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Le mogli dell'esercito americano
Le mogli dell'esercito americano
di lanfranco caminiti [lanfranco@apolis.com]
"Army wives" - letteralmente, mogli dell'esercito - sono le donne che
hanno legato la propria vita e il proprio destino ai militari americani,
sposandoli. Le donne che hanno sposato l'esercito. Non dev'essere una
vita particolarmente brillante, in un ambiente che trasuda - e non solo
negli Stati uniti - machismo, omofobia e, di concerto, omosessualità
latente e coatta. Certo, la carriera militare garantisce sicurezza
economica e una buona dose di protezione: e di questi tempi - con la
retorica patriottica trionfante e la concreta minaccia del terrorismo
internazionale - forse anche un briciolo di senso d'una "missione" a cui
in qualche modo si partecipa. Ma vivere la caserma, come spesso loro
accade, vivere "in" caserma o vivere trasferimenti "tra" caserme, per
una moglie, quindi non arruolata come donna-soldato, non è proprio il
massimo delle aspirazioni. Il cinema ha ripetutamente raccontato queste
situazioni, con figure femminili straordinariamente intense, la Deborah
Kerr di "Da qui all'eternità", la Liz Taylor di "La gatta sul tetto che
scotta", la Jessica Lange di "Blue Sky". Pure, nello sposare i loro
uomini e nel condividerne la "missione", devono aver soppesato vantaggi
e svantaggi. Tra cui probabilmente non è di poco conto il fatto che per
reggere le sorti dell'Impero, i loro mariti vanno spesso "fuori casa".
Il fatto è che tornano. E a quanto pare nel ritorno a casa non c'è da
mettere in conto solo i danni spaventosi della vicinanza con armi
chimiche che ormai fanno parte cospicua dell'attrezzatura di
combattimento [le deformità nei figli generati dai veterani della guerra
del Golfo, a esempio], ma il vero e proprio impazzimento dei loro
"eroi". Armi letali domestiche. Che ora tornano dall'ultima "impresa":
l'Afghanistan.
11 giugno: il sergente di 1° Classe Rigoberto Nieves, 32 anni, e sua
moglie, Teresa, sono stati trovati morti nella stanza da letto del loro
residence in un sospetto omicidio-suicidio. La bambina della coppia
aveva provato a entrare nella camera dei genitori, ma la porta era
chiusa a chiave. Nieves era comandato presso il 3° Special Forces Group.
Era stato impiegato in Afghanistan agli inizi di gennaio e era rientrato
alla base a metà marzo. Dopo solo due giorni dal suo rientro aveva
chiesto un permesso di riposo per risolvere "problemi personali."
29 giugno: Jennifer Wright, moglie del sergente William Wright, 36 anni,
viene trovata strangolata. In realtà è proprio Wright a farla ritrovare:
l'ha infilata in due sacchi della spazzatura e poi in uno zaino da
paracadute e, infine, l'ha seppellita. E' lui a indicare il luogo allo
sceriffo. Wright è accusato di omicidio di primo grado. Lo sceriffo ha
detto che i tre figli della coppia erano svegli al momento
dell'omicidio. Wright era andato via di casa da un mese e viveva nella
baracche con i suoi commilitoni. E' dislocato presso il 96° Civil
Affairs Battalion. E' stato impegnato in Afghanistan a metà marzo e era
ritornato alla base a metà maggio.
9 luglio: Marilyn Griffin, moglie del sergente Cedric Griffin, 28 anni,
è stata pugnalata a morte e trovata in un lago di sangue. Griffin è
imputato di omicidio di primo grado. Era assegnato al 37° Engineer
Battalion, 20° Engineer Brigade. Non è mai andato in Afghanistan né un
suo impiego in questo senso era previsto. E' sempre rimasto alla base.
