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La nonviolenza e' in cammino. 425
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 425 del 24 novembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Benito D'Ippolito: rileggendo Pippo Fava
2. Tavola della pace: il 10 dicembre mille luci contro la guerra
3. I documenti di presentazione di alcuni seminari femministi e pacifisti
svoltisi a Firenze
4. Isidoro D. Mortellaro, l'agenda militare di Praga
5. Maria De Falco Marotta intervista Vandana Shiva
6. Brunetto Salvarani, a pochi giorni dal 29 novembre
7. Agnes Heller, il nostro presente
8. I malumori atri di Mascarillo Scorticoni: una sconfitta
9. Riletture: Murray Bookchin, L'ecologia della liberta'
10. Riletture: Maria Grazia Giannichedda, Franca Ongaro Basaglia (a cura
di), Psichiatria, tossicodipendenze, perizia
11. Riletture: Gruppo di Lisbona, I limiti della competitivita'
12. Riletture: Giuliana Martirani, La geografia come educazione allo
sviluppo e alla pace
13. Riletture: Edda Scozza, Il coraggio di essere indiano
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: RILEGGENDO PIPPO FAVA
[Benito D'Ippolito e' uno scorbutico collaboratore di questo notiziario]
E' una frase retorica bella
e trita e bugiarda, la frase che dice
che quando muore una persona buona
cento altri sorgono a prendere il suo posto.
Quegli occhi che videro la luce
sono spenti per sempre.
Quelle mani, quella voce, per sempre
ridotte a nulla.
Quell'inesausta voglia di vivere
divorata per sempre dall'orco.
Restano le opere, frutto dei giorni
e dell'orgoglio di essere vivi.
Restano queste parole che adesso rileggo
e che prolungano la lotta di un giusto.
Quel che non muore e' solo quel che lasci,
quello che agli altri doni,
la decisione presa, una volta per sempre.
2. APPELLI. TAVOLA DELLA PACE: IL 10 DICEMBRE MILLE LUCI CONTRO LA GUERRA
[Riceviamo e volentieri diffondiamo. La Tavola della pace (per contatti:
Tavola della pace: via della viola 1, 06122 Perugia, tel 0755736890, fax
0755739337, e-mail: segreteria@perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it)
e' il principale network pacifista italiano]
Invitiamo tutti ad organizzare nella propria citta' il 10 dicembre 2002, LIV
anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, una
fiaccolata per la pace e i diritti umani, per dire no alla guerra in Iraq e
a tutte le guerre che continuano ad insanguinare il mondo, no al terrorismo,
no alla violenza e a tutte le violazioni dei diritti umani.
In ogni scuola, nei luoghi di lavoro, nelle piazze e nei luoghi d'incontro,
nei consigli comunali, provinciali, regionali e in Parlamento, il 10
dicembre fermiamoci per riflettere insieme su cosa possiamo fare per
promuovere la pace e i diritti umani, a casa nostra e nel resto del mondo.
3. MATERIALI. I DOCUMENTI DI PRESENTAZIONE DI ALCUNI SEMINARI FEMMINISTI E
PACIFISTI SVOLTISI A FIRENZE
[Dal sito, bello e utile, di "Donne in viaggio" (www.donneinviaggio.com)
riprendiamo questi documenti di presentazione di alcuni seminari promossi da
movimenti femministi e pacifisti durante il Forum sociale europeo di Firenze
del 6-9 novembre]
1. Presentazione del seminario "Politica del vivere/vivibilita' della
politica"
In questa occasione vorremmo portare avanti la discussione e il confronto
avviati a Roma nei giorni scorsi e allargarli alle tante donne che da tempo
fanno opposizione alla "mobilitazione bellica", di cui oggi sono espressioni
la muta condiscendenza all'occupazione militare della Palestina, la messa a
punto dell'aggressione all'Iraq, il silenzio sulla feroce strategia
"preventiva" inaugurata dal governo Putin.
Molte di noi sono da anni impegnate in pratiche ormai consolidate (come
quella dell'interposizione pacifica nei luoghi del conflitto armato, della
solidarieta' con le popolazioni colpite dalla guerra), oppure esprimono il
loro dissenso attraverso manifestazioni, dibattiti, attivita' di studio e
informazione, instaurando un dialogo con donne per cui la guerra subita e'
una realta' quotidiana.
Ci chiediamo come mai questo tessuto ricchissimo di esperienze non riesca a
coagulare un discorso che esprima il nostro sguardo, il nostro impegno, le
nostre modalita' di azione e sia capace di rompere la barriera della
"neutralita'" e della reticenza che avvertiamo nel pensare e nell'agire di
tanti, uomini e donne, con i quali pure condividiamo il "no alla guerra", al
razzismo, al dominio del piu' forte, alle ingiustizie, a un modello di
sviluppo di cui si vedono oggi chiaramente tutti gli esiti distruttivi.
Ci chiediamo anche, e ci pare urgente, se dalla riflessione su quelle
esperienze sia possibile arrivare a individuare delle modalita' per
affrontare e combattere la violenza omicida che contraddistingue oggi le
relazioni sociali e politiche evitando quell'"alienazione di se'", del
proprio sentire, che apre la strada a un'infinita serie di adattamenti,
rinunce, omologazioni.
*
2. Presentazione del seminario su "Nessi mancanti: il femminismo e la
resistenza globale"
Nextgenderation e' un network europeo di ricercatrici (circa 150)
nell'ambito degli Women's Studies e della teoria femminista, sia interne che
esterne al contesto accademico. Il principale interesse del nostro lavoro e'
la produzione di un sapere critico che permetta la trasformazione della
realta' esistente. Nel workshop che abbiamo organizzato, discuteremo i
seguenti temi:
- la neo-liberalizzazione dell'educazione universitaria in Europa. Gli
interessi del mercato, infatti, sono sempre piu' all'opera nel plasmare le
istituzioni che si occupano dell'educazione universitaria. Crediamo, pero',
che i saperi - per quanto riguarda la loro produzione e la loro
trasmissione - debbano assumere un rilievo sociale ed essere capaci di
apportare cambiamenti alla realta' in cui ci troviamo a vivere. Ci chiediamo
come e' dunque possibile trasformare le istituzioni accademiche in centri
che siano propulsori di un sapere critico e resistente.
