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Headlines Johannesburg 05-09-02
A: <c.gubitosa@peacelink.it> "Carlo Gubitosa"
Da: sjs.headlines@sjcuria.org
HEADLINES da Johannesburg -- WSSD, conclusione
-- Notizie dall'apostolato sociale della Compagnia di Gesù -- 5 settembre 2002
...per scambiare notizie, condividere la spiritualità e favorire il lavoro
in rete...
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* Il racconto dei molti Summit
Il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile non è stato solo i dieci
giorni di battaglia dentro il lussuoso Sandton Centre, dove hanno dominato
le logiche del potere, ma anche, in oltre dodici diverse sedi, diciassette
giorni di discussione di problemi seri, clamore intorno a cause cruciali,
presentazione di soluzioni creative, competizione fra diversi interessi, e
un diluvio di informazioni sullo sviluppo sostenibile -- con pesanti
mancanze in termini di organizzazione, trasparenza e dialogo.
Al momento di tentarne una prima valutazione, dobbiamo considerare tutte le
diverse facce del Summit e concludere che Johannesburg è stato un'immagine
fedele del nostro mondo.
Quali sono stati gli attori principali? Gli USA hanno chiaramente dominato
la scena, spesso, ma non sempre, in concerto con l'UE e/o il G8 e/o
Australia / Canada / Giappone. Gli USA hanno vinto la partita sull'energia,
l'UE quella su acqua e condizioni igieniche, e sul Protocollo di Kyoto. Il
G77 (il raggruppamento dei Paesi in via di sviluppo) ha mostrato le sue
divisioni interne, occasionalmente ha trovato un alleato nell'UE, ma è
rimasto per lo più ai margini. La presenza delle grandi imprese si è fatta
molto sentire e il WTO è emerso come l'organizzazione internazionale dominante.
Il Summit si è svolto in Africa e questo ha permesso a molti partecipanti,
fra cui alcuni giornalisti e membri di delegazioni governative, di rendersi
conto dei problemi scottanti del continente, e anche di farne una certa
esperienza. Di conseguenza, l'intero processo e i risultati sono segnati da
alcune delle tipiche difficoltà africane: distanza fra i privilegiati e la
povertà generalizzata, conflitti e disorganizzazione di vario genere,
imposizioni da parte di un potere lontano.
Le ONG più grandi e conosciute hanno seguito il processo in corso a Sandton
da vicino, producendo eccellenti analisi. Alcune hanno dato vita ad
alleanze efficaci, che riunivano in modo istituzionale organismi
ambientalisti e entità impegnate nella promozione dello sviluppo - una
novità significativa rispetto al passato. Ma non sono riuscite a offrire ai
movimenti sociali e alle ONG del Sud del mondo un riferimento
organizzativo, e hanno così fallito l'obbiettivo di farci entrare insieme
nello svolgimento del Summit. Lo stesso vale per il gruppo dirigente delle
ONG sudafricane. Non avendo trovato una collocazione precisa e un modo per
farsi ascoltare, le ONG non sono riuscite a far arrivare il loro messaggio.
Anche se Kofi Annan ha riconosciuto l'influsso positivo della società
civile e delle ONG, la maggioranza dei partecipanti resta insoddisfatta
della poca trasparenza di un processo che, dall'inizio alla fine, è rimasto
sostanzialmente al di fuori della loro portata.
E' significativo registrare che anche molti delegati ufficiali si sono
sentiti frustrati dall'uso di strategie negoziali basate sulla forza, dal
clima di segretezza, confusione ed esclusione. Negli interventi di alcuni
Capi di Stato e di Governo riecheggiavano le espressioni usate dalle ONG a
riguardo.
Oltre all'accordo sul Piano di Azione [vedi HL 20904], bisogna menzionare
fra i risultati del Summit un nuovo consenso intorno ai Protocolli di Kyoto
in materia di clima e l'impegno, assunto da un centinaio di giudici di
massimo livello di tutto il mondo, di lavorare per il rispetto delle leggi
ambientali. Inoltre, sono state annunciati oltre 500 nuovi grandi progetti,
per la cui attuazione si coagulano le risorse e le capacità dei governi,
dei gruppi ambientalisti o impegnati per lo sviluppo, e delle imprese;
tuttavia, insieme a molti osservatori, dubitiamo che queste cosiddette
Iniziative di Partenariato di Tipo 2 possano costituire un valido sostituto
a decisi impegni intergovernativi che affrontino i problemi più ampi,
difficili e globali.
L'ONU ha organizzato l'avvenimento, lasciando sperare che si sarebbe
trattato di un processo democratico, ma non è riuscita a dirigere i lavori.
I temi di partenza -- povertà, ingiustizia sociale e degrado ambientale, su
cui c'è l'accordo degli esperti, per non dire di "tutti" -- sono passati in
secondo piano rispetto alla globalizzazione economica e commerciale. Come
abbiamo imparato, il mondo riesce a trovare un accordo su tutto, eccetto
che sui soldi. Il Piano di Azione approvato a Johannesburg continua ad
usare un linguaggio di sapore umanitario, sociale ed ambientalista, ma
riflette la maggiore influenza delle imprese e la priorità attribuita alle
considerazioni di tipo commerciale su tutte le altre. La vera battaglia in
corso -- in cui si affrontano l'ONU da una parte, e il WTO (e le grandi
imprese) dall'altra -- è quella per decidere quale sia l'istanza suprema di
governance mondiale.
