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Non mi fido di Pisanu




Intervento di Lorenzo Guadagnucci, autore di "Noi della Diaz", membro del 
comitato "Verità e giustizia per Genova"



"Pisanu ambiguo, io non mi fido"

Il ministro ha parlato e l'hanno applaudito tutti, eppure non mi ha 
persuaso. Il suo intervento m'è sembrato quanto meno ambiguo. "Indagini 
rapide sui no global" ha detto Pisanu, facendo capire che l'inchiesta di 
Cosenza non gli sembra convincente. Bene. Ma Pisanu ha anche chiesto la 
"rapida conclusione di tutte le indagini attinenti allo svolgimento di 
pubbliche manifestazioni". Non ha detto di più ma il riferimento è chiaro: 
Napoli e Genova, le inchieste sugli scontri di piazza - e gli abusi 
commessi dalle forze dell'ordine - durante il summit europeo (marzo 2001) e 
il G8 (luglio 2001). Pisanu ha fretta e invita i procuratori - se 
necessario - ad avocare e coordinare le inchieste. Tutto regolare? A norma 
di legge forse sì, ma perché il ministro sente proprio ora, e solo ora, il 
bisogno di vedere concluse quelle inchieste? Da dove nasce questo 
improvviso attivismo?

Ad essere benevoli, si potrebbe dire che di fronte alla sconcertante 
inchiesta dei Ros sulla "Rete ribelle del Sud" e alla condotta della 
procura di Cosenza, che ha sposato il rapporto dopo i no di altre procure, 
il ministro vuole chiarezza e trasparenza, visto che le inchieste di Napoli 
e Genova sono per molti versi esplosive e hanno già creato gravi tensioni 
(qualcuno ha dimenticato i poliziotti napoletani incatenati attorno alla 
questura?)

Ma chi ha interesse a mettere fretta ai magistrati? Ed è questo il modo per 
avere trasparenza e disinnescare tensioni potenziali? E l'intervento del 
ministro è davvero neutrale? Le anomalie da mettere sotto i riflettori, più 
che la presunta lentezza della magistratura inquirente, a me sembrano 
altre: ad esempio il modo d'investigare dei Ros, che recuperano reati del 
codice Rocco e accusano di reati gravissimi militanti che hanno sempre 
agito alla luce del sole; oppure la condotta di polizia, carabinieri e 
guardia di finanza nelle strade di Genova nel luglio 2001; e ancora la 
"gestione" di luoghi d'improvvisata detenzione come la caserma Raniero a 
Napoli e la caserma di Bolzaneto nel capoluogo ligure. Amnesty 
International, oltre un anno fa, ha chiesto al governo italiano di nominare 
una commissione d'inchiesta per fare luce su questi gravissimi fatti. 
Nessuno, né Pisanu né altri, ha mai ritenuto di dover agire.

Dopo tanto silenzio, dopo tanta noncuranza di fronte a comportamenti 
gravissimi, documentati e in molti casi innegabili (in testa il blitz alla 
Diaz e le falsificazioni che hanno preceduto e seguito il pestaggio), 
improvvisamente si scopre che le inchieste procedono a rilento e che la 
credibilità delle istituzioni potrebbe riceverne un danno.

Solo ora, e con un tempismo sospetto che si somma a un probabile strabismo, 
Pisanu si accorge che qualcosa non va. Ma non si cura delle sconcertanti 
inchieste dei Ros, non si accorge che la polizia da un anno e più ostacola 
le inchieste di Genova, non si rende conto che la credibilità dei vertici 
di polizia è stata irrimediabilmente compromessa durante e dopo i giorni 
del G8. Così si concentra sulle procure. Chiede di sbrigarsi, di chiudere 
rapidamente le inchieste. Ora vuole chiarezza. Proprio ora, direbbero i 
maliziosi, che ad esempio la procura di Genova cerca di capire a che 
livello gerarchico sia stata presa la decisione di mettere le due molotov 
dentro la scuola Diaz. Proprio ora che si profilano i rinvii a giudizio per 
agenti, funzionari e dirigenti di polizia. Proprio ora, aggiungo io, che si 
tenta di far bollire tutto in un unico calderone: il processo Andreotti e 
l'inchiesta di Cosenza, il "profondo turbamento" del presidente e la 
"giustizia impazzita" del premier. Questo pentolone sarebbe il recipiente 
giusto per cucinare l'archiviazione del caso Giuliani e i rinvii a giudizio 
di qualche agente per il blitz alla Diaz?

No, Pisanu non mi ha convinto. I pm di Napoli e Genova non abbiano fretta: 
indaghino con calma, con cura, a tutti i livelli. Noi non abbiamo nulla da 
temere.

Lorenzo Guadagnucci