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La nonviolenza e' in cammino. 474
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 474 del 12 gennaio 2003
Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: un commento tecnico, e non solo, alla vicenda dell'azione
civile promossa da un consulente della Nato contro Peacelink (con la
proposta di una possibile via di soluzione soddisfacente per entrambe le
parti)
2. Giulio Marcon, alcune iniziative pacifiste italiane
3. Nelly Martin, un bilancio della partecipazione della "Marcia mondiale
delle donne" al Forum sociale europeo di Firenze
4. Amelia Alberti, un gesto dal Brasile
5. Laura Lanzillo presenta il nuovo libro di Diotima
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN COMMENTO TECNICO, E NON SOLO, ALLA VICENDA
DELL'AZIONE CIVILE PROMOSSA DA UN CONSULENTE DELLA NATO CONTRO PEACELINK
(CON LA PROPOSTA DI UNA POSSIBILE VIA DI SOLUZIONE SODDISFACENTE PER
ENTRAMBE LE PARTI)
L'azione civile promossa nei confronti della benemerita associazione
pacifista Peacelink da un autorevole rappresentante ambientalista, docente
universitario e consulente della Nato, costituisce un vero e proprio caso di
studio, che per piu' motivi merita quindi una approfondita considerazione
anche da un punto di vista tecnico-giuridico.
Con le note seguenti vorremmo contribuire a fare chiarezza su alcuni aspetti
della questione ed a proporre una possibile via di soluzione soddisfacente
per entrambe le parti.
*
1. Una premessa personale
Se intervengo personalmente su tale materia (a suo tempo ho gia' espresso a
Peacelink la solidarieta' mia e della struttura e del notiziario che dirigo;
ho anche dato in via privata attraverso una prolungata conversazione
telefonica personale alcuni suggerimenti al segretario dell'associazione,
che e' un amico carissimo; ed ho gia' ospitato sul notiziario che firmo come
direttore responsabile ampi stralci dell'appello da Peacelink promosso) e'
perche' per piu' versi sento che la vicenda non solo e' di grande interesse
pubblico ma fortemente e direttamente interpella anche me, e mi permetto di
dire perche', cosicche' chi leggera' quanto segue sappia da quale pulpito
viene la predica.
a) Personalmente credo che la Nato sia una struttura che debba essere
abolita, essendo la sua finalita' istituzionale la guerra, che dal mio punto
di vista di amico della nonviolenza e' sempre un crimine, e il piu' grande
dei crimini.
Inoltre credo sia evidente a tutti che la Nato (e con essa i governi dei
paesi che ne fanno parte) nel 1999 si e' resa responsabile di crimini di
guerra e crimini contro l'umanita' con la realizzazione della guerra dei
Balcani, una guerra immorale e illegale sia ai sensi della Carta delle
Nazioni Unite sia ai sensi della Costituzione della Repubblica Italiana.
Credo anche che sia a dir poco spiacevole che una autorevole personalita'
dell'ambientalismo scientifico e della cultura universitaria abbia rapporti
di collaborazione ovvero lavoro (che potrebbero definirsi tecnicamente come
mercenari, nel senso di servizi per i quali e' da supporre venga percepita
una mercede) con una struttura come la Nato che con la guerra citata ha
provocato abominevoli stragi di esseri umani, tremende catastrofi
ambientali, distruzioni che hanno devastato altresi' monumenti e istituti
patrimonio della civilta' umana (come ad esempio quell'articolato complesso
giuridico che sbrigativamente viene definito con la locuzione "diritto
internazionale", e i diritti umani enunciati nella Dichiarazione universale
del 1948).
b) Ma naturalmente credo anche che ogni persona abbia diritto al massimo
rispetto della sua dignita' da parte di tutti, e che giammai siano
ammissibile l'uso della menzogna e dell'offesa.
La menzogna e' sempre violazione della dignita' umana in quanto offende e
umilia gli esseri umani in cio' che hanno di piu' proprio, cioe' la
capacita' di capire.
Sono stato vittima anni fa di un caso analogo a quello occorso alla persona
che ha promosso - a mio avviso impropriamente - l'azione giudiziaria contro
Peacelink: anche a me e' capitato di veder inserito il mio nome (piu'
precisamente, il nome della struttura che dirigo fin dalla sua fondazione)
in un elenco di adesioni ad un appello ai cui promotori avevo espresso
preventivamente, esplicitamente ed inequivocabilmente il mio diniego e il
mio veto. Da quella condotta fui ovviamente molto amareggiato, ma
naturalmente non pensai affatto di procedere per vie legali. Mi limitai a
rendere pubblico che si trattava di una menzogna. Ma capisco che altri possa
avere sentimenti e reazioni diverse.
c) Ancora: nel corso degli anni per la mia attivita' giornalistica (per la
quale sono iscritto all'ordine dei giornalisti) e di pubblico amministratore
impegnato contro i poteri criminali, la corruzione politica e l'economia
illegale, ho subito piu' volte procedimenti penali ed azioni civili promossi
da parte di corrotti e corruttori, di criminali e loro complici, ed ho
quindi una certa esperienza in materia.
d) Aggiungo anche che da diversi anni mi occupo di promuovere e coordinare
attivita' di informazione e consulenza su temi giuridici sia nelle lezioni
che tengo a scuola, sia nelle e per le istituzioni, associazioni ed
esperienze di volontariato che mi invitano a tal fine.
e) Inoltre: l'esito dell'azione civile promossa contro Peacelink ovviamente
costituira' un precedente: ed e' indubbio che un positivo esito di questa
vicenda (e per esito positivo intendo un esito che dia piena soddisfazione
tanto all'attore quanto al convenuto - che nel linguaggio tecnico delle
cause civili sono i termini che designano rispettivamente l'accusatore e
l'accusato - e consenta quindi la composizione migliore e piu' ragionevole
per tutte le parti in causa) sara' giovevole a tutti gli operatori
dell'informazione ed agli amici della nonviolenza in quanto essa e' "forza
della verita'"; cosi' come un esito negativo potrebbe avere conseguenze
nocive per tutti gli operatori dell'informazione.
f) Infine, in questi giorni ho letto in relazione alla vicenda articoli,
interventi e messaggi sciaguratamente non meditati e fin assolutamente
menzogneri di vari soggetti che si sono pronunciati in merito senza avere
chiara nozione dei termini esatti della questione di cui si tratta, e che
con le loro grossolane imprecisioni, stolte esagerazioni e insolenti
idiozie (alcuni titoli di giornali sono stati semplicemente l'orgia delle
menzogne e del delirio) ottengono l'unico effetto di danneggiare
ulteriormente Peacelink, di ingannare e corrompere tante persone generose, e
di screditare irreversibilmente l'impegno per la pace.
