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Op Colomba: Quotidianità dalla Striscia di Gaza



Dal diario di Piergiorgio
 
Qararah , Striscia di Gaza 10 febbraio 2003
Ciao a tutti,
dopo il mia arrivo a Tel Aviv con conseguente interrogatorio sulla mia presenza in Israele da parte della polizia di frontiera, e dopo 3 giorni di sosta a Gerusalemme, eccomi a destinazione con l'Operazione Colomba, corpo civile di pace nonviolento della Associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini.
Siamo qui per condividere la vita delle persone semplici, specialmente le più povere, in questa situazione di conflitto in cui in un semplice tardo pomeriggio un bambino può morire per una pallottola vagante sparata da un insediamento di coloni (3 giorni fa nella città di Kahn Younis). Oggi abbiamo visitato il quartiere di Zaitun, nella città di Gaza. Circa 15 giorni fa (come riportato anche dai telegiornali italiani) l'esercito israeliano è entrato di notte facendo almeno 12 morti e distruggendo, dicono, almeno 2 luoghi di produzioni di missili palestinesi (!!!mah?!). Quello che si vede sono palazzi demoliti, perché sotto c'erano due officine meccaniche, una di elettrauto. Altre case abbattute perché appartenenti alla famiglia di un disperato che si è fatto saltare. Ogni famiglia conta diverse persone(anche più dio 10) che ora non hanno più casa.
Può servire a qualcosa una rappresaglia di questo tipo che perdura da 2 anni? Può servire distruggere i pullman che si trovavano lungo la strada, e sparare con i tanks ai negozi del mercato? Eppure poteva andare anche peggio...già perché comunque la piccola bella notizia di oggi è che due ufficiali che comandavano i soldati si sono rifiutati di condurre l'azione fino agli ultimi obiettivi, cioè entrare fino al centro città finora inviolato. Certo non è forse bellissima come notizia, ma dice che qualcuno pensa prima di eseguire tutti gli ordini, forse qualcuno che in futuro si aggiungerà agli oltre 530 riservisti dell'esercito che rifiutano pubblicamente di servire l'occupazione militare dei territori palestinesi che dura dal 1967
 
 
 
Qararah , Striscia di Gaza 14 febbraio 2003
Ciao a tutti,
Qua siamo ancora nel “Natale musulmano”, però internet point aperto. Strade piene di bambini perché scuole ancora chiuse. Soliti spari dai check point, a volte in aria a volte noi, ma per fortuna non prendono nessuno almeno in questi giorni. Breve riassunto della normalità di questi giorni
4 giorni fa auto suicida ad Abu Holi, 3 palestinesi morti di cui uno di 14 e un altro di 15. La gente li definisce pazzi. Giorno seguente, un palestinese alle 21 circa di notte ha lanciato due bombe a mano verso l’insediamento qua a fianco (Gush Katif) Obbiettivo spaventare i coloni, al fine di convincerli ad andarsene (!!!). Subito caccia all’uomo dei soldati con impiego, oltre che di soldati a terra, anche di elicotteri. Lo hanno ucciso con questi ultimi perché si era steso a terra e dalle jeep non riuscivano a colpirlo. La gente dice che si sta diventando matti..”He is crazy!”.
Mattino seguente: due palestinesi scavavano sotto la recinzione dell’insediamento di Netzarim con l’intento di entrare. Scoperti dai soldati uno viene ucciso sul posto l’altro prigioniero. Lo stesso giorno il check point di Abu Holi è stato chiuso dalle 13 alle 19.30 tenendo bloccate circa 2000 persone che dovevano andare a Gaza city per le festività in famiglia ed altrettante che da Gaza city andavano a Kahn Younis. Dentro a questi fatti di cronaca rimane la sofferenza giornaliera della gente, la paura degli spari a poche centinaia di metri da casa, la disperazione che aumenta a causa del fatto che non pere esserci nessuna prospettiva di fine di questa fase di conflitto molto aspra che dura dal settembre 2000.
In questi giorni siamo andati a trovare alcune famiglie che vivono a ridosso degli insediamenti (anche a soli 10 metri di distanza dal muro di cemento e torrette che lo delimitano).Ogni 25 giorni i soldati di guardia cambiano. Cosi si può avere 1 mese di sofferenza o di tranquillità a seconda della bontà di questi. Spesso sono più i momenti di paura, spari sulla casa, perquisizioni notturne,distruzione della terra coltivata che confina con l’insediamento. Con queste azioni, poi, si allarga lentamente il confine dell’insediamento e della frontiera con Israele.
L’incontro con A. e avvenuto ieri. Con lui siamo andati a vedere il suo appezzamento di terreno (almeno 2 ettari) che il mese scorso è stato distrutto dai buldozer e dai carri armati, qua a Qararah. Ulivi sepolti nella terra, un grande deserto segnato solo dai cingoli. Il contrasto con i campi vicini totalmente verdi fa impressione, pochi giorni prima era verde anche li. Ora e senza vita. In mezzo la casa che A. ha abbandonato gia nel 2000 per i troppi spari dei soldati dal confine a soli 500 metri di distanza, sul tetto della casa sventola una inutile bandiera bianca. A. mi mostra l’ulivo che piantò lui quando aveva 8 anni...quando aveva otto anni. Ora ne ha più di 50. Il destino ha lasciato questo ulivo in bilico tra la parte distrutta e quella ancora verde. Metà radici al cielo, metà in terra. Sbilanciato verso la campagna ancora verde. Raccolgo una foglia da questo albero e la premo al cuore in segno di rispetto per il dolore di A. Quell’albero mezzo vivo e mezzo morto. Un simbolo della Palestina di oggi in bilico tra la disperazione e la speranza.
Prima di lasciare il posto A. ci regala un pò di salvia, “marmaria” come la chiamano nella Striscia di Gaza, usa metterla nel tè come quello che offrono all’internet point in segno di ospitalità...quell’ospitalità che in occidente abbiamo dimenticato.
Poco dopo aver lasciato il campo, si vedono due tank che percorrono a tutta velocità il tragitto che abbiamo appena percorso. A ribadire a tutti che non saranno certo 5 occidentali a fermarli.
Un saluto di pace a tutti.
Shalom Salam
Piergiorgio