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Pubblicita' etica?



Reclaim the Attention Economy

di MATTEO PASQUINELLI

Data: 14.12.2001
Argomento: Brainews
URL: http://www.rekombinant.org/article.php?sid=1346


Per la costruzione di una "economia dell'attenzione" etica e di un 
network di pubblicita' autogestita per il movimento. Versione finale 
con proposta operativa. Contributi critici benvenuti.

INGEGNERIA A ROVESCIO: L'ETICA NEL MOTORE

Negli ultimi anni sono diventati di pubblico dominio nomi come 
finanza etica, banca etica, commercio equo e solidale. Esistono da 
decenni cooperative di mutuo sostegno e di finanza alternativa ma la 
loro corrente carsica e' emersa solo quando la sensibilita' 
collettiva ha cominciato ad essere ricettiva.

L'autogestione dal basso di modelli economici, l'hacking della 
struttura capitalistica va di pari passo con la diffusione dei new 
media, dell'internet, della costruzione di forum sociali e media dal 
basso. Hardware a buon mercato, software semplici da usare, ma 
soprattuto knoware, la consapevolezza che i mezzi di produzione, la 
tecnologia, la comunicazione, l'economia, possono essere smontati, 
compresi e ricostruiti dal basso.

Non 'Power to the people', ma *Power from the people*. Questa volta 
nella figura di comunita' di consumatori, di gruppi di affinita', di 
centri sociali. La decostruzione dal basso dei mezzi di produzione ha 
aggiunto un aggettivo: etico. Reazione civile all'immoralita' oscena 
dell'Occidente.

Dopo che il Muro di Berlino e' crollato, un po' di sbornia 
capitalistica, e poi subito abbiamo visto l'Occidente senza freno 
mettere in ginocchio le economie del Terzo Mondo, colonizzare il 
verde, distruggere i piccoli centri, atrofizzare il tessuto sociale. 
Ed e' nata una coscienza globale.

Etico non significa puro. Significa l'ibridazione di un meccanismo 
capitalistico sfuggito al controllo della comunita' con un sistema di 
valori condiviso. Puo' significare riportare un attivita' mercantile 
a dimensioni umane, rispettare i diritti dei lavoratori, dei 
consumatori. Etico ha il senso pragmatico e utopico della parola 
'hacking', cercare di cambiare le regole del gioco giocando. E il 
gioco in questo caso e' sporco per definizione, e' il gioco del 
denaro.

Etico in questo caso significa, in una parte della societa' che si 
sente vicina al movimento "new global", "reverse engineering" 
dell'etica. Ovvero: spesso l'atteggiamento della solidarieta', del 
volontariato, della non violenza, dell'obiezione fiscale, civile, e' 
coinciso con una cultura reattiva (come direbbe Nietzsche) incape di 
una proposta attiva, positiva. "Ingegneria al contrario dell'etica" 
significa usare un sistema di valori come grimaldello e non 
semplicemente come scudo.

Troviamo questa attitudine al reverse engineering anche in altri 
piani dell'esistente, come ad esempio nella guerriglia mediatica dei 
media jammer, di Adbusters, nella mitopoiesi del popolo di Seattle, 
nell'hacking informatico. A dire il vero solo una piccola parte del 
movimento ha compreso negli ultimi 30 anni il ruolo politico dello 
spettacolo, dei media, del desiderio, e ha provato a rovesciarli.

Quello che e' interessante nella finanza etica e' che l'etica si 
integra nel meccanismo economico, non e' un semplice censore esterno, 
un valore "aggiunto", e' parte dello schema. Cosi' come costruiamo 
un'economia etica dobbiamo cominciare a costruire un'economia etica 
dell'informazione, dello "spettacolo", dell'attenzione, mettere mano 
all'economia dell'immateriale.