Scrivo queste note anche per invitare tutti ad essere veritieri e
responsabili in cio' che dicono e scrivono: purtroppo nell'area pacifista ci
sono mass-media, associazioni e persone (tra cui nomi celebrati dai
mass-media come portavoci di questo e di quello, i quali sono invece degli
irresponsabili, indegni - come si direbbe dalle parti mie - "di un soldo di
fiducia") che a fini propagandistici propalano menzogne colossali e che
quindi col loro agire da compiuti ciarlatani ed egregi mascalzoni
danneggiano enormemente la causa della pace e della dignita' umana.
g) Ed affinche' nulla resti non detto di quanto e' comunque utile si sappia,
quand'anche sia palesemente ovvio, aggiungo che agli animatori di Peacelink
mi lega un'antica fraterna amicizia; che all'attivita' informativa,
documentaria e sensibilizzatrice di Peacelink cerco per quanto e' in mio
potere di contribuire; che nutro affetto e stima grandi per questa
esperienza (di cui, ovviamente, vedo anche limiti ed errori - poiche' son
cose umane -, i quali sono tuttavia di gran lunga superati dallo
straordinario valore dell'attivita' da Peacelink svolta nell'insieme: uno
straordinario impegno per la pace, i diritti umani e la nonviolenza che
credo sia indubitabilmente lodevole).
*
2. I termini della questione
a) Sul sito di un partito politico qualche anno fa viene pubblicato un
appello ambientalista in calce al quale compaiono molte firme di
personalita' di varia provenienza (alcune autorevoli, altre a dir poco
discutibili); tra queste appare anche la firma di un'autorevole personalita'
la quale successivamente dichiara di non aver aderito a quell'appello,
appello che contiene espressioni ed opinioni che evidentemente non
condivide.
Con tutto cio' Peacelink non ha nulla a che vedere: non e' in alcun modo
implicata nell'appello; non ha alcun legame col sito in cui esso appare, non
ha alcun organico legame col partito politico che di quel sito ha la
titolarita'.
b) Successivamente quell'appello, in relazione al quale ed alle cui
sottoscrizioni per quanto ci consti nessuna smentita era di dominio
pubblico, viene inviato agli iscritti ad una mailing list che e' anche
ospitata nel sito di Peacelink.
Le mailing list, come e' noto, sono l'equivalente telematico delle
corrispondenze private tra piu' soggetti; l'ospitalita' di alcune di esse
nel sito di Peacelink e' analoga a quanto avviene per altre mailing list
presso altri siti.
Come e' ovvio quell'appello venne riprodotto senza modifiche, come e' buona
norma quando nella rete telematica si ripropongono ai propri interlocutori
testi altrui.
c) Dopo anni, ed in tempi recenti, l'autorevole rappresentante
ambientalista, docente universitario e consulente della Nato promuove
un'azione civile nei confronti di Peacelink chiedendo un cospicuo
risarcimento, il cui importo sarebbe tale che metterebbe in gravissime
difficolta' finanziarie Peacelink, che come e' noto e' un'associazione di
volontariato che da molti anni svolge in ambito telematico un benemerito
servizio di informazione e documentazione per la pace, i diritti umani e la
nonviolenza.
d) Peacelink dimostra la sua completa buona fede e dichiara il suo rammarico
e naturalmente offre la sua disponibilita' ad ospitare una rettifica che dia
piena soddisfazione all'autorevole rappresentante ambientalista, docente
universitario e consulente della Nato che ha promosso l'azione civile di
risarcimento, ma a quanto pare e per quanto ne sappiamo a tutt'oggi non si
e' ancora pervenuti ad una bonaria composizione stragiudiziale della
vicenda.
e) Sotto il profilo squisitamente tecnico-giuridico l'attore (il soggetto
che promuove l'azione civile) chiede il risarcimento della lesione subita in
riferimento agli articoli 7 e 2043 del Codice Civile.
L'articolo 7 e' quello che stabilisce la tutela del diritto al nome;
l'articolo 2043 e' quello che stabilisce il risarcimento per fatto illecito.
*
3. Entrando nel merito
a) Il fatto che in una mailing list sia stato riprodotto e trasmesso un
testo apparso nel sito ufficiale di un importante partito politico nazionale
rappresentato in parlamento, testo dal contenuto perfettamente lecito e
condiviso da molte autorevoli personalita' (gli altri firmatari di esso), e'
cosa del tutto abituale.
b) Inoltre una mailing list in se' non e' equiparabile tout court ad un
mezzo di comunicazione di massa, ma piuttosto ad una forma di corrispondenza
privata tra piu' soggetti (e' all'incirca l'equivalente di una normale
lettera circolare).
c) Non vi e' quindi motivo di ritenere che quella riproduzione configuri
l'equivalente di un'azione diffamatoria o intesa al danneggiamento altrui,
ed e' evidentemente del tutto escluso che Peacelink avesse la benche' minima
intenzione di diffamare o danneggiare chicchessia ospitando la riproduzione
in una mailing list di un appello sul quale ovviamente si pu' dissentire ma
che e' perfettamente lecito e che molti ritengono del tutto condivisibile e
persino superficiale e banale (ed in alcune espressioni potrebbe essere
considerato persino puerile).
d) La persona che si ritiene danneggiata dal fatto che la sua firma sia
stata apposta arbitrariamente in calce a quell'appello avrebbe potuto (e a
nostro avviso avrebbe fatto bene a farlo):
I. rivolgersi al sito in cui l'appello e' primieramente comparso e smentire
la sua sottoscrizione dell'appello de quo;
II. chieder conto di chi avesse illecitamente dichiarato la sua pretesa e
non avvenuta adesione, riservandosi ogni successiva azione legale nei
confronti dell'autore materiale dell'arbitraria, fallace (e forse anche
dolosa) inclusione del suo nome;
III. chiedere la pubblicazione in quella sede di una rettifica con evidenza
pari al rilievo dato al suo nome presentato in calce a quell'appello come
sottoscrittore di esso, e tale rettifica ottenere;
IV. inviare una smentita e una richiesta di rettifica agli altri siti ed
agli altri mass-media in cui quell'appello recante la sua firma fosse stato
successivamente riportato, ed anche tale rettifica ottenere.
E la questione si sarebbe potuta chiudere cosi'.
*
4. Un'analisi approfondita
Ma supponiamo pure, in via ipotetica e per mero amor di approfondimento, e
non concedendolo tuttavia ne' in punto di diritto ne' in punto di fatto, che
la comparsa di copia di quell'appello con quella firma (a quanto ne sappiamo
non precedentemente smentita dall'autorevole rappresentante ambientalista,
docente universitario e consulente della Nato) in una mailing list che trova
ospitalita' su Peacelink possa essere equiparata alla pubblicazione su un
mezzo d'informazione di massa; o che comunque si configuri qui un evento
qualificabile in termini tali da legittimare una richiesta di risarcimento
da parte dell'attore nei confronti di Peacelink.
Si pongono qui i seguenti quesiti, ai quali ci pare di poter dare le
seguenti ragionevoli risposte.
a) Vi e' stato illecito da parte di Peacelink?
