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interpellanza urgente NATO - E.Deiana




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Seduta n. 231 del 28/11/2002

(Esito del vertice NATO di Praga con riferimento ad un mutamento di natura 
giuridica e di funzione dell'Alleanza atlantica e ad un'eventuale guerra 
con l'Iraq - n. 2-00555)

PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare la sua 
interpellanza n. 2-00555 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).



ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, il vertice NATO, che si è svolto in 
questi giorni a Praga, è stato portatore di nuovi esiti, con novità 
sostanziali e non solo per l'allargamento del numero di Capi di Stato e di 
Governo. Questa volta si è trattato di una vera e propria trasformazione 
della natura giuridica e della funzione politica dell'Alleanza. Tutto 
questo era stato già, in parte, anticipato nel corso del vertice, che si 
svolse a Washington nell'aprile del 1999 e che elaborò il nuovo concetto 
strategico della NATO.
Oggi, siamo di fronte ad una definitiva ridefinizione della NATO. Parla 
molto chiaramente la dichiarazione sottoscritta a conclusione dei lavori 
del vertice. Di fatto, viene abbandonato - e questo è il punto che intendo 
sottolineare con particolare forza - il principio di natura difensiva che 
presiedeva al trattato e viene accettato quello di guerra preventiva, 
sostenuto dall'amministrazione Bush.
Dunque, il contesto è quello della prevenzione sul piano militare, in 
contrasto radicale con il contesto che presiedeva al Trattato NATO.
Va in tale direzione la decisione di istituire una forza di reazione 
rapida, pronta ad intervenire anche preventivamente - parole della 
dichiarazione - in tutti quei luoghi dove l'Alleanza ritenga necessario, a 
proprio insindacabile giudizio - è, quindi, abolito il ruolo di mediazione 
e di verifica supra partes dell'ONU -, intervenire per arginare e 
contrastare conflitti, controversie o fenomeni di qualsiasi natura 
giudicati pregiudizievoli per la sicurezza dei paesi membri.
D'altra parte, in occasione del viaggio presso le capitali dei due nuovi 
Stati membri della NATO, Lituania e Romania, il Presidente George Bush ha 
avuto modo di spiegare la sua interpretazione della nuova NATO, 
sottolineando esplicitamente sia la validità e cogenza della dottrina 
relativa alla guerra preventiva sia la necessità che la NATO agisca d'ora 
in poi senza ambiguità né tentennamenti dentro questa logica e, anzi, 
rimproverando gli alleati riottosi.
Nei giorni scorsi i giornali hanno data notizia della richiesta rivolta ai 
più stretti alleati, fra i quali l'Italia, di partecipare alla possibile 
guerra contro l'Iraq. Lo statement sull'Iraq, egualmente sottoscritto a 