L'ECONOMIA DELL'IMMATERIALE

La critica postfordista e' riuscita solo a scalfire la superficie 
dell'economia dell'immateriale. La fantasmagoria della merce di Marx, 
il mito di Barthes, la societa' dello spettacolo di Debord, la 
realta' televisione di Baudrillard, il rumore bianco del postmoderno, 
il lavoro immateriale, la svolta linguistica del postfordismo, il 
mondo di loghi di Naomi Klein, la grande bolla della New Economy. 
Chiamatelo come vi pare, chiamatelo semio-capitalismo, la merce che 
diventa immagine, il lavoro che diventa conoscenza e informazione. In 
realta' si tratta della cara Old Economy che ha bisogno di 
agganciarsi alle strutture flessibili e ai veloci canali pubblicitari 
della New Economy. La New Economy e' solo l'etichetta della Old 
Economy, la sua moneta di scambio. Questa etichetta molto spesso la 
costruiamo noi, non il Capitale.

'Attention Economy', scritto da Thomas Davenport e John Beck, e' il 
libro che spiega come l'economia di oggi funziona conquistando spazi 
e tempi di attenzione del pubblico e che questa attenzione oggi, nel 
rumore bianco del bombardamento mediatico, e' il bene piu' scarso, 
quindi piu' prezioso. Il valore della merce dipende dal nostro tempo 
di attenzione che riesce a conquistare. Su questa economia 
dell'attenzione si basa un mercato pubblicitario gigantesco che regge 
imperi come Mediaset, Rai, Rcs, Repubblica.

Il 50% dell'economia di un paese e' psicologia, diceva Ludwig Erhard, 
economista tedesco. Il capitalismo e' in crisi e la battaglia della 
pubblicita' e' disperata perche' ormai il tempo di attenzione e' 
saturato. L'uomo moderno vive in un indistinto brusio informativo 
fatto degli input della tv, dei giornali, di internet, della 
metropoli, delle relazioni sociali: information stress.

In campagna elettorale lo chiamano 'tempo di attenzione', e' il tempo 
di apparizione televisiva di ogni candidato, e i partiti passano ai 
ferri corti per conquistare qualche minuto in piu' dell'avversario. 
Hanno ragione, le masse, e' dimostrato, reagiscono in termini 
pavloviani in campagna elettorale. Votano per colui di cui si parla 
di piu', nel bene o nel male non importa.

Per i pubblicitari e' il campo di battaglia, ne va della loro 
sopravvivvenza in un ecosistema ultra-competitivo. E' una battaglia 
cognitiva per escogitare il marchingegno semiotico che in un decimo 
di secondo faccia salivare il cervello vittima. Sia la grafica 
elaborata, la musica, un culo, la volgarita', non importa.

I bacini di attenzione possono essere costruiti dall'alto o dal 
basso, dal bombardamento dei media o dalle relazioni sociali della 
comunita'. Pochi anni fa il movimento rivendicava reddito per tutta 
la produzione simbolica non pagata che veniva recuperata dal sistema, 
semplificata e trasformata in moda, musica, film. Oggi non si tratta 
semplicemente di rivendicare il proprio lavoro immateriale non 
pagato, la produzione simbolica di cui si ciba MTV, ma di rivendicare 
il proprio tempo di attenzione e rivalutarlo.


RIVENDICHIAMO LA NOSTRA ECONOMIA DELL'ATTENZIONE

Le nostre comunita' rappresentano un capitale sociale inestimabile in 
termini di economia dell'attenzione per la capacita' di produzione di 
legame sociale, di produzione di messaggi, mode, simboli, 
immaginario, in definitiva per la produzione di attenzione. I nostri 
bacini di attenzione devono diventare indipendenti rispetto al grande 
bacino dei media di massa, della televisione globale. Lo abbiamo 
fatto attraverso media indipendenti e network orizzontali. Ma abbiamo 
sottovalutato un medium onnipresente che si e' infiltrato in tutto il 
nostro spazio vitale, micidiale perche' costantemente lo rimuoviamo: 
la pubblicita'.

Non si tratta di fare contro-pubblicita', sullo stile Adbuster, ma di 
fare pubblicita' per noi, pubblicita' completamente ripensata, 
pubblicita' pubblicita', rivendicare il nostro tempo di attenzione, 
guadagnare soprattutto la nostra economia dell'attenzione. Pensiamo 
alla pubblicita' come possibile "tactical media", come "indymedia".

Non e' solo una missione contro l'inquinamento estetico e sociale 
delle pubblicita': e' una rivendicazione economica. Noi siamo troppo 
spesso i vettori della pubblicita' che combattiamo. Non c'e' bisogno 
di essere degli Adbuster, dei cacciatori di pubblicita', perche' 
siamo noi gli Adcaster, i lanciatori di pubblicita', i vettori di 
essa.

