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Cos'č questa cosa che chiamiamo nonviolenza
From: Peppe Sini
Una lettera a molti amici
(e ad alcuni mezzi d'informazione)
con preghiera di ulteriormente diffonderla e discuterla
Cari amici,
vi inviamo questo articolo che apparira' su "La nonviolenza e' in cammino"
di domani.
Vi ringraziamo fin d'ora per la benevola attenzione.
Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo
Viterbo, 25 novembre 2002
Mitente:Centro di ricerca per la pace
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
* * *
PEPPE SINI. COS'E' QUESTA COSA CHE CHIAMIAMO NONVIOLENZA
I. Una premessa terminologica
Scriviamo la parola "nonviolenza" tutta attaccata, come ci ha insegnato
Capėitini, per distinguerla dalla locuzione "non violenza"; la locuzione
"non violenza" significa semplicemente non fare la violenza; la parola
"nonviolenza" significa combattere contro la violenza, nel modo piu' limpido
e piu' intransigente.
Chiamiamo le persone che si accostano alla nonviolenza "amici della
nonviolenza" e non "nonviolenti", perche' nessuno puo' dire di essere
"nonviolento", siamo tutti impastati di bene e di male, di luci e di ombre,
e' amica della nonviolenza la persona che rigorosamente opponendosi alla
violenza cerca di muovere verso altre piu' alte contraddizioni, verso altri
piu' umani conflitti, con l'intento di umanizzare l'agire, di riconoscere
l'umanita' di tutti.
Con la parola "nonviolenza" traduciamo ed unifichiamo due distinti e
intrecciati concetti gandhiani: "ahimsa" e "satyagraha". Sono due parole
densissime che hanno un campo semantico vastissimo ed implicano una
concettualizzazione ricca e preziosa.
Poiche' qui stiamo cercando di esprimerci sinteticamente diciamo che ahimsa
designa l'opposizione alla violenza, e' il contrario della violenza, ovvero
la lotta contro la violenza; ma e' anche la conquista dell'armonia, il fermo
ristare, consistere nel vero e nel giusto; e' il non nuocere agli altri (ne'
con atti ne' con omissioni), e quindi innocenza, l'in-nocenza nel senso
forte dell'etimo. Ahimsa infatti si compone del prefisso "a" privativo, che
nega quanto segue, e il tema "himsa" che potremmo tradurre con "violenza",
ma anche con "sforzo", "squilibrio", "frattura", "rottura dell'armonia",
"scissura dell'unita'"; in quanto opposizione alla lacerazione di cio' che
deve restare unito, l'ahimsa e' dunque anche ricomposizione della comunita',
riconciliazione.
Satyagraha e' termine ancora piu' denso e complesso: tradotto solitamente
con la locuzione "forza della verita'" puo' esser tradotto altrettanto
correttamente in molti altri modi: accostamento all'essere (o all'Essere, se
si preferisce), fedelta' al vero e quindi al buono e al giusto, contatto con
l'eterno (ovvero con cio' che non muta, che vale sempre), adesione al bene,
amore come forza coesiva, ed in altri modi ancora: e' bella la definizione
della nonviolenza che da' Martin Luther King, che e' anche un'eccellente
traduzione di satyagraha: "la forza dell'amore"; ed e' bella la definizione
di Albert Schweitzer: "rispetto per la vita", che e' anch'essa un'ottima
traduzione di satyagraha. Anche satyagraha e' una parola composta: da un
primo elemento, "satya", che e' a sua volta derivato dalla decisiva
parola-radice "sat", e da "agraha". "Agraha" potremmo tradurla contatto,
adesione, forza che unisce, armonia che da' saldezza, vicinanza; e' la forza
nel senso del detto "l'unione fa la forza", e' la "forza di attrazione"
(cioe' l'amore); e' cio' che unisce in contrapposizione a cio' che disgrega
ed annichilisce. "Satya" viene tradotto per solito con "verita'", ed e'
traduzione corretta, ma con uguale correttezza si potrebbe tradurre in modi
molto diversi, poiche satya e' sostantivazione qualificativa desunta da sat,
che designa l'essere, il sommo bene, che e' quindi anche sommo vero, che e'
anche (per chi aderisce a fedi religiose) l'Essere, Dio. Come si vede siamo
in presenza di un concetto il cui campo di significati e' vastissimo.
Con la sola parola nonviolenza traduciamo insieme, e quindi unifichiamo,
ahimsa e satyagraha. Ognun vede come si tratti di un concetto di una
complessita' straordinaria, tutto l'opposto delle interpretazioni
banalizzanti e caricaturali correnti sulle bocche e nelle menti di chi
presume di tutto sapere solo perche' nulla desidera capire.
*
II. Ma cosa e' questa nonviolenza? lotta come umanizzazione
La nonviolenza e' lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e
gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo
di riconoscimento di umanita'. La nonviolenza e' lotta o non e' nulla; essa
vive solo nel suo incessante contrapporsi alla violenza.
Ed insieme e' quella specifica, peculiare forma di lotta che vuole non solo
vincere, ma con-vincere, vincere insieme (Vinoba conio' il motto, stupendo,
"vittoria al mondo"; un motto dei militanti afroamericani dice all'incirca
lo stesso: "potere al popolo"); la nonviolenza e' quella specifica forma di
lotta il cui fine e' il riconoscimento di umanita' di tutti gli esseri
umani: e' lotta di liberazione che include tra i soggetti da liberare gli
stessi oppressori contro il cui agire si solleva a combattere.