Praga, chiarisce anche qui un impegno ormai molto avanzato in termini di 
richieste di aiuto e di sostegno per la guerra contro l'Iraq. L'impegno 
italiano dovrebbe essere concentrato sull'uso illimitato dello spazio aereo 
e delle basi in territorio italiano. Tutte queste notizie si intrecciano 
con i recenti bombardamenti di alcune postazioni irachene, colpevoli di 
aver violato l'imposizione decisa da americani, inglesi ed inizialmente 
francesi, ma non dall'ONU, di non levarsi in volo nel cielo iracheno, al di 
sopra del 36o parallelo e al di sotto del 32o, la cosiddetta no fly zone, 
mentre a Baghdad cominciavano gli incontri formali fra i due capi degli 
ispettori e le autorità irachene. Siamo in un contesto di aggravamento 
della situazione internazionale e di precipitazione della situazione verso 
una pericolosa china di guerra.
Tutto ciò rende estremamente difficile il lavoro e il ruolo degli ispettori 
che, come denuncia il capo degli ispettori Blix, sono sottoposti 
all'assedio di una continua escalation di azioni militari e di 
dichiarazioni minacciose che rendono improponibile un lavoro tranquillo di 
verifica reale di come sia la situazione all'interno dell'Iraq per quanto 
riguarda le armi di distruzione di massa.
In questo contesto le domande che vogliamo porre al Governo sono di natura 
diversa ma tutte convergenti sull'unica preoccupazione che noi abbiamo: 
impedire che il nostro paese venga coinvolto in una vicenda micidialmente 
negativa per la ricerca delle vie della pace. Il primo quesito è il 
seguente: se e in che modo il Governo ritenga che siano conciliabili i 
risultati del summit di Praga con l'articolo 11 della nostra Costituzione. 
Una domanda insistente viene dal mondo pacifista: che fine ha fatto 
l'articolo 11 della Costituzione, visto che in questa sede, che è la sede 
che dovrebbe presiedere alle scelte del nostro paese su questo terreno, non 
è stata mai fatta una discussione approfondita?
La seconda domanda che rivolgo al Governo è la seguente: il Premier 
Berlusconi ha espresso un parere positivo e ha dato la disponibilità 
rispetto al coinvolgimento dell'Italia nelle richieste avanzate dal 
Presidente Bush. Chiedo se l'opinione del Presidente del Consiglio sia la 
posizione ufficiale del Governo o sia soltanto un'esternazione personale 
del Premier.
Infine, chiediamo se il Governo non ritenga di dover tener conto in maniera 
vincolante del vincolo posto in sede internazionale dalla risoluzione n. 
1441 dell'ONU e del termine dell'8 dicembre 2002, non inteso in maniera 
ultimativa e terroristica, come sta facendo l'Amministrazione Bush, ma come 
tappa di un percorso di verifica e di reciprocità nel lavoro che gli 
ispettori dell'ONU si accingono a fare all'interno del paese iracheno 
(Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).



PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, onorevole 
Baccini, ha facoltà di rispondere.



MARIO BACCINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor 
Presidente, il vertice NATO tenutosi a Praga il 21 e il 22 novembre non ha 
sancito alcun mutamento di natura giuridica o di funzione politica 
dell'Alleanza atlantica, come è stato sottolineato dalla dichiarazione 
conclusiva del summit, con la conferma dei principi del Trattato fondatore 
di Washington e della Carta delle Nazioni Unite. Il vertice ha ribadito la 
funzione della NATO quale indispensabile strumento di garanzia della 
sicurezza e di difesa dei propri membri, anche di fronte alle nuove minacce 
costituite dal terrorismo e dalla proliferazione delle armi di distruzione 
di massa. L'aggiornamento dell'Alleanza atlantica, di fronte ad un contesto 
strategico in continua evoluzione, come dimostrano i terribili attentati 
dell'11 settembre 2001, non è dunque in contrasto con il fondamentale 
principio di ripudio della guerra come strumento di soluzione delle 
controversie internazionali sancito dall'articolo 11 della nostra 
Costituzione. La dichiarazione sull'Iraq, ispirata alle recenti 
deliberazioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, esordisce esprimendo 
gravi preoccupazioni in tema di terrorismo e di proliferazione delle armi 
di distruzione di massa. Infatti, è evidente come la combinazione dei due 
fattori possa portare la minaccia terroristica a livelli elevatissimi.
I 19 paesi della NATO hanno poi confermato il loro solidale impegno ad 
intraprendere azioni efficaci per assistere e sostenere gli sforzi delle 
Nazioni Unite volti ad ottenere una piena ed immediata attuazione da parte 
dell'Iraq, senza condizioni o restrizioni, della risoluzione n. 1441 del 
Consiglio di sicurezza. La dichiarazione della NATO mira a ribadire al 
Governo iracheno il fermo messaggio che esso deve ottemperare alla 
risoluzione n. 1441 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La 
presa di posizione dell'Alleanza, dunque, è di sostegno all'azione dell'ONU 
ed è auspicabilmente suscettibile, favorendo il rispetto della risoluzione 
in questione, di allontanare quel rischio di gravi conseguenze per l'Iraq, 
in caso di inadempienza, contenuto nella stessa risoluzione.
Cadendo prima della scadenza dell'8 dicembre, data alla quale il Governo di 
Baghdad è chiamato a dichiarare alla missione degli ispettori dell'ONU ed 
alla AIEA se ed in che misura possieda armi di distruzione di massa, la 
dichiarazione NATO vuole contribuire a convincere l'Iraq della necessità 
della massima trasparenza, sincerità e collaborazione con le Nazioni Unite. 
Come pubblicamente annunciato dal Presidente del Consiglio, gli Stati 
Uniti, nel quadro di una consultazione ad ampio raggio con oltre 50 paesi, 
hanno chiesto se l'Italia sia disponibile a fornire alcuni contributi alla 
coalizione internazionale qualora l'inadempienza della risoluzione n. 1441 
dovesse rendere inevitabile l'impiego della forza. Il possibile ruolo della 
NATO e degli alleati nella eventuale operazione internazionale in Iraq, 
com'era naturale, è stato discusso al vertice di Praga, che ha segnato un 
momento particolarmente positivo del dialogo tra Europa, Stati Uniti e Canada.
È stato così confermato uno scenario che privilegia la multinazionalità ed 
il multilateralismo di un ipotetico, ma non scontato, intervento nel quadro 
di applicazione della risoluzione 1441. In questo quadro, la NATO offre un 
foro idoneo per la consultazione tra gli alleati, anche ai fini 
dell'eventuale loro coinvolgimento. Il processo decisionale per consensus 
tipico dell'alleanza si è, infatti, sempre dimostrato in passato uno 
strumento prezioso, che ha permesso ai suoi membri di esprimere, in piena 
eguaglianza, le loro opinioni, in uno scambio proficuo volto ad avvicinare 
le rispettive posizioni. La proliferazione delle armi di distruzione di 
massa si è delineata come una delle maggiori minacce, insieme al 
terrorismo, della fase storica successiva alla fine della guerra fredda: 
l'Alleanza atlantica, nell'ambito del suo processo di rinnovamento - che ha 
favorito, fra l'altro, la creazione di un nuovo importante rapporto di 
collaborazione con la Russia - ha dovuto pertanto affrontare uno scenario 
di sicurezza profondamente mutato dove la lotta a quelle nuove minacce 
costituisce un elemento di fondamentale importanza.
L'Italia, come più volte ribadito dal Presidente del Consiglio, si adopera 
attivamente per assicurare uno sbocco politico-diplomatico alla crisi 
irachena. Questo obiettivo può tuttavia essere conseguito solo se la 
risoluzione 1441 troverà piena ed incondizionata applicazione da parte 
dell'Iraq. La nostra partecipazione alle consultazioni della NATO ed il 
nostro contributo alla dichiarazione alleata sono stati ispirati a questa 
finalità.



PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di replicare.



ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, sono rimasta abbastanza stupefatta - si 
fa per dire - della risposta fornita dal sottosegretario. Infatti, gli 
analisti, gli studiosi, gli addetti ai lavori che si sono occupati del 
vertice di Praga hanno tutti sottolineato il fatto che ci troviamo di 
fronte ad un mutamento complessivo, dichiarato e legato alla trasformazione 
dei rapporti internazionali, al primato degli Stati Uniti, all'imposizione 
di un modello di strategia militare, quello che pesa, che conta e che 
determina.
Se il sottosegretario - come penso abbia fatto - ha letto i commenti della 
stampa internazionale che hanno seguito i lavori di Praga, avrà compreso 
che il mutamento della NATO non rappresenta un'idea peregrina. Si tratta, 
infatti, di una percezione diffusa in tutti coloro che si occupano 
seriamente di questi problemi.
Ci troviamo di fronte ad un mutamento; d'altra parte, le scelte che sta 
costruendo, imponendo il maggior alleato dell'Alleanza atlantica, per 
assuefare l'opinione pubblica internazionale, vanno esattamente nella 
direzione di presentare la NATO come uno strumento di intervento 
preventivo. Il nuovo concetto strategico della NATO, messo a punto nel 
vertice tenutosi a Washington nel 1999 e a cui questa dichiarazione fa 
esplicito riferimento, si riferisce proprio alla capacità di intervento 
preventivo contro tutti i pericoli, compreso quello del terrorismo. Quindi, 
il terrorismo viene combattuto in maniera preventiva in vario modo, 
compresa la guerra.
D'altra parte, il capo di stato maggiore Mosca Moschini, intervenendo 
all'inaugurazione dell'anno del centro alti studi della difesa, si è mosso 
sulla stessa linea, affermando che lo strumento militare italiano d'ora in 
poi, nel XXI secolo, dovrà essere in grado di graduare lo sforzo militare 
in relazione ad una varia intensità delle operazioni preventive, 
dall'operazione di peacekeeping a quella di combat operation, cioè alla 
guerra guerreggiata.
Siamo, quindi, di fronte ad un abbandono del contesto giuridico che 
presiede al concetto di difesa nella Costituzione italiana ed è per tale 
motivo che insisto sulla seguente domanda: che fine ha fatto l'articolo 11 
della Costituzione? Lei, signor sottosegretario, non mi ha risposto, forse 
perché proviene da una cultura e da una tradizione politica che poco hanno 
a che fare e a che vedere con la Costituzione del 1948 che ritiene carta 
straccia. Noi non la riteniamo tale, poiché pensiamo che il dettato 
costituzionale sia vincolante e che i passi che l'Italia deve compiere 
nella trasformazione delle relazioni internazionali debbano essere 
subordinati al rispetto e all'obbedienza del dettato costituzionale. 
Pertanto, lei non ha risposto alla domanda principale che le ho posto 
perché nega qualcosa che, di fatto, tutti vedono, mentre voi del Governo e, 
purtroppo, non solo voi, non volete vedere.
Per quanto riguarda l'Iraq ed il coinvolgimento dell'Italia in una 
eventuale e, purtroppo, sempre più possibile guerra contro l'Iraq, vorrei 
ricordare che il ministro Martino, che speravo fosse presente in aula (non 
è mai presente e, quindi, non è possibile dialogare con lui), ha rilasciato 
dichiarazioni estremamente impegnative, anche se, con un gioco delle 
tavolette, afferma certe cose (lo fa con grande eleganza, ma continuamente) 
e poi le nega. Sempre intervenendo all'apertura dell'anno accademico del 
centro alti studi della difesa, ad alcuni giornalisti che gli chiedevano 
come si comporterà l'Italia in occasione di una guerra contro l'Iraq, ha 
risposto dicendo che vi sono cose su cui è meglio tacere.
Probabilmente scherzava. Al riguardo, ha fatto anche battute affermando 
che, essendo di origine siciliana, presenta una componente di omertà. 
Probabilmente, anzi sicuramente scherzava, ma voglio ricordare al ministro 
della difesa - e affido le mie parole a lei, signor sottosegretario - che 
sulle questioni della guerra non vi è nulla da tenere nascosto. Perché si 
deve tacere su questa materia? Il nostro paese - lo ricordo - è vincolato 
all'articolo 11 della Costituzione. È un paese in pace in cui vi è una 
stragrande opinione pubblica in favore della pace, che non vuole la guerra 
in generale ed, in particolare, la guerra contro l'Iraq. Pertanto, i 
luoghi, i modi e le cose che il Governo dice, discute e progetta intorno a 
questioni quale quella della guerra non possono essere nascoste o celate 
dal segreto militare (dovrebbe esservi, è una questione di codice militare 
penale di guerra, solo in caso di guerra dichiarata).
Chiedo, invece, che su tale materia debbano esservi una illustrazione ed 
una presa di posizione chiarissime da parte del Governo, nonché la 
possibilità, per questo Parlamento, di discutere a fondo e seriamente di 
tutte queste questioni.