Pare evidente che nessun illecito possa imputarsi all'associazione Peacelink
per il semplice fatto di aver ospitato nel suo sito una mailing list
all'interno della quale e' stato fatto circolare un appello il cui testo non
contiene nulla di illecito e di cui la stessa persona proponente l'azione
civile contesta unicamente l'errore materiale dell'apposizione della sua
firma - cosa rispetto a cui ne' Peacelink, ne' la mailing list in cui e'
stato riprodotto il testo hanno avuto alcun ruolo ne' potevano supporre
alcunche' ne' erano in grado di poter procedere ad una verifica firma per
firma dei presunti sottoscrittori di quello come degli infiniti altri
appelli che nelle miriadi di e-mail vengono riprodotti e fatti circolare.
b) Vi e' stata da parte di Peacelink lesione dell'onore della persona
(ovvero diffamazione)?
Il fatto che il nome di un'autorevole personalita' sia comparso insieme a
quello di altre autorevoli personalita' in calce ad un appello senza il suo
consenso, per errore o per dolo che sia, puo' naturalmente essere percepito
come lesione dell'onore da parte dell'interessato, e puo' costituire
altresi' un effettivo danno per la di lui immagine e i di lui interessi; ma
quanto a questo il soggetto nei cui confronti un'eventuale azione civile
avrebbe dovuto essere indirizzata non e' certo Peacelink, bensi' chi quella
firma ha arbitrariamente, erroneamente e/o dolosamente apposto a
quell'appello; nei confronti di Peacelink l'attore avrebbe dovuto presentare
una mera richiesta di rettifica che sarebbe stata naturalmente
immediatamente effettuata.
c) Ma qualora lesione dell'onore e danneggiamento dell'attore da parte di
Peacelink vi fossero stati (e la nostra tesi e' che cosi' non sia), vigono
in questo caso in pro di Peacelink gli elementi che il noto pronunciamento
della Corte di Cassazione (il cosiddetto "decalogo del giornalista")
stabilisce efficienti al fine del riconoscimento delle previste esimenti?
Sicuramente si': poiche' qualora si potesse attribuire a Peacelink una
qualche diretta responsabilita' giudiziariamente rilevante, cosa che
riteniamo sia da escludere, si sarebbe altresi' in presenza degli elementi
che configurerebbero comunque le esimenti previste dal pronunciamento della
Corte di Cassazione noto come "decalogo del giornalista".
I. il primo criterio e' quello del pubblico interesse della notizia: vi era
o no un pubblico interesse nella diffusione di un appello sottoscritto da
autorevoli personalita' dell'ambientalismo scientifico? Certamente si', un
appello pubblico sottoscritto da autorevoli rappresentanti
dell'ambientalismo scientifico, pubblicato nel sito nazionale di un
importante partito politico, e' una notizia di pubblico interesse.
II. il secondo criterio e' la verita' almeno putativa dei fatti: non vi e'
dubbio che chi ha inserito in uno dei messaggi accolti nella mailing list
ospitata da Peacelink quel testo lo riteneva a tutti gli effetti autentico
in ogni sua parte; questo e' del tutto incontestabile.
III. il terzo criterio e' il considdetto "principio di continenza" da parte
di chi riferisce una notizia, ovvero che non si diffondano espressioni o
giudizi offensivi che ledano l'altrui onorabilita': non vi e' dubbio che da
parte di chi ha riprodotto il testo dell'appello in un messaggio di una
delle mailing list ospitate dal sito di Peacelink tale principio di
continenza e' stato assolutamente rispettato, infatti si e' riprodotto
quell'appello comprensivo delle firme dei sottoscrittori non per criticarlo
o peggio per insultarne i sottoscrittori (reali o abusive che fossero quelle
firme) ma per diffonderlo in quanto ritenuto degno di approvazione.
Peraltro lo stesso attore ha evidentemente escluso che si configurasse il
reato di diffamazione da parte di Peacelink, non avendo presentato - per
quanto ne sappiamo - una denuncia penale relativa, ma essendosi limitato a
proporre un'azione civile a carattere risarcitorio.
d) Vi e' stata da parte di Peacelink la realizzazione di un'azione tesa a
provocare un danno morale e materiale all'attore, o comunque la
realizzazione di un'azione il cui esito sia tale da fondare la richiesta di
un risarcimento ex. artt. 7 e 2043 del Codice Civile?
Su questo punto occorre essere analitici.
I. Il fatto che l'attore abbia subito un danno morale e/o materiale a
seguito dell'arbitraria pubblicazione della sua firma in calce a
quell'appello e' argomento che a fil di logica potrebbe motivare, piuttosto
che un'azione legale nei confronti di Peacelink (che sarebbe anch'essa
vittima di un errore o inganno da altri commesso), un'azione giudiziaria nei
confronti sia di chi avrebbe arbitrariamente apposto in calce all'appello
quella firma non concessa, sia del mezzo d'informazione che primo ha reso di
pubblico dominio quell'appello recante quella firma non concessa, sia - con
particolar riferimento al danno materiale - anche e decisivamente nei
confronti di chi ha concretamente provocato esso danno materiale (quindi
l'eventuale ente che avesse rescisso un contratto in essere con l'attore a
seguito di quella pubblicazione).
II. Quanto al mero danno morale subito dall'attore anch'esso e' stato
provocato dal soggetto che ha diffuso l'appello includendovi erroneamente o
dolosamente quella firma non concessa, e dal sito che quel testo ha reso di
pubblico dominio. Peacelink ha semplicemente ospitato una mailing list in
uno dei messaggi circolanti nella quale e' stato riprodotto un appello
diffuso nel e dal sito nazionale di un partito politico, sulla cui integrale
veridicita' non potevano esservi ragionevoli dubbi, ed e' pertanto ancora
una volta da considerare come una mera vittima in questa vicenda.
e) Non sarebbe necessario, ma si puo' inoltre aggiungere che e' del tutto
evidente come non vi sia stata la benche' minima volonta' di offendere o di
ledere chicchessia da parte di Peacelink.
f) Non sarebbe necessario, ma si potrebbe aggiungere anche che la completa
buona fede di Peacelink e' stata ulteriormente dimostrata:
I. sia dalla disponibilita' ad una rettifica con pari ed anche maggiore
evidenza;
II. sia dalla disponibilita' ad un componimento bonario della vicenda
riconoscendo le ragioni di lagnanza dell'attore rispetto all'abusivo
apparire della sua firma in calce a quel documento che lo stesso attore
dichiara di non aver sottoscritto;
III. sia anche dal fatto stesso che ancora nell'appello diffuso in questi
giorni l'associazione pacifista:
- si prende cura di ancora tutelare finanche la privacy dell'attore
dell'azione civile, di cui non ha divulgato il nome;
- nei confronti di esso da' pienamente atto di quanto da esso attore
dichiarato in ordine all'erroneita' della presenza della sua firma in calce
all'appello all'origine della querelle;
- ed infine non si permette alcuna espressione men che riguardosa nei
confronti della persona dell'attore, come del resto e' dovere di tutte le
persone civili e ragionevoli (forse analogo riguardo non hanno avuto alcune
persone e testate che venute a conoscenza della vicenda si sono
successivamente espresse su di essa, ma di cio' non e' certo responsabile
Peacelink).