- La produzione e la trasmissione del sapere critico sta avvenendo secondo
differenti coordinate spaziali, differenti modalita' e differenti velocita'.
All'interno degli spazi degli Women's Studies e piu' in generale dei
movimenti femministi europei, riscontriamo un'incapacita' o una mancanza di
volonta' nel prendere in considerazione gli apporti e le analisi provenienti
dagli altri movimenti sociali (come ad es. quelli dei migranti e dei
rifugiati politici, o il movimento no-global contro il capitale
neoliberista). Il nostro desiderio e' quindi quello di creare teorie e
pratiche femministe che siano maggiormente aperte ad integrare la
contestazione critica che e' nata nelle lotte transnazionali (ne e' un
esempio la Marcia Mondiale delle Donne). Come possiamo agire per una
ripoliticizzazione del movimento femminista e degli Women's Studies in
Europa, partendo dalla solidarieta' con le donne attive nei movimenti di
tutto il mondo contro il neoliberismo?
- All'interno del movimento no-global assistiamo ad una reale mancanza di
prospettive ed analisi femministe. L'anticapitalismo ortodosso non ha
bandito le relazioni di potere sessiste e razziste, come ben sappiamo dalle
nostre lunghe battaglie. Il nostro punto di partenza e' che le relazioni di
potere sono interconnesse: la differenza sessuale si interseca con
l'etnicita', la classe, la sessualita', la collocazione geopolitica, l'eta'.
Questa consapevolezza si e' formata, in modi differenti, all'interno di
numerosi movimenti (quello femminista, quello dei migranti e quello
post-coloniale) ed e' necessario che sia valutata seriamente come fattore di
resistenza globale all'interno del "movimento dei movimenti" per non
riproporre dinamiche gia' esistenti di ingiustizia e per rendere un altro
mondo veramente possibile. Come possiamo unire la resistenza globale con la
politica femminista, post-coloniale e antirazzista?
Nel nostro workshop questi temi saranno brevemente introdotti da tre
attiviste che si occupano di queste questioni, per poi avere una discussione
in gruppi piu' ristretti. L'obiettivo del workshop e' quello di rendere
visibile i nessi mancanti fra luoghi eterogenei di una resistenza
potenziale, e di creare nuove alleanze che ci permettano di ricostruire
queste connessioni per le nostre lotte future.
Per contattarci:
Rutvica Andrijasevic: Rutvica.Andrijasevic@let.uu.nl
Sarah Bracke: Sarah.Bracke@let.uu.nl
Cristina Gamberi: gambericristina@hotmail.com
Marta Garro: Marta.Garro@let.uu.nl
Anna Rapazzo: a.rapazzo@tiscalinet.it
*
3. Presentazione del seminario della "Convenzione permanente di donne contro
le guerre" [che abbiamo gia' diffuso a suo tempo]
La "Convenzione permanente di donne contro le guerre" terra' a Firenze nel
corso del Forum Sociale Europeo un seminario sul tema "Fuori la guerra dalla
storia, fuori l'Europa dalla guerra" (i materiali preparatori sono su
"Lisistrata" e su "Marea") per avviare la riflessione e l'azione perche' la
politica militare dell' Europa sia la neutralita' attiva, con spostamento di
grandi risorse dalle spese militari alla protezione civile al servizio
civile e alla difesa popolare nonviolenta.
Il seminario e' introdotto da Lidia Menapace; Imma Barbarossa (che con Lidia
Menapace e Monica Lanfranco e' portavoce della Convenzione) illustrera' il
suo testo sui diritti sociali in Europa. Seguiranno: Rosangela Pesenti (Udi)
su come studiare la storia d'Europa scegliendo come asse i movimenti
nonviolenti; Sandra Mecozzi (Cgil): Il sindacato soggetto politico
nonviolento; Giusi di Rienzo (Finanza etica): Come "disarmare" la finanza;
Nadia Cervoni (Donne in nero): Le pratiche delle Donne in nero in e per
un'Europa neutrale; Elettra Deiana (Deputata Prc, Forum delle Donne): Una
legge per la disobbedienza civile; Nella Ginatempo (Basta guerra): Una
Europa di donne e uomini fondata su una cultura economia politica di pace;
Mercedes Frias (Nosotras): Una Europa accogliente e multiculturale.
Sono indicati gli interventi programmati: si potra' chiedere la parola in
seguito sia per discutere che per aggiungere argomenti sul tema della pace e
della guerra in relazione alla politica militare europea. La Convenzione e'
molteplice nelle sue componenti, ma specifica nei contenuti, non e' una
forma politica generalista.
4. RIFLESSIONE. ISIDORO D. MORTELLARO: L'AGENDA MILITARE DI PRAGA
[Questo articolo abbiamo estratto dal quotidiano "Il manifesto" del 20
novembre 2002. Isidoro Mortellaro (per contatti: isidoro.mortellaro@tin.it)
e' uno dei piu' acuti studiosi impegnati contro la guerra, tra le sue opere
segnaliamo almeno I signori della guerra, Manifestolibri, Roma 1999. Due
osservazioni ci sia concesso aggiungere: la prima, ci sembra che anche
Mortellaro tenda a sopravvalutare l'incontro di Firenze come un evento
epocale: suggeriremmo a tutti di andarci cauti a scambiare i nostri desideri
e le nostre speranze per una realta' ormai consolidata e determinante le
sorti del mondo; la seconda: dopo lo svolgimento del vertice Nato di Praga
ci pare particolarmente utile riproporre questo intervento scritto prima da
uno dei piu' acuti osservatori. Sempre piu' e' evidente che o si abolisce la
Nato o non ci sara' mai un'Europa impegnata per la pace]
Dopo Firenze, non "uno spettro s'aggira per l'Europa". Ma una nuova
soggettivita' politica, forte di un'altra idea del vecchio continente e del
suo farsi Europa: in pace, libera dal morso di precarizzazioni e
privatizzazioni, forte di cittadinanze aperte, padrona di una Costituzione
restituita a popoli e cittadini. Dopo il Forum Sociale Europeo, e al di la'
delle provocazioni anche giudiziarie in atto, sara' molto piu' difficile
conquistare o schierare l'Europa - e l'Italia - a fianco o nelle retrovie
della guerra preventiva di Bush II. Oggi, dopo Firenze, piu' che mai guerra
e pace sono calco della politica e delle sue metamorfosi. E' la' in quello
scontro che, specie a sinistra, movimenti, partiti e istituzioni disvelano,
nella trama dei loro rapporti, i segni di un possibile futuro: mai come oggi
sospeso tra crisi della democrazia ereditata e rinascita di una politica
ridefinita dalla partecipazione dei molti. Tanto piu' quando la cronaca
incalza e un'agenda spietata ed esigente chiede atti di verita', facendo
giustizia d'ogni illusione di incorniciare la storia nel balletto
inconcludente di comunicati e conferenze stampa.
