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"Al telefono con chi sta aspettando da guerra"




Teatro di Nascosto - Hidden Theatre



Dal diario di Annet Henneman

"Al telefono con chi sta aspettando da guerra&"

Inghilterra, 19-1-2003.

Non so più cosa fare dopo avere visto limpotente dolorosa e silenziosa 
disperazione di D. (kurdo iracheno con asilo politico da un anno in 
Inghilterra). Sa che tra poco inizierà la guerra. Che viene fatto di tutto 
per farla iniziare lì, in Iraq.

Ha detto il suo cugino ieri, al telefono, ma cosa facciamo? Noi stiamo 
nella parte dove cadranno le prime bombe, a Camcamal, perché stiamo vicino 
alla "frontiera" con lIraq. Scappare? Qua ci sono centomila case, scappiamo 
tutti? Mi dice D.: "Annet ma sai che vita fanno adesso? Lo sai? Nessuno se 
ne frega più di niente, perché nessuno sa se domani morirà sotto le bombe& 
Che piani fai? A cosa pensi, come vivi in una situazione simile? Non fai 
piani e vivi finché vivi". Non so cosa rispondergli. Penso a N. che mi 
diceva al telefono da Suleymania (Kurdistan iracheno), Annet, tutti si 
agitano in Europa, in America, ma per noi non cè niente di nuovo in questa 
situazione, per noi è una situazione normale. Parlo al telefono e lo sento 
come sempre. Ridiamo e scherziamo&

Natale lho passato a imparare come vivere con le immagini di guerra, come 
vivere con incubi di case distrutte e questa volta, case dove sono stata& 
Volendo o non volendo vedevo loro che sono diventati "famiglia mia", i loro 
corpi morti sparsi tra le rovine di quella che era stata la loro casa, il 
loro quartiere, Shebang, bambina di 6 anni che ho visto fare i compiti, con 
cui giocavo, perché dormivamo, mangiavamo e vivevamo tutti per terra nella 
stessa stanza, la bambina appena nata di M., tutti quei bambini, daia 
(mamma di questa famiglia grande), con la sua risata e la sua voce ancora 
nei miei orecchi, risento come cercava in tutti modi di parlarmi in 
Inglese& Ed ho cercato di dimenticare, quelle immagini mi paralizzavano& 
Ecosì che funzioni? mi sono chiesta. Che per sopravvivere devi scappare 
dalla realtà immaginaria futura? Ecosì? E chi vuole la guerra, se ne 
approfitta e va avanti con i suoi piani che poi portano alla realtà prima 
solo immaginata?

Stamattina abbiamo guardato il telegiornale della BBC. E ci siamo ammalati 
dentro. Ha creato una tale rabbia e sentimento di impotenza. Cosa puoi fare 
contro un mezzo così forte e potente. Questo mezzo che vuole fare credere 
che tra i rifugiati ci sono tanti terroristi per cercare di creare panico, 
rabbia e odio, per fare credere che veramente cè bisogno di una guerra 
contro Sadam Husseyn. Un mezzo che prova a non fare capire cosa succede con 
tutta quella gente innocente che vivrà le consequenze di di questa guerra. 
Un mezzo che qua in Inghilterra vuole fare sembrare che questa guerra è 
come un operazione, durante il quale il dottore, il salvatore, toglie il 
pezzo ammalato di un corpo che poi dopo funzionerà a meraviglia& Già lha 
fatto tutto da solo questa dittatura S.H. o forse estato sostenuto da una 
parte del suo popolo per qualunque ragione, p.e. per ottenere soldi in 
grande povertà, per potere, per paura, ma cè anche gente e paesi che ci 
hanno "creduto" in lui e lo hanno sostenuto coscientemente& Non sono un 
esperta di politica. Studio e provo a capire con tutte le informazioni che 
posso avere, quale è la verità dietro tutto questo. Ma so che vengo 
continuamente manipolata, che ogni informazione sembra fatta per portarti 
in una direzione& Vivo con alcuni rifugiati in Italia. B. viene 
dallAfganistan, "il paese salvato&" dove, dice lui che segue da vicino 
tutto quello che succede nel suo paese, anche adesso continuano a cadere 
bombe, con morti, famiglie intere uccise, dove i capi delle diverse città 
vogliono far ognuno a modo suo non esitando ad usare armi, dove i bambini 
nei campi di rifugiati muoiono di freddo (una notte anche 36 bambini)& dove 
la ricostruzione in questo caos, va lenta, perché il governo centrale di 
Kabul non arriva facilmente alle altre città, p.e. Herat ( a causa della 
distruzione delle strade non ricostruite ancora, un viaggio a Herat in 
macchina, che prima durava un 12 ore, adesso prende tre giorni). Dice B. 
che segue ogni giorno radio Kabul, la radio iraniana, pakistana& ma dove 
rimangono tutti questi soldi che sono arrivati in Kabul? Come mai non ci 
sono quasi strade rifatte, come mai la più grande parte delle scuole non 
sono state ricostruite? Mille domande su un paese dove tutti provano a 
intervenire ma che sembra, forse tranne per una parte centrale a Kabul che 
è piena di armate straniere, che rimane un paese incontrollabile. E in quel 
momento incontrollabile, naturalmente si fanno contratti giganteschi sul 
petrolio&

