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TV, preservativo antiemozioni (in caso di guerra)



Blair ha idea dell’aspetto delle mosche che si alimentano dei cadaveri?

di Robert Fisk

The Independent  26-1-2003

Tradotto in italiano da GC


Sulla strada di Bassora la catena ITV filmava i cani selvatici che facevano 
a pezzi i cadaveri dei morti iracheni. Ogni pochi secondi una bestia 
affamata strappava un braccio in decomposizione e si allontanava nel 
deserto davanti a noi, trascinando nella sabbia le dita inerti di una 
manica di militare carbonizzata.
“E’ per l’archivio” mi disse il cameramen. Ovviamente. La ITV non ha mai 
mostrato quelle riprese. Le cose che vediamo  la sporcizia e l’oscenità dei 
cadaveri  non può essere mostrata. In primo luogo perché non è 
“conveniente” mostrare la realtà nei programmi di televisione all’ora di 
pranzo. In secondo luogo, se quello che noi abbiamo visto fosse stato 
mostrato in televisione, nessuno avrebbe mai più appoggiato una guerra.

Naturalmente, questo è successo nel 1991. La chiamavano “l’autostrada della 
morte. In realtà ce n’era un’altra, molto peggiore, 10 miglia verso est, 
cortesia dell’aviazione statunitense e della RAF, che non fu filmata da 
nessuno. L’unica foto reale degli orrori che presenziammo fu la fotografia 
incartapecorita di un soldato iraqueno che giaceva carbonizzato nel suo 
camion. Era una specie di illustrazione iconica che rifletteva 
efficacemente quello che vedemmo.

Perché i caduti iraqueni apparissero in televisione durante quella guerra 
era necessario che fossero morti con attenzione, che fossero caduti 
romanticamente su di una spalla, con una mano che si coprisse il volto 
fatto a pezzi. Come nei quadri della prima guerra mondiale che 
rappresentano i caduti britannici sulle Somme, gli iraqueni dovevano morire 
di forma benigna e senza ferite evidenti, senza nessun segno di sporcizia, 
senza nessuna traccia di merda, di muco, di sangue, se volevano apparire 
nei telegiornali.

Questo stratagemma mi fa impazzire. A Qana, nel 1996, quando gli israeliani 
bombardarono per 17 minuti i rifugiati palestinesi dentro il recinto 
dell’ONU e uccisero 106 civili  più della metà bambini  mi incrociai con 
una ragazza che portava tra le braccia un uomo di mezza età. L’uomo era 
morto. “Il mio papà, il mio papà”, gridava senza smettere, carezzandogli il 
viso. All’uomo mancavano un braccio ed una gamba  gli israeliani usavano 
bombe specifiche per amputare gli arti. Ma quando questa scena arrivò alle 
televisioni in Europa ed America la telecamera mostrò solo un primo piano 
della ragazza e del volto dell’uomo. Le amputazioni non si videro da 
nessuna parte. La causa della morte dell’uomo fu eliminata in nome del buon 
gusto. Era come se l’uomo avesse semplicemente appoggiato la testa sulla 
spalla della figlia per morire in pace.

Oggi, quando ascolto le minacce di George Bush contro l’Iraq e gli striduli 
ammonimenti moraleggianti di Tony Blair, mi domando che cosa sappiano di 
questa realtà. George  che evitò di servire il suo paese in Vietnam, ha 
idea dell’odore che emanano questi cadaveri? E Tony, ha la più pallida idea 
di come sono le mosche, gli enormi mosconi che si alimentano dei morti in 
Medio Oriente e si posano poi sulle nostre facce? I soldati lo sanno. 
Ricordo un ufficiale britannico che chiese alla BBC che gli lasciassero 
usare il telefono satellitare dopo la liberazione del Kuwait nel 1991. 
Stava parlando alla sua famiglia in Inghilterra e io lo osservavo. “Ho 
visto cose terribili”, disse. E immediatamente crollò, cadendo in 
singhiozzi e tremando mentre il telefono pendeva dalla sua mano. La sua 
famiglia ebbe la più pallida idea di cosa stesse parlando? Non lo avrebbe 
compreso guardando la tv.

E’ solo così che possiamo sopportare la prospettiva di una guerra. Le 
nostre gloriose e patriottiche popolazioni  anche se solo il 20% appoggia 
questa pazzia iraquena  è stata preservata dalla realtà delle morti 
violente. Però mi colpiscono il numero di lettere che ricevo da veterani 
della II Guerra Mondiale con il loro indimenticabile ricordo di membra 
strappate e sofferenza, manifestandosi unanimemente contro questa nuova 
guerra iraquena.

Ricordo di aver visto in Iran un uomo ferito con un pezzo di acciaio nel 
braccio che gridava come un animale  che è quello che siamo tutti  prima di 
cadere morto; e il bambino palestinese che semplicemente crollò davanti a 
me quando un soldato israeliano lo uccise in forma completamente gratuita, 
fredda e criminale per aver lanciato una pietra; e l’israeliano dallo 
stomaco del quale usciva la gamba di una sedia, fuori da una pizzeria di 
Gerusalemme, quando un uomo bomba palestinese decise di uccidere le 
famiglie che vi si trovavano; e le pile di cadaveri iraqueni della 
battaglia di Dezful durante la guarra Iran-Iraq, e il fetore dei corpi 
galleggiando fino al nostro elicottero e provocò l’indisposizione dei 
mullah a bordo; e il ragazzo che mi mostrò lo spesso e scuro rivo di sangue 
della sua bambina nella periferia di Algeri, sgozzata dagli “islamisti”.


Ma George Bush e Tony Blair e Dick Cheney e Jack Straw e tutti gli altri 
piccoli guerrieri che ci stanno abbindolando a questa guerra non pensano a 
queste vili immagini. Per loro si tratta di attacchi chirurgici, danni 
collaterali e tutti gli altri mendaci eufemismi della guerra. Sarà una 
guerra giusta, libereremo il popolo dell’Iraq  ammazzandone alcuni 
ovviamente  daremo loro la democrazia, proteggeremo la loro ricchezza 
petrolifera ed organizzeremo processi per i criminali di guerra. Saremo 
perfettamente morali e vedremo in televisione i nostri “esperti” di difesa 
in giacca e cravatta e senza sangue e la loro sorprendente erudizione su 
armi che calcinano teste.

Adesso che ci penso, ricordo la testa di un rifugiato albanese tagliata 
pulitamente quando gli statunitensi, sempre per sbaglio, bombardarono nel 
1999 un convoglio di rifugiati in Kossovo pensando si trattasse di un’unità 
serba. La testa dell’albanese giaceva nell’erba alta, con la sua barba, i 
suoi occhi aperti, tagliata come da un boia del tempo dei Tudor. Mesi dopo 
seppi il suo nome e parlai con la bambina che era stata colpita dalla testa 
tagliata durante l’attacco aereo statunitense e che l’aveva depositata con 
reverenza sull’erba dove la incontrai. La NATO, ovviamente, non presentò le 
sue scuse alla famiglia. E neanche si scusò con la bambina. Nessuno si 
scusa dopo una guerra. Nessuno ammette l’autentica realtà della guerra. 
Nessuno ti mostra quello che noi inviati vediamo. Così che i nostri leader 
e dirigenti possono continuare a convincerci  per ora  dei buoni motivi per 
cui andiamo in guerra.