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COMMENTO: la dittatura dello stato di fatto
Un sistema corrotto, fingendo di non vedere, ha permesso ad uno
spregiudicato imprenditore con efficaci coperture politiche di giungere a
una posizione di controllo in un settore cruciale.
A cose fatte, non si poteva disfarle e quindi si è provveduto a
ratificarle: un po' come si vorrebbe succedesse per gli abusi edilizi.
Con analoga insipienza si è lasciato che - in violazione di leggi lacunose
ma pur sempre esistenti - quello stesso uomo fondasse un partito di
plastica, si candidasse e venisse eletto, calpestando qualunque senso
etico delle istituzioni.
Ora egli si dice perseguitato da giacobini con la toga, che vorrebbero la
rivoluzione per via giudiziaria, e pretende l'impunità perché chi governa
deve rispondere non alla Giustizia (per gravi fatti tra l'altro estranei e
precedenti alla sua attuale attività politica) bensì ai suoi pari che lo
hanno eletto: il Popolo.
Non si difende "nel" processo ma "dal" processo. E con questo richiamo
demagogico nega lo Stato di diritto attraverso l'affermazione
dell'autorità dello Stato di fatto. Ma ci tiene anche a far sapere che lo
farà "fino in fondo" (ripetendolo per ben tre volte nel suo recente
messaggio a videocassette unificate).
Spero che anche gli amici smettano di darsi di gomito: qui non siamo a
recitare una commedia e il Presidente del Consiglio non è un mattatore, ma
l'espressione di una istituzione che dovrebbe rappresentare tutti gli
Italiani, anche coloro che non lo hanno votato.
Quando questo obbrobrio finirà - certus an, incertus quando - resteranno
solo le macerie fumanti di una democrazia incompiuta: con quali speranze e
con quale fiducia possiamo guardare al futuro?
Sradicato un minimo comune senso civico, confusa la politica con i
personalismi, spacciate le ambizioni personali per progetto politico,
messo sotto i tacchi il senso dello Stato e delle istituzioni, forse
temute ma non rispettate, su quali basi sarà possibile ritrovare un senso
di convivenza civile? Dove si riconoscerà il luogo etico di una comune
identità politica?
Eugenio Galli - Milano