Cosistamattina guardavamo il BBC io e D. e vedevo limpotenza e la rabbia 
crescere dentro di lui. Non riusciva più a parlare, mi chiedeva di non dire 
più niente& Questa rabbia che vedo come impotenza e disperazione per chi 
sente che la sua voce non arriva a quelli che distruggeranno la sua vita, e 
con la sua, la vita delle persone a chi vuole bene, quella del suo popolo. 
Una rabbia e impotenza che gli chiude la bocca perché non sa cosa può fare, 
non ha il potere& Mi sono disperata anche io. Penso tutta "la mia famiglia 
di rifugiati" della nostra Accademia di Teatro Reportage, con cui vivo 
adesso e che hanno delle ferite dentro, dei ricordi, che non possano più 
dimenticare& urli e pianti di donne disperate che hanno perso il loro 
figlio& frustrate, anche 80, per chi non aveva pregato per una volta, 
torture, sangue per le strade, pezzi di corpi, corpi bruciati 
irriconoscibili& la paura per una porta che si apre allimprovviso&e tutti 
con la nostalgia e il dolore di avere lasciato, nei loro paesi nei quali 
era cosi difficile sopravvivere, la loro famiglia, loro amici&

Ho pensato. Ma a cosa serve il nostro lavoro? Serve se alcuni superano il 
dolore e lodio e riescono a comunicare con il nostro mondo occidental? 
Serve davvero? E dentro di me eesplosa la stessa disperazione e rabbia di 
D. ,perché lavoro ogni giorno per cercare di fare arrivare in un modo 
diverso le storie di queste persone, di questi paesi e popoli, senza che ho 
una voce in capitolo su cosa succederà nel mondo& sembra& Partirà una 
guerra, non voluta da tante persone, nella quale si prevedono bombe 
chimiche come quelle usate in Halebje (Kurdistan iracheno) in 1988 dove 
sono morti circa 5000 persone in 5 minuti e ancora delle persone stanno 
morendo per le conseguenze di queste materie chimiche, con malattie di 
cancro e neonati malformati&

Mazzolla 27 gennaio.

Oggi mi dice N. al telefono da Suleimanya che è meglio che sua madre va 
alla famiglia a Ducan, perché li ci sono delle caverne dove proteggersi, 
rifugiarsi. Epiù al sicuro lì che in città. Parliamo di quanto durerà la 
guerra, lui spero solo alcuni giorni. Si chiede se ci sarà il tempo che 
vengono usati le armi chimiche. Mi dice che sua sorella che era venuta a 
casa di sua madre in città ma voleva subito ritornare a casa in Ducan 
perché non si era preparata per la guerra. Dice che si dovrebbe preparare 
un sacco con vestiti caldi di ogni cosa una o due, una pentola per fare il 
tè e acqua calda, due coperte forti e farina. Questo sacco ognuno se lo 
deve sempre portare con se per quando deve scappare allimprovviso in 
montagna nelle caverne per sopravvivere agli attacchi chimici. Si deve 
anche preparare la casa alla guerra, tutto quello che ha valore o che fa 
capire che hai studiato, si deve sotterrare, nascondere, se no si rischia 
che la casa viene bruciata. D. si sente egoista e male che non è insieme 
alla sua famiglia ad affrontare tutte queste difficoltà. Mi sembra di 
entrare di più e di più in questa vita che stanno vivendo, che sta vivendo 
un popolo intero e tutti gli abitanti dellIraq& giorno per giorno aspettare 
una guerra. Vedono come vengono preparate le tende di soccorso, di rifugio, 
fuori città& Aspettano e sperano per il meglio& Mi dice D. che il tempo 
prima della guerra è come il momento prima di un lungo viaggio. Tutti 
parlano con tutti, visitano tutti, perché non si sa mai se ci si rivede o 
quando mai succederà&