*
5. Concludendo
Detto tutto questo vorremmo concludere come segue:
a) rinnoviamo la nostra solidarieta' a Peacelink, e nuovamente invitiamo i
nostri interlocutori a fare altrettanto (per informazioni e contatti:
www.peacelink.it);
b) all'autorevole rappresentante ambientalista, docente universitario e
consulente della Nato esprimiamo la nostra comprensione e rispetto, e il
dispiacere per essere stato il suo nome abusivamente inserito e divulgato in
calce a quell'appello da lui non condiviso; ma insieme vogliamo esprimergli
l'invito sincero a recedere dall'azione civile nei confronti di Peacelink, o
comunque ad accedere ad una soluzione stragiudiziale che componga
bonariamente la vertenza e liberi Peacelink dalla minaccia di un gravoso
onere finanziario;
c) a tutti coloro che interverranno sulla questione rivolgiamo l'invito ad
astenersi dalle menzogne, dalle offese e dalle esagerazioni, con le quali
otterrebbero l'unico risultato di danneggiare Peacelink, l'impegno per la
pace (che deve fondarsi sul rispetto assoluto della verita' e della dignita'
umana) e se stessi;
d) infine agli amici di Peacelink vorremmo suggerire sia di valorizzare
tutte le dichiarazioni di solidarieta', anche quelle che giustamente
evidenziano aspetti della questione su cui non si puo' essere distratti o
negligenti; sia di chiarire ai piu' ingenui o superficiali o roboanti
sostenitori che la solidarieta' in tanto ha valore in quanto aiuta e non
danneggia; sia di insistere nella ricerca di un accordo con la controparte
tale che la vicenda si concluda nel modo migliore con soddisfazione di tutte
le parti in causa e nella riaffermazione del pieno rispetto della dignita'
umana di ogni persona.
2. RIFLESSIONE. GIULIO MARCON: ALCUNE INIZIATIVE PACIFISTE ITALIANE
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 dicembre 2003. Giulio Marcon e'
presidente dell'Ics, Consorzio Italiano di Solidarieta']
In queste ore i pacifisti italiani si praparano ad una nuova ondata di
mobilitazioni contro la guerra.
Alla guerra preventiva rispondono con l'alternativa della prevenzione della
guerra, alla legittimazione della guerra (magari umanitaria, giusta, ecc.)
come strumento di politica estera oppongono la definizione di quello che la
guerra e': un crimine contro l'umanita'. E che deve diventare tabu',
comportamento vietato nel genere umano.
Alla realpolitik dei governi occidentali ricordano che l'unico realismo
possibile e' quello di una pace con giustizia e che le armi e la violenza
sono solo e sempre strumento di dominio, di sofferenza e di ingiustizia.
Nelle ultime settimane era gia' cresciuta la partecipazione alle iniziative
pacifiste contro la minacciata guerra americana contro l'Iraq.
Manifestazioni e cortei come quello del Forum Sociale a Firenze il 9
novembre con piu' di 700.000 persone e assemblee affollatissime; poi
fiaccolate e raccolte di firme (quella di Emergency ha raccolto 407.000
adesioni), migliaia di piccoli e grandi eventi (sit in, banchetti, bandiere
arcobaleno ai balconi, digiuni, ecc.) come quelli della giornata
internazionale dei diritti umani del 10 dicembre che ha coinvolto gruppi di
base e organizzazioni nazionali del mondo cattolico e del pacifismo laico.
Realta' che hanno incontrato il piu' vasto movimento della globalizzazione
dal basso (italiano e mondiale) e che ha gia' fatto vedere la forza della
mobilitazione di cui e' capace a Firenze: i prossimi appuntamenti sono
quelli del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre (dal 23 al 28 gennaio
2003) che avra' come centrale il tema della lotta alla guerra in Iraq (e
alla guerra permanente ed infinita) e il prossimo 15 febbraio per una serie
di manifestazioni contro la guerra nelle piu' importanti citta' europee. Il
confronto tra la prima edizione (2001) del Forum di Porto Alegre e la terza
e' emblematico: allora, solo dopo esplicita richiesta della delegazione
italiana fu inserito nel documento finale della conferenza un riferimento
all'impegno contro la guerra; oggi la mobilitazione dei movimenti sociali
globali contro la guerra infinita e' esplicita e scontata.
A fine gennaio, avremo notizie di altre iniziative internazionali. La Tavola
della pace - nell'"audizione" che organizzera' a Porto Alegre dal titolo:
"Il ruolo dell'Europa nel mondo", preludio della prossima Assemblea dell'Onu
dei Popoli - si e' posta l'obiettivo di decidere nella citta' brasiliana un
nuovo evento globale contro la guerra.
*
Pur partecipando alla mobilitazione unitaria dei movimenti sociali, alcune
organizzazioni e reti (Emergency, Tavola della pace, Rete Lilliput e Libera)
ribadendo la loro "specificita'"hanno lanciato insieme una campagna che
ancora continua, dal titolo "Fuori l'Italia dalla guerra".
E sull'Italia si stanno concentrando le prossime iniziative: Emergency
organizzera' nei prossimi giorni banchetti in tutta Italia per la raccolta
di almeno 50.000 firme sul disegno di legge di iniziativa popolare per
l'attuazione dell'articolo 11 della costituzione ("l'Italia ripudia la
guerra"), la Tavola della pace sta gia' preparando (il prossimo 15 gennaio
la conferenza stampa di lancio con l'avvio di un comitato promotore) la
manifestazione nazionale del 15 febbraio a Roma, mentre "Un ponte per..."
lancera' la prossima settimana una campagna nazionale di pressione sul
Parlamento. Pubblichera' sul suo sito tutti gli indirizzi mail dei
parlamentari, organizzera' incontri nei collegi con questo logo: "Il
Parlamento si deve esprimere, deve parlare". Analogo lavoro lo faranno Il
Consorzio Italiano di Solidarieta' (Ics) e la Tavola della pace che lancera'
nelle prossime settimane anche una campagna sull'Unione Europea: far
inserire il "ripudio della guerra" nella Costituzione Europea.
Con le tante sigle del mondo cattolico: da quello piu' radicale dei Beati i
Costruttori di Pace e di Pax Christi (che hanno da subito sposato
l'opposizione alla guerra) a quello piu' moderato di Acli, Cisl e Focsiv
che - con qualche tentennamento, e qualche "se" e qualche "ma" (riassunti
nella domanda: "e se e' l'Onu a decidere l'intervento?") - hanno sostenuto,
dopo le dichiarazioni piu' esplicite del pontefice, l'iniziativa della
Tavola della pace contro la guerra in Iraq.
E a sinistra la Cgil, l'Arci e l'Associazione per la pace hanno fatto da
tempo la scelta di dedicarsi al lavoro unitario e di promuovere le
iniziative contro la guerra delle varie anime del movimento.
Di andare in Iraq per continuare l'impegno di pace se ne parla ormai da
settimane: delegazioni, interposizioni, missioni umanitarie. "Un ponte
per..." (presente da 11 anni in Iraq) ha gia' organizzato diverse
delegazioni (una con i parlamentari) e missioni sul campo nelle scorse
settimane, e ne ha in programma altre a febbraio.
