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lettera aperta alle parlamentari e ai parlamentari firmatari di appelli per la pace



Lettera aperta alle parlamentari e ai parlamentari che hanno sottoscritto 
appelli per la pace



Se non ora, quando?











Care colleghe, cari colleghi,







      vi domando e mi domando: quando, se non ora, chi siede in Parlamento 
ed è contrario alla guerra deve far sentire la propria voce per chiedere 
che, finalmente col voto del Parlamento, si definisca un quadro certo di 
orientamenti, scelte, responsabilità del nostro Paese? Che finisca così 
finalmente l’osceno balletto del governo? I suoi esponenti non fanno che 
ripetere che è meglio la pace ma intanto legittimano l’aggressione militare 
statunitense, costruendo passo dopo passo il coinvolgimento del nostro 
Paese nella guerra contro l’Iraq e nel consenso alla guerra preventiva. Non 
sono forse scelte in tale direzione le autorizzazioni della Difesa ai 
sorvoli, la concessione delle basi, le promesse per future presenze 
italiane nel protettorato a stelle e strisce che subentrerà al regime di 
Saddam Hussein? E non è sempre più chiaro che l’Italia concorre alla guerra 
in Iraq anche alleggerendo, con l’invio dei mille alpini, l’impegno 
angloamericano in Afghanistan?



       La campagna bellicistica di Bush sta precipitando nella fase finale. 
Mentre sul set della diplomazia si recitano le ultime battute di soggetti 
ormai svuotati di qualsiasi capacità e forza decisionale – a cominciare 
purtroppo dall’Onu - l’Amministrazione Bush ci informa passo passo dei 
preparativi, delle tappe, dei modi, finanche della quantità di micidiali 
ordigni di morte che verranno sganciati su quell’infelice Paese. Nel 
conto,vittime civili innanzitutto, ovviamente,  come è nella peggiore 
storia militare degli USA.

      Apprendiamo da un’informatissima stampa statunitense  che neanche i 
siti archeologici irakeni, quelli della mitica Mesopotamia, culla di ogni 
umana civiltà, verranno risparmiati. Non c’è da meravigliarsene: Bush si è 
sottratto al protocollo di Kyoto, giudica superflua la presenza delle 
grandi foreste nord americane, la sua sfrenatezza ideologica di dominio non 
ha confini. Niente si deve opporre e la guerra serve a questo.

Giovedì il premier Berlusconi, dopo essersi recato in pellegrinaggio a 
Washington e aver ricevuto istruzioni e raccomandazioni per l’uso, riferirà 
alla Camera. Al Senato ha già riferito il ministro degli Esteri Frattini e 
il ministro Martino ha esternato in continuazione in questi mesi, 
guadagnandosi l’alta stima del presidente Bush, che  addirittura lo vuole 
al comando della Nato.



      Che cosa c’è ancora da aspettare a che il Parlamento faccia il suo 
dovere stabilendo col voto che cosa il governo deve fare. Così ognuno si 
assumerà le proprie responsabilità. L’ipocrisia dell’attesa degli eventi, 
mentre si allarga a dismisura la politica dei fatti compiuti e l’Italia 
viene fatta  arruolare in prima fila tra i Paesi europei pasdaran della 
guerra, costituisce la peggiore offesa che si possa fare a quanti e quante 
in questi mesi si sono impegnati contro la guerra e per la pace.



      Quando se non ora dobbiamo ricordare al governo  che è ancora il 
vigore l’articolo 11 della Costituzione italiana?



      Oggi questo significa per noi, no alla guerra senza se e senza ma.







Elettra Deiana.