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LETTERA novembre
LETTERA 85 - novembre 2002
1. Fiumi
Novembre, mese di fiumi. Fiumi che escono dagli argini, trascinano sulle
coltiva-zioni tronchi d'alberi e pietre e automobili e il fango velenoso
delle fabbriche al-lagate. Fiumi che sbrecciano la terra, si ingrossano sui
pendii delle montagne traendone frane rovinose, travolgono povere case che
sembravano meravigliose a chi se le era costruite con sacrifici annosi,
talvolta con le proprie mani.. Fiumi in-grossati in poche ore da una
pioggia cattiva, diluviale, che infierisce come mai aveva fatto nei secoli
scorsi; agitati da venti di una brutalita' che non conosceva-mo; e gli
scienziati convocati dagli ormai inguardabili telegiornali, a dire che le
cose sono cambiate, che volete farci? adesso e' cosi', dobbiamo abituarci a
questa nuova violenza degli elementi: quasi che un'orrenda fatalita' o un
dio malvagio avesse deciso di rendere il mondo piu' difficile da abitare,
corrose le stagioni, piante che fioriscono ai margini dell'inverno e nevi
im-provvise a primavera inoltrata, e trombe d'aria dove non se n'erano mai
viste. E i nostri politici a improvvisare stati di emergenza, provvedimenti
economici, che arrivano con mostruosi ritardi e dei quali si arricchiscono
spesso le mafie locali. Continuando a cementificare, dovunque. E nessuno (o
quasi) ad alzare la voce per dire: non e' un creatore impazzito a
violentare la Terra, a sfigurarla, siamo noi uomini: i criminali (criminali
o criminalmente inetti) che ci governano senza voler guardare il futuro,
consegnandolo senza rimorsi a un industrialismo selvaggio che ha occhi
soltanto per i listini di borsa; senza neppure tentare di opporsi al potere
imperiale che dice "Non rompeteci le scatole: sugli inquinamenti
industriali, sullo sfacelo planetario fate gli accordi che volete, noi non
li firmiamo - e se li abbiamo firmati li rinneghiamo".
Sulle rive di quei fiumi noi piccoli, in silenzio, impauriti, solo a tratti
incolleriti, ma incapaci di strapparci alle speranze di qualche
misero tornaconto individuale che fu alla base del nostro voto alle elezioni.
***
Fiumi umani, rossi di bandiere e di collera. Martedi scorso sono stato a
lungo a contemplare il corteo dei metalmeccanici,venuti a Roma per dire no
alla distruzione del loro futuro. Chi ha detto che gli operai non ci sono
piu'? Martedi erano tanti e compatti a sfilare per le vie della Ca-pitale.
Che lunga storia portavano con loro: di diritti negati, conquistati,
nuovamente posti in pericolo; e, sempre, la condanna a incerti domani.
Quelli della FIAT, poi, sono i "figli di un dio minore" nella vicenda di
una grande impresa, una azienda gonfiata a dismisura dalle scelte
po-litiche che hanno privilegiato in Italia i trasporti su gomma (e su
asfalto e cemento); un'industria ai cui margini, negli anni d'oro,
un'oligarchia di super-azionisti si divideva "interessi" pari al
monte-salari di centinaia di migliaia di lavoratori. Adesso che i nodi sono
ve-nuti al pettine e l'insipienza dei padroni e dei dirigenti e' esplosa in
una crisi durissima, quei guadagni, che portarono la dinastia degli
Agnelli sempre piu' su nella classifica mondiale dei Ricchi, sembrano
evaporati, il piano dell'azienda (e dei padroni) e' cassa integrazione a
zero ore, nerissime nubi sull'avvenire dei dipendenti e, una volta di piu',
come sempre nei momenti difficili, il ricatto allo Stato: "Noi non possiamo
fare altro".
***
Lunghi rivoli neri o grigio-scuro di parlamentari che scendono
dall'emiciclo di Montecitorio a brucare devotamente la mano del Vecchio
Pontefice venuto a visitare il parlamento italiano, con buona pace della
laicita' dello Stato. Inchini e sorrisi da pubblici peccatori, per usare
una terminologia cara al Vaticano; da razzisti e da gente pronta a portare
l'Italia in guerra, per dirla in maniera piu' schietta. Naturalmente in
questo parlamento, come in quelli di tutti i tempi della democrazia
italiana, non mancano persone "per bene"; ma anche loro, come tutti noi,
avrebbero avuto bisogno (piu' che mai in questi giorni) di un profeta: e
hanno incontrato soltanto un ri-spettabile moralista di buon senso. Le due
parole-chiave del nostro tempo ("razzismo", per l'appunto; e "guerra") non
sono state pronunziate: eppure sono i massimi peccati sociali, quelli di
cui il parlamento puo' rendersi (e gia' la maggioranza si e' resa; e
nuovamente sta per render-si) colpevole. Ma ci si poteva davvero attendere
una profezia? Quello che e' entrato nell'aula di Montecitorio doveva essere
considerato, secondo il cerimoniale, un Capo di Stato (neppure di uno Stato
democratico, per la verita') non un apostolo. Bastava quell'orribile
bandiera bianco e gialla con la tiara e le chiavi incrociate posta sul
balcone della Camera per comprendere che cio' che si celebrava era un
incontro di VIP, non di coscienze.