Il 21 e 22 novembre la Nato si riunira' ai massimi livelli a Praga. Bush
s'annuncia gia' col viso delle armi, in groppa alla nuova maggioranza
congressuale e alla delibera strappata al Consigio di sicurezza. Si vedra'
se e come riuscira' ad allineare tutta la Nato dietro ai suoi in Iraq.
All'ordine del giorno l'allargamento dell'Alleanza ad altri sette paesi, si'
da avviluppare il vecchio nemico sovietico nelle blandizie della nuova
Partnership Atlantico-Russa, ma anche in una cintura di sicurezza che dal
Baltico corre al Mar Nero.
Sul tavolo incombe pero' anche la proposta, avanzata da tempo dagli Usa, di
ristrutturare la vecchia Alleanza attorno a un nuovo ferro di lancia: una
Forza di Reazione Rapida forte di oltre 20 mila uomini, ma soprattutto di
mezzi e armi che le permettano di correre ovunque nel mondo, in barba a ogni
confine o frontiera, per combattere le nuove guerre del XXI secolo. Nel
mirino l'onnipresente terrorismo. In concreto, la Nato e l'Europa sono
chiamate a disporsi a braccio armato delle nuova guerra preventiva proposta
da Bush II al Congresso Usa e all'Onu con la sua nuova National Security
Strategy.
Gia' a Reykjavik a maggio, tra le fanfare per i nuovi rapporti con Putin
solennizzati poi a Pratica di Mare, tutti i membri dell'Alleanza Atlantica
avevano sommessamente convenuto che la Nato, nel nuovo scenario strategico
imposto dalla cosiddetta "guerra al terrorismo", deve essere capace di
"schierare forze che possano muoversi velocemente dovunque ve ne sia
bisogno, sostenere operazioni a distanza e per il tempo necessario per
raggiungere i propri obiettivi". Ora, dal 15 al 19 novembre, e' in
svolgimento ad Istanbul l'Assemblea Parlamentare della Nato, preparatoria
del vertice di Praga. Sui tavoli delle varie delegazioni parlamentari vi e'
gia' la bozza di una risoluzione, preparata da un apposito Comitato
permanente: in essa, lungo la linea inauguata a Reykjavik, si chiede, tra
l'altro, di riformulare ruolo e missioni dell'Alleanza in modo da permettere
alle sue forze di rispondere alle nuove minacce poste dal terrorismo e dalle
armi di distruzione di massa, in modo da assicurare che non ci sara' "scampo
o rifugio per chi volesse minacciare le nostre societa' o per chi volesse
dar rifugio a simili figuri".
Tutto e' pronto, insomma, perche' a Praga - come gia' nel 1991 a Roma o nel
1999 a Washington -, nella forma surrettizia di una revisione del cosiddetto
"Concetto strategico" dell'Alleanza vengano ancora una volta riscritti i
Trattati istitutivi del Patto atlantico, trasformati i suoi fini, allargati
a dismisura i suoi confini. Con ricadute pesantissime sulla cosiddetta
Politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea. Ma soprattutto sul
profilo stesso dell'Europa nuova.
Cosa rimarra' da scrivere nella Costituzione europea per un'Europa
reingabbiata in una nuova corazza transatlantica?
Quale sara' la sua missione nel mondo e quali i suoi rapporti con l'"Amico
Americano"? Assegnata alla Nato una prioritaria missione globale e non piu'
regional-continentale, quali spazi di manovra rimarranno praticabili domani
per l'Europa e per ogni Paese europeo in ogni sede internazionale, persino
all'Onu o nel suo Consiglio di sicurezza?
Per quanto riguarda l'Italia, Berlusconi ha accuratamente evitato di andare
in Parlamento, o in una qualsiasi delle commissioni, Esteri o Difesa, a
chiarire quali saranno la posizione e il contributo italiani. In verita',
nemmeno le opposizioni si sono finora spese perche' su un tema di cosi'
grande rilievo si sviluppasse, in Parlamento e di fronte al Paese, un
limpido confronto di posizioni, tale da condizionare il comportamento del
governo italiano a Praga. C'e' tempo, pero', per prese di posizione che
contribuiscano su questo terreno a far chiarezza, a render note le
collocazioni e i progetti di ognuno e anche a chiarire a Berlusconi quali
saranno i prezzi eventuali da pagare con il prevedibile allineamento a Praga
sulle posizioni americane, sia per l'Iraq sia per la nuova Alleanza. Si
tratta di un atto fondamentale che ogni forza di sinistra deve alla
piattaforma e al movimento usciti da Firenze: movimento che, sia pure in
tono e con forze minori, sara' a Praga a contestare quel meeting e quella
agenda. E' un passaggio doveroso se con quel soggetto si vuole instaurare o
mantenere una interlocuzione feconda. Si tratta, per di piu', di un gesto
necessario per ogni forza di opposizione che creda davvero alla propria
funzione in Parlamento e nel Paese.
Se si rimarra' in silenzio, dopo Praga tutto diverra' piu' difficile. Anche
rivendicare un ruolo per il Parlamento nella ratifica o meno di quello che
non potra' non esser letto come un atto di modifica profondissima dei
trattati Nato e della collocazione internazionale dell'Italia e dell'Europa.
Non far sentire la propria voce ora significa negarsela domani, quando, dopo
Praga, dopo la sciagurata approvazione di un progetto giunto a uno stadio
cosi' avanzato, sara' chiaro che un altro malefico Rubicone e' stato
varcato. Allora sapremo, purtroppo, che un altro chiodo e' stato infitto
sulla nostra Costituzione e sul suo articolo 11. E un altro no e' stato
detto ad una Costituzione europea che voglia parlare soprattutto di pace e
disarmo.