Allegato A
Seduta n. 231 del 28/11/2002

(Sezione 4 - Esito del vertice Nato di Praga con riferimento ad 
un'eventuale guerra contro l'Iraq)

D)



I sottoscritti chiedono di interpellare i ministri degli affari esteri e 
della difesa, per sapere - premesso che:
il vertice Nato di Praga ha stabilito un mutamento di natura giuridica e di 
funzione politica dell'Alleanza atlantica, sulla scia di quanto già in 
parte delineato in occasione del vertice di Washington del 1999 con il 
«Nuovo concetto strategico della Nato»;
in base a tale mutamento, viene di fatto abbandonato il principio di natura 
difensiva che presiedeva al trattato e viene accettato quello di «guerra 
preventiva» sostenuto dall'amministrazione Bush;
va in tale direzione la decisione di istituire una forza di reazione rapida 
pronta a intervenire anche preventivamente in tutti quei luoghi dove 
l'Alleanza ritenga necessario, a proprio insindacabile giudizio, 
intervenire per arginare e contrastare conflitti, controversie o fenomeni 
di qualsiasi natura giudicati pregiudizievoli per la sicurezza dei Paesi 
membri;
in occasione del viaggio presso le capitali dei due nuovi Stati membri 
della Nato, Lituania e Romania, il Presidente George W. Bush ha avuto modo 
di spiegare la sua interpretazione della nuova Nato, sottolineando 
esplicitamente sia la validità e cogenza della dottrina relativa alla 
guerra preventiva, sia la necessità che la Nato agisca d'ora in poi senza 
ambiguità né tentennamenti;
i giornali hanno dato notizia della richiesta ai «più stretti alleati», fra 
i quali l'Italia, di partecipare alla possibile guerra contro l'Iraq;
l'impegno italiano potrebbe essere concentrato sull'uso illimitato dello 
spazio aereo e delle basi in territorio italiano;
la notizia, che segnerebbe l'avvio del nostro coinvolgimento diretto nelle 
operazioni contro l'Iraq, è stata confermataufficialmente dal Presidente 
del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi;
il Sottosegretario americano per la sicurezza, John Bolton, ha sottolineato 
che l'Italia, ancora di recente, ha dimostrato una solida alleanza con 
Washington decidendo l'invio di un migliaio di nostri alpini in 
Afghanistan: in questo contesto l'uso delle basi e dello spazio aereo 
appare una richiesta del tutto plausibile;
queste notizie si intrecciano con i recenti bombardamenti di alcune 
postazioni irachene - colpevoli di aver violato l'imposizione decisa da 
americani e inglesi e inizialmente francesi (ma non dall'Onu) di levarsi in 
volo nel cielo iracheno al di sopra del 36o parallelo e al di sotto del 
32o, la cosiddetta no fly zone - mentre a Baghdad cominciavano gli incontri 
formali tra i due capi degli ispettori, Blix e El Baradei, e le autorità 
irachene e mentre uno dei due, il capo dell'Agenzia per l'energia atomica, 
Muhammad El Baradei, diceva pubblicamente che l'Iraq è pronto, come impone 
la recente risoluzione 1441 del Consiglio di sicurezza, a dichiarare 
formalmente entro l'8 dicembre 2002 «tutto ciò che possiede riguardo alle 
armi di distruzione di massa, se ancora ne ha, ed anche a dichiarare tutte 
le sue attività in merito ai settori chimico, biologico e nucleare, anche 
quelli di uso civile»;
azioni militari unilaterali, frettolose ed egoistiche, attuate aggirando lo 
statuto dell'Onu, rappresenterebbero un pericolo per tutto il mondo oltre 
che una violazione degli accordi internazionali;
tutto questo avviene senza che vi sia stato nessun tipo di discussione 
nelle sedi parlamentari -:
in che modo il Governo ritenga che siano conciliabili i risultati del 
summit di Praga con l'articolo 11 della nostra Costituzione;
se l'opinione espressa dal Presidente del Consiglio dei ministri sul 
coinvolgimento italiano in una eventuale guerra contro l'Iraq sia già la 
posizione ufficiale del Governo;
se il Governo non ritenga di dover tenere conto del vincolo posto in sede 
internazionale dalla risoluzione 1441 e del termine dell'8 dicembre 2002.
(2-00555) «Deiana, Giordano».
(26 novembre 2002)






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