Chissa' dove si e' fermato Cristo, quel giorno. Io ho risentito nel mio
cuore, con una nostalgia che quasi mi faceva piangere, la voce di Paolo VI
nel Palazzo di Vetro, a New York, anno 1966, levarsi come un grido davanti
all'assemblea dei popoli: "Mai piu' la guerra, mai piu'!".
***
Rigagnoli di fogna che fuoriescono dalle condotte. Leggi prostituite ad
personam per garantire impunita' a potenti che si ritengono intoccabili. Un
presidente del Consiglio che, chiamato a te-stimoniare in un processo per
mafia, si avvale della facolta' di non rispondere, cioe' si rifiuta di
aiutare i giudici nel loro lavoro. Vere e proprie minacce, in
continuazione, ai magistrati che pronunziano sentenze sgradite al Cavaliere
e al suo squadrone..
E "il caso Andreotti". Presunto innocente sino a condanna definitiva,
naturalmente. Terribili le imputazioni, gravissima la condanna, tanto piu'
per un vecchio. Ma, senza attendere di leggere le ragioni della sentenza,
ecco scattare un processo di beatificazione dell'uomo che per mezzo secolo
sedette sulle poltrone piu' importanti dei governi italiani. Fa sapere di
essere turbato Carlo Azeglio Ciampi (che pure e' il presidente del
Consiglio superiore della magistratura e, almeno lui, dovrebbe mantenersi
sereno e silenzioso davanti alle sentenze dei giudici), manda-no soavi
messaggi di solidarieta' il cardinale Ruini e i vescovi italiani. Il Polo
delle liberta' osan-na l'uomo che, per la verita', non aderi' mai alle
lusinghe berlusco-finiane e lo esibisce come un povero ottuagenario
crocifisso della furia iconoclasta, anzi sadica, dei giudici "rossi".
Nell'opinione pubblica prevale lo sbalordimento: la maggior parte dei
cittadini credeva (e' un sondaggio di cinque anni fa) che Andreotti non
sarebbe mai stato condannato perche' troppo potente. La realta' evapora nel
timore reverenziale, quasi si trattasse di un'offesa gratuita a un
Benemerito della Nazione: come se Andreotti non fosse stato per
cinquant'anni un genio del clientelismo, un monopolista del potere e,
peggio ancora, un amico senza remore e senza pen-timenti di gente come
Salvo Lima, Ciarrapico, Sbardella, i Caltagirone, Vitalone, Lo Prete. (E
quasi non fosse lui che ha portato l'Italia nella guerra del Golfo, alla
faccia della nostra Costi-tuzione).
***
Fiume di acque limpide e colorate, di canzoni e di amicizie antiche che si
aprono in cerchie sempre piu' vaste. Popolo che si rifiuta di stare sulle
rive dei fiumi del consumismo e del potere; che non canta per i Signori che
credono di possedere il mondo ma neppure tiene le cetre appese ai salici:
la musica l'adopra come sfida e come speranza. Popolo di ragazzi che
cercano maestri e non temono di udire parole scomode. Popolo di anziani che
preferiscono ascoltare piuttosto che elargire discorsi che comincino con le
parole "Ai miei tempi…". Popolo di minoranze abramitiche, come le chiamava
Helder Camara, per dire che non hanno paura di lasciare le terre note della
vecchia storia e del sistema "consolidato", per affrontare un cammino verso
la Terra nuova della giustizia fraterna. Popolo di uomini, donne, ragazzi e
anche bambini. come sarebbe piaciuto a Turoldo, penso, a Balducci, a Tonino
Bello, a La Pira, a Dossetti, a Capitini… Firen-ze conquistata da una gioia
di vivere il cui spettacolo dev'essere stato atroce condanna per quella
Fallaci, avvelenata da un odio primordiale, da un delirio di narcisismo.
Popolo di cre-denti, magari senza saperlo, nel vangelo di giustizia e di
liberazione. ma popolo al quale si sono negati i vescovi, anche quello di
Firenze; e si sono negate, per mondanissima prudenza, le "Sentinelle del
mattino": Azione cattolica, ACLI, Movimento scautistico. Drammatiche
occa-sioni mancate per una Chiesa che non riesce a convertirsi al capitolo
XXV del vangelo di Mar-co, vv.31-46 neppure nei giorni in cui lo proclama
dagli altari.