In cantiere anche missioni di "simbolica" interposizione; le organizzazioni
che ci stanno pensando - sulla scia di altre missioni di pacifisti americani
ed europei - hanno insieme la preoccupazione evidente di non essere
strumentalizzate dal regime di Saddam Hussein, ma anche quella di rilanciare
la preziosa esperienza di "interposizione" nei Territori occupati
palestinesi.
Anche le Ong di cooperazione internazionale si muovono. "Un ponte per..." e
l'Ics si sono dette d'accordo ad aprire un tavolo tra le organizzazioni di
solidarieta' internazionale per coordinare il proprio lavoro
nell'eventualita' di una nuova tragedia umanitaria. Con una discriminante:
l'impegno pacifista contro la guerra e a non utilizzare fondi (umanitari) di
governi coinvolti nell'intervento militare.
Viste le precedenti esperienze (vedi "Missione Arcobaleno") e gli attuali
sgomitamenti di alcune Ong che - in previsione dei soldi dei donatori -
stanno facendo di tutto per fare "tappa" anche in Iraq, l'avvertimento e'
d'obbligo.
*
Kosovo, Afghanistan, ora - di nuovo - Iraq: il pacifismo e' alle prese, dopo
le "nuove guerre" (etniche e nazionali, dimenticate e periferiche) con
quella che oggi e' definita la guerra "preventiva e infinita" e che abbiamo
conosciuto meglio dopo l'11 settembre: l'altra faccia di un dominio
egemonico fondato sull'unipolarismo americano e su politiche di potenza.
Prima in modo magmatico e sotterraneo, ora in modo sempre piu' visibile, il
movimento italiano sta dimostrando di essere insieme politico (contestare e
produrre alternative) e concreto (solidarieta' attiva, azione nonviolenta,
presenza sul campo), spiazzando la lettura superficiale di chi - tra i media
e la politica - vuole ridurre il pacifismo a mera testimonianza o a soggetto
residuale.
Portare il pacifismo nella politica e nella societa', dentro le
contraddizioni globali, e' invece sempre di piu' necessario e possibile, e
le mobilitazioni ce ne daranno una concreta dimostrazione.
3. RIFLESSIONE. NELLY MARTIN: UN BILANCIO DELLA PARTECIPAZIONE DELLA "MARCIA
MONDIALE DELLE DONNE" AL FORUM SOCIALE EUROPEO DI FIRENZE
[Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo e diffondiamo questo
testo; l'autrice e' una militante francese della Marcia mondiale delle
donne. La traduzione italiana, curata da Nadia De Mond, e' stata inviata
alla mailing list "pace" di Peacelink da Valeria Savoca (per contatti:
v.savoca@tiscalinet.it)]
1. Bilancio globale
E' stato un successo spettacolare, una vittoria contro Berlusconi che aveva
tentato, in seguito agli avvenimenti di Genova, di criminalizzare il forum e
i/le suoi/sue partecipanti.
Nei mesi precedenti, lui e il suo governo hanno cercato di sollevare
l'opinione pubblica, gli italiani in generale e i fiorentini in particolare,
contro questa iniziativa, predicendo loro una Firenze a ferro e fuoco. Le
trasmissioni televisive e gli articoli dei giornali erano incredibili.
Un'isteria che ricade loro sul naso quando si fa il bilancio. Un numero
enorme di persone: 20.000 persone erano attese, 32.000 si sono iscritte,
60.000 erano presenti il venerdi'; i paesi rappresentati erano numerosi: 3.0
00 francesi, 1.500 spagnoli, greci, inglesi e tedeschi, 500 belgi, 300
ungheresi, 150 polacchi e svedesi, 70 russi; la manifestazione del sabato ha
riunito da 600.000 a un milione di persone in una atmosfera festiva e
pacifista, dando alla fine del forum l'ampiezza del rapporto di forza che si
e' costituito.
Questo successo riflette innanzitutto la realta' italiana. Con Berlusconi al
potere, essa ha realizzato gia' da diversi mesi mobilitazioni molto forti
sul piano sociale, con due scioperi generali negli ultimi mesi e
manifestazioni enormi, quella di un milione e mezzo e quella di tre milioni
di persone in aprile, per iniziativa della Cgil. Ci sono state anche grandi
manifestazioni contro la guerra in Irak, nonche' mobilitazioni contro il
governo causate dagli attacchi al sistema giudiziario italiano e
all'indipendenza dei giudici.
Il movimento italiano contro la mondializzazione neoliberista ha saputo
integrarsi a tutte queste mobilitazioni e tessere legami anche con le
organizzazioni sindacali, legami che hanno portato i loro frutti con la
partecipazione effettiva all'organizzazione del Forum sociale europeo di un
sindacato della Cgil, la Fiom (metalmeccanici), e con un'importante
presenza, nei dibattiti e nel pubblico, dei sindacati.
Il processo di preparazione, pesante, costoso con tutte le sue riunioni in
tutta Europa, e dunque difficile da seguire per la maggior parte delle
associazioni meno fortunate, si e' di fatto rivelato molto adeguato. Esso
ha permesso l'espansione geografica ai paesi dell'Est e del Sud, cosi' che a
poco a poco potessero stringersi legami tra paesi e organizzazioni ben prima
del Forum, permettendo in tal modo di prepararlo meglio.
I forum sociali devono potersi riunire per lavorare insieme in modo
permanente e non in modo episodico di volta in volta, per approfondire i
dibattiti tra le associazioni che lavorano sugli stessi temi con l'idea di
costruire o di consolidare le reti, di sfociare in campagne europee, con un
calendario coerente di mobilitazioni. Il Forum sociale europeo, in questo
senso, e' stato un successo. (vedere l'appello dei movimenti sociali).
*
2. E le donne in tutto questo
Del buono e del meno buono.
Il piu' alto numero di iniziative delle donne al Forum sociale europeo sono
state promosse o sostenute dalla rete europea della Marcia mondiale delle
donne.
Questa e' stata particolarmente rappresentata dai coordinamenti italiano,
spagnolo, francese e greco, con altre compagne provenienti dalla Svizzera,
dal Belgio, dall'Austria, dalla Gran Bretagna, dalla Germania. Noi siamo
state impressionate dal numero di giovani donne presenti. Durante i tre
giorni, sostenere la presenza allo stand della Marcia ci ha permesso di
prendere contatto con molte di esse, alcune in associazioni di giovani, di
scambiare le nostre esperienze e di prendere appuntamenti per proseguire i
lavori insieme.
Se il numero di donne nel forum non aveva nulla da invidiare a quello degli
uomini, non e' stato lo stesso per il numero di interventi uomini/donne. Uno
sforzo e' stato fatto per le conferenze mentre si puo' dire senza esagerare
che le tribune dei seminari e delle finestre della sera erano soprattutto di
tonalita' "vecchio maschio bianco". Numerosi sono stati i tavoli di
presidenza esclusivamente maschili e si e' potuto contare fino a 20
interventi dalla sala senza una donna.