5. RIFLESSIONE. MARIA DE FALCO MAROTTA INTERVISTA VANDANA SHIVA
[Questa intervista abbiamo ripreso dalla bella e-zine "Il grillo parlante"
(per contatti: grilloparlante@mbservice.it) n. 41 del 23 novembre 2002.
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti
istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni
Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa
dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di
riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli,
di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia
di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti
pericolosissimi. Opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi,
Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995;
Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze,
DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta
di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano
2002]
La paragonano a Jeremy Rifkin oppure a Bove' per far capire la sua
importanza nel movimento new global. Niente di piu' smaccatamente falso e
anche offensivo, perche' Vandana Shiva e' una filosofa, una fisica, una
scienziata che si occupa di ambientalismo sociale ed e' seriamente la voce
dell'Asia che rivendica i suoi diritti, che rifiuta la subalternita'
culturale ed economica al mondo occidentale.
Da anni e' impegnata sui temi piu' scottanti della globalizzazione.
La sua attivita' converge principalmente nell'istituto da lei fondato a
Dehra Dun, in India: il Research Foundation for Science, Technology and
Ecology (in Rete su www.vshiva.net), per la tutela della biodiversita', che
ritiene la sola salvezza del subcontinente indiano e dei paesi poveri.
Questa grassoccia, pacifica donna, con i capelli striati di bianco, sempre
vestita con sari coloratissimi come vuole la tradizione della sua terra,
combatte strenuamente, adducendo ragioni difficilmente contestabili in
difesa della salvaguardia delle colture tipiche, minacciata dai prodotti
imposti dalle multinazionali.
Sue nemiche giurate sono la Monsanto, fusasi con la Cargill, la DuPont, la
Grace e le altre multinazionali che praticano l'agrobusiness, contro le
quali al pari della figura terrestre della Durga, il nome della Shakti, la
divina energia femminile, la grande madre dai multiformi e contrastanti
aspetti, scaglia le sue frecce infuocate, essendo convintissima che i loro
prodotti siano dannosi alla natura e all'uomo.
Laureata in legge e in fisica, ha ricevuto il Nobel alternativo per la pace
nel 1993 per la sua lotta a favore dell'ambiente.
Da dodici anni dedica la sua vita per la custodia del patrimonio agricolo
indiano contro lo strapotere delle multinazionali biotecnologiche.
E', tra l'altro, membro del movimento Chipko composto da sole donne che
hanno lottato per anni contro la distruzione ambientale delle foreste
himalayane e contro l'aumento della salinita' lungo varie coste a causa
dell'allevamento industriale di gamberetti.
Le donne in India assumono un ruolo considerevole nelle conoscenze e nel
lavoro dell'agricoltura. Sono le custodi della tradizione.
Al Social forum europeo, tenutosi a Firenze dal 7 al 10 novembre 2002 alla
Fortezza da Basso, Vandana Shiva e' intervenuta su "La cultura riduzionista
e la sperimentazione animale".
Maria De Falco Marotta: Dottoressa Shiva, cosa intende con cultura
riduzionista?
Vandana Shiva: I sistemi naturali, ovvero le infinite relazioni che legano
le parti di un ecosistema, ed anche quelle di un organismo vivente, sono
complessi. Molti tentativi fatti recentemente di governare a piacimento i
processi biologici attraverso le cosiddette "biotecnologie", o modifiche
genetiche, trascurando l'importanza di una selezione naturale che dura da
centinaia di milioni di anni, ed applicando una visione "riduzionista" - o
meccanicista - del vivente, si sono rivelati un fallimento. In India il 70%
della popolazione vive in un'economia legata alla natura e non a un'economia
mondiale basata sul libero commercio e sulla globalizzazione.
M. D. F. M.: Sappiamo che lei avversa le sostanze chimiche per la cura di
varie malattie. Ce ne spiega le ragioni?
V. S.: Nell'individuare le cause di alcune malattie, si apprestano
medicinali, per cui le prove di tossicita' sono inattendibili, con la
conseguenza che nel mondo si susseguono scandali farmacologici e "danni da
farmaci" incalcolabili (le malattie provocate dalle cure mediche sono
diventate negli Stati Uniti ed in Germania la quarta causa di morte). Anche
qui viene usata la stessa visione riduzionista, con un atteggiamento che
vede negli animali non umani, soggetti di sperimentazione, l'equivalente di
macchine da sfruttare secondo una logica di profitto. E' un atteggiamento
che trova la sua origine in due momenti cardine della definizione
dell'ideologia occidentale: la filosofia cartesiana e la rivoluzione
industriale. Tale atteggiamento miope e violento si e' imposto nel mondo
cancellando o marginalizzando una visione molto diversa, quella delle
culture e religioni indigene che, in paesi lontani e diversi tra di loro
come l'Australia aborigena, l'America precolombiana o l'India, considerano
gli animali come esseri senzienti, dotati di una propria dignita' e
portatori di valori autonomi, con cui la specie umana si trova a condividere
le risorse dell'ambiente e del pianeta. Uno dei valori fondamentali del
movimento new-global e' la salvaguardia delle diversita', l'affermazione
concreta e incondizionata della dignita' del non omologabile. Ma quello che
dovrebbe essere oggetto di profonde riflessioni, e' che ogni specie animale,
ogni singolo animale, incarnano il diverso in maniera profonda e radicale, e
quindi estremamente degna di rispetto e di tutela. Ogni animale rappresenta
un universo alieno, un mondo meravigliosamente difforme dal nostro, dunque
prezioso e sacro. Dobbiamo imparare a riconoscere come un'ingiustizia da
combattere non soltanto l'oppressione di altri esseri umani - che sappiamo
essere spesso effetto della globalizzazione - ma anche l'oppressione, ancora
piu' diffusa, degli "altri animali", che trova nelle manipolazioni genetiche
uno strumento nuovo e terribile. Questa cultura di violenza e di
sopraffazione e' incompatibile con questo movimento, il cui fine sono la
pace e la giustizia.
M. D. F. M.: Lei viene considerata la paladina della biodiversita', specie
dei paesi poveri: perche'?