Fiume in cui entrare, tutti noi che vogliamo deporre per sempre le
tentazioni dell'odio, del su-perfluo, della disperazione. Per costruire
insieme - nella certezza che un altro mondo e' possi-bile - il no alle
guerre e paci che siano feste di giustizia per i poveri.
2. I bambini argentini
Al mio appello per la fame dei bambini argentini (di questa atroce
situazione hanno poi parlato a lungo i quotidiani) hanno risposto tre
persone. In conseguenza la raccolta (Coniugi Faccin, Luciana Amato,
Coniugi Masina) e' per il momento di ¤ 650, che saranno consegnate alle
Abuelas de Plaza de Mayo in occasione di una prossima venuta a Roma di
"Lita" Boitano e di Estela Carlotto.
3. Una donna
E' morta a Roma Marisa Musu, 77 anni, partigiana a 19, una donna di
grandissimo coraggio: che non vuol dire folli'a ne' incapacita' di cogliere
la realta', vuol dire capacita' di vincere la paura. Mi racconto' una volta
che un nazista l'aveva fermata mentre portava una borsa della spesa piena
di bombe a mano: "Mi domando' che cosa ci fosse dentro; e con orrore io
sentii la mia voce dichiarare: Bomben. Hai capito? Glielo dicevo pure in
tedesco. Ma non smisi di sorridere e quel sorriso mi salvo': il tedesco mi
diede una pacca sulla spalla. "Va, va|".
Marisa sorrideva con un riso da ragazza anche negli ultimi tempi in cui
sapeva di avere un futu-ro cortissimo, divorato da un cancro. Aveva fondato
in anni ormai lontani il Coordinamento Genitori Democratici, che ebbe un
ruolo fondamentale nella "tenuta" costituzionale della scuola pubblica, e
continuava ad occuparsi di bambini. Giornalista, scrittrice e militante
politi-ca, avendo affrontato di persona, avendo visto con i suoi occhi,
"piu' spaventata che mai", gli orrori dell'occupazione israeliana, aveva
fondato una piccola associazione per l'aiuto ai bambi-ni palestinesi feriti
o mutilati dalla violenza dei soldati di Sharon. Ne sfogliava le fotografie
come se fossero state di figli cari. Credo che penso' di essere gia' un po'
morta quando non pote' piu' andare, con la sua paura e il suo coraggio fra
gli ulivi abbattuti, i mandorli schiantati dai tanks,. le case sventrate di
quella terra santa; a deporre col suo sorriso semi di inesauste speran-ze.
4.I libri
Tutte le amiche e gli amici di LETTERA portano in cuore il ricordo senza
sbiadimenti di Erne-sto Balducci, che ci insegno' a leggere la presenza del
Cristo nella storia. La ricchezza della sua vita e del suo pensiero hanno
trovato adesso una prima (e ammirevole) "sistemazione" in un li-bro di
Bruna Bocchini Camaiani: "Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernita'",
editori Later-za, ¤ 24,00. Bruna ha fatto parte della cerchia intima delle
amicizie di Balducci e tuttavia ne racconta la storia da quella scienziata
che e', senza cedere a sentimentalismi ma con la penetra-zione intuitiva
che l'affetto le concede: storica della Chiesa moderna e contemporanea e
re-sponsabile dell'Archivio della Fondazione Balducci, si e' mossa con
sicurezza in una miniera che si annunzia di enorme ricchezza.
***
Ho letto con crescenti commozione e ammirazione il romanzo di Abraham B.
Yehoshua: "Un divorzio tardivo", Einaudi, ¤ 9,04. E' la storia dolorosa
dello sfascio di una famiglia israeliana, lambita dalle onde della folli'a
e della perversione, in citta' (Gerusalemme, Haifa e Tel Aviv) in cui la
tragedia palestinese non e' neppure avvertita come lontano orizzonte. (Ma
Yehoshua e' uno dei grandi scrittori israeliani che ha sfidato il crudele
editto di Sharon, andando per un giorno a raccogliere le ulive nei
territori occupati).
Un abbraccio affettuoso dal vostro
ettore masina
27 novembre
LETTERA viene inviata a chiunque me ne faccia richiesta. Il mio indirizzo
e': via Cinigia-no 13, 00139 Roma, tel. (06) 810.22.16. Un contributo alle
spese di fotocopiatura e postali e' as-sai gradito. In questo momento il
bilancio e' in rosso… I versamenti possono essere ef-fettuati sul ccp
49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma.
LETTERA puo' essere liberamente riprodotta in tutto o in parte. Saro'
riconoscente a chi, facendolo, vorra' darmene notizia.