Di chi la "colpa"? Noi non rigettiamo la responsabilita' solo sugli
organizzatori del Forum sociale europeo, questa situazione e' purtroppo lo
specchio di cio' che avviene nelle organizzazioni e associazioni. Tocca ad
esse, tramite le loro delegazioni di relatori/relatrici, di far si' che il
forum innovi anche questo aspetto e che si ponga all'ascolto della parola,
delle analisi e delle esperienze delle donne.
Le associazioni femministe hanno anch'esse le loro responsabilita' e ci
possiamo interrogare, in rapporto a Porto Alegre, sui pochi seminari tenuti
sulla questione. Manca l'interesse per il Forum sociale europeo? Manca la
disponibilita' e le finanze per parteciparvi ? O le cause sono altre ancora?
Bisognera' riflettere e consultarci molto per preparare il prossimo forum.
*
La conferenza "Uomini e donne: un conflitto necessario per un futuro comune"
Si e' tenuta nella Sala dei Congressi piena (circa 2.000 persone), con un
pubblico per la stragrande maggioranza femminile e di tutte le eta'. Le
relazioni introduttive hanno illustrato le varie dimensioni del patriarcato
nella vita politica, nel mondo del lavoro e nella sfera personale. Un'ora e'
stata dedicata al dibattito, donne di diversi paesi hanno testimoniato o
fatto domande o polemizzato con le relatrici.
Siamo in possesso delle tre introduzioni: "Potere politico e democrazia di
genere" di Lidia Cirillo, "Le radici del dominio patriarcale" di Christine
Delphy, e "Il conflitto di genere nel mondo del lavoro" di Laura G. de
Txabarri, in lingua originale.
*
Il seminario " Prostituzione, tra schiavitu' e scelta"
Difficolta' tecniche hanno compromesso lo svolgimento di questo seminario.
La sala che ci era stata assegnata non assicurava ne' microfoni ne'
traduttori/traduttrici e si teneva vicina a un altro seminario molto
rumoroso sulla Palestina e con microfoni. Alcune tra le organizzatrici, come
le rappresentanti delle prostitute, si sono sentite umiliate e maltrattate e
hanno vissuto la situazione come l'ennesima oppressione da parte degli
organizzatori del Forum sociale europeo. Da cio' e' nata la decisione di
protestare in sala stampa per pubblicizzare attraverso i mass media
l'avvenimento.
Questa azione, da non tutte condivisa, ha fatto perdere del tempo, del
pubblico e qualche relatrice, in particolare. Il seminario si e' in effetti
spaccato in due, sfortunatamente, secondo linee di divisione politiche e
geografiche.
*
Il seminario "Che cosa diventa la libera scelta delle donne tra
interdizioni, integralismo religioso, nuove tecniche di procreazione e
mercificazione del corpo"
Circa 300 persone a questo seminario. Le relatrici hanno messo a fuoco nei
loro discorsi aspetti molto differenti della questione della libera scelta,
dall'interpretazione delle implicazioni delle nuove tecniche di procreazione
medicalmente assistita, alla questione dei fondamentalismi religiosi e alla
lesbofobia.
Sfortunatamente, anche qui, la traduzione non era delle migliori, cosa che
non ha favorito il dibattito.
*
Il seminario "Donne e Sindacalismo"
Ha riunito 180 persone di 12 paesi. Dopo gli interventi di responsabili dei
sindacati francese, italiano e greco, c'e' stato il dibattito con le
presenti in sala, gli interventi vertevano principalmente sul ruolo delle
donne nei sindacati e sulle loro difficolta'.
A conclusione di questo seminario e' echeggiata l'idea di rifare un
seminario intersindacale delle donne europee al prossimo Forum sociale
europeo, con la proposta delle francesi di assumere uno o due temi sui quali
lavorare insieme nel corso di quest'anno preparatorio. Indirizzi di posta
elettronica di responsabili sindacali sono stati raccolti, ci apprestiamo a
metterci all'opera a partire da questi indirizzi nel tentativo di allargare
il campo nel corso del prossimo anno per rivolgerci alle organizzazioni
attraverso la preparazione del Forum sociale europeo.
Problema: costruire una rete di sindacaliste in Europa o una rete
strutturata di rappresentanti di sindacati, o entrambe le cose mescolate?
Porremo la questione alle responsabili di sindacati di cui abbiamo gia'
l'indirizzo.
*
Altri seminari hanno avuto luogo dove noi non siamo potute andare e di cui
sollecitiamo il resoconto:
- "Per un'Europa disarmata e neutra contro la guerra", Convenzione di donne
contro le guerre;
- "Donne migranti, rapporti Nord-Sud: quale politica?", Associazione
Nosotras;
- "Che il futuro non ci sia indifferente: lesbiche, gay e transessuali nel
progetto sociale europeo".
*
Da segnalare la presenza di giovani donne della rete Next Genderation che
hanno organizzato un laboratorio sulle "missing link" tra il femminismo
accademico e quello militante, tra il femminismo in generale e il movimento
antiglobalizzazione.
Si tratta di una rete internazionale di giovani donne studentesse e laureate
che lavorano nei differenti campi degli studi femministi o di genere (sia
che essi siano istituzionalizzati nelle facolta' universitarie o meno) con
un'attivita' nei movimenti sociali che combina analisi di genere, di classe,
di razza e d'orientamento sessuale.
Sono venute mercoledi' pomeriggio alla riunione del coordinamento europeo
della Marcia e sabato mattina al seminario sulle nostre prospettive e
potremo fare un percorso insieme. Il loro sito:
http://nextgenderation.let.uu.nl/
*
Il seminario "Dopo la Marcia del 2000, quali sono le strategie di lotta
delle donne europee?"
Promosso dalla Marcia mondiale delle donne sabato mattina prima della
manifestazione (circa 150 persone), ha riunito differenti partner europee
della Marcia delle donne.
"E' necessario far convergere le nostre iniziative e rafforzare la nostra
cooperazione a livello europeo" ha dichiarato Anne Leclerc (Francia). Per
pesare sulle politiche dell'Unione europea si tratta di organizzare una
larga mobilitazione delle donne in occasione della prossima riscrittura del
trattato europeo.
Nadia de Mond, rappresentante della Marcia delle donne italiana, ha
sottolineato il bisogno di rafforzare i legami e gli scambi con il movimento
per un altro mondo possibile ("altromondista") spingendo contemporaneamente
il femminismo ad accelerare il passo. "Poiche' non vogliamo strutture
burocratiche o centralizzate dobbiamo prendere l'iniziativa di rafforzare la
nostra cooperazione" ha precisato.
Concretamente, due proposte hanno avuto consenso nel corso del laboratorio.
L'una consiste nell'identificare un certo numero di temi di dibattito, come
i diritti delle donne immigrate, il diritto delle donne a decidere del loro
corpo, la lotta contro la poverta' e la precarieta', e la lotta contro
l'estrema destra in Europa. Altri argomenti sono stati lanciati da
differenti partecipanti al laboratorio: la violenza e la prostituzione,
l'impiego.