L'ONU -- in cui sono presenti tutti gli Stati e ciascuno ha un voto -- è
l'istituzione mondiale più democratica e al suo interno i popoli del Sud
del mondo possono parlare e partecipare. L'ONU difende i diritti umani,
l'ambiente e lo sviluppo sostenibile. Sono queste le preoccupazioni che
guidano le decisioni economiche? O sono la liberalizzazione del commercio e
la globalizzazione degli interessi economici, portati avanti dal WTO, a
rappresentare il punto di riferimento? Una delle più dure lotte che hanno
caratterizzato la storia moderna è quella per affermare il controllo del
parlamento sul bilancio dello Stato e sulle tasse: forse, in futuro, sarà
necessario ripeterla su scala globale. Per il momento, la governance
globale funziona in modo più o meno democratico all'interno del sistema
ONU, mentre le regole dell'economia globale sono stabilite da altri,
altrove e in altro modo.
Il confronto fra Rio e Johannesburg è illuminante. Nel 1992 il Muro di
Berlino era appena caduto, la preoccupazione per l'ecologia era molto
sentita e il Vertice di Rio redasse l'ambizioso documento chiamato Agenda
21. Nel decennio successivo, il mondo è cambiato sotto molti punti di vista
e l'Agenda 21 è rimasta largamente inattuata. Così sembrava logico che il
vertice di Johannesburg, ovvero Rio + 10, si concentrasse sulle misure di
attuazione. Nel frattempo, però, le nazioni più ricche e potenti hanno
optato per un sistema di regole commerciali cogenti piuttosto che per un
insieme di impegni obbligatori in tema di lotta alla povertà, giustizia
sociale e impatto ambientale. Nello stesso decennio, è emerso il dominio di
una unica superpotenza, la finanza e le grandi imprese sono diventate molto
più forti ed è stato istituito il WTO per promuovere i loro interessi, i
sindacati hanno perso importanza e le ONG sono cresciute di numero, ma
hanno perso influenza.
Come era facile prevedere, i Capi di Stato e di Governo affermano che
Johannesburg è stato un successo, mentre il coro delle ONG e della stampa
lo ritiene un fallimento. "Successo" e "fallimento" sono termini sbagliati:
si è trattato piuttosto di una fiera dello sviluppo sostenibile durata
diciassette giorni, ricca e piuttosto scompaginata, in rappresentanza della
maggioranza degli abitanti del pianeta, e di dieci giorni di Summit
ufficiale, opachi, frustranti e dominati da interessi ricchi e potenti.
Questi due eventi - piuttosto slegati fra loro - danno un'immagine efficace
del mondo del 2002. Johannesburg è stato un vertice onesto e realistico,
successo e fallimento nella misura in cui lo è il nostro mondo, segnato da
contraddizioni profonde quanto quella fra l'eleganza di Sandton, la miseria
di Alexandra e l'emarginazione di Soweto. Per guarire le sofferenze
dell'umanità e curare il nostro pianeta seriamente in pericolo, resta molto
da fare!
A Johannesburg eravamo ventidue gesuiti (diciotto sacerdoti e quattro
studenti) e sette laici, di cui tre membri della Comunità di Vita Cristiana
(CVX), di diciassette Paesi diversi. Siamo andati per imparare, e abbiamo
imparato molto, sul mondo, sui suoi problemi e sul modo in cui è governato.
Uniti nella fede, abbiamo sentito le stesse preoccupazioni, le stesse
sensazioni e gli stessi sentimenti, e li abbiamo condivisi nei seminari,
con chi passava al nostro stand, con i colleghi in sala-stampa e i delegati
ufficiali, ma non siamo riusciti a formulare una dichiarazione pubblica
comune durante il Summit. Il nostro lavoro di sensibilizzazione e pressione
ha preso la forma più indiretta dello sforzo di comunicare, attraverso
HEADLINES, attraverso altri giornali, riviste e siti, e per radio, in
particolare tramite la Radio Vaticana.
Il giorno dopo la chiusura del Summit, il Vangelo (Luca, cap. 5) ci
presenta Pietro che dice a Gesù: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte
..."
C'era spazio per noi a Johannesburg, come cristiani, come gesuiti e come
preti, e certamente, sulla base del patrimonio della nostra fede e
identità, avevamo un contributo. da offrire. Siamo felici di esserci
lasciati coinvolgere, di aver faticato e condiviso con molti gesti di fede
e di speranza.
"... e non abbiamo preso nulla". Con grande rapidità il Signore mostra che
la fede può trasformare quello che ci sembra "nulla" in abbondanza di vita
e di speranza.
Con questa prima valutazione, si conclude la serie speciale di HEADLINES
dedicata al WSSD. Documenti, dichiarazioni, discorsi e comunicati stampa
ufficiali saranno disponibili nei prossimi mesi sul sito
<www.un.org/events/wssd>. I numeri speciali di HEADLINES su Johannesburg si
possono trovare su <www.sjweb.info/sjs>, mentre su
<105live.radiovaticana.org> è possibile ascoltare alcuni dei servizi
realizzati dal Summit via radio. Ringraziandovi per l'interesse e il
sostegno, vi ricordiamo che HEADLINES ritorna ora alla sua normale cadenza
mensile. Ciao! [HL20905]
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Direttore: Michael Czerny SJ
Redattore: Francesco Pistocchini <sjs.headlines@sjcuria.org>
Segretariato per la Giustizia Sociale, C.P. 6139, 00195 Roma Prati, Italia
(fax) +39 0668 79 283
Vedi <www.sjweb.info/sjs> e <105live.vaticanradio.org>