19 luglio: il sergente di 1° Classe Brandon S. Floyd, 30 anni, e sua
moglie, Andrea, sono stati trovati uccisi per arma da fuoco nella loro
casa in un presunto omicidio-suicidio. Floyd era comandato presso
l'Headquarters Company, U.S. Army Special Operations Command e era
membro della Delta Force, l'unità segreta anti-terrorismo. Era stato in
Afghanistan in novembre e era tornato alla base in gennaio.
La "base" è Fort Bragg, Carolina del nord, perché è proprio qui che le
quattro mogli dell'esercito sono state uccise dai loro uomini. Fort
Bragg è una unità specialissima e fiore all'occhiello dell'esercito
americano. Forse è solo una impensabile combinazione di statistiche,
forse fa impressione la concatenazione all'interno di un territorio
circoscritto. Forse vale la pena di capire.
In meno di un mese, quattro donne spose di militari vengono trucidate
dai loro mariti. Quasi tutti ritornano da Kandahar, dalle caverne di
Tora Bora, dalla caccia a bin Laden e al mullah Omar, dall'inferno
dell'Afghanistan. Da una "guerra sporca". Il colonnello Jerome Haberek,
responsabile del Special Operations Command, in una dichiarazione alla
stampa ha detto: "Non ho mai visto nulla nelle Special Ops che indichi
che questa gente sia sotto pressione più di chiunque altro o che
reagisca in modo differente allo stress del rimpiazzo da chiunque
altro". Piuttosto che tranquillizzare, queste parole hanno aumentato
l'allarme.
Se c'era un modo ancora più orribile, per immaginare quale tipo di
guerra abbiano combattuto e stiano ancora combattendo gli americani in
Afghanistan, questo - oltre allo spaventoso numero di civili ammazzati
per caso e di stessi soldati alleati uccisi da incidenti - ne fa
evidenza terribile.
Perché colpisce "dentro casa", più della diffusione postale
dell'antrace, più di uno stesso attentato terrorista: punisce per mano
dei propri guerrieri, dei propri vigilanti, dei propri custodi. Anche le
mogli dei guerrieri tornati a riposare cadono per "fuoco amico".
Yvonne Qualantone, presidente del 3° Special Forces Group's Family
Readiness Group, ha detto che "molte più famiglie del solito hanno
chiamato il gruppo di consiglio da quando si sono verificati gli
omicidi. Più d'una donna che aveva dei problemi con il marito ha
telefonato chiedendo se si poteva parlare con qualche esperto, prima che
le cose peggiorino."
"Domestic violence" è la dicitura con cui vengono adesso classificati
questi episodi. Benché - è sempre Haberek a dirlo - nessun caso di abuso
domestico con conseguenze mortali fosse mai accaduto alla base negli
ultimi due anni. In qualche modo, Wilma Watson, la madre di Jennifer
Wright sembra dargli ragione: "Per me, William era come fosse figlio
mio. Fino al suo ritorno dall'Afghanistan non ho mai avuto di che
preoccuparmi per questioni di violenza. Ma ultimamente aveva scatti di
rabbia terribili. Jennifer ne aveva paura. L'avevo pregata di venire via
da lui. Ma l'amava ancora."
Ma Penny Flitcraft, madre di Andrea, la moglie del sergente Floyd
ammazzata con un solo colpo di pistola alla testa, dice con amarezza:
"Nel profondo del mio cuore sapevo che l'addestramento che lui aveva
seguito era tale che se non lo controlli ti uccide."
Intanto, le autorità militari di Fort Bragg hanno rilasciato
dichiarazioni in cui affermano che non esiste alcun "intreccio" tra i
casi accaduti e suggeriscono che può essere semplicemente una "anomalia"
[l'hanno proprio definita così]. I responsabili militari riconoscono che
effettivamente ben tre dei quattro imputati di omicidio avevano prestato
recentemente servizio in Afghanistan ma non riescono a stabilire alcuna
connessione tra l'impiego militare e gli "incidenti". Li hanno definiti
proprio così.
Roma, 28 luglio 2002