La seconda proposta riguardava l'organizzazione di un forum femminista
europeo che dovrebbe precedere il prossimo forum sociale europeo del 2003
che si terra' a Parigi e a Saint-Denis in Francia, al fine di creare una
situazione dinamica e una mobilitazione delle donne. L'obiettivo e' sempre
di aggregare tutte le reti femministe esistenti a livello europeo.
C'e' stato un dibattito sulla difficolta' rappresentata dallo svolgimento
del Forum sociale mediterraneo quindici giorni dopo.
*
La manifestazione
Dopo una corsa contro il tempo (noi avevamo il nostro seminario il sabato
mattina, mentre altre si inserivano gia' in posizione nel corteo) e
costeggiando il corteo, un blocco di donne, combattivo, gioioso, rumoroso e
creativo ha raggiunto la testa della manifestazione, che oltrepassava nel
suo insieme tutte le previsioni, per piazzarsi dietro la delegazione del
Forum sociale europeo stessa e dei/delle lavoratori/lavoratrici della Fiat
in lotta. Eravamo tante e gridavamo: "Guapas, listas, antimilitaristas".
*
Ricordare questa data: prossimo coordinamento europeo della Marcia il 22 e
23 febbraio a Zurigo, in Svizzera.
Proponiamo che questa riunione sia anche l'occasione per preparare la
giornata "donne" del Forum sociale europeo 2003. Questo coordinamento e'
dunque aperto alle associazioni e alle reti che desiderano organizzarla
insieme a noi.
4. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: UN GESTO DAL BRASILE
[Amelia Alberti (per contatti: lambient@tiscalinet.it) e' presidente del
circolo verbano di Legambiente, e collaboratrice di questo foglio]
Lo so bene che certi gesti sono simbolici e magari anche un tantino
demagogici, ma siamo esseri umani, che ragionano e si esprimono per mezzo di
codici e che da questi traggono gioia e dolore.
E' con gioia quindi che abbiamo letto questa breve nota, che non ha bisogno
di altri commenti.
"Il nuovo governo brasiliano ha rinviato di un anno l'acquisto di una nuova
generazione di jet supersonici, destinando il miliardo di dollari gia'
stanziato al programma per la lotta alla fame. 'Nel momento che il paese sta
vivendo, il presidente Lula pensa che una cifra simile sarebbe meglio
utilizzata per comprare alimenti' ha detto il neoministro della difesa Jose'
Viegas, specificando che il 'progetto Fx' - come e' chiamato il bando di
concorso attraverso il quale Brasilia vuole cambiare i suoi caccia - non
viene abbandonato ma rinviato di un anno (per ora). Il progetto prevedeva
l'acquisto di 12 caccia, che potevano essere 24 se fossero stati fabbricati
in Brasile: Lockheed Martin, Dassault, Bae, Mikoyan e Sukhoi tra i giganti
aeronautici militari che dovranno rassegnarsi ad attendere. Continuare a far
volare i vecchi Mirage III non sara' l'unico contributo delle forze armate
alla svolta di Lula: d'ora in poi i meno abbienti del Brasile potranno
utilizzare piscine, campi da calcio, piste di atletica e palestre di 36
caserme sparse nel paese" (cfr. l'articolo di Frei Betto, Il mio amico Lula,
in "Il manifesto" del 4 gennaio 2003).
5. SEGNALAZIONI. LAURA LANZILLO PRESENTA IL NUOVO LIBRO DI DIOTIMA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 gennaio 2003]
Ogni libro vive di vite molteplici, diverse eppure collegate, strettamente
intrecciate fra di loro.
Quando leggo un libro, qualsiasi libro, narrativa o saggistica che sia, mi
scopro a interrogarmi su di esso come sopra un ente vivo, non statico, ma in
movimento, che mi guarda e dialoga con me e con cui io, a mia volta, scambio
sguardi e parole. Ed e' in questo scambio che si intrecciano le vite, la mia
(le mie) e le sue. Un libro vive singolarmente, come ente autonomo; ma un
libro vive anche della vita che gli ha donato il suo autore, in qualche modo
dalle sue pagine scopriamo qualcosa di chi l'ha scritto; e un libro vive
anche della vita che gli dona chi lo legge, che non e' mai la stessa vita,
ma e' generata dalle sensazioni sia interiori sia provenienti dall'esterno
che prova chi sta leggendo in quel momento, preciso e puntuale, proprio
quelle pagine.
La percezione lucida delle molteplici vite che si intrecciano in una pagina
scritta l'ho provata leggendo l'ultimo volume uscito in libreria a firma
della comunita' filosofica femminile di Diotima (Approfittare dell'assenza.
Punti di avvistamento sulla tradizione, Liguori, pp. 224, euro 13,50).
E' un libro complesso, non facile, e che tuttavia tiene il lettore fra le
sue pagine, quasi prendendolo per mano, accompagnandolo nella lettura, per
chiedergli tuttavia non un esercizio di autocoscienza, bensi' una
partecipazione non solo intellettuale, ma anche pratica, concreta, dunque
politica.
Nel leggere le pagine di Diotima, nel procedere nella lettura come nel
ritornare indietro e rileggere pagine gia' lette, ho piu' volte sentito
vivere quelle pagine e ne ho scoperto l'intreccio di vite, quelle singolari
delle autrici che ne hanno scritto i saggi, quella collettiva della
comunita' di Diotima all'interno della cui continua discussione i testi sono
stati elaborati, ma anche la mia vita e quella dell'epoca tragica e
travagliata che viviamo in questi mesi.
Un intreccio e non una somma algebrica, qualcosa cioe' che spezza e rompe
una visione e una lettura lineare degli eventi e delle parole che quegli
eventi narrano, un qualcosa che nomino, appropriandomi della parola che
Luisa Muraro usa nell'introduzione, "intermittenza", di cui la vita delle
donne, di ogni donna e di tutte le donne diventa momento esemplare. Ma la
parola intermittenza in queste pagine non si connota di un'idea negativa di
precarieta' e dunque di inaffidabilita', ma ha in se' il bagliore
dell'originalita', di cio' che origina, nasce, che di nuovo ha vita, e che
porta in se' l'eccesso della novita' e al tempo stesso il debito verso chi
lo ha fatto nascere.
Con una scrittura, giova ripeterlo, che ha in se' il segno polemico della
vita - che nella nostra epoca tragica, dominata dalla guerra e dalla morte,
acquista la dimensione del manifesto politico -, queste autrici entrano
proprio nella concretezza dell'azione politica, riflettendo su un tema,
quello della tradizione, classico nella riflessione filosofica, e che
tuttavia Diotima affronta operandone un significativo spostamento lessicale.
*
Per il punto di vista femminile non e' nella continuita' che si da'
tradizione, ma nella sua assenza e nel suo silenzio, che solo se tale si
rivela parlante, cioe' si ancora alla concretezza storica vissuta e non piu'
artificialmente rappresentata.
