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dicembre 2002, striscia di Gaza COMUNICATO La sera dell’11 dicembre ci giunge la notizia dell’incontro a Roma del
primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, con il presidente israeliano, Moshe
Katsav. Secondo quanto riportato dall’ANSA: “Il premier ha chiuso le porte di
Palazzo Chigi ai rappresentanti di Arafat subito dopo la strage di Netanya nel
marzo del 2002(…). Berlusconi avrebbe promesso a Katsav l’appoggio
incondizionato dell’Italia al diritto di Israele di vivere in pace nel suo
territorio”.
Ieri,
12 Dicembre, 5 persone sono state
uccise mentre tentavano di uscire dalla striscia di Gaza, lo stesso esercito
israeliano ha confermato che erano disarmati. La sera dell’11 dicembre presso il
check point di Abu Holi, che divide in due la striscia, sono stati feriti due
palestinesi mentre stavano spingendo la loro macchina rimasta in panne. L’8
Dicembre a Rafah, al confine con l’Egitto, una donna è rimasta uccisa dai
soldati israeliani, i suoi tre bambini sono stati feriti. Il 6 Dicembre
l’incursione di circa 40 tank israeliani nel campo profughi di Bureij, a sud di
Gaza, ha provocato la morte di 10 persone, tra cui una donna e i suoi quattro
bambini, e circa 20 feriti.
Attualmente
la striscia di Gaza e’ ermeticamente chiusa per i palestinesi: non si può
entrare ne’ uscire. Il 40% della striscia e’ occupata dagli insediamenti
israeliani (e dalle relative zone di sicurezza attorno ad essi, dalle by pass
road e dalla green line) in cui vivono circa 6.000 col israeliani (0,5% della
popolazione della striscia di Gaza). Nel restante 60% vivono 1.250.000
palestinesi. Da un punto di vista strategico gli insediamenti servono a
giustificare la presenza delle basi militari israeliane nella striscia, lo
sfruttamento delle risorse idriche e ad impedire la realizzazione dei diritti
civili palestinesi
Ci
rendiamo conto che “il diritto di Israele a vivere in pace nel suo territorio”,
diritto del tutto legittimo, non sarà il frutto di questa palese situazione di
ingiustizia. Non è possibile raggiungere la pace con un esercito che
deliberatamente spara sui civili, blocca le strade, distrugge case, sradica
ulivi. Non si arriverà mai alla sicurezza per il popolo israeliano mantenendo
quello palestinese in un clima di terrore e oppressione permanente.
Quotidianamente, ormai da molti mesi, siamo testimoni del deterioramento
graduale della situazione, della perdita di speranza da parte della gente,
dell’intensificarsi della violenza.
In
tutto questo i paesi occidentali hanno un’enorme responsabilità: in questo
conflitto, come in qualsiasi altro, non è possibile proporsi come mediatori di
pace schierandosi senza condizioni con una sola delle parti coinvolte, in questo
caso con quella israeliana. Se da un lato si condanna -giustamente- l’uccisione
di civili israeliani da parte dei palestinesi, dall’altro si resta silenziosi
sulla politica del governo israeliano, che ufficialmente esprime la propria
volontà di pace, ma concretamente mette in atto l’espansione degli insediamenti,
la confisca di terre palestinesi, la distruzione delle infrastrutture sociali e
politiche. Lo stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato
diverse risoluzioni (vincolanti per gli Stati membri) in cui si condanna la
politica israeliana: a partire dalla risoluzione 242 (1967) in cui si chiede “il
ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati” nel corso del
conflitto, fino ad arrivare alla risoluzione 1435 (2002), adottata lo scorso
Settembre, in cui oltre a “richiedere la completa cessazione di tutti gli atti
di violenza, inclusi gli atti di terrorismo”, si “richiede anche il rapido
ritiro delle forze di occupazione israeliane dalle città
palestinesi”.
Constatiamo
come ancora una volta le azioni e l’atteggiamento del nostro Governo siano
dettati non dalla sensibilità verso la sofferenza di un popolo o dal rispetto
dei diritti umani, ma dagli interessi strategici e politici del nostro paese.
Rifiutiamo
questa logica, non per diversa posizione politica o ideologica, ma perché
vivendo qua, al fianco delle vittime, siano esse israeliane o palestinesi, ci
rendiamo conto della falsità e dell’opportunismo delle dichiarazioni del
Presidente del Consiglio.
Pertanto chiediamo che il Governo italiano intraprenda una politica estera per il medioriente che tenga conto anche delle gravi violazioni dei diritti umani di cui si rende costantemente responsabile il Governo Israeliano e che abbia l’obiettivo di favorire il processo di pace e di tutelare i diritti fondamentali di entrambi i popoli. I volontari dell'Operazione Colomba - Papa Giovanni
XXIII
Per contattare i nostri volontari nella striscia di Gaza +972 55
940773
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