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Stefania Milan: Porto Alegre & comunicazione: i primi dibattiti



Fonte: http://www.rekombinant.org/media-activism/article.php?sid=95

Porto Alegre & comunicazione: i primi dibattiti

Stefania Milan

Luci e ombre nei primi incontri sui media al social forum mondiale


Nell'epoca della commercializzazione spinta di qualsiasi spazio e sapere, 
nell'era della guerra globale, qual'è la sfida dei mezzi di comunicazione? 
Qualii valori in gioco?

Comincia un po' in sordina l'attività dello spazio comunicazione, novità 
2003 del Forum Sociale Mondiale. Come prometteva il titolo, 
"Globalizzazione, informazione e comunicazione", il dibattito rimane sul 
vago e nonostante gli sforzi dei sei relatori e del coordinatore Bernard 
Cassen (Le monde diplomatique, Attac France), si esce con la sensazione di 
non aver sentito quasi nulla di nuovo. Tema ricorrente, la guerra che prima 
di tutto è guerra semiotica, battaglia combattuta in anteprima sui mezzi di 
comunicazione, complici del potere dominante.

Uno dei nomi di richiamo è quello di Armand Mattelart, belga, da trent'anni 
studioso di comunicazione. Propone tre tappe nel ripensamento della 
comunicazione contemporanea. Riconquistare il significato delle parole per 
contrastare il determinismo tecnico imperante: recuperare le nozioni di 
servizio, di dominio pubblico, di diversità culturale, che la confusione 
terminologica della mitologia neoliberista ha mandato in soffitta. Poi, 
recuperare la memoria storica come dovere. Infine disincagliare il 
dibattito sulla globalizzazione, comunicazione e informazione, che scivola 
spesso nelle grinfie di chi usa pesi e misure sbagliati (vedi di recente la 
WTO).

Altra grande sfida è il dibattito sulla cosiddetta "società 
dell'informazione" in occasione del primo Summit Mondiale su questi temi 
organizzato dalle Nazioni Unite con ITU (Ginevra, dicembre 2003, Tunisi 
2005), al quale la società civile per la prima volta è stata invitata.

Riesce ad essere più pragmatico David Barzanian di Alternative Radio, che 
dal Colorado, Stati Uniti, raggiunge col suo programma autofinanziato e 
autogestito il Canada e l'Australia. Incoraggia ciascuno a crearsi un 
proprio "media su misura", e suggerisce la radio, mezzo economico, 
efficiente ed universale.

I media indipendenti secondo Anna Pizzo (Carta) sono strategici per 
il"movimento dei movimenti": bisogna alimentare la struttura reticolare 
della comunicazione antiliberista, moltiplicare i nodi della rete per 
diventare unareale alternativa. Due le proposte: la creazione di un "luogo" 
virtuale in rete dove tutti i media indipendenti possano depositare e 
scambiare i loro materiali informativi, abbattendo così il concetto stesso 
del copyright, e la creazione di una sorta di agenzia per il reperimento di 
risorse finanziarie e servizi.

Giulietto Chiesa invece punta sulle strategie di resistenza attiva ai media 
"mainstream". La comunicazione alternativa da sola non può vincere, finché 
il cittadino medio non spegnerá la televisione (e non lo fará). Quindi la 
proposta di Megachip: un osservatorio permanente internazionale, che studi 
le tendenzedei media, un'analisi sistematica dei comportamenti dei media, 
organizzato in nodi nazionali per un controllo puntuale.

Per dirci quanto importanti siano i media per lo sviluppo della democrazia, 
interviene dal Brasile Beth Costa della Federazione Nazionale dei 
Giornalisti,con una sperticata lode pro-Lula e un programma inenarrabile 
(per prolissità),che va dal rinforzo del settore pubblico, in un paese a 
forte predominanza del privato, alla mobilitazione del sistema educativo 
per insegnare la lettura critica dei mezzi di comunicazione.

Altro continente, altre esperienze. Dall'India Prabhash Joshi, firma 
storica del giornalismo del suo paese, mette l'accento sulla peculiarità 
della stampa in lingua locale nata come strumento di lotta per la 
liberazione dalla colonizzazione inglese. Ora l'apertura agli investitori 
stranieri e una controversa legge sulla libertà di stampa mettono in 
pericolo un percorso storico che l'aveva resa portavoce del popolo e 
finiscono con l'allontanarla inesorabilmente dalla cultura locale.

Ce ne andiamo sottilmente insoddisfatti, nel caldo dell'estate gaucha.
Voci esotiche, ma nel complesso, un dibattito un po' dispersivo e 
disorganico: solo gli italiani, pur penalizzati dalla lingua straniera, e 
il guru americano delle radio alternative sono riusciti a regalare degli 
spunti da mettere, magari, subito in pratica. Contemporaneamente dall' 
altro lato della cittá, alla PUC, la faraonica universitá che ospita molte 
delle attivitá del Forum e la sala stampa, un gruppetto eterogeneo getta le 
basi della Rede Social Mundial (www.redesocialmundial.org): una rete delle 
reti, nata per costruire la memoria del Social Forum Mondiale, diventato 
"elemento fondamentale di articolazione mondiale delle lotte contro la 
globalizzazione neoliberale, allo stesso tempo spazio di elaborazione di 
strategie concrete e alternative". Una memoria decentralizzata e 
partecipata, costruita col metodo del consenso, perché le proposte 
formulate ai Social Forum possano articolarsi nel tempo e col contributo di 
tutti, e i movimenti possano integrare le esperienze e scambiare strategie. 
Tra i firmatari della carta dei principi della Rede Social Mundial, accanto 
al Comité Gaúcho che ne é promotore, ATTAC, la Central Unica dos 
Trabalhadores, i Sem Terra, Les Pénélopes e il portale italiano Unimondo