Un gesto di rottura, dunque, che si pone in conflitto con la tradizionale
storia narrata al maschile, e a cui si affianca un ulteriore gesto di
rottura: il prendere parola, il mettersi in gioco non sulla questione dello
spazio (che tanto seduce i nostri compagni maschi), ma su quella del tempo.
E di nuovo non il tempo storico, che, comunque si declini il rapporto
passato-presente-futuro, sempre lineare e immaginato e', ma il tempo
ciclico, che ogni donna pratica innanzitutto nella relazione primaria con il
proprio corpo.
Come ci ricorda Ida Dominijanni, "un corpo femminile sa che il tempo va
periodicamente avanti e dietro, progredisce e regredisce, sfreccia e si
avvita su se stesso"; un sapere questo del tempo ciclico che muta
radicalmente la relazione che le donne intrattengono con se', con gli altri,
con il mondo, e che determina nella riflessione femminile un diverso punto
di vista su di se', sugli altri, sul mondo, e di conseguenza un diverso modo
del darsi dell'azione (politica) propria, con gli altri e nel mondo.
Se il discorso pubblico e politico, che narra un quotidiano ogni giorno piu'
tragico, e' connotato dai concetti di morte, guerra, violenza legati insieme
dalla disputa per lo spazio sia fisico sia culturale (leggo in questi
termini il terrorismo e la guerra "infinita" contro il terrorismo, la guerra
che insanguina i territori israeliani e quelli palestinesi e la tragedia del
popolo ceceno come di quello curdo, le barriere innalzate contro coloro che
vengono bollati come clandestini e le retoriche sullo scontro fra Oriente e
Occidente e sulla presunta fine dell'Occidente, ma anche le cronache
nazionali di omicidi fra familiari, di vicini, di uomini che uccidono donne,
di piccoli uomini che uccidono piccole donne), la parola singolare e
collettiva di Diotima oppone un discorso sulla tradizione.
Il "punto di avvistamento sulla tradizione" si fa, allora, discorso su una
modalita' di essere e fare tradizione che e' differente dalla tradizione
maschile del potere che ha ed e' tradizione perche' domina - attraverso
modalita' di assimilazione o di esclusione - l'altro da se', costringendolo
al silenzio, cioe' al suo annientamento.
La tradizione di cui ci parla Diotima si costruisce contro il potere che
sovrasta, sull'autorita' che sostiene (dal basso) e che fonda le nostre
relazioni, rivelandoci sia il dono sia il dovere della vita; e la tradizione
diventa allora discorso sul tempo e sul conflitto che innesca ogni relazione
fra individui e che, allora, non e' foriero di morte, ma di vita reale. Una
tradizione che e' incapace di costruire e dunque di raccontare linearmente
la storia delle donne e della pratica di pensiero femminile. Un'incapacita'
questa che pero' si rivela produttiva, perche' non mette in scacco il
femminismo della differenza - a cui la comunita' di Diotima si collega -, ma
gli permette di comprendere concretamente la propria differenza; di sapere -
con le parole di Anna Maria Piussi - "sopportare, oggi, i vuoti, le assenze,
anche le sconfitte, con una certa leggerezza (...) una volta riconosciuto
come inutile fardello il volontarismo e il dover essere connessi al bisogno
di durare".
*
Al tempo come durata (del potere) si oppone un tempo differente, un tempo
che e' il tempo vivo delle donne che animano il vangelo di Matteo e che ci
vengono ricordate da Chiara Zamboni, un tempo che proprio perche' "vissuto
in una presenza carnale e orientante", quella di Gesu', e' semplice e dunque
"e' tempo rivoluzionario e non privato".
Un tempo che e' anche un tempo di rottura poiche' fa tabula rasa, come
scrive Annarosa Buttarelli, ma che nel tradimento di quello che appare come
tradizione ritrova la propria tradizione, "la sorgente della fedelta' alla
madre e a cio' che sta all'inizio".
Un tempo che e' difficile da vivere, un tempo che richiede di mettersi in
gioco, che in opposizione al discorso politico maschile, neutralizzante e
normalizzante, impone di entrare in relazione, in contatto con la differenza
dei corpi che ci circondano, di assumere cioe' "il farsi concreto della
storia".
Un tempo che si chiede "ma chi te lo fa fare?".
E' nella stessa domanda che emerge la relazione insopprimibile e ineludibile
che ci vincola al senso del presente, un presente che non e' immaginato,
rappresentato, ma vissuto nella comprensione del tempo che ci e' si' alle
spalle, ma che vive in noi come tradizione fatta di intrecci, di nodi, di
debiti che il presente per farsi tale, per nascere, deve agire, cioe'
tagliare come si taglia il cordone ombelicale, ma che al tempo stesso non
puo' che riconoscere come propria origine.
Un tempo che e', in definitiva, tempo dell'assenza, che e' il tempo -
seguendo Luisa Muraro - di Diotima, la maestra di Socrate, la maestra (o la
tradizione) assente, che manca, ma che la mancanza fa presente; e' il tempo
di Eros, il dio dell'amore, figlio di Carestia e Passaggio, un tempo dunque
che c'e' perche' sente la mancanza, che desidera senza doversi appropriare
(e dunque distruggere) dell'oggetto del desiderio, "perche' l'amore fa del
niente un passaggio al suo avvenimento".
*
Quello che emerge dalle pagine del libro di Diotima e' allora un tempo
"imprevisto", un tempo libero, il tempo della liberta' femminile.
Quella liberta' che se riconosce il dono racchiuso nelle pagine di un testo
della tradizione politica del pensiero occidentale, la Dichiarazione dei
Diritti del 1789, di quel testo, e dunque di quella tradizione, rifiuta -
come ricorda Diana Sartori - la simmetria che innesta il discorso
occidentale dei diritti, fondato su una giustizia degli uguali, un
equilibrio di potenze alla pari e che esclude chi a tale modello non e'
equiparato o non si lascia equiparare, perche' diverso.
Una liberta', quella femminile, che invece si da' perche' dei diritti
riconosce anche il rovescio, "cio' che dobbiamo nel senso del debito in cui
ci pone questo nostro essere dipendenti per quel che abbiamo ricevuto alla
nascita, che ci e' stato donato senza che lo chiedessimo e ne avessimo
diritto".
*
Una vita e un tempo differenti quelli che animano le pagine del volume di
Diotima, perche' non si generano sulle parole d'ordine della paura della
morte, dell'immunizzazione dal rischio, della ricerca di sicurezza e della
necessita' di barriere e confini dentro e fuori di noi, che alimentano il
discorso politico delle odierne democrazie. Una vita e un tempo che, invece
che neutralizzazione della liberta' eccedente, si fanno liberta', cioe'
concretamente azione politica, poiche' della tradizione riconoscono non il
segno del passato, ma il lampo sul futuro, che si apre all'imprevisto,
all'eccesso, a cio' che esce dalla norma, al nuovo; a cio' che sempre ancora
continua a nascere, rinnovando, nella capacita' di differire da se' che e'
la nascita, il gesto piu' rivoluzionario che il corpo della donna oppone al
potere maschile.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 474 del 12 gennaio 2003