V. S.: Le persone sono sopravvissute nel terzo mondo perche' nonostante la
ricchezza che e' stata loro sottratta, malgrado l'oro e le terre che sono
stati loro strappati, hanno ancora la biodiversita'. Hanno persino
quest'ultima risorsa sotto forma di semi, piante medicinali, foraggio, che
ha loro permesso un accesso alla produzione. Ora quest'ultimo vantaggio dei
poveri che sono rimasti deprivati dall'ultimo giro di colonizzazioni,
apportate con mano soft dalle multinazionali, con la scusa che la
globalizzazione conviene (a chi, a loro?) viene anch'esso portato via
attraverso i brevetti. E i semi che i contadini hanno liberamente
conservato, scambiato, usato, sono ritenuti proprieta' delle multinazionali.
Si stanno formando, attraverso l'Organizzazione Mondiale del Commercio,
nuove forme di proprieta' legale come i trattati sulla proprieta'
intellettuale (brevetti), le quali cercano di impedire ai contadini del
terzo mondo di avere libero accesso alle loro stesse sementi, di poter
scambiare senza impedimenti le loro stesse sementi. Cosicche' tutti i
contadini in qualsiasi parte del mondo dovrebbero comprare i semi ogni anno
creando un nuovo mercato per l'industria globale delle sementi.
M. D. F. M.: Lei tenta di portare allo scoperto la bio-pirateria, con quale
risultato?
V. S.: La bio-pirateria costituisce una minaccia al gia' limitato accesso
alle risorse sanitarie dei paesi del terzo mondo. L'80% dell'India risolve i
propri bisogni sanitari grazie alle piante medicinali che crescono nel
cortile di casa, nei campi, nelle foreste, e che la gente liberamente
raccoglie. Nessuno ha mai dovuto pagare un prezzo per i doni della natura.
Oggi ciascuno di quei farmaci e' stato brevettato e fra cinque- dieci anni
potrebbe facilmente verificarsi una situazione in cui quelle stesse
industrie farmaceutiche che hanno creato cosi' gravi danni alla salute
pubblica e stanno ora orientandosi verso prodotti salutari sotto forma di
farmaci fitoterapici, medicina cinese, aromaterapia indiana, ne proibiranno
l'utilizzo. Non hanno bisogno di venire in India e renderlo illegale perche'
prima di giungere a quel punto si sono gia' impadroniti delle risorse base,
portando via le piante, depredando le riserve, servendosi dei mercati e
lasciando la gente completamente sprovvista di accesso a queste risorse.
M. D. F. M.: Lei insiste sulla difesa del cibo. Ma oggi non si e' piu'
liberi di scambiarsi o di provare quello che mangia l'indiano o l'eschimese,
senza per questo diventare "bio-pirati"?
V. S.: E' in atto una concentrazione del potere privato sul cibo di
dimensioni che nessuno avrebbe potuto immaginare. La Monsanto ha acquistato
un controllo immenso sul sistema alimentare globale. E' il commerciante piu'
grande di grano e controlla intorno al 50% della produzione complessiva di
cereali. Questo enorme potere economico in combinazione con le biotecnologie
e il regime dei brevetti crea, se la gente non reagisce, un sistema in cui
nessuno avra' la possibilita' di decidere che cosa mangiare. E per me niente
rappresenta un totalitarismo piu' profondo della negazione di queste
liberta'. Oggi siamo testimoni di una concentrazione senza precedenti del
controllo del sistema agroalimentare internazionale in cui convergono
essenzialmente tre aspetti: il check-up dei semi, il controllo
dell'industria chimica, la sorveglianza delle innovazioni biotecnologiche
attraverso il sistema dei brevetti. Questa convergenza di fattori spesso
prende semplicemente la forma della fusione delle grandi imprese; un
supporto importante e' quello dell'accordo del Wto che allarga il loro
potere sia al nord che al sud. Il diritto al cibo, la liberta' di disporre
del cibo e' una liberta' per la quale la gente dovra' lottare come ha
lottato per il diritto al voto. Solo che non vivi o muori sulla base del
diritto al voto, ma vivi o muori sulla base del rifiuto del diritto di
disporre di cibo.
M. D. F. M.: Ma cosa si puo' fare per contrastare questo potere?
V. S.: so che e' stato piu' volte spiegato a quanti si preoccupano dei
pericoli dell'ingegneria genetica che le loro perplessita' interferiscono
con il diritto al cibo agli affamati del terzo mondo. Questa per me e'
un'assoluta menzogna. E' una menzogna a livello scientifico, politico ed
economico. E' una menzogna perche' l'ingegneria genetica non ha nulla a che
vedere con l'aumento della produzione di cibo, ha invece molto da ricavare
da una maggiore vendita di prodotti chimici legati alle sementi che hanno
proprieta' resistenti agli erbicidi e cio' riduce i contadini ad essere
eternamente dipendenti da cinque multinazionali al mondo.
M. D. F. M.: Il suo impegno per i contadini dell'India e' iniziato nel 1987,
dopo una riunione a Ginevra che la scandalizzo' per quanto udi' circa le
applicazioni dell'ingegneria genetica e sulla brevettabilita' della vita.
Cosa ha fatto in particolare?
V. S.: Per la logica stessa della loro espansione e l'accumulazione del
capitale, le multinazionali non si fermano davanti a nessun ostacolo.
Tornata a casa, ho cominciato a dire a ogni contadino di farsi una riserva
di semi, invitandolo ad orientarsi verso un'agricoltura autonoma, basata su
sementi proprie coltivate sul proprio suolo.
M. D. F. M.: Per questo ha fondato la Navdanya Conservation Farm?
V. S.: Navdanya significa nove semi, ed e' il nome che ho dato al nostro
programma di conservazione e di salvaguardia della biodiversita' agricola e
dei semi nativi. Lavoravo gia' da dieci anni in quest'ambito, pero' ogni
volta che parlavo delle risorse genetiche, la traduzione nella lingua
parlata localmente tendeva a ridimensionare cio' che dicevo. Io volevo dire
che nella pianta c'erano gli atomi ma per la gente non aveva senso perche'
non rientrava nella loro visione del mondo. Poi un giorno mentre stavo
raccogliendo semi in una remota area tribale, vidi un campo in cui
crescevano nove coltivazioni diverse e, iniziando a contarle chiesi al
contadino che senso aveva questo tipo di coltivazione. Egli mi rispose che
quel metodo di coltivazione si chiamava Navdanya, erano i nove semi che
riflettono anche l'equilibrio cosmico. Per tale motivo, bisognerebbe sempre
coltivare nove specie diverse, che sono un'insieme di semi oleosi,
leguminose (proteine), cereali (fonte di energia). Il numero nove, inoltre,
esprime il livello piu' alto di diversita' e sempre il nove e' un numero
sacro nella cosmologia indiana.
