.), Nuevas
perspectivas sobre los procesos de lectura y escritura, Siglo XXI, Mexico
1982, p. 354).
* Prefazione di Hermine Sinclaire
Indica due elementi di continuita' con Piaget:
1. l'"acquisizione della conoscenza basata sull'attivita' del soggetto in
interazione con l'oggetto di conoscenza";
2. il metodo di indagine basato sul dialogo.
* Nota preliminare delle autrici
Indica oltre all'avvio del lavoro a Buenos Aires nel '74, i nomi dei
ricercatori che hanno collaborato: Susana Fernandez; Ana Maria Kaufman;
Alicia Lenzi; Liliana Tolchinsky.
* Introduzione
Le autrici presentano la situazione dell'alfabetizzazione in America Latina
utilizzando come fonte le ricerche e le pubblicazioni dell'Unesco e
analizzando e ridefinendo i fenomeni comunemente denominati come
"assenteismo", "ripetenza" e "abbandono" o "diserzione scolastica" come
"selezione sociale ed espulsione occulta".
Quindi si procede con una essenziale presentazione dei metodi tradizionali
di insegnamento della lettura, complessivamente criticati per il loro
approccio associazionistico, basato su e riferito a teorie
dell'apprendimento di tipo comportamentistico e per l'interesse dominante
sulla dimensione percettiva a scapito delle competenze linguistiche e delle
capacita' cognitive.
Autori citati: Mialaret e Braslavsky, per una presentazione piu'
approfondita dei diversi metodi; Leonard Bloomfield, come linguista che ha
rinforzato la concezione associazionistica dell'apprendimento della lettura;
Decroly, come riferimento del metodo analitico.
Segue, nel terzo paragrafo, una sintetica panoramica dell'evoluzione della
psicolinguistica contemporanea, caratterizzata dal passaggio da una
prevalente attenzione al lessico ad una focalizzazione sulla sintassi
(riferimento a Slobin per una presentazione panoramica).
Anche qui si evidenzia, nell'ambito dell'apprendimento del linguaggio, il
superamento di una prospettiva associazionistica basata sui due principi
dell'imitazione e del rinforzo selettivo, insufficiente a spiegare il
fenomeno della regolarizzazione dei verbi irregolari, spontaneamente
prodotta dai bambini nel processo di apprendimento della lingua che risulta
quindi caratterizzato dalla ricerca di regolarita'. Specularmente alle
modalita' del suo apprendimento, e reciprocamente, la lingua e' costituita
non solo dal lessico, (che puo' essere appreso per via imitativa) ma da un
insieme di regole (che vengono apprese attraverso la capacita' di costruire
ipotesi e controllarne l'efficacia, nell'atto attivo di costruzione di una
propria grammatica).
Su questa dimensione viene fatto esplicito riferimento fondante a Chomsky,
per il ruolo centrale assunto dalla sintassi nella costituzione della lingua
(grammatica generativa trasformazionale e le strutture della sintassi), e a
Piaget (paragrafo quarto) per quanto riguarda le modalita' di apprendimento
e quindi il ruolo attivo del "soggetto conoscente" e l'efficacia della sua
"teoria generale dei processi di acquisizione della conoscenza".
Viene focalizzata la corrispondenza tra la dimensione sistemica della lingua
e del sistema di rappresentazione della scrittura e la dimensione sistemica
dei processi di ristrutturazione cognitiva messi in atto dai bambini; "la
relazione tra la lingua parlata e l'apprendimento della lettura"
(riferimenti a: Kavanagh-Mattingly, Goodman, Smith, Read, Chomsky C.) per
cui si allude ad analogo rapporto tra quello che Chomsky ha definito come
competence e performance, in quanto non si puo' prescindere dalle conoscenze
gia' possedute sulla lingua (pag. 20). Tuttavia, e' sulla base di una
tradizionalmente presupposta analogia tra quanto avviene nell'apprendimento
del linguaggio e quanto avviene nell'apprendimento della lettura e della
scrittura che l'impatto di Chomsky e' particolarmente rilevante: per la sua
analisi sul funzionamento della lingua con riferimento all'esistenza di un
sistema di regole senza il quale un insieme lessicale non e' ancora un
linguaggio e per l'evidenziazione della struttura degli enunciati che sembra
caratterizzare una delle fasi di elaborazione concettuale sul funzionamento
del linguaggio scritto nei bambini.
