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In Israele/Palestina succede anche questo ...



In Israele/Palestina succede anche questo ...

Sabato scorso, 24 agosto, il potente esercito israeliano è stato colto di 
sorpresa da una manifestazione nonviolenta di attivisti israeliani e 
palestinesi.

In circa 400 ci eravamo dati appuntamento nel villaggio arabo di Kafr 
Quasem, sulla linea verde, per partire da lì alla volta di Nablus con un 
convoglio di aiuti umanitari per la popolazione ridotta allo stremo da 
ormai 64 giorni di coprifuoco. Nel giardino di una casa gli attivisti 
(israeliani arabi ed ebrei arrivati da tante parti del paese) ascoltano le 
spiegazioni degli organizzatori, l'Associazione Ta'ayush: "Abbiamo 
organizzato questo convoglio su richiesta della leadership palestinese di 
Nablus. C'è una gravissima carenza di cibo in città, particolarmente di 
latte; molte famiglie sono obbligati a sfamare i neonati con acqua 
zuccherata. Abbiamo con noi tre camion, carichi principalmente di farina e 
latte in polvere. Ma il nostro scopo non è solo consegnare questi aiuti. 
Vogliamo manifestare insieme ai palestinesi, per protestare contro il 
coprifuoco e contro l'occupazione. La gente di Nablus e gli abitanti delle 
città che attraverseremo per arrivarci, come Hawarah, ci aspetta e si sta 
preparando a scendere in strada con noi. Non sappiamo se riusciremo ad 
arrivare a destinazione. Se l'esercito tentasse di bloccarci, ricordate una 
cosa: questa è una manifestazione assolutamente nonviolenta. Non rispondete 
alle provocazioni dei soldati e nemmeno a quelle dei coloni, se dovessero 
avvicinarsi."
Partiamo su otto pullman, con i tre camion di aiuti. Entriamo in 
Cisgiordania e ci dirigiamo ad est sulla grande strada riservata ai coloni; 
l'uso di questa strada è proibito ai palestinesi nonostante sia stata 
costruita su terreno confiscato a loro. La strada è quasi deserta perché i 
coloni sono molto religiosi e non viaggiano di sabato. Percorriamo senza 
interferenze molti chilometri. Ma l'esercito ci aspetta vicino allo 
svincolo di Tapuach, dove la nostra strada incrocia quella che porta a 
nord, verso Nablus. Gli autobus e i camion si fermano vicino ad una piccola 
baracca verde ornata di volgari scritte razziste - opera dei coloni della 
vicina Tapuach.
Gli organizzatori di Ta'ayush vanno a negoziare il passaggio con gli 
ufficiali responsabili e noi ci prepariamo ad una lunga attesa. Le notizie 
filtrano a rilento, dal posto di blocco alla testa della colonna e poi giù 
fino alla coda. Il passaggio viene negato; i manifestanti propongono un 
compromesso: che si faccia arrivare fino a qui alcune centinaia di 
manifestanti palestinesi. Gli ufficiali non possono prendere una decisione 
così importante, bisognerà aspettare l'arrivo del colonnello, sembra che 
sia già per strada. Ma dopo un'ora il colonnello non si vede ancora.
A questo punto i negoziatori di Ta'ayush immaginano che gli ufficiali ci 
stanno solo facendo perdere tempo, che non c'è nessun colonnello in arrivo. 
Improvvisamente i portavoce dei gruppi comunicano una decisione: "Partiamo 
a piedi. Subito. Sbrigatevi." Prendiamo in mano più barattoli di latte in 
polvere possibile e i cartelli che abbiamo preparato per la manifestazione. 
"Sicurezza per due popoli = Indipendenza per due popoli = Pace per due 
popoli."  "60 giorni di coprifuoco = 60 giorni senza cibo o medicine." Ci 
incamminiamo per i campi, su per una collina e poi giù dall'altra parte, e 
sbuchiamo sulla strada per Nablus ben aldilà del checkpoint!
Prevediamo che l'esercito ci insegua e gli organizzatori ci distribuiscono 
delle belle fette di cipolla cruda - un antidoto ai lacrimogeni usato dai 
palestinesi fin dai tempi della prima intifada. Ma nessuno ci insegue: i 