M. D. F. M.: Il suo ultimo libro ha un titolo angosciante: Il mondo sotto
brevetto. Crede davvero che sia cosi'?
V. S.: Il mio libro e' una denuncia contro la politica americana dei
brevetti applicati ovunque e in ogni campo (perfino su animali e vegetali),
primo passo verso il monopolio. Noi abbiamo Il diritto di vivere senza
brevetto. Contesto l'idea di proprieta' intellettuale, perche' impoverisce
la societa', soprattutto nel terzo mondo. All'inizio degli anni '80 John
Moore si rivolse all'ospedale della University of California per farsi
curare un cancro alla milza. Nel 1984 il dottore che lo aveva in cura
brevetto' una sequenza del suo Dna senza chiedergli l'assenso e la cedette
alla Sandoz. Le stime dell'effettivo valore economico di questa sequenza
superano oggi i tre miliardi di dollari. Nel 1947 la proprieta'
intellettuale copriva poco meno del 10% delle esportazioni statunitensi, nel
1994 questa voce superava il 50%. La vicenda di Moore e del suo Dna e' una
conseguenza della brevettabilita' degli organismi viventi, che discende
dall'accordo sui diritti di proprieta' intellettuale legati al commercio
(Trips) firmato in sede Wto, e che ha globalizzato le leggi sui brevetti
d'origine statunitense, le quali considerano il vivente alla stregua di
un'invenzione. Un concetto che impoverisce la societa' umana da un punto di
vista etico, ecologico ed economico. I brevetti negano il sapere in quanto
fenomeno collettivo che procede per accumulazione e vi oppongono diritti
privati che attribuiscono le innovazioni a singoli individui. In questo
equivoco, vi e' il fondamento della bio-pirateria, cioe' l'utilizzo dei
sistemi di proprieta' intellettuale per legittimare il possesso e il
controllo esclusivi di risorse, prodotti e processi biologici usati per
secoli nelle culture non-industrializzate che, all'improvviso, sono private
dell'enorme ricchezza della propria biodiversita', spesso unica loro
garanzia di sussistenza. Il continente indiano e' il piu' grande esportatore
mondiale di riso aromatico superfino, il basmati, coltivato da secoli e
gelosamente custodito. Nel 1997 la Rice Tec Inc., con sede in Texas, ottenne
il brevetto numero 5663484 sui chicchi e sul patrimonio genetico del riso
basmati: un brevetto che, se rigorosamente applicato, vieterebbe ai
contadini di coltivare, senza il permesso e il versamento di royalties alla
Rice Tec, le varieta' di riso sviluppate da loro e dai loro avi nel corso
dei secoli. Ed e' solo un esempio tra i tanti. Le leggi internazionali non
possono ignorare tali distorsioni.
M. D. F. M.: Comincera' un'altra battaglia, a livello mondiale, con l'aiuto
dei giovani del movimento new global?
V. S.: Numerosi movimenti di cittadini nel mondo chiedono un congelamento
del Trips per permetterne la revisione prima che tale accordo venga
applicato ai Paesi in via di sviluppo. Una revisione che tenga conto del
dibattito in corso sui temi dei brevetti sulla vita, e che agevoli
l'introduzione di un rigoroso protocollo sulla biodiversita', per mantenere
un equilibrio tra diritti e responsabilita' nel settore delle biotecnologie.
Non posso rimanere indifferente a tali oneste rivendicazioni.
6. INIZIATIVE. BRUNETTO SALVARANI: A POCHI GIORNI DAL 29 NOVEMBRE
[Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani@carpi.nettuno.it)
per questo intervento. Brunetto Salvarani e' uno dei promotori dell'appello
ecumenico per il dialogo cristianoislamico, iniziativa di cui la giornata
del 29 novembre sara' una rilevante estrinsecazione]
Care sorelle, cari fratelli,
mancano ormai pochi giorni al 29 novembre, ultimo venerdi' di Ramadan e data
che abbiamo scelto per celebrare la giornata ecumenica del dialogo
cristianoislamico, e vi scrivo di nuovo.
Per l'ultima volta prima del 29, direi, salvo imprevisti, visto che tutto
l'impegno e' ormai rivolto alle iniziative e alla pubblicizzazione della
giornata.
Siamo infatti nel cuore del "rush" finale, proseguono le adesioni di singoli
e gruppi alla catena del dialogo, nonche' la raccolta delle notizie sulle
iniziative locali, che potete trovare su www.ildialogo.org
Prosegue quindi a spron battuto la "campagna d'autunno" che ci ha portati a
comparire su molte testate: tra le ultime, il "Sir", "Avvenire", "Mondo e
missione", "Adista", "L'Unita'", "Sae Notizie", "Nev", "Il Regno",
"Settimana", "Mosaico di pace", "Viottoli", "Rocca", il settimanale
cattolico di Bergamo, "Qol", "Tempi di fraternita'", "Nostro tempo", e tante
altre tutte da ringraziare, su cui stanno comparendo articoli e interviste.
Ricordo anche la conferenza stampa in Campidoglio a Roma (non ho per ora
notizia di altre), che e' andata assai bene, e una serie di interviste
radiofoniche, fra cui un dibattito che si e' svolto martedi' 12 novembre su
Radio3 per la trasmissione "Farenheit" con Marino Sinibaldi, che ha dedicato
mezz'ora al tema della giornata, con un dibattito fra il sottoscritto e i
professori Vercellin e Prete, entrambi molto favorevoli, da un punto di
vista "laico". E Raffaele Luise ha parlato della giornata nel GR1 da Modena,
lo scorso 15 novembre.
Di nuovo mi piace sottolineare che in tanti scrivono e si informano, segno
che in un frangente in cui il clima antiislamico e antidialogico ha (forse)
raggiunto il suo apice c'e' anche un "popolo del dialogo" trasversale alle
chiese che vuole dire la sua, anche se non dispone di grandi media ne' di
particolari risorse per farsi sentire.