A dire il vero l'atteggiamento di Adbusters e' politicamente 
reattivo. Dice semplicemente che questo regime pubblicitario 
rappresenta un inquinamento estetico culturale morale pesantissimo. 
Giusto. Questa pubblicita' che conosciamo regge la grande 
infrastruttura della globalizzazione. Ma non si combatte il nemico 
dicendo, come in una barzelletta, "le tue armi sono brutte". Facendo 
il verso alla pubblicita' Nike, svirgolando la celebre virgola, 
accumuliamo sempre tempo di attenzione "Nike". Al contrario la grande 
capacita' immaginifica di tutti i *subvertiser*, dal Billboard 
Liberation Front ad Adbuster, puo' essere impiegata per una 
pubblicita' proattiva, caustica, "etica".

Per questo dobbiamo rovesciare i meccanismi pubblicitari, creare 
network di attenzione autogestiti, creare pubblicita' autogestita, 
che esca dalle nostre comunita' e si proietti verso la societa' 
tutta, ma non pubblicita' non-profit, non pubblicita' caritatevole, 
pubblicita' che inneschi il suo bacino economico, che porti dietro la 
sua economia, che sia la finanza etica, il mercato equo e solidale, 
le cooperative, le produzioni musicali e artistiche, i media 
comunitari.



COSTRUIAMO UN NETWORK DI PUBBLICITA' ETICA

Perche' costruire un network e una concessionaria di pubblicita' etica?

1 - La prima considerazione e' politica: per non lasciare 
inutilizzata la ricchezza di comunicazione e di economia di 
attenzione delle nostre comunita' e per non svenderla alle grandi 
imprese. La pubblicita' oggi regge imperi come Mediaset e Rai, decide 
della vita e della morte dei media comunitari e dell'informazione 
indipendente. Poche concessionarie gestiscono gran parte del mercato. 
Per questo dobbiamo riappropiarcene e augestirla.
2 - La seconda considerazione e' economica: per sperimentare forme di 
reddito e di impresa che non ci costringano a vendere ad altri le 
nostre idee, i nostri contenuti, i nostri network. Per evitare di 
affidarsi a concessionarie che guadagnano quanto noi dalla vendita 
degli spazi pubblicitari senza sudare una goccia.
3 - La terza considerazione e' culturale: per considerare la 
pubblicita' come un mass medium a tutti gli effetti che influenza con 
il suo linguaggio la societa' e per usarlo in maniera creativa ed 
etica.

Per questi motivi serve una concessionaria di pubblicita' etica che:
- dia possibilita' economiche anche ai media comunitari, di 
movimento, cooperativi.
- compatti economicamente questo bacino politico e culturale dalla 
notevole ampiezza.
- abbia un modello etico, non speculi sugli spazi pubblicitari, dia 
piu' importanza agli editori che ai profitti e quindi si strutturi 
come cooperativa non-profit.
- sia un marchio di garanzia per i consumatori e utenti, sia 
trasparente sullo status legale ed etico degli inserzionisti, dia 
continue garanzie sul come vengono scelti e tenga aperto un canale 
per le critiche e le reazioni degli utenti.
- ridistribuisca la pubblicita' in modo orizzontale senza favoritismi 
politici, chiarendo anche in questo caso in modo trasparente chi 
possa entrare a far parte del network.
- tuteli gli utenti con pubblicita' non invasiva e piu' informativa, 
sia rispettosa dei valori della convivenza civile e tuteli i minori.
- studi il messaggio pubblicitario in modo creativo, culturalmente 
stimolante, anche radicale, ma mai volgare, essenso consci 
dell'influenza culturale e della pervasivita' del medium 
pubblicitario.
- dia spazio anche a progetti non-profit, sociali, culturali, 
editoriali, musicali, non solo ad attivita' commerciali.
- stabilisca un listino dinamico e una valutazione degli spazi che 
vada incontro alle imprese piu' deboli o appena avviate.
- favorisca la pubblicita' delle imprese etiche e imponga una sorta 
di "tobin tax" alla grosse imprese o le escluda del tutto dal 
circuito.