soldati sembrano disorientati dalla nostra mossa improvvisa. Non ci sono 
ostacoli di fronte a noi e possiamo percorrere la strada verso nord 
indisturbati. Dopo circa 5 chilometri di cammino cominciamo a vedere delle 
case. Stiamo entrando ad Hawarah, pochi chilometri a sud di Nablus, una 
città stretta nello stesso coprifuoco di Nablus.
Ai margini della città l'esercito ha messo su in fretta e furia un posto di 
blocco. Gli organizzatori ci fanno fermare, così da ricompattare il gruppo. 
Poi formiamo dei cordoni compatti e avanziamo verso il checkpoint gridando: 
"Pace sì - Occupazione no!" e "I nostri partner per la pace stanno 
dall'altra parte del checkpoint!"
Improvvisamente, in un batter d'occhio, il posto di blocco è superato e 
siamo nella città di Hawarah! I militari non hanno sparato, non ci hanno 
bloccati.
Nel centro di Hawarah la strada è quasi deserta, nella morsa del 
coprifuoco. Ma mentre avanziamo gli abitanti palestinesi della città, 
all'inizio alcuni, timidamente, poi sempre più numerosi, scendono per 
strada per unirsi a noi. Poi senitamo urla dalla testa del gruppo: dei 
soldati stanno cercando di trascinare via uno dei palestinesi, per 
arrestarlo. I manifestanti israeliani lo circondano, lo abbracciano e lo 
proteggono dai soldati. E i militari rinunciano. La scena si ripete varie 
volte, ma sempre i militari rinunciano di fronte alla determinazione 
nonviolenta dei manifestanti israeliani.
Poi, d'improvviso, la tattica cambia. I militari afferrano un israeliano e, 
prima che gli altri compagni riescano a reagire, lo portano via e lo fanno 
entrare in una macchina della polizia. Immediatamente centinaia di 
manifestanti si siedono in terra, tutt'intorno alla macchina, ne bloccano 
il passaggio. Dopo una decina di minuti di impasse, la portiera della 
macchina si apre e il manifestante (un giovane di Tel Aviv, con la barba e 
i capelli lunghi) viene fatto scendere. La sua liberazione è accolta da 
applausi. Poi, da sud, dalla direzione dalla quale siamo arrivati, sentiamo 
scandire degli slogan: "Yaskut Al-Ikhtila! - Abbasso l'Occupazione" e 
"Free, Free Palestine!" Si sta avvicinando un blocco compatto di centinaia 
di palestinesi: sono gli abitanti di Hawarah, principalmente giovani ma 
accompagnati anche da anziani e con alla testa il sindaco ed altri 
notabili. Il corteo israeliano si gira, va loro incontro per riuscire 
rapidamente ad inglobarli e proteggerli: tutt'intorno ai palestinesi si 
formano dei cordoni di israeliani che si tengono per mano. Così formiamo 
una scudo difensivo con i palestinesi al centro. I due gruppi si mescolano 
con tanti sorrisi, strette di mano e abbracci. Tra i palestinesi ci sono 
anche degli stranieri dell'International Solidarity Movement, che non stati 
affatto scoraggiati dall'arresto proprio ieri di due di loro, accusati 
dell'orrendo crimine di "consegna di aiuti umanitari".
Gli scalini di un negozio diventano un improvvisato palco sul quale si 
alternano isrealiani e palestinesi che parlano con un megafono. D'un tratto 
si sente forte il rumore dei blindati dell'esercito che si avvicinano. Nei 
normali giorni di coprifuoco anche un solo blindato, con il suo minaccioso 
mitragliatore, sarebbe stato sufficiente a svuotare la strada. Oggi, 
l'intero convoglio di decine di blindati passa a lato della manifestazione 
ed ogni soldato viene apostrofato dai manifestanti israeliani e palestinesi 
in coro, con le parole in ebraico "Soldato tornatene a casa!".
I militari alla guida dei blindati si voltano dall'altra parte, fanno finta 
di non vederci. Per un attimo, in questa polverosa strada di una città 
palestinese, abbiamo costruito una realtà alternativa: un'isola che si è 
liberata dell'oppressione quotidiana del coprifuoco.