Il 29 novembre, da questo punto di vista, potrebbe risultare un appuntamento
importante per dare una certa visibilita' a tale popolo, a tali istanze.
Percio', per l'ultima volta, mi spingo a chiedervi di "stringere" sulle
iniziative concrete, perche' abbiamo bisogno di far sapere che da parecchie
parti qualcosa si sta organizzando (naturalmente, anche nei giorni seguenti:
l'importante e' che si sappia per il 29).
Ricordo che, nell'informalita' della cosa, possiamo "appoggiarci" a
strutture, per quanto leggere, esistenti, come quelle di Pax Christi e del
Sae (per citare due movimenti a livello nazionale).
Fra le belle nuove, c'e' l'adesione alla giornata del Consiglio locale delle
chiese cristiane di Venezia, e il fatto che, sia al Convegno nazionale dei
delegati diocesani per l'ecumenismo e il dialogo di Roma sia agli Incontri
cristianomusulmani di Modena delle Acli, si sia ampiamente discusso, in
assemblea plenaria e nei corridoi, della nostra impresa.
Ma pure la "scoperta" di esperienze come quella di Sassuolo delle famiglie
che da qualche anno vivono una giornata di convivialita' fraterna alla
settimana (guardate sul sito).
Consolante e' anche la notizia che alla celebrazione romana organizzata da
Paolo Naso, hanno annunciato la loro partecipazione tanto mons. Piero Coda,
nome ben noto negli ambienti ecumenici ma non solo, quanto il rev. Akasheh,
del Pontificio consiglio per l'unita' dei cristiani. Naturalmente, non
mancheranno "grossi nomi" del mondo evangelico italiano.
Vi esorto ancora a utilizzare, come sussidio per la giornata, il numero
monografico de "Il dialogo" a 16 pagine, richiedibile a Giovanni Sarubbi
(gsarubb@tin.it) oppure scaricabile direttamente dallo stesso sito (Giovanni
preferirebbe a dire il vero il primo dei due sistemi, per rientrare in parte
delle spese: fate voi...). Contiene nomi, testi dell'appello, documenti
ecumenici e interreligiosi, articoli e le due proposte di liturgie. Lo
stesso numero uscira' come "panino" di "Tempi di fraternita'".
Confermo anche che il "kit" della giornata comprende pure un fascicolo
curato da Stefano Allievi dal titolo "Islamica" che comprende tutta la
principale bibliografia in italiano sull'islam (si puo' richiedere
gratuitamente a cultura@carpidiem.it) e il numero speciale di 'Confronti'
dal titolo Noi e loro (che si puo' richiedere a redazione@confronti.net).
Se e quando potete, diffondete sulla stampa locale il comunicato n. 1 sulla
giornata, e anche il n. 2, sotto forma di Lettera ai musulmani italiani in
occasione dell'apertura di Ramadan. Un altro e' in preparazione, con la
notizia dei principali eventi.
Finalmente, abbiamo ricevuto con molta gioia la lettera ufficiale del
direttivo dell'Ucoii che invita esplicitamente le moschee ad essa aderenti a
partecipare all'iniziativa, rendendosi disponibili a quella che abbiamo
definito l'iniziativa "Moschee aperte" (trovare la lettera sul sito del
"Dialogo"). Permettetemi una sottolineatura rispetto a questa
disponibilita', che mi pare per tanti versi straordinaria e che andrebbe
valorizzata adeguatamente. Ovviamente, non e' l'unica organizzazione
islamica che ha aderito, ma e' quella - probabilmente - piu' ramificata sul
territorio della penisola.
Da voi tutti, invece, restiamo in attesa di notizie sulle iniziative,
pareri, commenti e... problemi, se ce ne sono. Ripeto: abbiamo estrema
urgenza di diffondere i luoghi e gli orari di dove accadra' qualcosa, anche
di semplice, da un volantino a un comunicato stampa.
A tutti, mi permetto di chiedere, per quel giorno, la condivisione del
digiuno, e la consegna del denaro risparmiato a gruppi di solidarieta' e di
diaconia; ma anche, e soprattutto, la preghiera, come stanno facendo diversi
monasteri e diversi credenti "singoli".
Grazie ancora, perdonate l'insistenza, e auguri di cuore. Ora tocca a voi:
anzi, a noi...
shalom - salaam - pace
Brunetto
7. MAESTRE. AGNES HELLER: IL NOSTRO PRESENTE
[Da Agnes Heller, Teoria della storia, Editori Riuniti, Roma 1982, p. 298.
Agnes Heller, filosofa ungherese, nata a Budapest nel 1929, allieva e
collaboratrice di Lukacs, allontanata dall'Ungheria, ha poi insegnato in
Australia e in America. In Italia e' particolarmente nota per la "teoria dei
bisogni" su cui si ebbe nel nostro paese un notevole dibattito anche con
riferimento ai movimenti degli anni '70. Su posizioni democratiche radicali,
e' una interlocutrice preziosa anche laddove non se ne condividano alcuni
impianti ed esiti teorici. Opere di Agnes Heller: nella sua vastissima ed
articolata produzione segnaliamo almeno La teoria dei bisogni in Marx,
Feltrinelli; Teoria dei sentimenti, Editori Riuniti; Teoria della storia,
Editori Riuniti; Etica generale, Il Mulino; cfr. anche Apocalisse atomica
(con F. Feher), Sugarco; ed il volume-intervista Morale e rivoluzione,
Savelli. Opere su Agnes Heller: la rivista filosofica italiana "aut aut" ha
spesso ospitato e discusso la riflessione della Heller; cfr. in particolare
gli studi di Laura Boella]
Il nostro presente non e' piu' il presente di una, ma di varie culture. E'
diventato, non solo nella nostra immaginazione ma nella realta', il presente
della nostra umanita'. "Contemporaneita'" e' ora la "contemporaneita'" di
tutti quelli che vivono su questa terra; essa comprende varie culture e
strutture sociali con diversi passati e diverse storie.