Essa e' dunque eminentemente responsabilita': rispondere all'appello
dell'altro, del volto muto e sofferente dell'altro. E' la responsabilita' di
ognuno per l'umanita' intera e per il mondo.
Ed essendo responsabilita' e' anche sempre nonmenzogna: amore della verita'
come amore per l'altra persona la cui dignita' di essere senziente e
pensante, quindi capace di comprendere, non deve essere violata (e mentire
e' violare la dignita' altrui in cio' che tutti abbiamo di piu' caro: la
nostra capacita' di capire).
Non e' dunque una ideologia ma un appello, non un dogma ma una prassi.
Ed essendo una prassi, ovvero un agire concreto e processuale, si da' sempre
in situazioni e dinamiche dialettiche e contestuali, e giammai in astratto.
Non esiste una nonviolenza meramente teorica, poiche' la teoria nonviolenta
e' sempre e solo la riflessione e l'autocoscienza della nonviolenza come
prassi. La nonviolenza o e' in cammino, vale da dire lotta nel suo farsi, o
semplicemente non e'.
Esistono tante visioni e interpretazioni della nonviolenza quanti sono i
movimenti storici e le singole persone che si accostano ad essa e che ad
essa accostandosi la fanno vivere, poiche' la nonviolenza vive solo nel
conflitto e quindi nelle concrete esperienze e riflessioni delle donne e
degli uomini in lotta per l'umanita'.
*
III. Tante visioni della nonviolenza quente sono le persone che ad essa si
accostano
Ogni persona che alla nonviolenza si accosta da' alla sua tradizione un
apporto originale, un contributo creativo, un inveramento nuovo e ulteriore,
e cosi' ogni amica e ogni amico della nonviolenza ne da' una interpretazione
propria e diversa dalle altre. Lo sapeva bene anche Mohandas Gandhi che
defini' le sue esperienze come semplici "esperimenti con la verita'", non
dogmi, non procedure definite e routinarie, non ricette preconfezionate, ma
esperimenti: ricerca ed apertura.
*
IV. La nonviolenza come insieme di insiemi
Io che scrivo queste righe propendo per proporre questa definizione della
nonviolenza cosi' come a me pare di intenderla e praticarla: la nonviolenza
e' cosa complessa, un insieme di insiemi, aperto e inconcluso.
IV. 1. E' un insieme di concetti e scelte logico-assiologici, ovvero di
criteri per l'azione: da questo punto di vista ad esempio la nonviolenza e'
quell'insieme di scelte morali che potremmo condensare nella formula del
"principio responsabilita'" in cui ha un ruolo cruciale la scelta della
coerenza tra i mezzi e i fini (secondo la celebre metafora gandhiana: tra i
mezzi e i fini vi e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta).
IV. 2. E' un insieme di tecniche interpretative (il riconoscimento
dell'altro, ergo il rifiuto del totalitarismo, della cancellazione o della
sopraffazione del diverso da se'), deliberative (per prendere le decisioni
senza escludere alcuno) ed operative (per l'azione di trasformazione delle
relazioni: interpersonali, sociali, politiche); come esempio di tecnica
deliberativa nonviolenta potremmo citare il metodo del consenso; come
esempio di tecniche operative potremmo citare dallo sciopero a centinaia di
altre forme di lotta cui ogni giorno qualcuna se ne aggiunge per la
creativita' di chi contro la violenza ovunque si batte.
IV. 3. E' un insieme di strategie: e ad esempio una di esse risorse
strategiche consiste nell'interpretazione del potere come sempre retto da
due pilastri: la forza e il consenso; dal che deriva che si puo' sempre
negare il consenso e cosi', attraverso la noncollaborazione, contrastare
anche il potere piu' forte.
IV. 4. E' un insieme di progettualita' (di convivenza, sociali, politiche):
significativo ad esempio e' il concetto capitiniano di "omnicrazia", ovvero:
il potere di tutti. La nonviolenza come potere di tutti, concetto di una
ricchezza e complessita' straordinarie, dalle decisive conseguenze sul
nostro agire.
*
V. Un'insistenza
Insistiamo su questo concetto della nonviolenza come insieme di insiemi,
poiche' spesso molti equivoci nascono proprio da una visione riduzionista e
stereotipata; ad esempio, e' certo sempre buona cosa fare uso di tecniche
nonviolente anziche' di tecniche violente, ma il mero uso di tecniche
nonviolente non basta a qualificare come nonviolenta un'azione o una
proposta: anche i nazisti prima della presa del potere fecero uso anche di
tecniche nonviolente.
Un insieme di insiemi, complesso ed aperto.
Un agire concreto e sperimentale e non un'ideologia sistematica e astratta.
Un portare ed agire il conflitto come prassi di umanizzazione, di
riconoscimento e liberazione dell'umanita' di tutti gli esseri umani; come
responsabilita' verso tutte le creature.
La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' questo cammino. Il cammino
vieppiu' autocosciente dell'umanita' sofferente in lotta per il
riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
*
VI. Una grande esperienza e speranza storica
Non patrimonio di pochi, la nonviolenza si e' incarnata in grandi esperienze
e speranze storiche, due sopra tutte: la Resistenza, e il movimento delle
donne; ed e' il movimento delle donne, la prassi nonviolenta del movimento
delle donne, la decisiva soggettivita' autocosciente portatrice di speranza
e futuro qui e adesso, in un mondo sempre piu' minacciato dalla catastrofe e
dall'annichilimento della civilta' umana.
* * *
Alessandro Marescotti
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