Viene inoltre messo in evidenza il ruolo costruttivo di quelli che, da un
inconsapevole punto di vista adulto possono sembrare "errori", mentre ad uno
sguardo piu' attento risultano essere fasi successive di globali
ristrutturazioni cognitive. Di qui il ruolo del "conflitto cognitivo" per
procedere nella conoscenza, che si verifica "quando la presenza di un
oggetto di conoscenza non assimilabile costringe il soggetto a modificare i
suoi schemi assimilatori, ossia a compiere uno sforzo di accomodamento
tendente ad incorporare cio' che risultava non assimilabile (e che,
tecnicamente, costituisce una perturbazione)" (pag. 29). Si afferma che "il
ruolo delle teorie scientifiche e' esattamente parallelo a quello degli
schemi assimilatori" e che da questi si determinano le condizioni per cui un
oggetto e' o meno "osservabile per un soggetto, nella misura in cui disponga
di idonei "schemi interpretativi".
Rispetto agli autori citati che hanno operato nell'esigenza di "una totale
revisione delle nostre idee sull'apprendimento della lingua scritta a
partire dalle scoperte della psicolinguistica contemporanea", si rivendica
come contributo di originalita' il fatto di essere "i primi a vincolare
questa prospettiva allo sviluppo cognitivo, cosi' come e' interpretato nella
teoria dell'intelligenza di Piaget".
Nel testo viene, tra l'altro, evidenziata l'inadeguatezza di studi che
tendono a spiegare la complessita' dell'apprendimento della lingua scritta
con l'individuazione di correlazioni tra un "buon apprendimento della lingua
scritta" ed "elenchi di attitudini", come pure l'insensatezza
dell'identificazione del metodo di insegnamento con l'attivita' di
costruzione dell'apprendimento intrapresa dal soggetto.
Il capitolo si conclude con la presentazione delle modalita' generali di
realizzazione delle indagini realizzate che sono caratterizzate
dall'assunzione di un punto di vista epistemologico che coniuga la
prospettiva della "psicolinguistica contemporanea", come riferimento
all'"analisi dell'oggetto di conoscenza", con la prospettiva della
"psicologia genetica", come riferimento ad "una concezione della natura
della conoscenza" (pag. 31).
Si supera come insufficiente il principio "che per l'apprendimento esiste
una maturazione e che questa consiste in una serie di abilita' specifiche
che possono essere misurate attraverso comportamenti osservabili" (ibidem).
Pertanto piu' che "misurare la performance di un bambino in un momento dato
del suo apprendimento" (ibidem), si mira a far emergere la natura dei
processi messi in atto nella costruzione della conoscenza sul sistema di
rappresentazione della lingua scritta, i contenuti delle ipotesi elaborate
dai bambini e l'emergere di diversi livelli di concettualizzazione.
Vengono indicati i principi base del disegno sperimentale:
a) non identificare la lettura con la decifrazione;
b) non identificare la scrittura con la copia di un modello;
c) non identificare i progressi nella concettualizzazione con gli
avanzamenti nella decifrazione o nell'esattezza del copiato.
La situazione sperimentale era caratterizzata dai seguenti elementi:
- "interazione tra il soggetto e l'oggetto di conoscenza" con richieste o
"di interpretazione del codice alfabetico" o di "produzione grafica";
- intervista basata sul "metodo clinico" o "metodo di esplorazione critica",
con introduzione di "elementi almeno potenzialmente conflittuali".
L'analisi dei risultati e' di tipo qualitativo.
