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Il silenzio di Dio
IL SILENZIO DI DIO E LA
SPERANZA DEGLI UOMINI
Michele DI SCHIENA
“Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la
città, ecco gli orrori della fame”:
dopo ventisette secoli il profeta Geremia torna a scuotere le coscienze
attraverso le parole pronunciate dal Papa in Vaticano durante l’udienza
generale dell’11 dicembre. La spada e la fame, la guerra e l’ingiustizia,
la violenza e lo sfruttamento, l’arbitrio e l’asservimento hanno sempre
tristemente segnato la storia dell’umanità ma oggi affliggono e
sgomentano di più perché sono per la prima volta la conseguenza di un
“nuovo ordine mondiale” modellato a misura degli interessi dei forti ed
in danno delle ragioni dei deboli, voluto da un pensiero “unico” e da un
“unico” potere.
Un sistema, quello nel
quale viviamo, che si presenta sotto la maschera della civiltà e della
democrazia ma che è sostanzialmente ingiusto e violento perché consente
al 20 per cento della popolazione mondiale di disporre dell’83 per cento
delle risorse mentre all’altro 80 per cento degli uomini rimane meno del
17 per cento dei beni e dei mezzi necessari per vivere. Un sistema che
lascia poi ad un miliardo e mezzo di poveri, quelli costretti a vivere
con meno di un euro al giorno, soltanto l’1,4 per cento delle risorse
condannandoli ad un destino di miseria e di morte, un destino riservato
anche alle popolazioni vittime delle guerre e dei terrorismi che a
vicenda si alimentano ed insieme seminano sofferenze e disastri. Un
destino che, nel pensiero del Pontefice, è la ragione profonda di tante
solitudini e di tante insoddisfazioni.
“Perché ci hai colpito e non c’è rimedio per
noi?”: è la domanda-supplica che il
Pontefice, con le parole del Profeta, rivolge a Dio, un interpello ed
un’invocazione che si convertono in un annuncio ammonitore e penetrante:
“oltre alla spada e alla fame, c’è una tragedia maggiore, quella del
silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo
cielo, quasi disgustato dall’agire dell’umanità”.
Questo Papa – dice
Massimo Cacciari commentando le parole del Pontefice – è un profeta,
profeta è chi parla di fronte ad un popolo che lo ascolta sicché, quando
la risposta è l’indifferenza, il profeta cessa di essere tale. Dunque –
aggiunge il noto filosofo – davanti a questo silenzio “la Chiesa
dovrebbe passare dalla parola all’azione, dovrebbe dire chi sono i
sepolcri imbiancati, chi sono gli ipocriti, i mercanti del tempio, i
mercanti di guerra”. Può darsi che Cacciari abbia ragione. Forse la
Chiesa dovrebbe fare anche questo ma, se lo facesse, rimarrebbe con ogni
probabilità ugualmente inascoltata se per ascolto s’intende l’immediato
accoglimento del messaggio e la sua meccanica traduzione in fatti ed atti
sociali e politici. E sì, perché i profeti religiosi e quelli laici
(profeti laici perché hanno anch’essi acceso grandi luci nella storia)
sono sempre ascoltati anche quando sembra che le loro parole cadano nel
vuoto e si disperdano nel deserto di attenzioni e di risposte.
Il fatto è che questi profeti, grandi e piccoli, famosi e anonimi, non
sono – come sembra ritenere Cacciari – quelli che parlano e ottengono
subito ascolto e consenso, ma coloro che parlano agli uomini col
linguaggio della verità per risvegliare in essi i grandi valori di
giustizia, di solidarietà e di pace, quei valori che Dio (per i credenti)
o l’evolversi della coscienza universale (per i non credenti) ha scritto
nel cuore degli uomini e che nessuna cinica cultura o nefasta politica
può del tutto stravolgere o cancellare. Le parole e le testimonianze dei
veri profeti (i falsi si conosceranno evangelicamente dai frutti) non
cadono mai, al di là delle apparenze, nella indifferenza e nella non
curanza ma aiutano e stimolano le buone volontà provocando nel contempo
forti ripulse, anche se spesso mascherate da formali ossequi o da
imbarazzate distrazioni. Ed in qualche modo queste parole e queste
testimonianze spingono in avanti, sia pure con fatica tra cadute e
ripiegamenti, il lento ma inarrestabile cammino dell’umanità.
Le ispirate parole del Papa sul silenzio di Dio che è, nella profezia del
Pontefice, il silenzio delle coscienze che si chiudono alla verità ed il
suo riferimento al disgusto di Dio per l’agire dell’umanità e cioè per il
rivoltante peccato di chi l’umanità offende ed umilia, scendono allora –
secondo la suggestiva invocazione manzoniana – come “aura
consolatrice” sugli umiliati ed offesi e sui costruttori di pace ma
scendono anche come “bufera sui tumidi pensieri” dei violenti che
teorizzano e praticano l’egoismo sistematico e la guerra infinita.
Brindisi, 13 dicembre 2002
Michele DI SCHIENA