8. I MALUMORI ATRI DI MASCARILLO SCORTICONI: UNA SCONFITTA
Mi e' sempre sembrato chiarissimo che il cosidddetto "movimento dei
movimenti" sia il frutto di una sconfitta, la sconfitta delle sinistre
novecentesche. Ma io che son uno di quegli sconfitti non sono disposto a far
finta di niente, ed a lasciar buttare "nella spazzatura della storia" la
nostra vicenda, il nostro sentire, le proposte nostre; non sono disposto a
far finta che il passato non esista; non sono disposto a ingannare tanti
giovani cui si vuol far credere che il mondo sia cominciato a Seattle e che
tutto quanto accadde prima fu favola e sogno.
Non sono neppure disposto a lasciar che si spaccino per miracolosi trovati
di novelli Dulcamara le banalizzazioni e gli offuscamenti oggi correnti di
idee e progetti ed esperienze che molto meno confusi e subalterni pensammo e
cercammo di agire nel secolo andato. Certe banalita' che oggi vanno per la
maggiore sono sovente la versione immeschinita e caricaturale - e talora da
catechismo neostalinista - di idee che ebbero ben altra complessita',
profondita' ed apertura nella riflessione e nella prassi dei movimenti di
resistenza e di liberazione del secolo trascorso da appena due anni e gia'
trattato come se fosse una remota e indecifrabile preistoria.
Ed infine non sono disposto a lasciar credere che il nostro passato sia
stato una notte in cui tutte le vacche erano nere. Ci fu la sinistra degli
stalinisti e ci fu la sinistra delle vittime degli stalinisti; ci fu una
sinistra criminale, e ci fu una sinistra che contro ogni crimine si batte'.
E soprattutto nel secolo XX ci furono Auschwitz e Hiroshima e il
totalitarismo, e mi pare che la loro decisivita' oggi troppi tendano a
rimuovere. Ed invece sono li', eventi rocciosi e ineludibili, confitti nella
storia e nella coscienza dell'umanita', che ci interpellano, e dinanzi ai
quali tu devi agire perche' mai piu' si ripetano. E chi pensa di poter non
fare i conti coi traumi del passato e' destinato a non poterli superare mai;
e gli orrori di cui non prendi coscienza li riproduci. Sara' un caso che tra
tanti autori citati a proposito e a sproposito quasi nessuno di quelli che
piu' danno fiato agli ottoni abbia mai aperto un libro di Tzvetan Todorov?
Possiamo sommessamente suggerire che il suo Memoria del male, tentazione del
bene e' un'opera la cui lettura e' indispensabile?
*
Discende da queste premesse il fatto che non mi appassionino gli
sdilinquimenti e le prosopopee per certi episodi, pur importanti, che ai
neofiti appaiono svolte epocali, e che tanti zuzzurelloni e marpioni d'antan
accondiscendono a far credere essere quel che non sono.
Quanto accadde a Genova non e' stata "una vittoria" come con espressione
lugubre e insensata, necrofila e sciagurata, taluno ha detto nel suo folle
desiderio di miti di fondazione (e tutti i miti di fondazione sono
naturalmente macchiati di sangue: visione sacrificale e militarista della
storia che a me ripugna), ma una catastrofe. E una catastrofe assai
prevedibile. E non averla evitata e' responsabilita' grave di tutti coloro
che hanno cooperato allo scatenamento delle violenze commesse da sadici e
nazisti.
E quanto accaduto a Firenze qualche settimana fa non e' stata la renovatio
del mondo, ma una cosa certo buona e giusta e importante, ma di portata
limitata nel quadro della societa' in cui viviamo, che e' per piu' versi
proprio la debordiana e totalitaria societa' dello spettacolo; e molta
strada c'e' ancora da fare, e molte pagnotte da mangiare per crescere in
senno ed esperienza e forza quanto occorre, per rovesciare le ingiustizie e
le mistificazioni che tutti ci attanagliano e mutilano.
La strada e' la scelta della nonviolenza, e la storia della lotta
nonviolenta contro l'inumano e' il nutrimento.
La scelta della nonviolenza, la lotta nonviolenta contro l'inumano: che e'
la proposta teorica e pratica, morale e politica, che le piu' alte
esperienze dell'umanita' novecentesca ci consegnano in eredita': la
Resistenza, la liberazione dal colonialismo, le lotte del movimento dei
lavoratori, il movimento delle donne; Primo Levi, Mohandas Gandhi, Virginia
Woolf; Guenther Anders, Hannah Arendt, Simone Weil.
9. RILETTURE. MURRAY BOOKCHIN: L'ECOLOGIA DELLA LIBERTA'
Murray Bookchin, L'ecologia della liberta', Antistato, Milano 1984,
Eleuthera, Milano 1986, 1988, pp. 548. Un classico dell'ecologia e della
cultura libertaria. Da leggere necessariamente.
10. RILETTURE. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA, FRANCA ONGARO BASAGLIA (A CURA
DI): PSICHIATRIA, TOSSICODIPENDENZE, PERIZIA
Maria Grazia Giannichedda, Franca Ongaro Basaglia (a cura di), Psichiatria,
tossicodipendenze, perizia, Angeli, Milano 1987, pp. 448. Una raccolta di
interventi che prendono spunto da due seminari di studi dell'85 e dell'86;
alcuni testi sono di grande valore.
11. RILETTURE. GRUPPO DI LISBONA: I LIMITI DELLA COMPETITIVITA'
Gruppo di Lisbona, I limiti della competitivita', Manifestolibri, Roma 1995,
pp. 208, lire 32.000. A cura di Riccardo Petrella, un'analisi economica e
sociologica della situazione attuale.
12. RILETTURE. GIULIANA MARTIRANI: LA GEOGRAFIA COME EDUCAZIONE ALLO
SVILUPPO E ALLA PACE
Giuliana Martirani, La geografia come educazione allo sviluppo e alla pace,
Edizioni Dehoniane, Napoli 1984, 1985, pp. 336. Una miniera di utili
materiali.
13. RILETTURE. EDDA SCOZZA: IL CORAGGIO DI ESSERE INDIANO
Edda Scozza, Il coraggio di essere indiano, Ere Emme, Pomezia 1996 (ora
Roberto Massari Editore, Bolsena), pp. 192, lire 22.000. Un bel volume su e
per Leonard Peltier, con una sua lettera ai lettori e con 32 pagine di
riproduzioni a colori delle sue opere pittoriche.
14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 425 del 24 novembre 2002