Vengono indicate le caratteristiche del campione, il contesto scolastico e
le caratteristiche delle modalita' di insegnamento, la provenienza sociale
del campione e la sua pregressa esperienza scolastica, i tempi e i modi di
somministrazione delle prove (pp. 34-38).
Qui evidenziamo solo che la prima indagine fu compiuta con 30 bambini di
classe sociale bassa perche' quelli piu' esposti all'insuccesso scolastico e
presumibilmente in fase iniziale nell'apprendimento della lingua scritta in
quanto meno sollecitati nell'ambiente familiare prima dell'ingresso nella
scuola.
La seconda ricerca e' composta da due campioni di bambini di eta' compresa
tra i 4 e i 6 anni appartenenti rispettivamente a classe sociale bassa e
media, al fine di consentire una comparazione tra gli esiti ottenuti dai
soggetti appartenenti alle due diverse classi sociali.
Il testo prosegue con l'esposizione dei risultati ottenuti e delle prove
utilizzate, offerti all'interno di un tessuto argomentativo ricco e
documentato attraverso ampi stralci delle interviste.
Proseguiamo con una sintesi su quanto emerge in relazione alle tappe di
sviluppo della concettualizzazione della lingua scritta.
(1. Continua)
8. INFORMAZIONE. AGGIORNAMENTO DEL "COS IN RETE"
[Dall'"Associazione nazionale amici di Aldo Capitini" (per contatti: e-mail:
capitini@tiscalinet.it; sito: www.cosinrete.it) riceviamo e diffondiamo]
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di febbraio 2003 del "C.O.S. in
rete", www.cosinrete.it, una selezione critica di alcuni riferimenti trovati
sulla stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace,
partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta,
educazione aperta, antifascismo; tra cui: Messa e rock; Guerra e
rivoluzione; Dewey e Capitini; Meglio se insieme; Schiacciati dalla guerra;
Una novita' storica; Nonviolenza irreversibile; Capitini e Rodota';
L'ignoranza per scelta; Noi elettori di Sharon; Le vergogne nascoste; Armi
in casa e nonviolenza; Le guerre cavalleresche; Movimenti, partecipazione e
potere di tutti; ed altro ancora.
Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale
sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al
"C.O.S. in rete" e' libera e aperta a tutti.
9. ARCHIVI DELLA DISOBBEDIENZA CIVILE. LORENZO MILANI: "LA PIU' SUBDOLA
DELLE TENTAZIONI"
[Chi non ricorda queste parole? Sono nella Lettera ai giudici del 18 ottobre
1965 del priore di Barbiana, poi raccolta con altri atti del processo ne
L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lef, Firenze (ma il libro e' stato
pubblicato anche da altri editori). Lorenzo Milani nacque a Firenze nel
1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato
prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una
scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria,
senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a
Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958
pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera'
il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari
da cui derivera' il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non
e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga malattia nel 1967: era appena
uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione
come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi,
l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina
i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di
grande valore. Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana:
Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lettera a una
professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina
(Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo
Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e
sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata,
Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi
sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa
ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la ripubblicazione di vari
testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha
recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e
carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Opere su
Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita
del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993;
Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano
1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto,
Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani,
Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef,
Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di
documentazione di Pistoia, 1993. Un repertorio bibliografico sintetico e' in
Peppe Sini, Don Milani e l'educazione alla pace, Centro di ricerca per la
pace, Viterbo 1998. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di
"Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don
Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste del lavoro",
n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don Milani di
Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, Edizioni cultura della
pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico
don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani
tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze
1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte,
Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di
Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani,
Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo
Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002;
Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia
critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano
2002]
A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi,
dell'assassinio di sei milioni di ebrei rispondera' solo Hitler. Ma Hitler
era irresponsabile perche' pazzo. Dunque quel delitto non e' mai avvenuto
perche' non ha autore.
C'e' un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole.
Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui
l'obbedienza non e' ormai piu' una virtu', ma la piu' subdola delle
tentazioni, che non credano di potersene far scudo ne' davanti agli uomini
ne' davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di
tutto.
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 512 del 19 febbraio 2003