Questa concessionaria dovrebbe fare riferimento secondo noi a tre 
aree delle societa' che in questi anni hanno pensato modelli di 
sviluppo sostenibili, si sono battuti per un mondo piu' giusto e 
democrativo, hanno creato ricchezza dal basso, hanno prodotto idee 
innovative. Queste aree sono:

- il movimento dei centri sociali, dei gruppi di base, degli 
ambientalisti, dei gruppi di affinita', delle ONG e delle 
organizzazioni cattoliche che hanno lavorato su un terreno politico e 
culturale per uno sviluppo sostenibile e per un societa' piu' 
democratica.
- le cooperative, il popolo delle partita IVA, i lavoratori atipici, 
i lavoratori e la imprese dell'immateriale e della new economy, come 
portatori di innovazione e modelli economici e di comunicazione nuovi.
- i progetti di finanza etica, banca etica, microcredito, commercio 
equo e solidale, le imprese del biologico e dell'agricoltura 
sostenibile, le imprese bio-compatibili, soprattutto i network di 
finanza etica che tengono rapporti con il Terzo Mondo e con l'Europa.

Questo bacino in Italia fa riferimento gia' al 10% per cento della 
popolazione italiana, uno strato sociale noto per essere un 
consumatore critico, attento, alfabetizzato e socialmente impegnato, 
un bacino di utenti che sono volano di comunicazione e rinnovamento 
sociale.

Questo progetto potrebbe cominciare in modo sperimentale con una 
concessionaria di pubblicita' sul web, che permette di ridurre i 
costi di gestione, infrastrutture, comunicazione. In Italia la 
pubblicita' sul web rappresenta poco piu' dell'1% per cento 
dell'intero mercato, ma il suo e' un target elevato, che coincide non 
a caso con il bacino sociale a cui questo progetto fa riferimento. 
Non a caso i movimenti sociali hanno usato il web in questi anni per 
costruire comunita', media e network indipendenti e per sperimentare 
nuove tecnologie e nuove forme comunicative. Questi network sono 
vivaci e numerosi, ma al momento non sono mai stati sfruttati in 
termini di economia dell'attenzione. Inoltre, il settore del 
commercio equo e solidale, del biologico e delle cooperative si sta 
espandendo proprio sul web, scoprendo qui la dimensione adatta al suo 
business, la stessa dimensione che invece e' risultata innaturale e 
fatale per il business delle dot.com.

'Pubblicita' Etica' si struttura come una piccola impresa cooperativa 
non profit, che quindi non deve fare profitti ma preoccuparsi delle 
spese di gestione e di non speculare sugli editori. E' divisa in tre 
uffici: sviluppo, commerciale, tecnico. Il controllo dei contenuti 
delle pubblicita' accettate come etiche viene effettuate da organi 
esterni gia' esistenti come il Garante dei Consumatori, gli 
Osservatori ad esempio sul biologico e gli Ossevatori europei sul 
business etico. La lista degli inserzionisti viene costantemente resa 
pubblica con le motivazioni dell'accettazione sul sito web.

Gli spazi web (ma anche radiofonici o sulla carta stampata) sono 
immediatemente riconoscibili da una scritta 'Pubblicita' Etica'. Per 
la precisione la scritta sara' il nome del sito PUBBLICITAETICA.ORG 
dove gli utenti potranno trovare al primo accesso informazioni su 
cosa e' la pubblicita' etica, sulle garanzie, sui paletti 'etici' e 
sui bilanci della concessionaria. La scelta dell'indirizzo web e' 
dovuta anche alla necessita' di non appesantire il messaggio e il 
medium.

E' chiaro da questa descrizione che la pubblicita' etica applica un 
valore aggiunto a tutta la pubblicita' gestita. Il messaggio 
pubblicitario acquisisce con queste garanzie una maggiore capacita' 
di penetrazione, diffusione e credibilita'. Pubblicita' Etica si 
struttura cosi' non come un business lucrativo ma come uno strumento 
di sviluppo per le piccole imprese, le cooperative, le attivita' di 
comunita'.

Si pensa che l'attuale crisi del settore pubblicitario non possa 
intaccare un modello simile, non-profit, ma possa anzi rappresentare 
il giusto momento per conquistare spazi e visibilita' e dare un 
segnale forte alle nostre comunita'.